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ABORTO E DIRITTI UMANI A CUBA: IL CASO DI OSCAR ELIAS BISCET
Da noi, quasi nessuno conosce il nome di Oscar Elias Biscet, il medico afro-cubano, seguace delle idee di lotta civile non-violenta di Martin Luther King, che dal 2003 sconta una pesante condanna a Cuba per reati d’opinione. In servizio presso l’ospedale dell’Havana ebbe il torto, nel 1998, di divulgare i risultati di un proprio studio sulle conseguenze dell’utilizzo di un preparato chimico autorizzato dalle autorità sanitarie per provocare l’aborto nei casi di gravidanza avanzata (la loro pillola del mese dopo…). La somministrazione di sostanze chimiche per provocare l’aborto è una pratica diffusa a Cuba (dove si contano oltre 100.000 aborti l’anno) che non risparmia neppure le bambine di 12 anni. Ciò è da porsi in relazione soprattutto con i periodi di “lavoro volontario” che gli studenti sono tenuti a prestare in sperdute località rurali, lontani dal controllo e dalla tutela delle proprie famiglie, praticamente a completa disposizione (anche sessuale, come denunciato anche dalla Chiesa Cattolica di Cuba) dei dirigenti dell’organizzazione giovanile del partito comunista che gestisce queste iniziative umilianti di indottrinamento ideologico e lavoro coatto. Il Dottor Biscet documentava nella sua indagine circostanze quali: “l’uccisione di bambini nati ancora vivi, privati deliberatamente di assistenza medica”. Secondo i dati da lui raccolti: “il cordone ombelicale viene tagliato ed essi sono lasciati morire per emorragia, oppure sono avvolti in fogli di carta ed asfissiati”. Il suo crescente disgusto per queste pratiche, il suo riavvicinarsi alla fede, lo segnalavano ormai agli occhi delle autorità come “controrivoluzionario”, esponendo la sua persona e la sua famiglia alle consuete rappresaglie ed intimidazioni: gli sparano in circostanze misteriose, gli tolgono la casa, è vilipeso ed aggredito in varie circostanze da squadracce di facinorosi, è sottoposto a continui fermi di polizia con interrogatori anche brutali, è persino sottoposto a ripetuti controlli psichiatrici volti a farlo passare per pazzo. Nel Febbraio 1998 Biscet è espulso dal Sistema Sanitario Nazionale. Si impegna, anima e corpo, in una difficile battaglia per la promozione dei diritti umani. Nel Dicembre del 2002, il piano di Biscet volto a creare una rete di piccoli gruppi che si incontrano in case private allo scopo di far crescere una cultura dei diritti e della libertà, gli causa la condanna a 25 anni di carcere. Anche dal carcere tenta di portare avanti la medesima lotta, con atti di disubbidienza civile quali il rifiuto del cibo o iniziative di preghiera. Questo porta ad un irrigidimento delle sue condizioni di detenzione con il frequente e prolungato trasferimento (periodi anche di 1-2 mesi) in “celle di punizione” rappresentati da buchi sotterranei, privi di luce ed acqua, di appena 1,20 x 1,00 m, con un foro nel pavimento in funzione di toletta. Biscet ha la salute rovinata da questa terrificante esperienza, dimagrisce notevolmente, perde quasi tutti i denti. Ma pure in un contesto simile riesce a far pervenire all’esterno del carcere un messaggio con sopra vergate le seguenti parole: “La mia coscienza ed il mio spirito stanno bene”. Nel Dicembre del 2005, la diffusione di ulteriori notizie che lo danno ancora per confinato in una cella sotterranea, provocano una certa reazione internazionale con proteste da parte della stampa americana e da parte di alcuni governi (compresi il governo spagnolo ed il nuovo governo democratico dell’Ucraina). Human Rights First riferiva in data 7 Dicembre: “Il Dottor Elias Biscet è gravemente malato, sofferente per ipertensione e gastrite cronica. Le condizioni in cui si trova ad affrontare la condanna a 25 anni – conseguente ad un processo privo di garanzie giuridiche nel 2003, scaturito dalla sua azione non-violenta in difesa dei diritti umani – risultano in progressivo peggioramento”. Ma perchè in definitiva Biscet è in prigione? Perché mai un uomo malato e solo è considerato tanto pericoloso? Perché è la dimostrazione del fallimento del sogno rivoluzionario cubano. Il comunismo a Cuba si è rivelato uguale a quello di tutti gli altri “paesi fratelli”. Come da copione. Qualunque cosa dicano o scrivano i “pacifisti” Gianni Minà ed Oliviero Diliberto, nessun uomo nuovo è sorto all’orizzonte, si vede solo un’oppressione che si protrae da decenni e che si mantiene in vita con slogan vuoti, pratiche criminali e furbe solidarietà internazionali. Ma se c’è un uomo nuovo che è sorto a Cuba è proprio Oscar Elias Biscet! Sarebbe quindi ora di togliere dalle magliette l’argentino fotogenico con il sigaro e metterci finalmente il volto di un vero medico, di un cubano che non ha sulla coscienza l’assassinio di alcuno, e che lotta in condizioni impressionanti per la libertà del suo popolo. Infine, Biscet è stato adottato come “prigioniero di coscienza” da Amnesty International e questa circostanza altamente meritoria mi porta tuttavia ad osservare che quest’uomo è incorso nella durissima persecuzione in cui è incorso inizialmente proprio a causa della maturata coscienza della violenza dell’aborto, cui aveva tentato di opporsi. Accade ora che, proprio in questi giorni, le sezioni di Amnesty International stiano discutendo se accettare o meno il “diritto all’aborto” come uno dei diritti fondamentali da tutelare della persona umana… Accettare un presunto “diritto all’aborto” quale nuovo diritto umano sarebbe un vero paradosso ed un gran bel regalo ai persecutori di Biscet. Ma non è questo il solo paradosso, l’altro (clamoroso) è la nomina di un amico fidato di Fidel Castro nella Commissione ONU per la tutela dei Diritti Umani. Con lui nella commissione, Biscet e quelli come lui, in ogni parte del mondo, sono in mani sicure… firma FIRMA ANCHE TU : http://action.humanrightsfirst.org/campaign/CubaFourYears?rk=RpsU9v91 |
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