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« Office's moonwalkerIl certificato maledetto »

Saracinesca inceppata (non quella dei pantaloni)

Post n°294 pubblicato il 08 Luglio 2008 da custode83
 
Tag: Diario

Stamattina sono stato al colloquio per la selezione. Mi danno due fogli, li compilo con i miei dati, poi scrivo i soliti commenti filosofici sulla vita nelle domande presentate. Entra una suora, una psicologa e la presidente che sembra totalmente e costantemente drogata. Controllano le domande, inizia subito la psicologa: "allora mi avevi detto di avere difficoltà nella scelta del luogo, cos'hai deciso?". Rispondo e dò la motivazione: "sono perfetto per questo progetto. Io capisco quei ragazzi, la mia vita è simile alla loro. Penso di essere più utile io di una persona che ha avuto una vita piatta ed il padre gli ha regalato la macchina a 13 anni". La psicologa annuisce già capendo di cosa parlo, mentre la direttrice mi chiede: "puoi spiegarti meglio?". Parlo della mia vita, si mette le mani in testa, non risparmio nulla, anche la suora è con gli occhi sgranati. Rimangono ansimanti delle mie parole, la psicologa è l'unica a rimanere superficialmente calma. La suora mi chiede: "allora tu credi di essere in grado di stare con quei ragazzi e come pensi di fare se non hai competenze in questo campo?". "Io li capisco". Non ci credono, ovviamente. Mi fanno domande su domande per sapere perché abbia affermato così pesantemente ed alla fine mi trovo a scegliere di dire ancora la verità: ancora la verità scomoda, quella di cui tutti hanno paura, e che non ha risparmiato nemmeno loro. Ma almeno hanno approfondito, hanno cercato di capire il perché del mio sconforto, quasi piangendo ho spiegato perché quella paura è infondata. Ed anche se il pericolo è ovviamente presente hanno capito il mio stato d'animo...e si sono complimentate per la mia forza d'animo. Buona come consolazione, almeno una volta nella vita. Credevo mi avessero escluso dalla selezione e invece...hanno preso la palla al balzo per approfondire ancor più il perché voglio lavorare a quell'orfanotrofio. Ed io ho preso il mio cuore, me lo sono strappato dal petto e l'ho messo su quel tavolo. Alla fine erano tutte commosse, ed anche se non vistamente, si sono complimentate delle mie scelte.
Ancora le 11 penso di chiamare gli ex colleghi per pranzare insieme, mi danno appuntamento per le 13 e li aspetto. Sto ancora sballato, non è facile aprirsi completamente in un colloquio di lavoro e tornare calmi in un paio d'ore, i pensieri e le passioni ancora volteggiavano nella testa. Ascolto della musica per rilassarmi, ma ci riesco solo in parte, le emozioni sono più forti di tutto. Arrivano ed andiamo a pranzo. Parlo del progetto di andare all'estero all'orfanotrofio, di come non possa portare lì la mia bambola gonfiabile e della pazzia della mia azione, anche se non l'hanno ammesso completamente. Ma non importa, se raccontassi probabilmente non capirebbero. Mi chiedono di Anna la calabrese e rispondo che non la sento più: è scappata dopo aver parlato con me di amore...sì, di amore, purtroppo le mie idee non sono così idilliache e nell'argomento affronto anche la parte malvagia e distruttiva, cosa che spaventa. E non ne ho voluto parlare nemmeno con loro, sarebbe più horror che sentimentale...mentre prima le prostitute creavano le storie di trasgressione e furono confuse con perversione e follia, ora l'amore sarebbe confuso con pedofilia e mania di possessione. Prevenendo i pensieri altrui stavolta pericolosi ho quindi deciso stavolta di risparmiare gli argomenti e concentrarmi alla vera utilità: stare con quei ragazzi e basta. Se andrò lì non avrò più bisogno di parole ed ogni pensiero sarà oltrepassato dall'azione, ogni presunzione dalla quotidianeità, non sarò più qualcuno che potrei essere ma solo chi sono, e cosa potrei fare sarà cosa faccio. E per quei bambini non sarò pedofilo, perverso o possessivo.
Niente da raccontare quindi dei miei pensieri, parleranno i miei occhioni e la mia barba da babbo natale. Aspetto solo di potermi esprimere senza le parole, ed è lì che l'inferno si scatenerà negli altri, portando ciò che volevano e che speravano di ottenere dalla mia presenza. E sperando di sbagliare il meno possibile porterò quella pace in loro

 
 
 
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