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Creato da: sareva82 il 29/06/2009
commedia romantica in ospedale vista mare

 

 
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cap. 90 -Il viaggio -

Post n°92 pubblicato il 27 Agosto 2009 da sareva82

Parto sola. Le Coccinelle non sono emancipate fino a questo punto…il più a nord d’Europa. Sul volo da Roma a Helsinki vengo fagocitata da una giovane donna elegantissima con la quale chiacchiero fitto fitto dalla partenza all’arrivo, Lei sta andando a trovare suo fratello che ha appena avuto una bambina dalla moglie finlandese.

Mangiamo con fervore tutto quello che ci viene offerto dalla Finnair sorseggiando champagne e raccontandoci dettagliatamente tutti i cazzi nostri senza reticenze con un occhio periodicamente buttato sul piccolo schermo sospeso di fronte a noi per seguire passo passo l’avanzata verso nord del grande uccellone di fuoco.

All’arrivo ci salutiamo con la promessa di risentirci presto; io vengo risucchiata dalla mia guida in attesa accanto alla scala mobile, lei da suo fratello e dal di lui cane. Recupero i bagagli e mi avvio verso la notte nordica in puntiglioso silenzio.

Fuori l’aria è pungente nonostante sia estate da ventiquattro ore, il cielo è di uno strano colore grigioazzurro. Sono le undici di notte ma non è buio.

Sono felice in un modo straordinario. Sempre in perfetto silenzio salgo sul pullman che ci porterà in albergo.

Non guardo i miei compagni di viaggio perchè non sono venuta fin quassù per fare amicizia ma per godermi lo spettacolo del mondo dall’alto.

Nei quattro giorni successivi viaggiamo di continuo salendo sempre più a nord attraverso l’immensa regione della Lapponia; vediamo le renne; ammiriamo panorami mozzafiato; visitiamo città di cui la maggior parte di noi non aveva mai sentito pronunciare il nome: Muonio, Tromsoe – detta la porta dell’Artico o, come dice la nostra guida, la Parigi del nord per via di un’eleganza che paragonata al lusso a cui siamo abituati, ci fa sorridere di tenerezza -; Hammerfest – la cittadina più settentrionale del mondo, dove ci iscriviamo zelanti al club dell’orso polare e poi girovaghiamo tra le bancarelle di un malinconico mercatino per turisti sotto il cielo bianco mentre un vento gelido ci arrossa le guance, quindi entriamo a curiosare in un grande magazzino sporco e misero e per non vedere altro ci chiudiamo in un caffè -; ci fermiamo a mangiare in un classico villaggio lappone i cui abitanti  indossano i tipici costumi multicolori; quasi tutti i miei compagni di viaggio mangiano la renna mentre io mi rimpinzo di patate lesse ipotensive perché prive di sale; viaggiamo per più di sei chilometri sotto il livello del mare per raggiungere l’isola di Mageroya e finalmente giungiamo a Caponord, estrema punta settentrionale del mondo. E’ il tardo pomeriggio ma il sole è altissimo nel cielo azzurro e limpido e la sua luce calda è una bottiglia di Fanta che spumeggia arancione sulle nostre teste.

Il tempo di portare le valigie in camera e corro fuori a respirare l’aria tersa di quassù. Cammino sulla tundra ed è come camminare sulla gommapiuma, una sensazione soffice sotto le scarpe. C’è un ruscelletto, mi inginocchio e immergo le mani nell’acqua trasparente che scivola giù da una collinetta ricoperta da chiazze di neve. E’ il silenzio remoto quello che mi tocca il cuore, il silenzio che si avvolge attorno alle mie spalle e si distende come una morbida coperta sulla folla dei turisti.

Il Rica Nordkapp Hotel è una bassa costruzione di legno e tubi rossa a forma di stella. Me lo lascio alle spalle e vado ad esplorare la terra che dista solo duemila chilometri dal polo nord.

Ci sono cespuglietti di fiorellini bianchi stellati e altri lilla. Mi devo sdraiare a pancia in giù per annusarli. I rosa sanno di tiglio, gli altri ricordano il gelsomino.

Vaste distese di acqua limpida e immobile si offrono ai miei occhi. E’ un miracolo di bellezza che condivido con Riccardo, un colto e raffinato avvocato di Verona con un sorriso disarmante e gli occhi verdi.

Camminiamo a lungo, scattiamo qualche foto, chiacchieriamo, poi rientriamo e ci prepariamo per la cena che è sontuosa, internazionale, pericolosamente abbondante. Per allegria mangiamo tutti fino a non poterne più.

Poi saliamo sul pullman e andiamo sul Capo vero e proprio.

Lungo il breve tragitto ci fermiamo a scattare qualche foto di un paesaggio irreale nel quale scoviamo in lontananza un biker solitario che legge seduto davanti ad una canadese blu. E’ assolutamente sublime così come le colline che si specchiano nella trasparenza immobile di un’acqua che non conosce l’umiliazione degli scarichi industriali.

Quando arriviamo, il sole si è nascosto dietro una fitta foschia. La guida ci aveva avvertito che è molto raro riuscire a vedere il sole quassù. Non importa, perché noi il nostro sole di mezzanotte lo abbiamo visto a Tromsoe.

Assistiamo alla proiezione di un documentario, poi usciamo a fotografarci reciprocamente sotto l’enorme mappamondo di ferro e a firmare il nostro passaggio attraverso l’accatastamento di sassi grossolanamente appiattiti, aspettando che arrivi mezzanotte. Io e l’avvocato decidiamo di festeggiarla nel bar interno, un vastissimo locale scavato nella roccia, illuminato da un’infinità di piccolissime candele dove si beve Lakka guardando il mare attraverso un’enorme vetrata mentre un quartetto suona dal vivo musica classica.

Quando entriamo, l’orchestra ha appena finito di suonare e una tenda scorrevole ha nascosto la vista del mare. Siamo abbastanza stupiti e forse, se non fossimo tanto stanchi, torneremmo sul piazzale insieme agli altri. Invece ci mettiamo seduti e ordiniamo acquavite di patate.

A mezzanotte lo scoppiettio dei tappi di spumante viene coperto dalle note maestose del Mattino del Peer Gynt mentre la tenda piano piano si solleva a festeggiare il sorgere di un sole che possiamo solo immaginare. L’emozione è talmente forte che scoppio a piangere.

Ce l’ho fatta, sono arrivata lontanissimo, ho realizzato il sogno di una vita. Tra le lacrime guardo il mare velato dalla nebbia e so che non vedrò mai più niente di altrettanto grandioso. 

 

 
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