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Italia, poteva andar peggio? Le ragioni di un tracollo Mondiale

Post n°12 pubblicato il 25 Giugno 2010 da rtsindacato
 

Fonte: Italia Informazioni

La faticaccia più snervante, a questo punto, è quella di cercar di capire cosa abbia funzionato. Perché sugli errori valsi l’umiliazione di Johannesburg, il quadro è chiarissimo. I fratelli d’Italia sono già a casa, ma la cosa non sconvolga più di tanto. L’accozzaglia messa su alla vigilia da Lippi, in effetti, un’uscita di scena di questo genere – riconosciamolo – se l’è meritata tutta. Dalla prima all’ultima scheggia del Mondiale sudafricano. Ma la colpa non è tutta da attribuire al buon Marcello: la lista dei paradossi deve necessariamente essere estesa a chi, nel mezzo del cammin della rinascita azzurra, ovvero dopo il patatrac Donadoni, proprio al ct campione del Mondo ha restituito le chiavi della panchina. Nel caso specifico, le orecchie fischieranno ad Abete.

Tutti a casa, dunque. Dal primo all’ultimo elemento dello “storico” pullman lippiano. Che, giusto per chiudere in bellezza l’avventura iridata, e chiarire le idee ad una nazione intera, nella gara decisiva ha inserito quello che è apparso l’attaccante forse più in forma in organico – Quagliarella – sol quando la strada verso la catastrofe era segnata. Che ha costruito ed insistito su una retroguardia bucherellata con puntualità svizzera sulla destra, sulla sinistra quanto al centro, e ad una trequarti campo in cui i pericoli più grandi sono nati – tirando due somme, e, prima del terzo ed ultimo  sfacelo con la Slovacchia – dai piedi di chi, di mestiere, fa soltanto il centrocampista, ovvero Riccardo Montolivo. Sfiniti nell’elencare i nomi di chi la maglia della Nazionale avrebbe realmente meritato di indossarla, di ribadire, pagelle alla mano, le performance di chi ha fotocopiato il disastro-Juve in azzurro, e riconoscenti ed anche un po’ soddisfatti per le risposte del campo agli atteggiamenti d’arroganza prepartita di Lippi (“Non sarà la mia ultima panchina”, “Ecco lo spirito mondiale” e così via), non ci resta che chiederci: poteva andar anche peggio di così? Difficile dirlo, ma un sospetto ce l’abbiamo.

Di certo, il j’accuse comprenderebbe tematiche di vario genere e natura. A partire dalla gestione del gruppo, questione nella quale il cittì della Nazionale ha dimostrato totale incompetenza. Già in partenza. Facciamo mente locale e proviamo ad individuare il leader in pectore della squadra alla fine giunta ultima in quello che, a detta di tutti, sarebbe stato il girone più “semplice” di Sudafrica 2010. Pirlo, De Rossi, Buffon? O Marchisio, Chiellini o Di Natale? La figura del trascinatore è mancata. E non solo: l’erroraccio, come detto, è stato il miscuglio fra un gruppo vincente ma ormai impolverato e passato agli annali (Germania 2006) con un blocco Juve già matematicamente fallimentare ancor prima di scendere in campo.

Un grande abbaglio, insomma, che poi, sul campo, non ha fatto che moltiplicare le sviste. Prova ne sia la continua rivoluzione tattica – senza capo né coda – nel giro di appena tre match. Risulta impossibile, con tutta la buona volontà, sostenere che contro Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia, Lippi non abbia sbagliato una formazione. Il forzato schieramento di Marchisio o gli stravolgimenti nei secondi tempi (ma il 4-2-3-1 è mai stato applicato?) non sono che la perfetta immagine della confusione. E che dire dell’ombra del nuovo incaricato Prandelli, ancor prima della spedizione sudafricana? Con quale stato d’animo è possibile lavorare in casi del genere? Quanto forte è stata la voce in capitolo del buon Marcello all’interno dello spogliatoio?

Misteri. Misteri dei quali il commissario tecnico dovrà presto render conto, se possibile. Anche perché, subito dopo, a Lippi non resterà che aprire il mappamondo e scegliere una spiaggia per chiudere al meglio l’estate più nera della storia della Nazionale italiana. Sbattuti fuori al primo turno e da ultimi in classifica. Mai così in basso.

 
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