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Post n°42 pubblicato il 23 Agosto 2009 da sareva82
Ficco in una (poi due) Samsonite l’indispensabile (un tubino nero, un paio di pantaloni alla pescatora a quadretti, due tailleurs di cui uno con minigonna e l’altro con pantaloni, una gonna grigia con l’orlo tagliato di sbieco, un tailleur coi calzoni pinocchietti (quelli da cui deriva il soprannome alle pinocchiette perché sono state loro a scovarlo e a nasconderlo prima che lo vampirizzasse una cliente con due tettine scamorzine rifatte per aumentarne il volume con risultati alquanto miserevoli che si innamora solo delle cose che piacciono a me e a lei stanno da schifo perché per compensare le tette ha un sedere che fa impallidire la cupola di san Pietro), due camicette, un twin set nero e uno ciliegia e scarpe in quantità) e me ne vado a Roma. Visto che Gloria si è insediata la sfrutto: che si occupi dei cani mentre io mi rilasso e nel frattempo contatto un amico ginecologo per farmi consigliare. Vado in Eurostar. Salendo in treno – schiacciata sotto il peso delle masserizie - sono costernata come sempre per non essere riuscita a costringere il concetto di ‘indispensabile’ entro i confini di un cabin luggage. Quando arrivo mi viene incontro l’odore familiare di fumo e smog e mi abbraccia la confusione babelica dei suoni arrochiti che compongono il pentagramma della cadenza romanesca: la disarmonica armonia di suoni convulsi e sincopati che ha accompagnato la mia vita. E so di essere di nuovo a casa, di non essere mai andata via. Avviandomi lungo la banchina ripenso a quella volta che ad aspettarmi c’era Luca. Aveva un maglione appoggiato sulle spalle e quando gli sono stata vicinissima lui ha spostato una manica del maglione scoprendo il taschino della camicia da cui faceva capolino un animaletto di peluche. Per me. A distogliermi dall’inevitabile rewind&play&tears arriva Enzo, collega dei tempi sancamilleschi, che è capace di commuoversi solo davanti ad una coda alla vaccinara. Mi abbraccia, mi insulta un po’ come sempre e non mi dà il tempo di piangermi addosso. Per quattro giorni entro ed esco da mostre, musei e negozi e la sera incontro i miei amici. Sono pazza di felicità. Roma mi sembra diversa dalla città sporca e caotica che ho lasciato. E’ accogliente, signorile, luminosa e per di più gli autobus viaggiano in orario. Ringrazio mentalmente il nuovo sindaco e gli voglio bene anche se è di sinistra perché Roma, fin dalla prima occhiata, sembra tornata la città della mia infanzia. Riesco a dilatare il tempo oltre il ragionevole e dopo averlo sfruttato al massimo parto con una mappazza da manuale. Sono così concentrata sulla mia malinconia che mi finiscono pure le mestruazioni e ricomincio a sperare che tutto si normalizzerà. Lungo il viaggio di ritorno cerco di non pensare di aver sperato troppo di incontrare per caso Luca per evitare il raddoppio della mappazza.
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