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Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 01 Novembre 2008 da ballondor

III.

L’Austria Amour e Paul Lacrima.



Il bar era un piccolo locale in centro. Aveva ancora i postumi di tutte le sigarette fumate da quei bastardi che lo frequentavano. Ancora.
Si chiamava Austria Amour. Bel nome di merda. Qualche tavolo in legno e qualche sedia. Dietro il bancone tutte le bottiglie ancora da bere. Quelle che piacevano al vecchio Carlo. E gli sarebbero piaciute ancora per un bel pezzo.
Jonni aveva comprato il locale negli anni cinquanta. Al tempo era utilizzato per brevi ritrovi di vecchi partigiani ormai in pensione. Se ne stavano seduti ad annegarsi di giornali politici e a sfottere il più possibile la televisione.
Bastava percorrere la strada che portava al centro e poi svoltare a destra, prima del vecchio ospedale. Ancora un po’ avanti ed ecco via Santa Maria. Lì c’era il bar di Jonni. Di fronte la chiesa e un’edicola. Più lontano un tabaccaio e una farmacia.
Quando entravi nel locale vedevi subito due cose. Sulla destra due belle fotografie di Fabrizio de Andrè e di fronte la sagoma schifosa di Jonni che ascolta la radio. Se ti avvicinavi troppo il fiato di Jonni poteva bruciarti i capelli e spedirti velocemente a letto. A dormire per qualche giorno in agonia. Aveva un fiato da brividi cazzo.
Sapeva come intrattenerti parlando di ciclismo, però. Quello lo sapeva fare bene. Ma aveva un fiato che metteva paura. Infatti tutti dicevano che la cosa migliore era parlare con lui al telefono. Solo al telefono cazzo.
Il bar aveva anche una piccola stanza dove si poteva fumare e ascoltare dei dischi. C’era un piccolo mangianastri ma le cassette dovevi portarle tu.
“Senti, Jonni. Perché non butti via quello schifo di mangianastri? Compra un paio di altoparlanti e un computerino. Ti faccio i collegamenti io e basta con questo mangianastri di merda!” gli dicevo con un mezzo sorriso sulla bocca.
“O ti tieni il mio mangianastri o ti tieni il mio mangianastri.. Mi stai fondendo i coglioni” ti rispondeva.

Chi frequentava il bar non poteva non aver conosciuto Paul. Paul Lacrima. Lo conoscevano tutti cazzo. Ex pugile dilettante che subito si era rifatto dei k.o. con una buona carriera da calciatore. Difensore centrale. Grande marcatore. Buon picchiatore in campo quando serviva.
Il suo vero nome era Giampaolo Lacrima. Ma tutti lo chiamavano Paul.
Un bel giorno di sole si era infortunato gravemente. Sul campo tutti i suoi amici. Si era spezzato la caviglia e la spalla praticamente nello stesso momento. Strano a dirsi ma era andata così. Intervento dell’avversario sul piede e immediata frattura della caviglia. Nel cadere la spalla colpisce il palo in uno strano modo. Una dinamica bizzarra. La spalla cede.
“Cose che capitano, dai, cazzo!” era abituato a dirti Paul quando cercavi di capire come avesse fatto a ridursi così.
Comunque, lui aveva finito per sempre di giocare. I suoi amici avevano finito per sempre di andarlo a salutare alle partite. Così Paul si era seduto su quella sedia di merda del bar e aveva cominciato a raccontare aneddoti della sua vita a chiunque gli fosse capitato sotto tiro. A una condizione, però. Bere. Bere tanto e bere tanto whisky. Chi parlava con lui doveva per forza bere whisky. Altrimenti ti diceva “Frega un cazzo. Vaffanculo”. E ti allontanavi con una aranciata in mano. E dopo a letto.

 
 
 
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