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Islam e pedofilia

Post n°819 pubblicato il 15 Maggio 2011 da dammiltuoaiuto
 

Islam e pedofilia.

Nei paesi islamici ove vige la shari'a l'Unicef valuta in circa 60 milioni i casi di matrimonio tra uomini e bambine [27], pratica avallata dal Corano che nella sura 65 al-Talâq (il ripudio), versetto 4, fa esplicito riferimento alla possibilità per un uomo di divorziare dalla moglie "che non ha ancora il mestruo". D'altra parte lo stesso Maometto, di cui ogni azione o comportamento è considerato dai musulmani esemplare e da imitare, quando aveva cinquant'anni sposò 'A'isha che aveva 6 o 7 anni per consumare il matrimonio 3 anni dopo, come riportato nel Sahih di al-Bukhari, nel Sahih di Muslim e nel Sunan di Abu Da'ud, ben tre delle sei principali raccolte di hadith sunnite. Per denunciare questa situazione l'Unicef ha scelto come foto simbolo del 2007 uno scatto della fotografa americana Stephanie Sinclair che ritrae un afgano quarantenne accanto alla sposa undicenne[27]. Nell'aprile 2008, inoltre, ha avuto vasta eco il caso di una bambina yemenita di otto anni che si è rivolta ad un tribunale per chiedere il divorzio.

ISLAM E PEDOFILIA: il caso delle "Madrasse" denunciato dal settimanale Libération.

Notizia del 04/06/2007

VERSIONE STAMPABILE

Stupri, sevizie, pedofilia. Si contano a decine, solo negli ultimi mesi, i casi di maltrattamenti e violenze sessuali in Pakistan sui ragazzini che studiano nelle madrasse, le discusse scuole coraniche tornate nell'occhio del ciclone dopo gli attentati del 7 luglio 2005 a Londra. Eppure - come sottolinea il quotidiano della sinistra francese 'Libération' in un lungo reportage pubblicato il 24 agosto 2005 - solo raramente le famiglie decidono di denunciare i responsabili, mentre i mullah, protetti dall'omertà dilagante e da 'appoggi che contano nelle amministrazioni locali, godono ancora di un'impunità praticamente totale.


'Libération' si addentra nella complessa realtà dell'educazione religiosa in Pakistan, alla quale ricorrono soprattutto le fasce più povere della popolazione poiché i corsi sono gratuiti. Solo poche madrasse offrono lezioni di inglese, o insegnano a usare un computer. Nelle altre, e sono la stragrande maggioranza - osserva il quotidiano francese - si passano intere giornate a studiare a memoria il Corano, ma solo foneticamente, dal momento che gli allievi non parlano arabo.

E i maltrattamenti, almeno stando alle poche testimonianze che trapelano, sono all'ordine del giorno.

Come è successo ad Abid, 14 anni, pupillo, nel 2002, di un giovane insegnante in una madrassa di Karachi, nel sud del Pakistan. Il mullah ha cominciato a fargli avances sempre più insistenti. Quando Abid ha deciso di parlarne con i familiari e con il direttore della scuola coranica, l'insegnante gli ha versato addosso un'intera tanica di acido, sfigurandolo a vita. Il padre del ragazzo, un taxista, lo ha denunciato, ma finora non vi è stato alcun processo e la famiglia di Abid vive nel terrore, tempestata da minacce di morte.

Nei mesi scorsi anche a Lahore, nel Pakistan orientale, un caso di pedofilia è venuto a galla rompendo il muro della censura mediatica. La mamma di Talha, 6 anni, ha trovato il figlioletto svenuto, con i vestiti insanguinati, sul pavimento di una moschea dove il bimbo prendeva lezioni di Corano. Quel pomeriggio, l'insegnante aveva mandato a casa tutti gli altri allievi molto prima del solito. Poi aveva portato Talha nella sua stanza, aveva chiuso la porta a chiave e l'aveva violentato, minacciando di picchiarlo. Il padre del piccolo è riuscito a far arrestare il mullah. Ma da quel giorno deve far fronte a continui ricatti e intimidazioni: i leader religiosi non cessano di fare pressioni sulla sua famiglia perché ritiri la denuncia al mullah pedofilo.

Non sono solo gli atti di pedofilia a segnare le vite di molti allievi delle madrasse, spiega 'Libération'. In alcune scuole coraniche, i ragazzini vengono percossi e sottoposti a sevizie.
A Faisalabad, nel Pakistan centrale, un coraggioso 11enne ha raccontato dei maltrattamenti che i responsabili di una madrassa del posto infiggevano quotidianamente agli studenti, incatenandoli e picchiandoli come animali. Quando Atif ha osato ribellarsi, il suo maestro l'ha voluto punire in maniera esemplare. L'ha legato con dei fili elettrici e poi l'ha colpito ripetutamente con catene e spranghe di ferro, finché il ragazzino non si è accasciato al suolo perdendo i sensi. Trasportato d'urgenza all'ospedale, è sopravvissuto alle sevizie ma la stampa locale ritiene sia rimasto traumatizzato al punto da mettersi a piangere ogni volta che vede un medico con la barba. Malgrado i recenti episodi di pedofilia riportati dai media pakistani, sono ancora in pochi, ricorda 'Libération', a uscire allo scoperto parlando apertamente di ciò che accade nelle madrasse.

Fra le comunità più povere, d'altronde, regna la convinzione che far studiare i propri figli nelle scuole coraniche significhi garantire il paradiso a tutta la famiglia. Senza contare il fatto che in Pakistan le figure religiose detengono il potere assoluto, come ha spiegato a 'Libération' un giornalista del quotidiano di Islamabad 'The Nation', che ha preferito mantenere l'anonimato.

Si sa che ci sono dei mullah pedofili, ma nessuno ne vuole parlare. Nel nostro Paese si è imposta una cultura dell'impunità. Raramente un esponente religioso viene condannato da un tribunale, e la stampa, soggetta a continue pressioni da parte degli stessi ambienti religiosi, ha quasi sempre le mani legate. Se qualcuno a Islamabad, poi, decide di alzare la voce, viene subito messo in un angolo, osserva 'Libáration'.

Come Amir Liaquat Hussein, vice ministro pakistano per gli Affari Religiosi e conduttore di 'Alim On-Linè, un popolare programma televisivo dedicato all'Islam. Nel dicembre dell'anno scorso, in occasione di una conferenza sull'Aids, Hussein aveva sfidato gli ambienti islamici più oltranzisti dichiarando che i mullah - indicati dal governo come i soggetti più idonei a condurre una campagna di prevenzione contro il virus dell'Hiv - non sono tagliati per questo ruolo perché abusano regolarmente dei loro allievi. Il vice ministro pose l'accento sulle 400 denunce di pedofilia a carico dei mullah archiviate nel 2004 dalla polizia pakistana.

Sono stato il primo in assoluto ad affrontare la questione - ha spiegato con orgoglio a 'Libáration' -. E' un problema che esiste in ogni religione, ma qui da noi lo si maschera. Voglio dire la verità ai pakistani e alla comunità internazionale.

E' una questione di etica. Questi abusi - ha aggiunto Hussein - non avvengono certo in tutte le madrasse pakistane, ma forniscono comunque un quadro negativo dell'Islam. Da quando ha deciso di parlare, il vice ministro è sotto assedio. Per placare le ire dei religiosi, ha dovuto scusarsi pubblicamente per aver offeso l'onore dei mullah. E' inoltre stato bersaglio di una dura campagna dei media, che hanno messo in dubbio la validità dei suoi diplomi e quindi della sua funzione di deputato. Hussein assicura che il presidente Pervez Musharraf e il premier Shaukat Aziz sono dalla sua parte, ma non possono appoggiarlo apertamente: Vorrei cambiare le cose, ma ho bisogno del sostegno degli Usa perché politicamente si tratta di una questione molto delicata. Ho ricevuto minacce di morte: insomma mi batto contro estremisti molto potenti.

Per il mullah Gulam Rassoul, invece, uno dei capi della madrassa Binoria di Karachi, Hussein non è che un pagliaccio. Non ci sono maltrattamenti da noi. Forse altrove, ma non da noi, ha affermato deciso replicando all'intervista rilasciata dal vice ministro per gli Affari Religiosi.
E mentre il 'dossier pedofilià è ripiombato nell'indifferenza generale, a Islamabad continua il braccio di ferro tra Musharraf e gli ambienti islamici radicali sulla riforma delle scuole coraniche. Dopo le stragi di Londra (tre dei quattro attentatori suicidi avevano frequentato istituti religiosi del Paese islamico), il leader pakistano ha adottato il 'pugno durò contro gli istituti 'abusivi, quelli cioè che non hanno ancora provveduto a registrarsi presso gli organismi preposti, intimandoli a ufficializzare la loro posizione entro la fine di dicembre per evitare la chiusura. Musharraf ha anche ordinato l'espulsione di tutti gli studenti stranieri dalle madrasse. Ma secondo 'Libáration' è come sbattere contro un muro, visto che molti istituti ricevono finanziamenti propri e non dipendono, per sopravvivere, dai sussidi di Islamabad. Attualmente in Pakistan si contano circa 20 mila scuole coraniche (contro le appena 137 che esistevano ai tempi della spartizione tra India e Pakistan, nel 1947). Esistono due tipologie di madrassa: quelle 'ufficiali, regolarmente registrate presso il 'Wifaqul-Madaris', il Comitato Centrale delle Madrasse, che ne coordina e dirige le attività; e quelle 'indipendentì, almeno 10 mila stando alle ultime stime, concentrate nell'area di confine con l'Afghanistan e svincolate da qualsiasi controllo (sono quelle che preoccupano maggiormente il governo per via dei legami con l'integralismo islamico e settario). Si calcola che oggi almeno un milione di studenti studi nelle madrasse in Pakistan, contro gli 1,9 milioni di iscritti nelle scuole statali.
 

 

 

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