Facevano salti alti decine di metri e quando arrivavano a terra scavavano buche profonde decine di metri, poi tornavano a saltare, sollevando zolle ed erba.
Nei salti si scontravano e si producevano ferite e contusioni. A volte per sbaglio a volte appositamente, senza quasi vedersi in volto tanto era veloce lo scontro. Non si conoscevano vicendevolmente poiche' la loro unica attivita' era quella di saltare.
Indossavano stivali enormi e cappotti dalle falde lunghissime e avevano capelli fino alla schiena che fluttuavano nell’aria durante il volo.
Quando sprofondavano, negli attimi in cui si trovavano sotto terra odoravano il terriccio, ne sentivano il freddo sulla faccia, annusavano le radici e gli animali che essi stessi tranciavano, per poi tornare su e odorare l’erba, i fiori e la superficie, in sequenze ripetute e molto ravvicinate.
E continuavano senza fermarsi mai.
Un giorno si trovarono in mano chi una spada, chi una scimitarra, chi una falce.
Adesso quando si scontravano lo scopo non era piu' di saltare ma di fare a pezzi chi incontravano in aria nel salto.
L'odore che li stimolava non era piu' quello della terra o dell'aria ma quello del sangue di chi mutilavano.
E con il passare del tempo non atterravano piu' sul terreno, ma su pezzi di carne a brandelli, su cui i loro stivali sgusciavano e scivolavano, e i loro cappotti si intridevano di sangue.
Gli unici suoni che si sentivano erano le lame contro la carne, lo scontro dei corpi, il contatto viscido degli stivali sulla polpa marcescente e il risucchio nel momento in cui spiccavano il salto.
Fino a quando di essi non rimase piu' niente; nessuno di loro sopravvisse.
Rimase solo una distesa di carne dilaniata, che poco a poco venne assorbita dal terreno, e dopo molto tempo tornarono l'erba e i fiori, ma piu' nessun essere umano.
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il 23/03/2008 alle 16:42
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il 02/05/2007 alle 12:21
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il 02/05/2007 alle 11:36