Campania, la caporetto della sinistra

Post n°385 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

E’ francamente inspiegabile come dinanzi al disastro delle finanze regionali della Campania non sia ancora intervenuta la Corte dei Conti.  In dieci anni le giunte di centro sinistra hanno prodotto un deficit di tredici miliardi di euro, una cifra enorme che, insieme allo sforamento del “patto di stabilità” per un altro miliardo e cento milioni di euro,  impone oggi a Caldoro non solo tagli drastici ma anche la riduzione degli stipendi dei dipendenti regionali che, in Campania, sono il doppio di quelli della Lombardia e che si vedranno privati del cosiddetto “salario accessorio”, ben 70 milioni di euro, che le precedenti giunte erogavano al personale per aumentarne la “produttività”(sic). Sprechi, sperperi, clientelismi ed assistenzialismi di ogni genere,  hanno portato la nostra regione sull’orlo del fallimento. Tutto ciò è stato certificato dagli ispettori del ministero del Tesoro in una relazione che ci auguriamo possa essere portata all’attenzione del Parlamento per “certificare” i danni causati da dieci anni di centro sinistra nella più grande regione del mezzogiorno.  Dinanzi a questo sfascio lasciato in eredità da Bassolino e che l’anno prossimo troverà in misura forse anche maggiore chi arriverà a San Giacomo dopo la Iervolino e le sue sciagurate giunte, la linea del rigore (che si dovrebbe sempre rispettare soprattutto in tempi di vacche grasse), diventerà una cura da cavallo che costringerà la Campania e la città di Napoli a stringere la cinghia. Cura dolorosissima ma indispensabile per realizzare quella rivoluzione senza la quale il sud è fuori, e cioè rendere la spesa pubblica in tutti i suoi aspetti assolutamente produttiva. Per ogni euro investito in termini di opere o di servizi bisognerà infatti certificare la resa, l’”utile”in termini di vantaggi economici, sociali, civili, culturali ecc. O ci si mette su questo binario o si rischia oltre il default al quale siamo vicinissimi anche lo sganciamento del nostro vagone dal convoglio di una Italia che, giustamente, non tollera più la zavorra di un sud sfregiato dal malgoverno di una sinistra senza idee, un progetto, una sia pur minima cultura di governo. In questi anni la Sanità è diventata una immonda fabbrica di voti, la formazione un enclave clientelare (solo per l’ex progetto isola ora  bros sperperati 55 milioni di euro senza alcun vantaggio formativo), i fondi Ue l’occasione per distribuire a pioggia un fiume di danaro che speso diversamente avrebbe potuto innescare progetti di sviluppo, e così via. In più Regione, Comuni e Provincie hanno creato centinaia di centri di spesa, tra  società miste (solo nell’iperindebitato Comune di Napoli ben diciotto partecipate!), consorzi ed altre istanze varie, il cui scopo prevalente  è stato quello di nominare amici e sodali nei consigli di amministrazione ed assumere a chiamata diretta parenti e clienti con un rapporto costi/benefici nullo. Uno sperpero indicibile di pubblico danaro con fenomeni corruttivi diffusi e nessuna resa. Non solo, ma addirittura un disastro come nel caso della raccolta dei rifiuti. In questi anni infatti il divario nord – sud è cresciuto, il pil campano è ritornato ai livelli di venti anni fa e la disoccupazione è cresciuta più che in altre regioni. E mentre emerge tutto ciò, a Pomigliano la minoranza Fiom ed un residuo di conflitto ideologico impedisce il rilancio dello stabilimento con la produzione della Panda in nome della difesa di diritti che sono stati abusati  fino a diventare inaccettabili privilegi sindacali. La questione meridionale non sarà solo questa ma, certo, tutto questo diventa dominante quando ci si rivolge alla Comunità nazionale per chiedere aiuto. Allo stato delle cose non abbiamo le carte in regola per chieder al Paese uno sforzo aggiuntivo per il mezzogiorno se prima non dimostriamo con i fatti la volontà di cambiare. Il nuovo governo regionale mostra di volersi muovere lungo questa difficile ma ineludibile linea. Collaborare a questa opera di risanamento propedeutica per il rilancio economico e civile della nostra regione, per la sinistra, oggi all’opposizione, sarebbe l’occasione per dimostrare che è consapevole degli errori commessi, che si è depurata dal bassolinismo e che vuole recuperare un proprio ruolo virtuoso in una realtà portata sull’orlo dell’abisso.

 
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Fiducia in Napolitano

Post n°384 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

Berlusconi ha detto a chiare lettere che non vuole la rottura ma per continuare a governare ha bisogno di una maggioranza che, come sappiamo, allo stato non c’è. L’astensione del gruppo finiano sul “caso” del sottosegretario Caliendo, un caso giuridicamente inesistente, è stato un atto politico di presa di distanze dal Governo Berlusconi. Con l’astensione, la costituzione di nuovi gruppi alla Camera ed al Senato, la convergenza con Casini e la costituzione con l’Udc (che è un partito di opposizione) di un’area cosiddetta di “responsabilità istituzionale”, i finiani sono usciti dal Pdl ed hanno assunto una posizione distinta e distante dalla maggioranza che sostiene il Governo e di cui però con vari esponenti continuano a far parte. A settembre il premier chiederà la fiducia su federalismo, giustizia, fisco e mezzogiorno che sono, soprattutto i primi due, tra i nodi della discordia. Berlusconi pretende una fiducia sui contenuti dei provvedimenti che sottoporrà al Parlamento, quindi politica e programmatica. Respingerà tattiche di logoramento come quelle messe in campo sul ddl sulle intercettazioni e non si accontenterà di una fiducia tattica per evitare lo scioglimento e le elezioni. Questo significa che i finiani dovranno uscire allo scoperto e dire se accettano le riforme proposte i cui contenuti sono da tempo noti. Allo stato tutto questo sembra difficile ma, in politica, non si può mai dire, qualche volta prevale perfino il buon senso. Se tutto questo non dovesse avvenire, a decidere sullo scioglimento sarà il Capo dello Stato che ha sempre avuto comportamenti costituzionalmente esemplari. Egli di recente ha detto che non esistono governi tecnici o “del Presidente” (riti diffusi nel parlamentarismo spinto della prima repubblica) e che tutti i governi sono “politici”. Se il Governo Berlusconi fosse costretto a dimettersi, per evitare scioglimento ed elezioni anticipate, i seguaci del Presidente Fini si dovrebbero alleare con le opposizioni, da Bersani a Casini a Di Pietro a Vendola, e costituire una nuova maggioranza politica contro Berlusconi e la Lega. È mai possibile una cosa del genere? Ma anche se per assurdo qualcosa di simile accadesse, si realizzerebbe una mostruosità antidemocratica: Pd, Udc Idv che hanno perso le elezioni al governo e Berlusconi e la Lega che le hanno vinte (e che secondo i sondaggi le vincerebbero di nuovo) all’opposizione. Sarebbe una tale offesa alla volontà popolare, un golpe parlamentare, di fatto anticostituzionale, che il Presidente Napolitano non potrebbe mai permettere.  A settembre le cose si vedranno nella giusta luce. O ci sarà un ripensamento finiano, la ricomposizione della maggioranza e la rinnovata fiducia al Governo Berlusconi, o sarà inevitabile la crisi e nuove elezioni. E Napolitano, che non è Scalfaro, non consentirà giochi manfrine e inciuci, nel rispetto della forma e della sostanza costituzionale.

 

 
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Montezemolo si prepara a scendere in pista

Post n°383 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

Ci mancava solo lui. Con la sua uscita l’uomo-Ferrari veste i panni politici naturalmente da posizioni antipolitiche, nel solito “grande centro” di Casini, Fini, Rutelli, Lombardo ecc. con la prospettiva magari di arruolare Draghi e di ottenere da Napolitano un governo tecnico, mettere all’opposizione il Cavaliere, cambiare la legge elettorale, votare un provvedimento ghigliottina sul conflitto di interesse e aprire così alla terza repubblica. Fantapolitica. Primo. Il bilancio dell’esecutivo è in attivo. Basterebbe ricordare la riforma della scuola e della Università, l’avvio del federalismo con i primi decreti attuativi, i successi nella lotta contro le mafie, i conti pubblici in ordine, ma ancor prima la tutela dei risparmiatori nel clou della crisi finanziaria dei subprime, i mutui americani, (in effetti in Italia nessun risparmiatore ha perso un euro),  i provvedimenti di sostegno allo sviluppo che hanno attenuato i colpi della crisi mondiale, i buoni risultati nel contrasto all’evasione fiscale, il contenimento della disoccupazione sotto la media europea (8,7% contro il 10% della Ue), i bagliori di ripresa economica con i dati sul balzo della produzione industriale a giugno, superiore all’8%, l’annunciato piano per il Mezzogiorno, l’impegno al riordino ed alla riduzione delle tasse, anticipato dalla cedolare del 20% sulle locazioni. Senza contare il terremoto a l’Aquila e i rifiuti di Napoli, due innegabili successi. Le cose fatte non sono poche anche se molto resta da fare. Secondo. Impossibile un governo tecnico sostenuto da chi ha perso le elezioni con quelli che le hanno vinte all’opposizione. “Tecnicamente”, in termini democratici, impossibile. Impossibile di conseguenza anche cambiare la legge elettorale, senza contare che nell’arcipelago delle opposizioni non c’è sul tema una posizione unica perché D’Alema vuole il sistema tedesco, Fini, presidenzialista e bipolarista, quello francese, Casini antibipolarista ed antipresidenzialista punta al proporzionale puro, Bersani  pensa a qualcosa di simile alla legge per le elezioni provinciali, di Rutelli e Di Pietro in materia non si sa, ma sembra chiaro che sul punto l’opposizione è una torre di babele. Terzo. Ci sono solo due strade ed una variante per uscire dall’empasse della rottura tra Fini ed il Cavaliere. La prima ipotesi è che Fini faccia un passo indietro ed è molto improbabile. Si potrebbe chiudere sui quattro punti (Giustizia, Federalismo, Fisco e Mezzogiorno) sui quali il premier chiederà la fiducia a settembre. Ma senza un passo indietro, improbabile, dei finiani, il rischio di un si generico e di una manfrina come quella sulle intercettazioni è forte ed i berlusconiani lo sanno. La variante è che tra i finiani, le colombe si potrebbero staccare dai falchi, ma dovrebbe trattarsi di un numero adeguato a garantire a Berlusconi una maggioranza ampia per governare in sicurezza. Ma la defezione di una ventina di deputati su 34 è un’ipotesi fantasiosa. Senza contare che negli strappi di queste settimane e nel conseguente sfarinamento degli schieramenti, a destra ma anche al centro e a sinistra, le procure militanti sono all’opera, da Montecarlo a Spatuzza e Ciancimno e chi più ne ha più ne metta, per complicare le cose e determinare il caos. In queste condizioni mantenere la rotta è difficile, e, tutto sommato, se ferragosto non porterà consiglio, le elezioni anticipate potrebbero essere il male minore.

 

 
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Se il Governo presenterà come annunciato il suo piano per il sud

Post n°382 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

..... con una dotazione di 80 miliardi e strumenti innovativi per attuarlo, se, con la cabina di regia centrale, senza annullare l’autonomia delle Regioni, si riuscirà a concentrare gli investimenti su progetti strategici interregionali condivisi e comunque su opere infrastrutturali, senza sparpagliarli a pioggia, ed a varare procedure “sorvegliate” sugli appalti per il mezzogiorno, per il mezzogiorno sarebbe l’ora della svolta. Una rivoluzione virtuosa che eliminerebbe qualsiasi patina nordista al Governo rilanciandone l’azione. Ed anche Fini che, con la sua Futuro e Libertà punta sul mezzogiorno, avrebbe difficoltà a non sostenere il Governo impegnato in una concreta ridefinizione programmatica, con un rinnovato patto politico. Il piano per il mezzogiorno annunciato dal Governo assume dunque un suo specifico rilievo politico e rientra in una azione di “governo del fare” che affronta di faccia il principale problema degli investimenti al sud. Che non è quello della quantità delle risorse ma della spesa, in termini di qualità, trasparenza e velocità. Il piano recupera risorse impressionanti non spese dalle Regioni meridionali e ne aggiunge di nuove ma soprattutto introduce innovazioni  strumentali  tra le quali la cabina di regia che consentirà il coordinamento tra Stato e Regioni per definire programmi e controllare la loro attuazione con nuovi strumenti sia di monitoraggio sia di semplificazione amministrativa. I dettagli del piano non sono noti se non nell’ammontare delle disponibilità per i prossimi tre anni, ma sarebbe assolutamente utile introdurre nel piano norme di alleggerimento delle procedure magari istituzionalizzando, dopo averla adeguatamente perfezionato, la “conferenza dei servizi”. Il tema del mezzogiorno sarà, dunque, centrale nel superamento difficile, molto difficile, della rottura della maggioranza parlamentare. Sappiamo che dopo le vacanze il Governo presenterà in Parlamento un pacchetto comprendente, oltre il sud, federalismo, giustizia, fisco e finanza pubblica, sul quale si giocherà la sua sopravvivenza. E sappiamo che il primo è decisivo per la Lega, il secondo sta molto a cuore al premier ed il terzo per Berlusconi, il terzo è un punto obbligato per tenere fede all’impegno assunto e molto apprezzato in Europa di contenere il deficit ed abbassare le tasse su imprese e lavoro. Ma tutti e tre i punti con il Mezzogiorno rappresentano insieme identità e rilancio di una azione di governo che al giro di boa dei due anni e mezzo richiede un nuovo slancio. Non sarà possibile scegliere nel pacchetto ciò che piace e lasciare il resto. L’accordo tra la maggioranza berlusconiana ed il dissenso finiano si fa su tutti e quattro i punti o su nessuno. Per Futuro e Libertà, dunque, la partita si fa più difficile perché una rottura, anche con tutte le eventuali “buone ragioni”, su federalismo e giustizia, comporterebbe anche il rinvio del piano per il Mezzogiorno.

 
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Ieri il neo capogruppo di Futuro e Libertà Italo Bocchino ha ribadito la indisponibilità ad alleanze

Post n°381 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

...con la sinistra e con Di Pietro. D’altra parte per Fini, rinnegare il bipolarismo sarebbe rinnegare se stesso. Questo lascia sostanzialmente inalterato lo schema politico che resta bipolare sia pure indebolito dalla “anomalia” finiana. Il bipolarismo zoppo tuttavia sorretto dalla vigente legge elettorale cancella definitivamente l’ipotesi centrista in passato accarezzata da Casini e sconfitta alle politiche ed alle regionali. La novità sarebbe la “area di responsabilità” nata alla Camera dalla convergenza astensionista di FeL e Udc sul caso Caliendo. Con essa potrebbero cambiare i rapporti di forza col Pdl incalzato dalla Lega al nord e daFini e Casini al sud.  In questo senso l’”anomalia finiana” resterebbe tutta dentro il centro destra la cui natura troverebbe un solido aggancio meridionalistico e lascerebbe fuori  gioco la sinistra, che, tra Veltroni, Vendola, Grillo e  Di Pietro, non potrebbe dar vita neppure ad un cartello elettorale.  Finirebbe nel cestino l’idea dalemiana, recentemente rilanciata dalla Turco e accarezzata da Bersani, di proporre Casini premier in un’allenza di centro –sinistra, preclusa sia a sinistra (Vendola e le frange più radicali non ci starebbero mai) che al centro con un Casini che archivia il “grande centro” ed apre ad un negoziato con Berlusconi. Ma se il quadro fosse questo non sarebbe quello migliore per Berlusconi e Bosssi costretti a subire le condizioni di Fini e Casini su temi  decisivi come il federalismo e la riforma della giustizia. Tra l’altro Berlusconi si esporrebbe al rischio di accordi separati tra Lega e “area di responsabilità”, ad esempio sull’attuazione del federalismo, restando col cerino acceso in caso probabile di rigetto del “legittimo impedimento” da parte della Consulta prima della fine dell’anno. E con un Tremonti in grado di giocare a tutto campo. Perché mai il Cavaliere dovrebbe accettare questi rischi e non rovesciare il tavolo, puntando a nuove elezioni? Certo non è semplice avere la certezza che le dimissioni del Governo portino allo scioglimento ma il Presidente Napolitano non è Scalfaro, Tremonti non è Dini ed al Senato Pdl e Lega hanno ancora la maggioranza. La decisione del vertice Pdl di ieri di chiedere la fiducia di Camera e Senato su un programma forte di quattro priorità non sembra risolutivo perché la questione riguarda il contenuto delle riforme (sui titoli sono tutti d’accordo) e la definizione dei contenuti   sono il terreno migliore per esercitare tattiche dilatorie. Basti per tutti l’esempio del ddl sulle intercettazioni prima svuotato e poi rinviato.  Accetteranno mai Berlusconi e Bossi di farsi cuocere a fuoco lento dai due dioscuri ex alleati? i quali potrebbero decidere di sostenere il Governo fino a quando fa loro comodo per staccare la spina quando fossero in condizioni di dare scacco al re. D’altra parte dopo tutto quello che è successo  è impensabile una retromarcia di Fini verso Berlusconi. Dunque, per quanto traumatica e non brillante per il centro destra, le elezioni anticipate restano una prospettiva molto probabile. Anche se poi in politica non si può mai dire. Appena qualche mese fa Berlusconi aveva in Parlamento  un esercito rafforzato dallo strepitoso successo delle regionali. Mercoledì la maggioranza non c’era più e sul voto contro il sottosegretario Caliendo, un “caso” inesistente, nasceva un nuovo gruppo e nuove opzioni. Tutto dunque può ancora succedere anche se è difficile che agosto porti consiglio. 

 

 
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La rottura tra Fini e Berlusconi, tutti gli strascichi del dossier aggio antiCaldoro non dovrebbero incidere

Post n°380 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

...sulla capacità del Governatore e della sua Giunta di rimettere la Campania sul binario della crescita. Come lo stesso Caldoro ha avvertito, la prima emergenza è il lavoro ed è in quella direzione che bisogna muoversi con provvedimenti urgenti, né clientelari né assistenziali. I soldi ci sono nel senso che Bassolino, per fortuna, non ha fatto in tempo a bruciare tutte le risorse ed i tre miliardi disponibili possono (e devono) essere concentrati su progetti strategici , grandi opere infrastrutturali in grado di promuovere sviluppo e occupazione. Ci sono i soldi , vi è la possibilità di riprogrammarne l’uso, c’è la cultura di governo necessaria per inquadrare e finalizzare la spesa verso obiettivi interregionali, vi è la consapevolezza di una indispensabile cooperazione tra le regioni meridionali e la conseguente necessità di una regia nazionale che non significa rinuncia alla propria autonomia. Le condizioni per passare dalla fase ricognitiva dello stato comatoso in cui il centro sinistra ha ridotto la Campania a quella degli investimenti, della crescita e dell’occupazione ci sono tutte ed è altamente probabile che alla ripresa la necessaria azione di riqualificazione della spesa e di contenimento dello spaventoso disavanzo possano coniugarsi con una forte spinta espansiva della economia regionale. Tutto ciò insieme ad un piano per l’emergenza lavoro in preparazione presso l’assessorato regionale al lavoro in sintonia con quello delle attività produttive che, a partire dall’autunno, dovrebbe aprire nuove prospettive occupazionali. Insomma la Giunta, nonostante le difficoltà interne al principale partito della coalizione, mostra di voler solcare il mare agitato delle infinite emergenze  senza perdere di vista l’obiettivo di uscire dalla crisi ed affermare nuovi modelli di sviluppo. In questi ultimi mesi la Campania, ed il dato non è stato adeguatamente valorizzato sotto questo aspetto, ha fatto da battistrada ad un processo di profonda innovazione nel sistema delle relazioni industriali. Mi riferisco al caso- simbolo Fiat-Pomigliano ed in particolare al referendum col quale i lavoratori, sia pure con una maggioranza inferiore alle aspettative, hanno approvato il piano Marchionne per lo stabilimento intitolato a Vico. A parte l’importanza di riprendere la produzione di  automobili, di investire settecento ml.ni di euro, di far rientrare dalla cassa integrazione cinquemila lavoratori, di riaccendere un indotto per altri diecimila, è rilevante che a Pomigliano, per merito della maggioranza dei lavoratori e di Cisl ed Uil, è stato compiuto un primo passo di un nuovo cammino nel sistema delle relazioni industriali. Forse la politica ha sottovalutato la volontà della Fiat di Marchionne di vincere a Pomigliano con il consenso della maggioranza dei lavoratori la sfida dei 18 turni e dello straordinario aggiuntivo contro il quale non sono ammessi scioperi, della lotta all’assenteismo e ai finti malati, di un nuovo contratto di lavoro, che impegni l’azienda da una parte e tutti i lavoratori esplicitamente consenzienti dall’altra. In realtà a Pomigliano è stato sconfitto il conservatorismo ideologico di un vecchio e polveroso sindacalismo ed è stata compiuta una scelta che potrebbe avere un’importanza storica non solo per la Fiat ma nell’intero rapporto tra aziende e lavoratori nel nostro Paese, finalmente con l’occhio fisso al mondo che cambia invece che solo attento a preservare forme e riti di un passato che non regge più all’impatto dei mercati internazionali. In Campania questa utile rivoluzione ha fatto il primo passo. Per una volta siamo i primi in un processo virtuoso che, come è emerso dall’incontro Governo- Sindacati- Fiat mercoledì scorso, è un tassello della modernizzazione del Paese.

 

 
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Quest’anno la politica non va in vacanza

Post n°379 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

troppi i temi aperti ed i nodi da sciogliere. Berlusconi, dato in difficoltà sotto i colpi finiani, ha  ripreso in pieno l’iniziativa e, a finanziaria approvata, si accinge ad una dura reazione sul fronte interno di partito e su quello del governo. Sul primo è deciso a chiudere con Fini in modo non diplomatico. Non si tratta solo di regolare i conti con il Presidente della Camera ma anche di dare corpo ad un assetto del partito-movimento che fissi regole e metta al riparo da trame e congiure. Sul secondo, la linea è rafforzare il governo e rilanciare le riforme a cominciare da quella sulla giustizia. E’ infatti in corso un accurato monitoraggio dei gruppi parlamentari e l’apertura verso nuove adesioni di deputati e senatori. Ed è stato lo stesso Berlusconi ad annunciare per i prossimi giorni la presentazione di un documento sulla riforma della Giustizia, giustamente considerata una vera emergenza.  Con agosto dovrebbero affievolirsi le offensive mediatico giudiziarie in corso, per esempio l’invenzione dell’ultimo scandalo (virtuale) della P3, una vera boutade per forma e contenuto, facendo venir meno il proposito dell’ennesimo coinvolgimento di Berlusconi-“Cesare” in qualcosa di totalmente inesistente. Ma naturalmente non saranno rose e fiori. La rottura con Fini avrà strascichi anche sanguinosi  che bisognerà contenere e gestire con perizia , il “predellino due” dovrà essere convincente e funzionante, sulla riforma della Giustizia bisognerà blindarsi perché  il vertice Anm si prepara a vendere cara la pelle per difendere il ruolo politico ed i privilegi di casta. Ed i kalashnikov  mediatico giudiziari sono già armati, la caccia a Berlusconi si intensificherà sia sul versante “stragi” (vedi Spatuzza e dintorni) sia su quello del “legittimo impedimento” all’esame anticipato della Consulta, la cui bocciatura, riesporrebbe il Premier nei processi a suo carico. Insomma la road map del Presidente non sarà una passeggiata.  Fini, in versione Di Pietro, ha  già pronto un altro partito e in molte regioni ed alle prossime amministrative, nuove alleanze, politicamente sconvolgenti, animeranno la scena politica,  il governo avrà scossoni ma reggerà, almeno fino al varo del federalismo. Ma se la ripresa economica si consoliderà, se il Paese riprenderà a crescere come gli indicatori fanno sperare , non è affatto detto che nella primavera del 2011 non si torni a votare per consolidare l’attuale equilibrio politico. Quel che sembra certo è che dopo le estate nulla sarà come prima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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Il neo governatore ha reagito con molta dignità

Post n°378 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

compostezza alle notizie per un verso agghiaccianti per un altro comiche della congiura ai suoi danni ordita dall’ ormai ex assessore Ernesto Sica e dai suoi complici. Infatti mentre non si può far finta di niente dinanzi al falso dossier teso ad impedire la candidatura di Caldoro, l’idea che ci troviamo dinanzi ad una nuova P2, conoscendo i protagonisti locali, fa un po’ ridere. In questo senso, dal punto di vista del cittadino, è rassicurante che nessuno degli obiettivi del (presunto) complotto è stato raggiunto, perché Caldoro è stato candidato, il lodo Alfano bocciato, il ricorso in Cassazione contro l’arresto di Cosentino rigettato, le nomine ai vertici di alcune Procure fallite ecc. ecc. Ad ogni modo tutta la faccenda, appunto ridicola ed agghiacciante, fa capire che nel centro destra in Campania c’è qualcosa di marcio. Non mi riferisco agli eventuali aspetti penali che non spetta a me valutare, ma al contesto, diciamo così, “politico” in cui è maturato lo squallido tentativo di “mascariare”  Caldoro, con insinuazioni né politiche né affaristiche ma personali, secondo uno stile mafioso, da servizi deviati, che francamente lascia interdetti. Possibile che dietro la facciata del centro destra covino tali odi, rancori, astii e si tollerino o, addirittura, si alimentino comportamenti così violenti e scadenti, per giunta ridicoli e maldestri? È questo lo stato della lotta interna nel Pdl? Francamente, anche se carta canta, ci rifiutiamo di crederlo. E siccome il partito del Cavaliere annovera a Napoli ed in Campania ragguardevoli figure in ogni campo, politico, culturale, imprenditoriale, figure di spessore che, se messe in condizioni, potrebbero essere di grande aiuto per elaborare una linea e costruire prospettive a sostegno del nuovo corso regionale e domani, ci si augura, cittadino, ci si domanda a chi bisogna chiedere di mettere in campo questa svolta, necessaria anzi indispensabile, e, tutto sommato, anche abbastanza facile. Viceversa il livello della politica rischia di scendere sotto il tappeto e Napoli e la Campania di declinare tra un centro sinistra in agonia che continua con inaudita ingordigia a distribuirsi poltrone in una vergognosa giostra di “sistemazioni” clientelari ed un centro destra che affanna tra ridicole trame e millantati crediti, porcherie e cattiverie, producendo l’ennesimo inabissamento della politica nel voyerismo criminale come ha ottimamente scritto domenica Paolo Macry sul Corriere del Mezzogiorno. L’augurio è che il centro destra si scuota da un certo mortale torpore partitico e politico, trasformi le faide in confronto interno e faccia le scelte giuste per determinare e guidare il rinnovamento, secondo le richieste della grande maggioranza degli elettori. Prima che sia troppo tardi.

 

 
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Uno sciopero inutile e dannoso e, almeno in Campania,

Post n°377 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

paradossale perché se sono a rischio gli stipendi della sanità o non funziona la raccolta rifiuti o i depuratori sono in tilt , se bisogna tagliare e l’economia ristagna la responsabilità è di chi ha governato fino ad ieri, non certo del neo eletto governatore Stefano Caldoro. E questo senza che i tutti questi anni la Cgil abbia mai alzato un dito per impedirlo o almeno per dirlo, farlo rilevare, denunciarlo. Nulla. Accucciata vergognosamente ai piedi del satrapo rosso, del potentissimo governatore , del “campione del rinnovamento”che costruiva il suo consenso su clientelismo ed assistenzialismo elevati all’ennesima potenza, la Cgil campana praticava interessato consenso e/o complice silenzio. Un sindacato di regime , acquiescente e colluso col il decennio rosso. Dove era, infatti, mentre era in corso la distruzione della Sanità o quando la scellerata insipienza del governo regionale gettava nel baratro dell’ emergenza rifiuti la seconda regione italiana coprendo di vergogna la ex capitale del sud o quando si sperperavano i fondi della formazione con la creazione di sacche di disoccupati o quando incuria ed incapacità mandavano in malora tutto il sistema della depurazione ? ma sopratutto dove era la Cgil quando si distribuivano a pioggia i fondi Ue senza che quel fiume di ricchezza fosse in grado di creare sviluppo ed occupazione tanto che la Campania con Bassolino ha segnato la maggior perdita di posti di lavoro in Italia ed la peggiore performance in termini di prodotto interno lordo, sceso negli ultimi anni al di sotto della media delle regioni meridionali.? Ha ragione il ministro del Lavoro  Maurizio Sacconi quando, commentando lo sciopero di ieri, ha detto è stato come scioperare conto la pioggia. Uno sciopero politico contro il Governo che invece ha mostrato determinazione nell’affrontare una profonda crisi internazionale ricevendone riconoscimenti in sede europea,e rispetto ad una ripresa dell’economia superiore alle attese come ha confermato ieri la Confindustria ed in Campania contro un governo regionale costretto ad affrontare emergenze plurime create dai predecessori in decenni di malgoverno.  Se mi è permesso dirlo la rappresentazione che abbiamo visto ieri sapeva di muffa ,un vecchio modo di intendere e fare sindacato, un inutile dispendio di energie  un danno per i lavoratori. Nel campo sindacale c’è bisogno di modernizzazione, di innovazione, di idee nuove . Non c’è posto per un sindacato che vive di rendita e che difende le proprie posizioni di potere anche quando sono contrarie agli interessi dei lavoratori. La Cisl , la Uil, la Ugl lo hanno compreso e, con coraggio, hanno avviato un profondo rinnovamento che in questa difficilissima fase dell’economia le vede protagoniste attente ed intelligenti del mondo del lavoro come dimostrato a Pomigliano. L’augurio che il vento del cambiamento rimuova anche le vecchie incrostazioni e rimetta in movimento anche il pachiderma Cgil della cui modernità e dinamicità il Paese e la nostra vita democratica hanno bisogno.

 
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Poteva aspettare, tergiversare, fare ricorso alle prerogative concordatarie.

Post n°376 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

...Invece il Cardinale Crescenzio Sepe è stato di parola ed è stato chiaro, come nel suo stile. Aveva promesso di parlare alla città ieri e così ha fatto. Ed ha fornito la sua versione  su Bertolaso, Lunardi ed il palazzo di Propaganda Fide nella splendida piazza di Spagna. Sul primo: Bertolaso aveva bisogno di una casa, lui gli ha offerto ospitalità in Seminario ma gli orari non erano conciliabili con l'attività professionale del Capo della Protezione Civile. Lo ha indirizzato ad un suo collaboratore per trovare un'altra soluzione. Punto. Non ne ha più saputo niente. Sul secondo: il palazzo di via dei Prefetti era talmente malridotto che conveniva più venderlo che ristrutturarlo. I tecnici hanno fatto la valutazione economica. Pietro Lunardi, ex ministro dei LLPP, ha mostrato interesse e lo ha acquistato. I soldi immediatamente girati alla Santa Sede. Sul terzo: la ristrutturazione del Palazzo di Propaganda Fide a piazza di Spagna. C'erano infiltrazioni d'acqua e crepe dovute ai lavori per la costruzione della metropolitana. Danni che spettava allo Stato pagare e che il ministero ha pagato stanziando i soldi per le riparazioni.

Ora, premesso che i magistrati fanno il loro lavoro e che “indagato” non significa “imputato” ed ovviamente ancor meno colpevole, bisogna riconoscere che era ed è azzardato anche solo sospettare che il Cardinale Sepe facesse parte della “cricca” di Balducci, Anemone e company e che trafficasse in faccende ultraterrene addirittura pagando tangenti a Lunardi. Naturalmente non spettano a noi difese di ufficio di cui peraltro l’Alto prelato non ha alcun bisogno. Ci limitiamo a ricordare che il Cardinale indagato è lo stesso che si è sollevato con  tutto il suo sdegno contro la camorra, che ha chiesto ai giovani di deporre i coltelli, che, appena giunto a Napoli, ha baciato la terra martoriata di Scampia, che non ha risparmiato critiche ad una politica inefficiente e collusa, che ha dato vita a progetti concreti (uno su tutti la Casa di Tonia per le ragazze madri) e che fino a prova contraria rappresenta un esempio di integrità in cui Napoli ha creduto e crede. E per una città senza risorse, disorientata, impaurita, non è poca cosa. Per questo ci permettiamo di osservare che i Pm, prima di mettere mano a provvedimenti i quali, seppur di routine, finiscono col fare  un rumore assordante e con l’assumere un significato deviante, dovrebbero pensarci su, invece che le canoniche sette, magari quattordici volte, perché il danno mediatico, quindi di immagine, per chiunque ma a maggior ragione per un Pastore di anime, diventa devastante. Per lui e per tutta la comunità ecclesiale che rappresenta. E per la Chiesa che dati i tempi non ha certo bisogno di altri guai giudiziari. Napoli è vicina a Crescenzio Sepe ha fiducia in lui. Il Cardinale in questi anni è stato tra le Autorità, la più attiva, partecipe, vicina alla “città sofferente” con un forte messaggio di speranza. Ed ora sono i suoi fedeli a dire a lui: Eminenza “ 'A Maronn v'accumpagna”.

 

 
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Basta scioperi che danneggiano città e regione. Necessario voltar pagina

Post n°375 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

Ha fatto bene il Presidente della Provincia Luigi Cesaro  a stigmatizzare in una intervista di ieri al Mattino l’ondata di scioperi che hanno messo in ginocchio la città e danneggiato l’economia.  Ed a richiamare tutti ad un maggior senso di responsabilità perché il momento è difficile e non ne usciremo senza cambiare il nostro modo di vedere le cose, con la consapevolezza  che occorre una svolta radicale nel modo di fare e di pensare. Se continueremo come prima ci faremo solo del male e comprometteremo le già scarse possibilità di ripresa. Che facciamo? Moriamo di “emergenze” nella speranza che un godot che non arriverà  ci salvi o ci rimbocchiamo le maniche e ci mettiamo al lavoro per risolvere i nostri problemi? Le emergenza di cui soffriamo sono in larghissima parte frutto del quindicennio rosso, una eredità pesante che, purtroppo non si poteva accettare col beneficio di inventario. L’elenco è sotto gli occhi di tutti, dalla Sanità, alla depurazione, alla raccolta rifiuti, ai Trasporti, al Lavoro, ultimo ma primo tra le emergenze da affrontare per evitare ciò che già in parte è un problema di ordine pubblico. Partiamo da quest’ultimo per dire che i disoccupati in Campania sono oltre centomila e che se ci si occupasse solo di quelli “organizzati”, magari sottraendo risorse allo sviluppo, si commetterebbe l’ennesimo errore. In questo senso l’accordo raggiunto su Pomigliano è uno spiraglio positivo. C’è da augurarsi che martedì il referendum lo sancisca con ampia maggioranza.  Ma sul tema lavoro come negli altri campi il compito della Regione è di fare investimenti produttivi, di favorire quelli privati, di creare lavoro produttivo ed a questo bisogna attenersi anche se ci sarà bisogno di chiudere in qualche modo le piaghe del passato. Di chiuderle una volta per tutte senza ulteriori repliche. Lo stesso vale per gli altri settori  nei quali occorre una stretta collaborazione con gli operatori e con i sindacati. E mi sembra importante che le segreterie regionali di Cisl ed Uil  abbiano assunto posizioni costruttive. Anche la politica, intendo i partiti, devono assumere iniziative evitando che le istituzioni restino isolate dinanzi a comportamenti, se pur legittimi, assolutamente inaccettabili nelle condizioni in cui ci troviamo.  Prendiamo l’immondizia. Lo sciopero che ci ha ripiombati nella vergogna delle montagne di immondizia sotto il sole si poteva e doveva evitare. È stato un errore tollerarlo. L’immagine della città ne ha risentito con danni gravi. Prendiamo il Vesuvio, una delle maggiori attrazioni turistiche. Comprensibile  l’esasperazione dei lavoratori della ex coop “Vesuvio Natura e Lavoro”, ma bloccarne l’accesso ai turisti è stato un sopruso inutile e dannoso. Sbagliato farlo, sbagliato non impedirlo. Ed il discorso vale per tutte le altre emergenze a scadenza settimanale. Su di esse occorre una mobilitazione civile una partecipazione attiva di partiti e sindacati ed una assidua e concreta attività istituzionale con le Assemblee in allerta e in attività se non quotidiana, quasi. Si darebbe un senso di serietà e concretezza se, ad esempio, prima dell’estate si giungesse all’approvazione del   “nuovo” piano casa proposto dall’ass. Taglialatela e varato ieri dalla Giunta regionale. Sarebbe una prova che qualcosa effettivamente sta cambiando 

 

 

 
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Pubblico/privato a Napoli. Mettiamo Bagnoli e Naplest.

Post n°374 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

Il primo esempio sciagurato di intervento pubblico, il secondo di una iniziativa privata che nasce virtuosa. Bagnoli è li che si distingue per ritardi ventennali, sprechi  inammissibili, confusione e improvvisazione, oltre che per  progetti improbabili come la clinica delle tartarughe” peraltro finanziate col lo sforamento bassoliniano del patto di stabilità. E per il paradosso che se si volesse attuare, come si dovrebbe, il piano urbanistico bisognerebbe demolire l’unica cosa seria fatta  e fatta bene e cioè il Museo della Scienza del bravo e tenace  Silvestrini e della sua ottima squadra.  Naplest , che arriva dopo anni di pubblici tentativi falliti e relativi sprechi (nel 2001 la società consortile affidata  a Fabiano Fabiani ed altri infruttuose e dispendiose iniziative),  con 18 progetti ad opera di privati investitori  distinti  ma associati in un unico disegno di riqualificazione urbanistica, sociale, economica di un intero pezzo della “città orientale”, da Poggioreale  a Ponticelli, passando per Barra e San Giovanni, la zona est di Napoli, la più rossa (il pci raccoglieva il 70% dei voti ) e tra le più degradate, in agonia  tra miseria, degrado e camorra. Oltre 2 miliardi di investimenti, senza soldi pubblici ed il coinvolgimento di imprenditoria locale nazionale e straniera vedi i cinesi di Shanghai interessati allo sviluppo dei terminal portuali. Qualcosa di assolutamente nuovo per la Campania e per il Mezzogiorno.  Molte le opere in campo dal porto turistico di Vigliena alla riqualificazione delle aree dismesse industriali a quelle dei depositi petroliferi Eni e Q8 al completamento del Centro direzionale al Palaponticelli una agorà della musica tra le più grandi di Europa. Una operazione che parte “dal basso”, dal mercato, che segue metodologie moderne già sperimentate nelle trasformazioni urbanistiche di altre grandi città come Londra, Berlino, Parigi, New York.  Siamo dunque in presenza di un cambiamento radicale dell’imprenditoria  napoletana decisa a rischiare i propri soldi in operazioni di riqualificazione e sviluppo urbano, siamo dinanzi al passaggio dalla speculazione palazzinara e cementificatrice  all’investimento virtuoso capace di determinare nuovi standard di sviluppo e qualità della vita secondo il tema dell’expò universale di Shanghai “Better City, Better Life”, speranza (comune a tutto il genere umano) di una vita migliore nel futuro sviluppo delle città? A voler essere ottimisti, cosa che qui a Napoli è d’obbligo, la risposta è  si. Naturalmente  staremo a vedere. Ma le premesse ci sono tutte e sempre che il Comune agevoli e la burocrazia non ostacoli, nel giro di qualche anno si dovrebbe vedere qualcosa di concreto. Per ora un testimonial di eccezione come il maestro Riccardo Muti ci conforta e lascia ben sperare. Come la circostanza che a guidare il comitato promotore è una donna imprenditrice, Marilù Faraone Mennella,  che il nostro direttore ha addirittura candidato nel fondo di domenica  a Sindaco della città. Chi vivrà vedrà! 

 
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LA CITTA' MORENTE

Post n°373 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

Napoli è in declino. Anzi no. Di più. Non si tratta di mero pessimismo, ma di realtà suffragate dalle cifre del rapporto sull'economia di Bankitalia. In Campania c'è stata una riduzione del Pil a prezzi costanti pari al -5,4 per cento nel 2009, un calo ancora una volta superiore al dato italiano (-5,0 per cento) e meridionale (-4,5 per cento). Il sindaco Iervolino non riesce a gestire la sua maggioranza, (ieri ennesima mancanza del numero legale in Consiglio comunale), ma tanto oramai la sua esperienza è finita, la qual cosa è giudicata da molti una fortuna. Il problema è il futuro. Il Partito Democratico annaspa alla ricerca di un candidato. Per la verità ce ne sarebbero diversi, l'uno contro l'altro nella speranza di correre una maratona data per persa in partenza. Il Pdl annuncia che il nome arriverà dopo l'estate: speriamo che la promessa sia mantenuta anche perché il futuro, spiace dirlo, è tutt'altro che roseo. Stefano Caldoro si è trovato alla guida di una barca che faceva acqua da tutte le parti. Buchi enormi nelle casse regionali rischiavano di far naufragare prima ancora del varo, la sua esperienza alla guida di Santa Lucia. Al Comune di Napoli sarà peggio. Lo diciamo adesso, ad un anno quasi dall'insediamento del nuovo sindaco: se dopo 10 anni di bassolinismo la Campania è in profondo rosso, il successore di Iervolino e Bassolino, come troverà le casse di Palazzo San Giacomo? Qui, gli anni di gestione rossa sono ben 18. Cosa avrà lasciato Bassolino alla Iervolino che ha dovuto ingoiare il rospo in silenzio? E cosa lascerà lei al suo successore? Altro che Regione Campania, la situazione sarà ben più grave. Intanto la città è paralizzata. La viabilità è un'infernale lotta quotidiana. Le strade sprofondano, esempio sono i quartieri spagnoli che voragine dopo voragine cadono a pezzi. La zona orientale, sempre più degradata è in mano ai cinesi ed all’economia border line. La Polizia Municipale è teatro di una guerra civile tra comandante e “colonnelli”. Bagnoli ferma al palo tra cliniche per tartarughe e progetti a passo di gambero. Le società partecipate nate per lo più per assunzioni clientelari, sono oramai market di poltrone per pachidermi politici trombati. Non c'è un solo progetto credibile che faccia sperare per il futuro. Uno, dico uno. A questo punto il problema non è scegliere il nome di un sindaco, ma un identikit che indipendentemente da destra e sinistra, sia in grado di rompere con il passato. O così, oppure non so' quali altre soluzioni possano esserci. Francamente di positivo non vedo nulla e, se non lo vedono neanche gli esperti della Banca d'Italia, allora siamo proprio alla frutta.

 Alfa Sud di Pomigliano d’Arco . La politica latita. Sulla vicenda ha brillato per la sua assenza. È rimasta silente ed impotente nello scontro tra Marchionne e la Fiom non ha avuto il fegato di scontrarsi con l’estremismo sindacale di isolarlo e di far prevalere il buon senso e l’interesse generale che era ed è quello di salvare le residue funzioni industriali rimaste  e l’occupazione. La politica, insomma, di una questione così importante e decisiva per il nostro futuro, se ne è infischiata. E così facendo non ha saputo neppure valorizzare le posizioni responsabili e costruttive di Cisl e Uil che dall’inizio si sono concentrate sul nodo centrale della questione ed hanno dato il loro ok, preoccupate di perdere l’occasione e quindi di danneggiare i lavoratori. Ieri Marchionne ha dettato il suo ultimatum. Naturalmente gli ultimatum non piacciono a nessuno e quindi anche il supermanager fiat deve sapere che non sta giocando con i soldatini.  La Fiom o alcuni settori di essa, continuano con il sindacalismo antagonista vecchio stile senza rendersi conto che così facendo offrono argomenti per chiudere Pomigliano.   Se l'accordo con l'azienda di Torino non dovesse andare in porto, cosa che assolutamente non deve accadere le responsabilità saranno ripartite tra il cieco oltranzismo sindacale e la remissività, e l’irresponsabilità di una politica che così com’è serve francamente a poco. Anzi a niente.

 

 

 

 
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Le minacce (cinque proiettili di cui tre inesplosi e frasi minacciose siglate )

Post n°372 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

a Caldoro, Mastella, Sandra Lonardo, Nappi e Cosentino non vanno sottovalutate. La Napoli del quindicennio rosso è esposta a tensioni di ogni genere a cominciare da quelle sociali che covano in un esteso malessere e possono essere attivate ed esasperate da nuclei violenti di provocatori. Insomma che ci siano soggetti interessati a far esplodere la città contando sia sul suo precario equilibrio che sulla congiuntura dei tagli e di conseguenza sulla cancellazione di diffuse pratiche assistenziali, è un fatto molto probabile. Ci sono migliaia di organizzazioni, gruppi, “cooperative”, associazioni, ecc. gestite da regie politiche che ne hanno ricevuto direttamente o indirettamente vantaggi elettorali, ai cui “iscritti” è stato promesso un “posto” e che da anni ricevono un sussidio. Costoro o meglio i loro capi sanno che col cambio di guardia a Santa Lucia le cose non potranno andare avanti così per molto e sanno che la loro unica arma è mettere a ferro e fuoco la città per ottenere di essere assunti. Sanno che o si alza il livello della protesta, cioè della “lotta” o si rischia il riflusso entro schemi ordinari, come sarebbe giusto e normali ed allora alzano il tiro. Le prove generali ci sono già state nei mesi e nelle settimane scorsi quando gruppi di facinorosi aderenti al “movimento”, hanno fatto scendere la gente dai bus e vi hanno dato fuoco insieme ai cassonetti della spazzatura  mettendo a soqquadro pezzi di città,  per ultimo l’area da via Foria ai Tribunali, bloccando per ore il traffico, e manifestando per le strade del centro antico con uno sciame di migliaia di motorini (senza casco per provocare ed identificarsi) sicuri dell’impunità. Sberleffi all’Autorità costituita misti a fuochi di ribellismo metropolitano, ingredienti tipici e per altro non nuovi nella storia recente della città, che preludono al peggio. Si sa che la decisione della Giunta regionale di stanziare altri tre milioni per garantire il sussidio ai 3950 bros, ex isola il sussidio fino a settembre, non è piaciuta ai sindacati ed a molti commentatori locali e che a Roma, al Ministero del Lavoro, quel che accade da noi viene giudicato altamente anomalo, per non dire altro. Ma non si capisce perché quelli che oggi storcono il naso non siano intervenuti prima, visto che il progetto isola è figlio del sinistrismo più acceso ed inconcludente e che va avanti con la benedizione di Bassolino ed i soldi pubblici da alcuni anni con una spesa che ha superato i 50 milioni di euro. Uno scandalo, uno sperpero di danaro per un progetto mai decollato che ha alimentato aspettative ed oggi rischia di generare violenza. Chi pagherà per questi clamorosi errori, per questo esempio di pessima amministrazione e di indicibile sperpero? Nessuno, perché quando sbaglia la sinistra (e quanti indicibili ed incommensurabili errori ha commesso,!) gli organi di controllo nicchiano, la stampa si distrae, la magistratura non vede e non sente. Ora la bomba è nelle mani del neo assessore regionale al lavoro. Ma nessuno può pensare che diventi il capro espiatorio o che se la faccia esplodere tra le mani. E dunque  occorre una decisione ed un piano attuativo sul quale devono pronunciarsi il Consiglio Regionale, la Giunta ed il Governo, oltre che il Sindacato e gli imprenditori. La decisione riguarda l’assistenzialismo in materia di lavoro e formazione. Se si decide di chiudere, di smontare la greppia, di farla finita e di allinearsi con il resto d’Italia e d’Europa, come dovrebbe essere e come sarà non foss’altro perché sono finiti i soldi, (avendo le giunte di sinistra speso e impegnato tutto anche per i prossimi anni), allora occorre un piano. Non si esce da decenni di assistenzialismo con un colpo di bacchetta magica. Occorre un piano con il coinvolgimento di tutte le parti in causa ed il consenso della pubblica opinione. Tutto a portata di mano, se solo lo si decide.  

 
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Bisturi, non accetta.

Post n°371 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

Bisturi, non accetta. Francamente forbici così taglienti e generalizzate nel mondo della Cultura si poteva e doveva evitare. Lo diciamo con forza: difendere Palazzo Serra di Cassano è un imperativo categorico per chiunque abbia a cuore le residue sorti di questa città che annega nell’inciviltà nel degrado fisico e umano nella sciatteria amministrativa nella banalità e compromissione e corruzione politica, nella miseria, intesa come povertà anche di spirito, di gusto, di educazione di etica pubblica . Revocare la “sforbiciata” all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che suona come un pugno allo stomaco della Napoli virtuosa, quella della cultura anzi delle eccellenze. È un obbligo anche morale. Confidiamo nel Ministro Bondi. Il grido di dolore che viene da Palazzo Serra di Cassano  deve essere recepito . Napoli non è solo cronaca nera: camorra, omicidi, rapine,  inciviltà, sporcizia, degrado umano e ambientale. Un laboratorio di Cultura, vera, va protetta. Quello che si spende, pochi spiccioli a fronte del mare magnum dello spreco, sono pochi spiccioli e non è spesa improduttiva, anzi è altamente produttiva. Parlo di cultura “vera” perché in Campania, negli ultimi anni la “cultura” è diventata un occasione di business, un vessillo da sbandierare quando c'erano finanziamenti da prendere e assegnare. Festival senza valore artistico, “effimero” a mani basse, rappresentazioni, eventi,  mostre costose e scadenti: insomma carrozzoni porta voti da alimentare e diffondere. Ecco li tagliare sarebbe un bene non solo per l’economia. Ora la lista dei 232 enti, fondazioni e istituti culturali contenuti nell'allegato della manovra finanziaria, tornerà nelle mani del Ministro Bondi:  sarà lui a stabilire cosa merita il sostegno dello Stato e cosa no. Ma sarebbe singolare se sforbiciasse la Stazione Zoologica e/o il Cira che sono presidi di alto valore scientifico e non tanto altro che è superfluo o non determinante ai fini dell’identità culturale della città. A proposito di aerospazio e di eccellenze. Gli imprenditori di Napoli Est annunciano nuovi investimenti: due miliardi di euro. Una cifra da far girare la testa e che fa sperare nel futuro di un'area che veramente (se si volesse sul serio!) potrebbe far decollare attraverso la zona orientale, l'intera città. Penso alle imprese che operano proprio nel settore dell'aeropsazio, delle tecnologie avanzate ma non solo. Ora i fondatori di “Naplest”, coloro che hanno annunciato 18 nuovi progetti imprenditoriali, partiranno in delegazione per Shanghai con l'intento di promuovere la città. Fin qui, tutto bene. Speriamo però  che le promesse si traducano in fatti, cosa che quasi mai accade a Napoli. Speriamo  che San Giacomo “trovi il tempo” di occuparsi di una cosa , un progetto che sembra molto serio e che si metta nelle condizioni di favorirne non di ostacolarne la realizzazione. Non è che in Giunta ed in Cionsiglio comunale brillino per il fare. Ma almeno che non si sia di ostacolo di intralcio di freno con i soliti lacci burocratici o peggio.

 

 
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È molto probabile che i primi mesi della giunta

Post n°370 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

..... Caldoro saranno tutti spesi per arginare le emergenze lasciate in eredità dai dieci anni e più di governo della sinistra. Quello che sta venendo fuori  è solo una piccola parte del disastro di questi anni in cui i soldi pubblici sono stati in gran parte spesi per acquisire e mantenere voti e consenso. La sinistra in Campania e nel Mezzogiorno si è retta sulla rendita parassitaria della spesa pubblica improduttiva, ha fatto assunzioni senza creare lavoro, ha elargito incarichi e consulenze senza ricavarne progetti e utilità, ha esteso a dismisura le paludi assistenziali, ha moltiplicato enti e società “partecipate” per assumere amici e clientes, e “sistemare” ex assessori, ex consiglieri, ex dirigenti di partito ecc. nei consigli di amministrazione,  infastidita ed incurante del limite di non più di tre consiglieri per Ente, proposto ma non ancora imposto dal Governo. Ha sfasciato la Sanità dilatandola, indebitandola e sfarinandola, duplicando posti letto e primariati e alimentando sprechi di ogni genere. Non ha tutelato il territorio contro l’abusivismo che in questi anni è cresciuto in modo mostruoso: in Campania si dovrebbero demolire quasi settantamila vani e ce ne sono almeno altri trentamila in via di accertamento. Ha avvelenato il suolo e inquinato le falde con i rifiuti, provocando danni incalcolabili alla filiera agro alimentare ed al turismo. Ha creato e ingigantito sacche di (non) lavoro assistito che creano tensioni sociali ed assorbono risorse senza produttività. Ha sprecato i fondi della Ue perché invece di concentrarli su progetti strategici le ha distribuite a pioggia su opere irrilevanti ai fini dello sviluppo. Di conseguenza non ha creato occupazione, scesa in questi anni in Campania insieme al pil più che nelle altre regioni meridionali. Tutto questo ha generato la sottocultura del non fare, dell’approfittare, dell’ottenere senza meriti, del sopravvivere a spese del pubblico danaro, dello sfruttare ogni circostanza nel più assoluto disprezzo dell’interesse del bene e del danaro pubblico. Ed ha allargato lo spazio di manovra della criminalità. Infine, a metà dello scorso anno, l’ultima Giunta Bassolino ha deciso di sforare il patto di stabilità per oltre un miliardo di euro. La conseguenza, che sia Bassolino sia i suoi assessori non potevano certo ignorare, è stata di paralizzare il neo eletto Caldoro e la sua Giunta costringendoli ad affrontare tutte le emergenze da essi stessi create o non risolte, senza il becco di un quattrino, senza neanche potersi avvalere dei  collaboratori più stretti. Anche il personale comandato del Consiglio e della Giunta, che ora saprà chi ringraziare, deve rientrare negli uffici di provenienza. Morale: quando si accusavano le scelte di Bassolino e dei suoi, quando si additavano le migliaia di spese ingiustificate, quando si attaccava la politica clientelare, non si faceva altro che fotografare la realtà richiamando al senso istituzionale. Che evidentemente non c'è mai stato. Questi sono i risultati. Povero Caldoro, poveri assessori. Poveri noi.  

 

 
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Riccardo Marone

Post n°369 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

ex vice sindaco di Napoli, poi sindaco quando Bassolino lasciò per candidarsi alla Regione,  ex parlamentare dei Ds, ex assessore dell'ultima giunta campana: è lui il “nuovo” che avanza nella corposa, costosa (e non certo utilissima) Bagnolifutura, società che dovrebbe rilanciare l'area a ovest di Napoli. Marone era stato nominato nella morente giunta a meno di un anno dalla fine del mandato. Non tutti ricordano che in quell'occasione furono tanti i “niet” che si sentì pronunciare l'ex governatore. Nessuno voleva salire sulla barca che affondava nel profondo rosso dei conti e che rimaneva a galla tappando le falle un po' qua, un po' là. Così per la delega del Turismo, una delle più importanti per la Campania, Bassolino dovette ripiegare su un “vecchio compagno”, che ben conosceva e che lo aveva accompagnato lungo tutto (o quasi), il (disastroso) percorso politico. Il credito è stato riscosso: Marone, ora orfano del suo mentore, ha trovato una nuova collocazione: presidente di Bagnolifutura. Succede al professor Rocco Papa, anche lui vice sindaco della prima giunta Iervolino poi parcheggiato nella società del Comune di Napoli. Prima ancora c'era Sabatino Santangelo che ora è il numero due di Palazzo San Giacomo. Forse per diventare presidenti di Bagnolifutura bisogna essere prima o dopo vice sindaco. Forse. Certo è che bisogna essere della “cricca” rossa. Marone dovrà ora guidare la società del Comune di Napoli. La mission ribadita dalla Iervolino è  “valorizzare le aree e la loro vendita sul mercato locale, nazionale e internazionale, senza alcuna finalità immobiliare”. Il sindaco ha anche sottolineato di preferire una “conduzione collegiale”, che in altri termini significa: più persone da pagare, più stipendi che gravano sulle casse della società, più spese etc etc. Il tutto per vedere Bagnoli ferma al palo, in un caotico brain storming di idee contrastanti l'una con l'altra. Proposte irrealizzabili, promesse mancate, impegni disattesi, proclami mai rispettati. Su Bagnoli vogliono fare tutto e il contrario di tutto. Nonostante esperti di fama nazionale e internazionale (Attilio Belli, Guido D'Angelo, Gerardo Mazziotti, Nicola Pagliara) dicono e ribadiscono, oramai da anni che i progetti sono un accozzaglia di idee, a tratti utopistiche, si continua procedere nel senso sbagliato. Si viaggia contromano rispetto al recupero e allo sviluppo dell'area. Una carrozza tirata dai cavalli, una grande carrozza, diciamo quindi “carrozzone”, ora guidato da Riccardo Marone,  ex vice sindaco di Napoli, ex sindaco, ex parlamentare dei Ds, ex assessore dell'ultima giunta campana. Si continua a guardare indietro più che avanti. Intanto Bagnoli è lì, bella e maledetta allo stesso tempo. Un panorama mozzafiato distrutto dalla siderurgia, utilizzato dai proclami della politica, abbandonato dai cittadini. Un paradiso unico al mondo: unico anche perché nessuno si sarebbe sognato di piazzarci un carcere per minori. Ma a Napoli la priorità è il lavoro. E per fortuna oggi, Riccardo Marone “disoccupato” da due mesi, è diventato Presidente di Bagnolifutura.

 

 
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Caldoro parte col piede giusto, sindacati e opposizione diano una manoa su8perare le emergenze

Post n°368 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

Stefano Caldoro è stato di parola. Non ha perso tempo e tre giorni dopo la prima seduta del Consiglio ha varato la Giunta. I ritardi lamentati da De Luca sono dipesi dai tempi di proclamazione degli eletti e dai termini statutari, non da lui. Ha resistito alle pressioni partitiche. Ha eluso i cencelli correntizi. Non ha ceduto sul principio delle incompatibilità riuscendo a tenere distinte le funzioni legislative da quelle esecutive. Ha costituito una Giunta di alto profilo professionale, accademico, scientifico, amministrativo e politico. In nome del rigore ha nominato un generale della Guardia di Finanza al Bilancio. In nome della competenza ha aperto a uomini vicini alla sinistra come l’ex rettore federiciano Guido Tronbetti ed il preside di ingegneria Eduardo Cosenza. Si, è vero, c’è un De Mita, il nipote di Ciriaco da tutti descritto come persona seria e competente e c’è un amico di Clemente Mastella, il prof. Severino Nappi, giuslavorista di rango, che non a caso ha la delega al Lavoro. Scelte autonome del presidente, giuste, non viziate da pregiudizio, di rottura col passato nel metodo e nel merito, contro le quali il rigurgito nuovista, di destra o di sinistra, suona falso e strumentale. Le critiche dunque sono infondate. E se si possono considerare di routine le punzecchiature dell’opposizione, gli strali “amici” sono da rispedire al mittente come un penoso rinculo correntizio.  Mercoledì, dopo le dichiarazioni programmatiche e la presentazione della Giunta, la nave di Caldoro mollerà gli ormeggi. Non c’è nulla da “gestire”. La sinistra ha raschiato il fondo del barile. Ci sono enormi problemi da affrontare. Bassolino ha lasciato una eredità pesante. Dagli stipendi del personale della Sanità, ancora incerti, alla spaventosa crisi di un settore schiacciato da debiti e inefficienze, ai temi dell’occupazione, in Campania in calo più che nelle altre regioni, all’emergenza ambientale, ci sarà bisogno di lavorare sodo per rimettere la Regione sul binario che la ricongiunge al resto del Paese. I partiti di opposizione, il sindacato, la società civile possono scegliere di restare nel guscio sicuro e perdente dello statu quo, ostacolando, frenando, attivando contro Caldoro e la sua giunta tutto il potenziale di fuoco, diretto e indiretto con in più il veleno di una  cinica e (in)civile rassegnazione al peggio. Oppure possono decidere di sostenere, senza collaborare, lo sforzo di far rialzare la Campania. Nel primo caso ne deriverebbe una difficoltà in più per Caldoro ma moltissimi punti di credibilità in meno per loro. Nel secondo si riattiverebbe un circuito virtuoso della politica basato sul confronto e sullo scontro ma anche sulla responsabilità comune per l’interesse generale quando la casa brucia. Ne deriverebbe un riaccredito di fiducia per tutti. E di questo si gioverebbero certamente la politica nel suo complesso, e la sinistra.

 

 
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Sanità : comincia per Caldoro la lunga marcia del riscatto della Campania

Post n°367 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

Ci mancava la morte di Mariarca Terracciano, l’ infermiera del San Paolo che ha perso la vita dopo uno sciopero della fame ed un auto salasso quotidiano per protestare contro il blocco degli stipendi della Sanità. Una tragedia che lascia sconvolti e che getta luce sinistra sugli aspetti anche umani dello sfascio della Sanità, un settore letteralmente “dissanguato” da pessima amministrazione. Dopo anni di sprechi, inefficienze, clientele,  in Campania, sulla Sanità è giunta l’ora di pagare il conto. Le cose sono messe male, la Campania della Giunta Bassolino non ha le carte in regola, il ministro Fazio lo ha documentato in modo ineccepibile, negli ultimi otto mesi quelli del centro sinistra ci hanno dato dentro sapendo che non sarebbe toccato a loro risanare, è saltato il rapporto tra spesa e obiettivi e dunque il Governo ha detto no all’uso dei fondi Fas per il piano di rientro.  Difficile prevedere un inizio più arduo per Caldoro ma anche impensabile un buco come quello fatto trovare dalla sinistra, che, tra patto di stabilità violato e conti della Sanità, raggiunge quasi i tre miliardi di euro.  Come uscirne? La soluzione non è semplice neppure nella formulazione perché l’ eventuale paventato aumento delle addizionali irpef ed irap, che in Campania sono già al top, non coprirebbe il fabbisogno. Senza contare che un altro salasso fiscale su cittadini ed imprese soffocherebbe nella culla le flebili potenzialità di ripresa dell’ economia regionale. Per questo  Caldoro farà di tutto per  evitare ulteriori inasprimenti fiscali e chiederà al Governo provvedimenti straordinari,  innanzitutto per assicurare il pagamento  degli stipendi, sulla base  di un piano più severo di contenimento della spesa corrente e di rientro. Lo farà anche in forza del credito personale che vanta col Presidente Berlusconi e col Governo ma dovrà dare delle garanzie al cui rispetto tutti dovranno concorrere, a cominciare dal mondo sanitario fino al sindacato, ai settori interessati dell’imprenditoria, ai partiti di opposizione. O si da una mano a Caldoro in questa gigantesca operazione di riassetto, razionalizzazione e risanamento, o si rischia il default. Occorre uno sforzo corale della parte attiva e propulsiva della società campana che in questa occasione potrà e dovrà dimostrare di essere in grado di rimediare ai propri errori con spirito di sacrificio, serietà e lungimiranza.  Deve essere chiaro a tutti che la stagione degli sprechi, del clientelismo, della spesa improduttiva è finita e che la condizione ineludibile per ripartire è “risanare” attraverso una ottimizzazione delle risorse di cui disponiamo. Una operazione che, a partire dalla sanità, dovrà riguardare tutti i settori della spesa pubblica e che per riuscire richiederà il concorso virtuoso della politica e delle parti sociali.  Governare non significherà più gestire senza fare al solo scopo di mantenere ed accrescere il proprio consenso elettorale come è stato per i quindici anni alle nostre spalle. Governare dovrà significare decidere nell’interesse comune, usare le risorse con intelligenza ed avvedutezza per  “fare”,  “realizzare”, con l’obiettivo di migliorare i servizi ed aumentare gli investimenti infrastrutturali.  Per il centro destra comincia dal fondo del baratro la lunga marcia del riscatto della Campania e del Mezzogiorno.

 

 
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Domani s'insedia ufficialmente il nuovo Consiglio regionale della Campania

Post n°366 pubblicato il 29 Novembre 2010 da corvo_rosso_1

nelle ore immediatamente successive, la nuova Giunta sarà subito chiamata ad affrontare una serie di priorità che meritano risposte celeri nell'interesse dei cittadini campani. Il neogovernatore Stefano Caldoro è atteso, infatti, da una necessaria riforma dell'intero sistema di potere regionale, gravato dalle storture della gestione bassoliniana. Le parole da accantonare sono assistenzialismo e clientelismo mentre quelle da far emergere sono crescita e sviluppo economico, consapevoli che tale processo non si realizza senza il contributo delle forze sociali e imprenditoriali. In Campania si gioca il futuro del Mezzogiorno, per cui serve una politica che si riscatti e rivendichi il proprio primato alla vigilia del federalismo. Tra le priorità, c'è sicuramente l'ultima fase della programmazione dei fondi europei 2007/2013 alla luce del bilancio fallimentare dei fondi Ue 2001-2006 dispersi a pioggia e neppure tutti investiti e men che meno spesi; altro tema caldo, e le prime avvisaglie si sono avute con il mancato pagamento degli stipendi ai dipendenti dell'Asl Napoli 1 poi risolto con un provvedimento ad hoc dallo stesso Caldoro, sarà quello afferente al deficit sanitario: con un trend di spesa sanitaria che accumula debiti senza garantire neppure una decente assistenza, occorrono scelte rigorose con l'aiuto – ove possibile – del Governo nazionale; la svolta con il nuovo esecutivo regionale si deve poi manifestare nel settore lavoro e formazione ponendo fine allo spreco di risorse pubbliche perpetrato in questi anni nella gestione dei lavoratori socialmente utili; infine, con l'avvicinarsi della stagione estiva, bisognerà affrontare il fronte ambientale, leggasi rifiuti e inquinamento: è ancora aperta la ferita dell'emergenza (da evitare che riesploda) come è ancora vivo lo scandalo degli impianti di depurazione. In queste condizioni comincia la nuova avventura regionale che si concluderà nel 2015. È superfluo dire che i prossimi saranno cinque anni decisivi per sapere se la Campania ed il Mezzogiorno resteranno in Italia o finiranno in una dependance dell’Europa ricca. 

 Cumulo di incarichi. Parlamentari ma anche assessori. Presidenti ma anche consiglieri. Componenti di Cda ma anche sindaci e dirigenti di partito. La moda del doppio incarico spopola, o meglio, spadroneggia nella seconda Repubblica non facendo altro che danni. E' una realtà fatta di eccessiva concentrazione di potere che porta solo dispendi economici alle casse dello Stato e nessun beneficio in termini di “produttività”. Tutti fanno tutto, con una commistione di interessi mascherata spesso come “impegno per il territorio”. Impegno, che nella realtà dei fatti si trasforma solo in una spesa maggiorata da benefit, emolumenti, gettoni di presenza e quant'altro e in una inevitabile perdita di produttività del lavoro politico. Il che, considerando che la politica è generalmente improduttiva e talvolta dannosa, lascia capire in che condizioni ci ritroviamo.  Chi paga? Inutile dirlo, noi. Di contraltare cosa c'è? Nulla. Anzi. Questa moda del doppio incarico dunque dovrebbe essere rimossa e riposta tra le cose peggiori della seconda repubblica. Ci riuscirà la “nuova” politica?. ai posteri (speriamo non tanto lontani) l’ardua sentenza!

 
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