corvo rosso

Con le primarie a Napoli il Pd perde se stesso


Sulle primarie e sulla crisi del Pd mi permetto di fare qualche osservazione. Annullare il voto di domenica scorsa, commissariare il partito e puntare su un “esterno” come il magistrato Cantone o lo scrittore Saviano, significa accentuare conflittualità e divisioni, favorire ulteriori frammentazioni e azzerare le possibilità di una svolta. Di fatto sciogliere il Pd e la sinistra. Alle primarie è accaduto che il continuismo bassoliniano ha avuto la meglio sulla discontinuità riformista interpretata da Ranieri. Il che ha confermato che il rinnovamento non è garantito dal sistema di selezione che si adotta, appunto le primarie, ma richiede una capacità di analisi e di autocritica che sono del tutto mancate. Un partito che si rispetti non può non interrogarsi sulle ragioni del fallimento di una esperienza di governo nata sull’onda di tangentopoli e durata per oltre quindici anni, forte di una straordinario consenso locale e nazionale e del sostegno di media, sindacati, magistratura, insomma dell’intero establishment, perfino della simpatia berlusconiana, senza condizionamenti partitici e ricco di una notevole quantità di risorse economiche. Se delega tutto alle primarie è perché ritiene persa la battaglia delle idee, rischioso ricercare la verità, inutile e perdente rinnovare. Attua quindi una autodepistaggio, elude il problema, col risultato di accelerare la disintegrazione del partito. A ben vedere infatti le primarie, in se un modo democraticamente evoluto di selezione della classe dirigente, senza un contesto e regole adeguate, non producono un partito senza correnti ma, al contrario, correnti senza un partito. Il che impedisce la discussione sui contenuti e favorisce lo scontro personale e dei gruppi di potere che, in una realtà come quella di alcuni quartieri della città, porta ineluttabilmente alle degenerazioni denunciate. Al punto in cui siamo, tuttavia, calare dall’alto una candidatura mediatica , il magistrato Cantone o lo scrittore Saviano, persone rispettabilissime ma appunto, fuori luogo, (gli stessi interessati hanno più volte declinato), significa dichiarare il proprio irreversibile fallimento. La cosa più assennata era affrontare la questione sul piano politico, magari con un colpo d’ala, con una ventata di rinnovamento radicale, approfondendo ciò che la sinistra è stata e per molti versi è a Napoli, brogli compresi. Magari l’Assemblea convocata a Napoli sarebbe stato meglio tenerla ed affrontare in quella sede tutte le questioni, anche quelle più spinose, con una analisi coraggiosa dello stato della sinistra e di quello in cui ha ridotto la città. Per il Pd poteva essere l’ occasione di un formidabile outing sulla propria identità politica, se in continuità col passato o in rottura con esso. Rinviare tutto, nominare un commissario,cercare scorciatoie con candidature mediatiche, come ha fatto Bersani, sa tanto di tattiche dilatorie e di compromessi a tavolino. Ma non servono al Pd, tantomeno alla città.