corvo rosso

Napoli: morire pur di non cambiare?


 Napoli ultima nella graduatoria delle città italiane? La cosa non stupisce. E neppure meraviglia il fatto che in questi ultimi dieci anni la situazione è peggiorata per il capoluogo ed anche per le altre provincie della regione che in tal modo finisce in fondo alla graduatoria stilata con rigore scientifico da Il Sole 24 ore tra tutte le provincie italiane. La classifica è stata redatta in base a parametri che misurano la qualità della vita: dal reddito ai consumi, dai trasporti agli asili nido, alla criminalità, alla disoccupazione giovanile, alla nascita di nuove imprese, alla cultura al fitness e così via, e la fotografia che ne vien fuori è impietosa. Siamo, appunto, gli ultimi. Dinanzi a questi dati si può reagire con incredulità, scetticismo, menefreghismo. Oppure si può partire da essi per cercare di ripartire. Innanzitutto è giusto ricercare le responsabilità di un simile declino. Politiche ma non solo. La politica da oltre quindici anni si è inceppata ed invece di far muovere la macchina ha prodotto gas tossici come un auto vecchia col motore da rifare. Più volte su questo giornale abbiamo analizzato le responsabilità della sinistra che ha governato per oltre quindici anni la città e per quasi altrettanti la regione e ne è venuto fuori un giudizio di condanna senza appello. Giudizio confermato da molti dati oggettivi e per ultimo dalla ricerca di cui stiamo scrivendo. La sinistra dovrebbe riflettere con umiltà su un fallimento che ha connotazioni straordinarie per le condizioni di assoluto favore e vantaggio in cui paradossalmente si è trovata ad operare. Non lo fa e questo conferma lo spessore di una crisi a mio giudizio strutturale. Almeno di “questa” sinistra. Poi la borghesia, imbelle, ingorda, compiacente, senza spina dorsale. Detto questo, ciò che conta ora è capire ed agire. Inutile aspettarci aiuti dall’esterno, nessuno alzerà un dito per salvarci, l’ultimo è stato Berlusconi sull’immondizia, ma non ce ne saranno altri. Dipende dunque solo da noi. Occorre cambiare radicalmente. Politica, economia, costumi, dipendono da noi, dalle scelte che facciamo. Non si tratta di destra o sinistra, si tratta di scegliere i migliori, quelli che sanno cosa fare e come fare. Per ridare dinamismo all’economia, per crescere, per creare lavoro, bisogna offrire condizioni di vantaggio per gli investimenti: condizioni ambientali, procedurali, di velocità, di sicurezza, di trasparenza, viceversa nessuno ci mette i propri soldi. Non siamo competitivi in nessun campo, nel turismo campiamo di rendita, consumiamo più di quanto produciamo, abbiamo un terziario dilatato ma privo di valore aggiunto, lasciamo a desiderare quanto a utilizzo produttivo delle risorse e a innovazione tecnologica. Dobbiamo superare il paradosso di una crescita senza sviluppo che ha generato mostruosità come la grande conurbazione metropolitana di Napoli con oltre 4 milioni di abitanti sul 10% del territorio regionale. Le potenzialità ci sarebbero e sarebbe qui inutile farne un elenco. Se cambiasse il nostro modo di (non) pensare ed il rifiuto a capire e ad agire in modo moderno, potremmo risalire in poco tempo. Ma è questo il punto: i napoletani, i campani,vogliono effettivamente cambiare? Senza voler essere pessimisti, è lecito dubitarne.