Sto per piazzarmi davanti alla tivù a rivedere Un attimo una vita che ho comprato dal giornalaio alla stazione. Ho preso pure la Barbie e la fodera turchese di una vecchia gonna con la quale le confezionerò un abito da sera spettacolare e catartico. Questa volta Ken resterà veramente senza parole.
Ovviamente squilla il telefono prima che io abbia il tempo di schiacciare play.
“Zia, devo parlarti, sono qua sotto. Apri, per favore”. Una delle ragioni per cui non ho fatto collegare il citofono è che voglio privarmi il più possibile della gioia delle visite a sorpresa ma Cristiano che un attimo dopo avermi conosciuta mi ha trasformato in ‘zia’, sa che le regole per lui non valgono.
Scendo ad aprire e mi trovo davanti il nipote acquisito e una ragazzetta coi capelli neri lunghi e gli occhi azzurri che spuntano sotto un cespuglio di frangetta.
“Questa è Susanna”
“L’avevo immaginato”, dico sorridendo ad entrambi.
Cristiano entra e va dritto in cucina. “Scusa, zia, ma ho una sete inestinguibile. Mia madre oggi ha toppato col sale”
“E’ lei che vi manda?”
“Chesseimatta? Idea mia. Devi aiutarci a trovare una soluzione”
“Mmmh?”
“Dottoressa”, comincia la piccola.
“Mettiamo da parte le formalità, per favore. Chiamami Adriana, okay?”
“Ok”, riprende lei, sollevata. “Allora…ecco…io avrei pensato che dobbiamo assolutamente fare qualcosa per aiutare la mamma di Cris a uscire dal tunnel”
“Scommetto che hai anche un’idea”, suggerisco mentre rimacino dentro di me l’idea del tunnel nel quale sprofonda Stefania e solo per un attimo lo immagino sinistramente simile a quello di Durrenmatt.
“Io…credo…che…abbia bisogno di un uomo”, dice.
“Non è l’unica”, mi scappa di dire ma mi rendo subito conto che certe cose le zie non le dicono e per sdrammatizzare aggiungo una risata ghignante che mi fa sembrare più iena che zia. La marmocchia non ci bada e prosegue lungo il filo del proprio pensiero.
“Io ho pensato di farle incontrare mio padre – i miei hanno divorziato - ma Cris non è d’accordo. Ed è per questo che siamo qui”.
“Zia”, attacca Cristiano senza darmi il tempo di raccapezzarmi, “non è cosa, credimi, ma ‘sta qui non si convince e dice che sono edipico! Diglielo tu”
“Bè, tua madre lo sappiamo tutti com’è, no?”
“Appunto. Ci sono fotografie di mio padre in ogni angolo della casa. Ogni giorno lei fa un giro per cambiare i cioccolatini davanti a ognuna, le bacia, le stringe al petto e si dispera. Quindi non credo che…”.
“L’idea di farle conoscere qualcuno non è proprio malvagia, però”, rifletto.
“Ma non conosci suo padre”, fa lui sedendosi sul divano e stringendo una mano di Susanna.
“Perché, com’è?”
“Non è il suo tipo, figurati! Mio padre era uno all'inglese, alto, magro, raffinatissimo, uno con la battuta sempre pronta...sai il genere: pungente, anche un po' cattivo, se vuoi, ma con le donne ci sapeva fare. Con tutto il rispetto per il padre di Susi che è un bell'uomo, simpatico, non c'è confronto: è troppo...troppo...troppo in tutti i sensi"
"Sì”, interviene la pischella accalorandosi, ”ma si dà il caso che le donne debba staccarsele di dosso con la forza. Fidati del mio intuito, accidenti! Mio padre è talmente diverso dal tuo che le piacerà proprio per questo. Per lei sarà come una sfida e nello stesso tempo, una scoperta continua. Sarà stuzzicante. Fidati di una donna, baby", conclude con una strizzatina d'occhi, la…donna.
“Ecco perché siamo qui, zia. Devi aiutarci, per favore, perché sennò finisce che litighiamo”.
Rifletto un po’. Per aiutarmi metto su un cd dei Penguin. “In fondo”, dico mentre i violini dispiegano le ali attorno a noi, “cos’avete da perdere? Provate a seguire l’intuito di Susanna. Hai visto mai che la resuscitiate”
“E vai! Brava, zia!” esplode Susanna saltandomi al collo. "Domani sera li portamo al cinema e poi facciamo in modo di incontrarci all'uscita e sai come va, no? bicchierino per festeggiare l'incontro, sigarettina, chiacchieretta e da cosa nasce cosa", conclude beata.
"E sia", si rassegna Cristiano.
Vanno via avviticchiati. Sono teneri e carini. E innamorati.
Non voglio pensare all’amore, al maresciallo, al fatto che sono più sola di Cenerentola perchè non ho nemmeno la fata madrina, quindi abbandono il progetto casalingo che potrebbe rivelarsi tristogeno&lacrimogeno e mi fiondo nel più colossale stockhouse dell’emisfero settentrionale dove oltre a trovare sempre qualcosa di speciale, si trova un clima familiare e rilassante grazie soprattutto alla presenza delle mie pinocchiette: Camilla e Simona, le due commesse (il soprannome deriva da certi pantaloni a pinocchietto di cui parleremo più avanti).
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il 27/09/2009 alle 15:50
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