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Mezzogiorno, crisi economica e crisi politica

Post n°397 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

Parliamo della crisi politica del Paese che lascia perplessi dinanzi all’incalzare della crisi economica che al sud taglia posti di lavoro e crea tensioni sociali. Il Governo finora ha ben operato perché nei frangenti difficilissimi di una crisi internazionale dalla quale non siamo ancora definitivamente usciti, ha limitato i danni ed ha salvato il salvabile. Potevamo trovarci tra la Grecia e il Portogallo, tra l’Irlanda e la Spagna ed invece siamo indietro ma vicini alla Germania che ha ripreso a correre (avvalendosi, tra l’altro, di una virtuosa tregua politica e sindacale). Tremonti ha ragione, la globalizzazione impone di rientrare dal debito che nel nostro caso è cospicuo perché in questi anni, tra prima e seconda repubblica,  abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, abbiamo risolto i conflitti sociali con la spesa pubblica, non abbiamo modernizzato la macchina  dello Stato ed abbiamo reso sempre più pletorica e costosa la ns democrazia. Prima, ogni tanto respiravamo con una rimodulazione del debito ed una svalutazione delle lira. Ora c’è l’Europa e (per fortuna) non lo possiamo più fare. Dobbiamo tagliare gli sprechi, cogliere ogni occasione di investimento, rendere produttiva al massimo la spesa pubblica. Ed è ovvio che dovremo anche tirare la cinghia, con criteri di equità sociale, certo. Ma sarà inevitabile. Giudico un errore politico e sindacale lo sciopero Fiom di domani che potrebbe pregiudicare il piano di rilancio di Pomigliano, dove la maggioranza dei lavoratori si è espressa con Cisl ed Uil a favore dell’investimento Fiat. Credo che per Fincantieri il Governo debba andare molto oltre la garanzia della commessa per i pattugliatori. Penso che al mezzogiorno serva una politica industriale ed il taglio dei lacci che paralizzano e appesantiscono l’iniziativa privata. Per il Sud il Governo è fermo alla propaganda, fino ad ora non si è visto nulla di concreto se non i tagli imposti alla Regione. Tremonti dice che per fine d’anno si farà una manovra per sbloccare Università, mezzogiorno e fisco. Mancano due mesi, poi pure Natale arriverà. Non resta che pazientare. Ma veniamo al nodo politico e cioè la durata della legislatura. Le elezioni anticipate non le vuole nessuno tranne la Lega che spera di trarne vantaggi. Ma da sola non può determinarle. Per tutti gli altri esse sarebbero un rischio. Per il Paese, un danno sicuro. Berlusconi pur vincendole potrebbe non farcela al Senato. Fini ha bisogno di tempo per fare il partito e nuove alleanze. Casini e Rutelli trafficano con un centro che non decolla ed anche loro hanno bisogno di tempo. Il nuovo ulivo non è stato neppure piantato, Bersani prova con Vendola, ma senza convinzione, Di Pietro fa il guastatore e tira per se,  la sinistra è una torre di babele. Se il governo cadesse l’opposizione e Fini tenterebbero di farne un altro per cambiare il porcellum. La cosa è molto difficile ma non impossibile. Se così stanno le cose e se le due questioni sulle quali si gioca la stabilità del governo sono la giustizia e la legge elettorale, la cosa più saggia sarebbe quella di trovare un accordo sui due punti, magari allargando il campo anche alle alla riforma costituzionale di cui non si parla più ma che resta un obiettivo centrale strategico del programma di governo. Ricapitoliamo: una intesa senza scherzi sullo scudo giudiziario per il Cavaliere, la riforma della giustizia, quella elettorale (bipolarismo e elettori che scelgono gli eletti) e quella costituzionale (rafforzamento dei poteri del premier, riduzione del numero dei deputati, il Senato delle Regioni) necessaria quest’ultima col varo definitivo del federalismo, con in più i provvedimenti di alleggerimento fiscale e quelli a favore del mezzogiorno. Insomma si tratterebbe di tornare a dialogare, a cedere qualcosa per ottenere qualcosa, nell’interesse del Paese ed anche nell’interesse della maggioranza che ha vinto le elezioni.. C’è bisogno di “gestire” la crisi, di non perdere di vista ciò che conta che è l’interesse generale e uscire dalla crisi con un po’ di  professionalità politica, spesso a torto superficialmente e stupidamente denigrata.

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