Doveva uccidere Paolo Borsellino con un fucile di precisione sulla statale tra Palermo ed Agrigento. Poi la vittima designata e il carnefice mancato si incontrarono, in carcere, e bastò quell’incontro per stravolgere la vita di un uomo d’onore “riservato”, scelto e reclutato direttamente da Tonino Vaccarino e alle dipendenze del capomafia Francesco Messina Denaro. Doveva essere la punta di diamante del sistema mafioso trapanese, è diventato uno tra i pochi “pentiti” che veramente possono fregiarsi di questo aggettivo e meritare la riconoscenza addirittura della famiglia Borsellino. Vincenzo Calcara, che oggi vive in località segreta, ha sempre raccontato tutto quello che accadeva negli anni 90 nelle famiglie mafiose, in particolare in quella di Trapani. Ha raccontato di quanto la mafia fosse cambiata dalle dichiarazioni di Buscetta, ha parlato di “super commissioni”, una sorta di Conclave formata da diverse rappresentanze, non solo mafiose, ma anche ecclesiastiche e “statali”. Ha raccontato citando nomi e circostanze inconfutabili. Vincenzo Calcara si era attaccato morbosamente a Paolo Borsellino, voleva sdebitarsi, voleva pagare il suo debito con la giustizia, voleva dare il suo contributo per la vittoria dello Stato su Cosa Nostra. Peccato che fosse rimasto paradossalmente il solo a crederci e a volerlo, assieme a Falcone, Borsellino e un’altra decina di magistrati. Oggi il suo lavoro continua con il fratello di Paolo, Salvatore, che si è ripromesso di essere cassa di risonanza per Vincenzo. Con i documenti che Calcara gli ha fatto avere, Salvatore è stato persino sentito dalla Procura di Caltanissetta. Ma tutto tace. Dopo essersi consultato con avvocati e magistrati, Salvatore ha deciso di iniziare a pubblicare integralmente tutta la documentazioni che Calcara gli ha fornito. Nomi, Cognomi e circostanze, senza nascondere nulla. E’ la prima volta che del materiale così scottante, delicato e inedito sarà reso pubblico sulla rete. Molti inizieranno a tremare, perché si rileggeranno in quei fogli manoscritti, con grafia quasi nobile. Dal sito di Salvatore Borsellino: del memoriale di Vincenzo Calcara si trovano tracce nelle motivazioni delle sentenze, di diversi processi, del processo Calvi, al processo Antonov per l'attentato al Papa, al processo Aspromonte, al processo per l'omicidio Santangelo, figlioccio di Francesco Messina Denaro, ai processi Alagna+15 e Alagna+30, alla sentenza del Giudice Almerighi, nei quali tutti si è dimostrata la piena attendibilità di Calcara nononostante i numerosi tentativi di screditarlo. Ma Calcara non è stato mai messo a confronto con altri pentiti come Leonardo Messina o Gaspare Mutolo o come Giuffrè, che, quindici anni dopo di lui, ha parlato di quelle stesse cose di cui lui aveva già parlato tanti anni prima. Non è stato mai chiamato a deporre nel processo Andreotti anche se aveva parlato del notaio Albano quando nessuno ne conosceva neppure il nome, non è stato mai chiamato nel processo Canale, non è stato mai utilizzato nell'istruttoria sui Mandanti Occulti delle stragi del 92 o nell'istruttoria del processo, mai arrivato alla fase dibarrimentale, sulla sottrazione dell'Agenda Rossa, nonostante io stesso avessi portato al tribunale di Caltanissetta le parti del memoriale dove di quell'agenda proprio si parlava. E’ normale che in Italia si debba ricorrere a questo estremo tentativo di diffusione? Una nota per gli addetti ai Servizi. Tentare di manomettere, distruggere quei documenti, o peggio far visita a Salvatore non servirebbe proprio a nulla. Copie di quei documenti sono custoditi nei luoghi più disparati, in tutta Italia, quindi evitate. Nomi di cardinali in attività, rispettabili uomini politici. Affari tra mafia, massoneria, politica e Vaticano. Ora si comincia a ballare. Ora si comincia a capire il “gioco grande” che Falcone aveva capito, e che Borsellino stava iniziando a decifrare. Ecco un assaggio di Giorgio Bongiovanni: Tra i mesi di aprile e maggio del 1981 mentre si trovava a Milano dove, su disposizione della propria famiglia, era impiegato presso l’aeroporto di Linate al fine di agevolare il traffico di droga proveniente dalla Turchia e diretto negli Stati Uniti via Sicilia, gli venne ordinato di far rientro al suo paese natale poiché c’era un «lavoretto» da svolgere. Una volta a Castelvetrano si era recato a casa di Francesco Messina Denaro nella quale erano riuniti diversi uomini d’onore di spicco a lui noti: Vincenzo Culicchia, deputato al consiglio regionale in Sicilia, Stefano Accardo detto «cannata», Vincenzo Furnari, Enzo Leone, componente del Consiglio Regionale della Sicilia, Antonino Marotta e il suo padrino Tonino Vaccarino. Su un tavolo all’interno dell’abitazione due grosse valigie, una delle quali ancora aperta. Conteneva un enorme quantità di biglietti da cento mila lire. Caricate le valige, tutti i presenti, ad eccezione di Messina Denaro, si diressero all’aeroporto di Punta Raisi dove, grazie all’ausilio di uomini già predisposti, imbarcarono il voluminoso e prezioso carico sottobordo. Allo stesso modo ne ripresero possesso una volta giunti a Fiumicino. Ad attenderli un corteo di lusso. Tre auto scure di grossa cilindrata, Monsignor Paul Marcinkus, direttore dello IOR, la banca vaticana, un altro cardinale e il notaio Francesco Albano. Tutti gli uomini di spicco salirono su due delle tre auto con le valigie, mentre Calcara e altri sulla terza autovettura. L’appuntamento era presso l’abitazione del notaio Albano situata sulla via Cassia. Il pentito, travestito da carabiniere e il maresciallo Giorgio Donato, che aveva percorso tutto il tragitto da Milano con lui, rimasero di guardia davanti all’entrata dell’edificio fino a quando non ricevettero la comunicazione che tutto era a posto e quindi potevano andarsene. In compagnia del militare il Calcara fece ritorno a Paderno Dugnano, alle porte del capoluogo lombardo, dove si trovava in stato di sorvegliato speciale dopo un periodo di detenzione. Il responsabile incaricato di controllare i suoi movimenti era proprio il maresciallo Donato.
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Messaggi di Giugno 2008
Pubblichiamo con grande soddisfazione l'intervento del caro amico Benny Calasanzio, ospite questa mattina alla trasmissione "Sabato e Domenica" su Raiuno. |
Post n°416 pubblicato il 27 Giugno 2008 da dammiltuoaiuto
http://firmiamo.it/sialleintercettazioni In altri termini, i firmatari di questa petizione concordano sulle seguenti affermazioni del Segretario. Firma http://firmiamo.it/sialleintercettazioni |
Post n°415 pubblicato il 27 Giugno 2008 da dammiltuoaiuto
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Post n°414 pubblicato il 27 Giugno 2008 da dammiltuoaiuto
Le verità di Vincenzo Calcara sul web Doveva uccidere Paolo Borsellino con un fucile di precisione sulla statale tra Palermo ed Agrigento. Poi la vittima designata e il carnefice mancato si incontrarono, in carcere, e bastò quell’incontro per stravolgere la vita di un uomo d’onore “riservato”, scelto e reclutato direttamente da Tonino Vaccarino e alle dipendenze del capomafia Francesco Messina Denaro. Doveva essere la punta di diamante del sistema mafioso trapanese, è diventato uno tra i pochi “pentiti” che veramente possono fregiarsi di questo aggettivo e meritare la riconoscenza addirittura della famiglia Borsellino. Vincenzo Calcara, che oggi vive in località segreta, ha sempre raccontato tutto quello che accadeva negli anni 90 nelle famiglie mafiose, in particolare in quella di Trapani. Ha raccontato di quanto la mafia fosse cambiata dalle dichiarazioni di Buscetta, ha parlato di “super commissioni”, una sorta di Conclave formata da diverse rappresentanze, non solo mafiose, ma anche ecclesiastiche e “statali”. Ha raccontato citando nomi e circostanze inconfutabili. Vincenzo Calcara si era attaccato morbosamente a Paolo Borsellino, voleva sdebitarsi, voleva pagare il suo debito con la giustizia, voleva dare il suo contributo per la vittoria dello Stato su Cosa Nostra. Peccato che fosse rimasto paradossalmente il solo a crederci e a volerlo, assieme a Falcone, Borsellino e un’altra decina di magistrati. Oggi il suo lavoro continua con il fratello di Paolo, Salvatore, che si è ripromesso di essere cassa di risonanza per Vincenzo. Con i documenti che Calcara gli ha fatto avere, Salvatore è stato persino sentito dalla Procura di Caltanissetta. Ma tutto tace. Dopo essersi consultato con avvocati e magistrati, Salvatore ha deciso di iniziare a pubblicare integralmente tutta la documentazioni che Calcara gli ha fornito. Nomi, Cognomi e circostanze, senza nascondere nulla. E’ la prima volta che del materiale così scottante, delicato e inedito sarà reso pubblico sulla rete. Molti inizieranno a tremare, perché si rileggeranno in quei fogli manoscritti, con grafia quasi nobile. Dal sito di Salvatore Borsellino: del memoriale di Vincenzo Calcara si trovano tracce nelle motivazioni delle sentenze, di diversi processi, del processo Calvi, al processo Antonov per l'attentato al Papa, al processo Aspromonte, al processo per l'omicidio Santangelo, figlioccio di Francesco Messina Denaro, ai processi Alagna+15 e Alagna+30, alla sentenza del Giudice Almerighi, nei quali tutti si è dimostrata la piena attendibilità di Calcara nononostante i numerosi tentativi di screditarlo. Ma Calcara non è stato mai messo a confronto con altri pentiti come Leonardo Messina o Gaspare Mutolo o come Giuffrè, che, quindici anni dopo di lui, ha parlato di quelle stesse cose di cui lui aveva già parlato tanti anni prima. Non è stato mai chiamato a deporre nel processo Andreotti anche se aveva parlato del notaio Albano quando nessuno ne conosceva neppure il nome, non è stato mai chiamato nel processo Canale, non è stato mai utilizzato nell'istruttoria sui Mandanti Occulti delle stragi del 92 o nell'istruttoria del processo, mai arrivato alla fase dibarrimentale, sulla sottrazione dell'Agenda Rossa, nonostante io stesso avessi portato al tribunale di Caltanissetta le parti del memoriale dove di quell'agenda proprio si parlava. E’ normale che in Italia si debba ricorrere a questo estremo tentativo di diffusione? Una nota per gli addetti ai Servizi. Tentare di manomettere, distruggere quei documenti, o peggio far visita a Salvatore non servirebbe proprio a nulla. Copie di quei documenti sono custoditi nei luoghi più disparati, in tutta Italia, quindi evitate. Nomi di cardinali in attività, rispettabili uomini politici. Affari tra mafia, massoneria, politica e Vaticano. Ora si comincia a ballare. Ora si comincia a capire il “gioco grande” che Falcone aveva capito, e che Borsellino stava iniziando a decifrare. Ecco un assaggio di Giorgio Bongiovanni: Tra i mesi di aprile e maggio del 1981 mentre si trovava a Milano dove, su disposizione della propria famiglia, era impiegato presso l’aeroporto di Linate al fine di agevolare il traffico di droga proveniente dalla Turchia e diretto negli Stati Uniti via Sicilia, gli venne ordinato di far rientro al suo paese natale poiché c’era un «lavoretto» da svolgere. Una volta a Castelvetrano si era recato a casa di Francesco Messina Denaro nella quale erano riuniti diversi uomini d’onore di spicco a lui noti: Vincenzo Culicchia, deputato al consiglio regionale in Sicilia, Stefano Accardo detto «cannata», Vincenzo Furnari, Enzo Leone, componente del Consiglio Regionale della Sicilia, Antonino Marotta e il suo padrino Tonino Vaccarino. Su un tavolo all’interno dell’abitazione due grosse valigie, una delle quali ancora aperta. Conteneva un enorme quantità di biglietti da cento mila lire. Caricate le valige, tutti i presenti, ad eccezione di Messina Denaro, si diressero all’aeroporto di Punta Raisi dove, grazie all’ausilio di uomini già predisposti, imbarcarono il voluminoso e prezioso carico sottobordo. Allo stesso modo ne ripresero possesso una volta giunti a Fiumicino. Ad attenderli un corteo di lusso. Tre auto scure di grossa cilindrata, Monsignor Paul Marcinkus, direttore dello IOR, la banca vaticana, un altro cardinale e il notaio Francesco Albano. Tutti gli uomini di spicco salirono su due delle tre auto con le valigie, mentre Calcara e altri sulla terza autovettura. L’appuntamento era presso l’abitazione del notaio Albano situata sulla via Cassia. Il pentito, travestito da carabiniere e il maresciallo Giorgio Donato, che aveva percorso tutto il tragitto da Milano con lui, rimasero di guardia davanti all’entrata dell’edificio fino a quando non ricevettero la comunicazione che tutto era a posto e quindi potevano andarsene. In compagnia del militare il Calcara fece ritorno a Paderno Dugnano, alle porte del capoluogo lombardo, dove si trovava in stato di sorvegliato speciale dopo un periodo di detenzione. Il responsabile incaricato di controllare i suoi movimenti era proprio il maresciallo Donato. |
Post n°412 pubblicato il 27 Giugno 2008 da dammiltuoaiuto
ECCO CHI E' MARCINKUS ECCO DI HA UCCISO LUCIANI
Editoriali - Editoriali Dissi al Dr.Borsellino che Michele Lucchese era un imprenditore ed un uomo politico ed era un uomo di grande fiducia di Messina Denaro Francesco. Lucchese nutriva per me grande affetto e fiducia al punto di farmi chiamare la residenza a casa sua. Ed essendo il Lucchese appartenente ad una Loggia Massonica segreta, ha chiesto autorizzazione a Messina Denaro Francesco di potermi preparare a farmi conoscere le regole del RITO SCOZZESE affinchè anch'io entrassi a far parte insieme a lui in questa Loggia Massonica.U zù Cicciu ha detto di si!E il Lucchese ha subito iniziato a insegnarmi le prime regole fondamentali della Massoneria. Cito qualcosa: Gran Maestro Venerabile, Gran Segretario, la Grande LUCE, 33° GRADO, IN SONNO, come si saluta e si riconosce un Fratello Massone, ci si riunisce nel Tempio etc. etc.Ricordo che in una occasione quando il Vaccarino è venuto a trovare a Lucchese a Milano, questi mi disse di salutarlo con il Rito Massone. Il Vaccarino si è messo a ridere ed era contento che anch'io DIVENTASSI MASSONE. Su ordine di LUCCHESE MICHELE, il 12 Maggio 1981 da Milano prendo il treno per ROMA. Mi si dice che debbo incontrarmi dentro la stazione Termini al binario n° 3 con il Capo Decina della Famiglia di Castelvetrano, del "gruppo di fuoco", SAVERIO FURNARI, e con SANTANGELO VINCENZO "UOMO d'ONORE" fratello di LILLO SANTANGELO, FIGLIOCCIO del Nostro Capo Assoluto FRANCESCO MESSINA DENARO. Insieme a loro c'è ANTONOV, un UOMO BULGARO in stretto collegamento con la MAFIA TURCA e con "COSA NOSTRA". Tutti insieme andiamo a far colazione e dopo di che ci si avvia nei pressi di SAN PIETRO. Il FURNARI MI DICE: “ADESSO METTITI COMPLETAMENTE a disposizione da ANTONOV ed esegui alla perfezione tutto ciò che Lui ti dice!” Proprio quasi all'inizio che si entra in Piazza SAN PIETRO ANTONOV sceglie un punto ben preciso dicendomi che "in questo punto noi due ci dobbiamo incontrare di pomeriggio". Il pomeriggio del 13 MAGGIO 1981, un'ora, un'ora e mezzo prima dell'attentato al Papa mi incontro sul posto dove Antonov aveva deciso.(Ricordo che la Piazza a quell'ora era quali piena di fedeli). Mi dice: “In questo preciso posto ti porterò due persone di nazionalità TURCA e li porterai dove ti hanno ordinato”. Mi dice anche: “Entriamo dentro la Piazza che mi devi accompaganre per una cinquantina di metri e dopo torni al posto stabilito, ma sappi che ancora ci vuole circa 1 ora prima che mi vedi arrivare con i turchi”. Dopo che effettivamente lo ho accompagnato dentro la piazza per una cinquantina di metri, Antonov mi dice: “Tu i due TURCHI non li conosci, ma loro in questo momento ti hanno visto insieme a me e hanno l'ordine che solo a te devono seguire”. Mi dice ancora: “Se succede un imprevisto che io non li posso accompagnare da te, loro verranno da te nel posto dove tu ti trovi (che anche a loro ho indicato) e ti diranno queste parole: "CIAO ANTONOV" dopo di che con questo ROSARIO che adesso ti do e che fin d'ora devi tenere sempre nella mano sinistra ‘LI SALUTI CON LA MANO SINISTRA’ ”. Antonov mi informa che i due turchi sono ARMATI. Dopo dieci, quindici, venti MINUTI al MASSIMO che il Papa è stato sparato (RICORDO UN CASINO ENORME) vedo arrivare ANTONOV CON UN TURCO, ANTONOV era agitatissimo, mi dice di andare VIA SUBITO con questo TURCO. Porto il Turco insieme a me alla Stazione Termini dove al BINARIO TRE c'è ad aspettarmi (come concordato prima) il Furnari e il Santangelo. Tutti e quattro partiamo da Roma che era già sera. (Ricordo che il treno per Milano è partito con oltre 1 ora di ritardo, chi di competenza se vuole può riscontrare questo ritardo). ARRIVIAMO a Milano la mattina del 14, Furnari e il Santangelo si prendono in custodia il turco. La sera ho un appuntamento a casa del Lucchese a Paderno DUGNANO (TERRITORIO sicuro e controllato meticolosamente dal Nostro Amico, il Maresciallo dei Carabinieri). Gli riferisco ogni particolare di tutto ciò che ho eseguito e visto, compreso "l'agitazione" di ANTONOV. Ricordo che prima di partire per Roma il Lucchese mi disse: Nella CITTA' ETERNA deve scoppiare una BOMBA che rimarrà nella STORIA! Non mi disse che si doveva fare un attentato al PAPA! Ma mi disse chiaramente che il mio compito era di prendere in custodia i due TURCHI TERRORISTI, che il BULGARO persona fidata e importante mi avrebbe consegnato, e dopodichè portarli a Paderno Dugnano e fargli fare la fine di "LU SCECCU", cioè la fine dell'ASINO (Un Asino si usa fino a che serve "è nato per essere usato", dopo, quando non serve più, si uccide! La sera del 14 Maggio, in attesa che arrivassero FURNARI e SANTANGELO che erano andati via con una macchina insieme al TURCO per ucciderlo, io rimasi con Lucchese a dialogare, ed i in quella circostanza mi disse che il Papa voleva fare la stessa cosa che voleva fare Papa Luciani, e cioè ROMPERE gli EQUILIBRI ALL’INTERNO del VATICANO. Parlandomi di Papa Luciani mi disse: Lui voleva fare una "RIVOLUZIONE" all'interno del VATICANO! Voleva che la Chiesa fosse più povera, ridimensionando la ricchezza del vaticano, e aveva studiato un piano per aiutare le famiglie povere del mondo, innanzitutto da quelle ITALIANE ovviamente, tutto ciò si doveva fare tramite e per mezzo la Banca del Vaticano, che dopo avrebbe voluto dare in mano e farla gestire a persone LAICHE con l'insegnamento di Gesù: DARE A CESARE quel che è di CESARE. Papa Luciani non sopportava l'idea che Cardianali e Vescovi GESTISSERO tramite lo I.O.R. queste ENORMI RICCHEZZE. La prima cosa che aveva già deciso di fare è stata quella di RIMUOVERE ALCUNI CARDINALI che GESTIVANO, USAVANO e MANIPOLAVANO il VESCOVO MARCINKUS sfruttando non solo la capacità che aveva a GESTIRE LO I.O.R., ma anche e soprattutto i contatti e le potenti AMICIZIE a livello EUROPEO ed internazionali che il VESCOVO MARCINKUS AVEVA. Se Papa Luciani non moriva da li a pochi giorni SAREBBERO STATI RIMOSSI E SOSTIRUITI IMMEDIATAMENTE sia MARCINKUS e QUATTRO CARDINALI e FORSE anche, se non penso male il SEGRETARIO. (Mi sembra o il SEGRETARIO DI STATO o il SEGRETARIO del PAPA. Chi sostituiva i quattro Cardinali e Marcinkus erano altrettanti Vescovi e Cardinali di massima fiducia che avevano "in segreto" preparato un piano ben determinato insiema a Papa Luciani affinchè dopo essere stati inseriti ognuno al posto giusto dovevano attivarsi per distribuiire il 90% delle ricchezze in diverse parti del mondo, costruendo case, scuole, ospedali etc. etc, dopodicè il 10% delle rimanenti ricchezze venica affidato e fatto gestire per conto e per i bisogni della Chiesa allo Stato ITALIANO. Insomma voleva fare una vera e propria RIVOLUZIONE e cogliere tutti di sorpresa!!! Questo piano il Povero Papa non ha potuto portarlo a termine in quanto uno dei Cardinali di fiducia lo ha tradito andando a raccontare tutto a Marcinkus e ai quattro Cardinali!!! Questi Cardinaliche per Papa Luciani esercitavano un potere Negativo e che voleva rimuoverli, con la loro DIABOLICA INTELLIGENZA sono riusciti, e senza lasciare nessuna traccia, ad UCCIDERE CON UNA GRANDE QUANTITA' di GOCCE di CALMANTE il loro PAPA, con l'aiuto del MEDICO PERSONALE. Queste notizie così riservate il LUCCHESE e il Messina Denaro Francesco "questi” vero braccio destro del TRUMVIRATO della Commissione di Cosa Nostra, sono venute a saperle tramite il Notaio Albano che era di Casa nel Vaticano insieme a questi Cardinali e Marcinkus, era iscritto nell'ordine dei Cavlieri del Santo Sepolcro e quindi uomo di collegamento tra l'ENTITA' di Cosa Nostra e l'ENTITA' del Vaticano. Il Nome di due Cardinali mi sono rimasti impressi nella mente! In quanto uno è uguale o quasi uguale al NOME di un mio compagno di infanzia! l'altro invece è un nome che mi sembra finisca senza la vocale! (questi nomi me li cita Lucchese) che a sua volta glieli aveva detto il notatio ALBANO. Nella Banca del Vaticano sono transitati Migliaia e Migliaia di MILIARDI appartenenti alle CINQUE ENTITA' OCCULTE "compresa quella di Cosa Nostra" (LEGGASI SENTENZA di ASSOLUZIONE TRASPORTO 10 MILIARDI). Questi soldi venivano riciclati, diventavano puliti e investiti.Al Notaio Albano, in qualità di Notaio, gli venivano affidati ingenti beni immobili sia della Chiesa che da potenti uomini delle istituzioni (Se vogliono chi di competenza può riscontrare ciò che dico!). Il Dr. Borsellino l'ha saputo riscontrare! Questi riscontri li ha scritti nella sua AGENDA ROSSA!!!Dopo il lungo dialogo durato circa due ore che ho avuto con il Lucchese, che in alcuni momenti mi chiamava (FIGGHIU MIU) MI AMAVA veramente come un figlio! Ricordo che subito dopo aver ricevuto l'incarico di uccidere il Dr. Borsellino, Messina Denaro Francesco mi disse. Vedi che lo zio MICHELE HA UN BRUTTO MALE e sta PER MORIRE. HA MANDATO A DIRE CHE PRIMA di MORIRE HA IL DESIDERIO di VEDERTI. FAI di tutto per ANDARLO ATROVARE.Mi rendo subito conto che se a un uomo d'onore prevale il Sentimento è segno di debolezza! Mi era stato insegnato che mail il Sentimento deve prevalere sulla RAGIONE! Dopo aver salutato Messina Denaro Francesco e il suo uomo di Grande Fiducia mentalmente mi preparo un piano per andare subito a Milano, voglio assolutamente abbracciare per l'ultima volta "u ZU MICHELE! Per la prima volta prevale dentro di me un Grande Affetto e un AMORE verso questa persona, (mi viene subito in mente la relazione che ho avuto con sua figlia e il suo diritto di uccidermi! troverete il memoriale del pentito Vincenzo Calcara, pubblicati dal fratello di Paolo Borsellino. |
Post n°411 pubblicato il 27 Giugno 2008 da dammiltuoaiuto
Cominciamo oggi, dopo avere ricevuto indiretta ma ampia e palese autorizzazione a farlo da Salvatore Borsellino, a pubblicare il memoriale che Vincenzo Calcara ha deciso di consegnare pochi giorni fa al fratello del giudice Paolo, ucciso dalla mafia (e non solo?) il 19 luglio 1992. Salvatore Borsellino si batte ormai da 16 anni contro il muro di silenzio e omertà che i media hanno eretto sui tanti punti ancora oscuri di quegli anni. Troppo silenzio sulla vicenda personale e professionale degli uomini del pool antimafia di Palermo dell’epoca, ed in particolar modo dei 58 giorni “rimasti” a Paolo Borsellino, dopo la morte dell’amico Giovanni Falcone e le rivelazioni dei collaboratori di giustizia sul cosiddetto terzo livello della cupola mafiosa. Uno su tutti, Vincenzo Calcara. Ovvero l’uomo incaricato dal boss Francesco Messina Denaro, padre di quel celebre Matteo oggi taggato sui muri di Palermo, di uccidere Paolo Borsellino. Racconta di lui il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore:
Le rivelazioni fatte dal pentito nelle pagine che oggi mettiamo a vostra disposizione sono di fatto sconvolgenti. Nel vero senso della parola. Mi spiego. I riferimenti e le ricostruzioni fatte da Calcara, oltre che confortate dalle carte processuali in molti passaggi e certificate da sentenze, appaiono verosimili ma spaventose. E’ come se tutte, o quasi, le tesi complottistiche elaborate negli ultimi anni convergano verso uno scenario francamente aberrante, con una vera e propria struttura occulta al comando di una oligarchia chiamata alla gestione del potere ed alla custodia del segreto. La prima volta che ho letto queste prime 4 parti - tutte di un fiato - ho avuto davvero la sensazione che nulla di ciò che stavo leggendo sarebbe stato mai preso in debita considerazione dai media tradizionali. Ho anche pensato a come potrebbe reagire la gente, messa al corrente di un tale possibile scenario. Il giornalista ha informato da tempo le procure della Repubblica interessate. E pure la credibilità di Vincenzo Calcara non pare in discussione. Dice ancora di lui Salvatore Borsellino:
Sul suo sito, Salvatore Borsellino sta organizzando, con una straordinaria dimostrazione di coraggio ed impegno civile, la traduzione dei memoriali in più lingue in modo da metterli a disposizione di giornali stranieri interessati. Questi i link ai testi delle prime 3 parti del memoriale pubblicate fino ad oggi, seguirà la trascrizione dei prossimi capitoli del memoriale. |
Caso Unipol: «Ora auguri a De Magistris»Il Csm assolve la Forleo. E lei: «La giustizia trionfa» ROMA - Il gip di Milano Clementina Forleo è stata assolta dalla sezione disciplinare del Csm dall'accusa di aver violato i suoi doveri per i contenuti dell'ordinanza con la quale, nel luglio del 2007, chiese alle Camere l'autorizzazione all'uso di intercettazioni che riguardavano alcuni parlamentari nell'ambito della vicenda Unipol. IN PRECEDENZA - La richiesta formulata dalla Procura generale della Cassazione nel procedimento davanti alla Sezione disciplinare del Csm era di condannare Clementina Forleo alla censura e al trasferimento d'ufficio Clementina Forleo per i contenuti dell'ordinanza con la quale nel luglio 2007 il gip di Milano chiese alle Camere l'autorizzazione all'uso delle intercettazioni che riguardavano alcuni parlamentari, tra cui Piero Fassino e Massimo D'Alema. |
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in onda su tutti gli schermi italiani il “Silvio Horror Picture Show”. Siamo ormai alla centesima replica e la gente non ne può più. Un po’ per il caldo, i tacchi, il cerone, la testa d’asfalto. Passa ogni sabato mattina con i suoi legali per proteggersi dai magistrati. 798 tra pm e magistrati si sono occupati di lui dal 1994 al 2006 . Tutti ideologizzati, metastasi della democrazia, tutti comunisti. La gente il sabato mattina lo passa invece a stringere la cinghia e a leggere sui giornali dei processi all’imputato Silvio Berlusconi. La gente ha altri pensieri. Il lavoro, la sicurezza, la casa, i debiti. Ma dal 1994 deve preoccuparsi senza sosta di un tizio che ha problemi con la legge, che è stato iscritto alla P2, che ha occupato l’informazione grazie al latitante Craxi. La gente si chiede: “Se fosse un privato cittadino sarebbe già in galera?”. E anche: “Il presidente del Consiglio è pagato per risolvere i problemi del Paese, o solo i suoi?” beppe grillo Il Financial Times di oggi scrive: |
NON LO VOLEVANO PAPA PERCHE' SCOMODO !!!!! Il 26 Agosto del 1978 Albino Luciani divenne ufficialmente Vescovo di Roma (cioè fu eletto Papa) e successore di Paolo VI. In Vaticano, parecchie persone non erano contente dell’elezione di Luciani al soglio pontificio ma, forse, il più scontento di tutti era monsignor Marcinkus che fino all’ultimo istante aveva sperato nell’elezione del candidato Giuseppe Siri. Marcinkus diceva ai suoi colleghi: «Questo Papa non è come quello di prima, vedrete che le cose cambieranno»[2]. [3]. E l’irritazione del Papa peggiorava al solo sentire nominare personaggi come Calvi e Sindona dei quali aveva saputo qualcosa facendo discrete indagini[4]. Di Albino Luciani cominciò a circolare per la curia l’immagine di uomo poco adatto all’incarico, troppo «puro di cuore», troppo semplice per la complessità dell’apparato che doveva governare. Dapprima, l’ora della morte fu fissata verso le 23 e, quindi, posticipata alle 4 del mattino. Secondo le prime informazioni, il corpo senza vita era stato trovato da uno dei segretari personali del Papa, dopo circolò la voce che a scoprirlo fosse stata una delle suore che lo assistevano. C’erano veramente motivi per credere che qualcosa non andasse per il verso giusto. Qualcuno insinuò che forse sarebbe stato il caso di eseguire un’autopsia e questa voce, dapprima sussurrata, arrivò ad essere gridata dalla stampa italiana e da una parte del clero. Naturalmente l’autopsia non venne mai eseguita ed i dubbi permangono ancora oggi. Di questo argomento si occuperà approfonditamente l’inglese David Yallop, convinto della morte violenta di Giovanni Paolo I. Il libro dello scrittore inglese passa in rassegna tutti gli elementi di quel fatidico 1978 fino a sospettare sei persone dell’omicidio di Albino Luciani: il Segretario di Stato Jean Villot, il cardinale di Chicago John Cody, il presidente dello I.O.R. Marcinkus, il banchiere Michele Sindona, il banchiere Roberto Calvi e Licio Gelli maestro venerabile della Loggia P2.[10] [11]. Tuttavia il lavoro investigativo di Yallop è comunque buono e non si può non tener conto del lavoro dell’inglese soprattutto considerando il fatto che troppi sono i dubbi inerenti le ultime ore di vita del Papa. Perché e soprattutto chi ha fatto sparire dalla camera del Papa i suoi oggetti personali? Dalla stanza di Luciani scompariranno gli occhiali, le pantofole, degli appunti ed il flacone del medicinale Efortil. La prima autorità di rango ad entrare nella stanza del defunto fu proprio Villot, accompagnato da suor Vincenza (la stessa che ogni mattina portava una tazzina di caffè al Papa) che verosimilmente fu l’autrice materiale di quella sottrazione. Perché la donna si sarebbe adoperata con tanta solerzia per far sparire gli oggetti personali di Luciani? Perché quegli oggetti dovevano sparire? Domande destinate a restare senza risposta anche in considerazione del fatto che la diretta interessata è passata a miglior vita. DALLA RETE
Secondo Yallop, Gelli decise l’assassinio, Sindona e Calvi avevano buone ragioni per desiderare la morte del Papa ed avevano le capacità ed i mezzi per organizzarlo, Marcinkus sarebbe stato il catalizzatore dell’operazione mentre Cody (strettamente legato a Marcinkus) era assenziente in quanto Luciani era intenzionato ad esonerarlo dalla sede di Chicago perché per motivi finanziari si era attirato le attenzioni non solo della sua chiesa ma addirittura della giustizia cittadina e della corte federale. Villot, infine, avrebbe facilitato materialmente l’operazione
Fu detto all’inizio che Luciani era stato trovato morto con in mano il libro «l’imitazione di Cristo», successivamente il libro si trasformò in fogli di appunti, quindi in un discorso da tenere ai gesuiti ed infine, qualche versione ufficiosa volle che tra le sue mani ci fosse l’elenco delle nomine che il Papa intendeva rendere pubbliche il giorno dopo.
Su due punti Luciani sembrava irremovibile: l’iscrizione degli ecclesiastici alla massoneria, e l’uso del denaro della chiesa alla stregua di una banca qualunque
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CRONACA Le rivelazioni di Sabrina Minardi, ex compagna del boss della Magliana De Pedis di MARINO BISSO E GIOVANNI GAGLIARDI Negli anni '80, la Minardi, dopo la separazione con il "bomber" della Lazio Bruno Giordano, ebbe una storia con De Pedis, che nel dicembre 1984 fu catturato proprio grazie al pedinamento della donna. Gli misero le manette nell'appartamento di Via Vittorini 63 dove lei viveva. Negli anni successivi, Minardi attraversò periodi segnati dalla cocaina. Oggi si trova in una comunità terapeutica in Trentino. Poche settimane fa, la sua famiglia è tornata all'attenzione della cronaca perché la figlia, Valentina Giordano, fu protagonista, insieme al fidanzato Stefano Lucidi, del tragico incidente sulla Nomentana in cui morirono Alessio Giuliani e la sua ragazza Flaminia Giordani. "Nel sacco anche un bambino". "Successe tutto a Torvaianica", ha ricordato Sabrina Minardi durante un colloquio con i dirigenti della squadra mobile, avvenuto il 14 marzo scorso. "Con Renatino, a pranzo da Pippo l'Abruzzese, arrivò Sergio, l'autista, con due sacchi. Andammo in un cantiere, io restai in auto: buttarono tutto dentro una betoniera. Così facciamo scomparire tutte le prove, dissero". In uno di quei sacchi c'era il corpo di Emanuela Orlandi e nell'altro, sostiene la donna, un bambino di 11 anni ucciso per vendetta, Domenico Nicitra, figlio di uno storico esponente della banda. Date contrastanti. La testimone sostiene di essere stata la compagna del boss della Magliana tra la primavera dell'82 e il novembre dell'84. Emanuela Orlandi scomparve il 22 giugno dell'83, ma Domenico Nicitra, il bambino ucciso, morì dieci anni dopo, il 21 giugno 1993, quando De Pedis era già morto (fu ucciso all'inizio del 1990). Forse la confusione sulle date è colpa degli psicofarmaci e della droga di cui la testimone ammette di aver fatto uso per anni. Ma le dichiarazioni rese ai magistrati restano sufficientemente circostanziate e tali da giustificare un supplemento di indagini. "Consegnai Emanuela a un sacerdote". La donna racconta di aver accompagnato con la sua macchina Emanuela Orlandi (forse durante il rapimento, ndr) e di averla consegnata a un sacerdote. Accadde sei, sette mesi prima - dice - della tragica esecuzione della figlia del commesso della Casa Pontificia. "Arrivai al bar del Gianicolo in macchina (...) Renatino mi aveva detto che avrei incontrato una ragazza che dovevo accompagnare al benzinaio del Vaticano. Arriva 'sta ragazzina: era confusa, non stava bene, piangeva e rideva. All'appuntamento c'era uno che sembrava un sacerdote: scese da una Mercedes targata Città del Vaticano e prese la ragazza. A casa domandai: A Renà, ma quella non era... Se l'hai conosciuta, mi rispose, è meglio che te la scordi. Fatti gli affari tuoi". "Poi - aggiunge Minardi - a De Pedis chiesi: 'in mezzo a che impiccio mi hai messo', e lui rispose 'nessun impiccio'". "Di li a pochi giorni - ha detto ai pm - tentarono di rapire mia figlia, chiamai immediatamente Renato e mi disse 'se ti sei scordata quello che hai visto non succederà niente a tua figlia'. In effetti, fino a oggi non le è successo nulla" però "ho un po' di timore, perché è vero che Renato è morto, ma ci sono altre persone...". E ancora sui ruoli rivestiti quel giorno: "La Bmw la guidava Sergio". Di quest'ultimo, di età compresa tra i 21 e i 24 anni, Minardi dà anche una descrizione: "Sarà stato alto, più o meno un metro e novanta, era parecchio più alto di Renato. Belle spalle, fisico da boxer, da sportivo, insomma. Capelli chiari e occhi verdi-azzurri. Molto riservato. Io lo vedevo sempre, faceva l'autista a Renato. Aveva un'Audi bianca. La Bmw la vidi soltanto in quel frangente lì su. Sergio l'aveva portata al bar Gianicolo". La testimone specifica, inoltre, che lei e De Pedis arrivarono al bar Gianicolo a bordo di una A112 bianca, di proprietà della donna."Renato e Sergio me la misero (la ragazza, ndr) in macchina, più che Renato, Sergio prese la ragazza dalle mani di questa signora e la accompagnò nella mia macchina. Poi, io salii in macchina e andai. Mi dissero che alla fine di quella via c'era questo signore che l'aspettava". La prigione. Emanuela Orlandi sarebbe stata tenuta (durante il rapimento, ndr) in un'abitazione, vicino a piazza San Giovanni di Dio, che aveva "un sotterraneo immenso che arrivava quasi fino all'ospedale San Camillo", ha aggiunto Minardi. Di lei si sarebbe occupata la governante della signora, Daniela Mobili. Secondo la testimone, la Mobili, sposata con Vittorio Sciattella, era vicina a Danilo Abbruciati, il killer della Banda della Magliana freddato nell'82 durante il fallito agguato a Roberto Rosone, vicepresidente del Banco ambrosiano. All'appuntamento al Gianicolo, Emanuela sarebbe arrivata con la donna di servizio. Incalzata dai magistrati sull'esatta collocazione della casa, la teste ha spiegato che si trovava, venendo dalla stazione di Trastevere e salendo dalla circonvallazione Gianicolense, uno o due semafori prima della piazza San Giovanni di Dio: "A un certo punto, sulla destra ci sono dei giardini, un piccolo parco, in quella traversa lì. Dovrebbe esserci pure un fabbricato basso, un palazzo se lo ricordo bene". E il sotterraneo? "Immenso, arrivava quasi fino all'ospedale San Camillo. Io lo vidi, ma poi mi misi a camminà du' minuti, poi che mi fregava. Insomma, non mi interessava andare oltre". Monsignor Marcinkus. Emanuela Orlandi sarebbe stata prelevata da Renatino De Pedis su ordine di monsignor Marcinkus, che fu presidente dello Ior, la banca del Vaticano, dal 1971 al 1989. Marcinkus è morto il 20 febbraio 2006 a Sun City, in Arizona. Alla specifica domanda dei magistrati, tramite chi Renato fosse stato delegato a prendere Emanuela, la donna risponde: "Tramite lo Ior... Quel monsignor Marcinkus... Renato ogni tanto si confidava". Sulle motivazioni del sequestro: "Stavano arrivando secondo me sulle tracce di chi... perché secondo me non è stato un sequestro a scopo di soldi, è stato fatto un sequestro indicato. Io ti dico monsignor Marcinkus perché io non so chi c'è dietro.. ma io l'ho conosciuto a cena con Renato... hanno rapito Emanuela per dare un messaggio a qualcuno". La testimone sottolinea di non sapere chi materialmente prese Emanuela: "Quello che so è che (la decisione, ndr) era partita da alte vette... tipo monsignor Marcinkus... E' come se avessero voluto dare un messaggio a qualcuno sopra di loro. Era lo sconvolgimento che avrebbe creato la notizia". La donna fa un paragone con la morte di Roberto Calvi: "Gli hanno trovato le mani legate dietro, perché tu mi vuoi dare un messaggio". In un colloquio successivo, il 19 marzo, la donna aggiunge: "Renato, da quello che mi diceva, aveva interesse a cosare con Marcinkus perché questi gli metteva sul mercato estero i soldi provenienti dai sequestri". Le ragioni del rapimento. La teste, sentita successivamente dal procuratore aggiunto Italo Ormanni e dai pm Andrea De Gasperis e Simona Maisto, ipotizza come ragione della scomparsa della giovane una "guerra di potere": "Io la motivazione esatta non la so - dice ai magistrati - però posso dire che con De Pedis conobbi monsignor Marcinkus. Lui era molto ammanicato con il Vaticano, però i motivi posso immaginare che fossero quelli di riciclare il denaro. Mi sembra che Marcinkus allora era il presidente dello Ior... però sono ricordi così. Gli rimetteva questi soldi... Io a monsignor Marcinkus a volte portavo anche le ragazze lì, in un appartamento di fronte, a via Porta Angelica... Sarà successo in totale quattro o cinque volte, tre-quattro volte... Lui era vestito come una persona normale". Secondo la donna, l'iniziativa partiva da Renato. "C'era poi il segretario - rivela - un certo Flavio. Non so se era il segretario ufficiale. Comunque gli faceva da segretario. Mi telefonava al telefono di casa mia e mi diceva: 'C'è il dottore che vorrebbe avere un incontro'. Embè, me lo faceva capire al telefono. Poi, a lui piacevano più signorine ('minorenni, no')! Quando entravo, vedevo il signore; non che mi aprisse lui, c'era sempre questo Flavio. Mi facevano accomodare i primi cinque minuti, poi io dicevo: 'Ragazze, quando avete fatto, prendete un taxi e ve ne andate. Ci vediamo, poi, domani'". Sabrina Minardi, rispondendo ai magistrati, precisa che le modalità con cui avvenivano questi incontri erano diverse da quelle riferite sull'episodio del Gianicolo. "Mi ricordo che una volta Renato portava sempre delle grosse borse di soldi a casa. Sa, le borse di Vuitton, quelle con la cerniera sopra. Mi dava tanta di quella cocaina, per contare i soldi dovevo fare tutti i mazzetti e mi ricordo che contò un miliardo e il giorno dopo lo portammo su a Marcinkus". A cena da Andreotti. Sabrina Minardi ha riferito di essere andata anche a casa di Giulio Andreotti. "Io andai anche a cena a casa di Andreotti, con Renato (De Pedis, ndr) - racconta - ovviamente davanti a me non parlavano... due volte ci sono andata... Renato ricercato... La macchina della scorta sotto casa di Andreotti della polizia... Renato ricercato, siamo andati su... eh... accoglienza al massimo... c'era pure la signora... la moglie... una donnetta caruccia ... ovviamente davanti non parlavano di niente". La teste precisa che Andreotti "non c'entra direttamente con Emanuela Orlandi, ma con monsignor Marcinkus sì". La sorella: "Chi sa, si liberi la coscienza". Domani, riunione degli investigatori negli uffici giudiziari per fare il punto dell'indagine. La sorella di Emanuela vuole le prove: "Senza quelle, non credo alla presunta testimone. Emanuela non è andata via spontaneamente, siamo sicuri di questo e quindi qualcuno è davvero a conoscenza di ciò che è accaduto. Mi chiedo se non sia arrivato, e già da tempo, il momento che questo qualcuno venga fuori e si liberi la coscienza". Inquirenti in cerca di riscontri. Gli inquirenti, prima di pronunciarsi sulla fondatezza o meno delle dichiarazioni, vogliono riscontrare ogni più piccolo particolare. "Nel verbale della testimone ci sono indubbie incongruenze temporali che ci lasciano un po' perplessi - ammettono a piazzale Clodio - ma alcuni dettagli sono così precisi e circostanziati che meritano di essere approfonditi con attenzione". Del resto, è la prima volta che qualcuno riferisce fatti concreti sulla scomparsa di Emanuela Orlandi anche se il coinvolgimento in questa vicenda della Banda della Magliana non è un elemento inedito. "La supertestimone - è stato spiegato in Procura - non beneficia di alcun regime di protezione, non è indagata così come nessuno altro è finito sotto inchiesta sulla base di quanto da lei stessa detto". Minardi non avrebbe chiesto agli inquirenti nulla in cambio della sua lunga audizione. Il pentito: "I Lupi grigi non c'entrano". Non è la prima volta che il nome di Emanuela Orlandi viene collegato alla Banda della Magliana. Una telefonata anonima giunta negli anni scorsi alla redazione di Chi l'ha visto? rivelò che i resti della ragazza erano nella basilica di Sant'Apollinare a Roma: "Se volete saperne di più su Emanuela Orlandi, guardate nella tomba di De Pedis", tumulato nella chiesa, nonostante i suoi trascorsi, per le generose offerte che aveva elargito alla parrocchia. E un pentito della banda, un anno fa, disse ai magistrati della Procura di Roma che in carcere, all'epoca della scomparsa della 15enne, girava insistente la voce che la pista dei "lupi grigi" collegata ad Ali Agca, l'attentatore di Giovanni Paolo II, non c'entrava niente col rapimento. "Si diceva - disse Antonio Mancini - che la ragazza era robba nostra, l'aveva presa uno dei nostri". (23 giugno 2008) |
Il silenzio sui 4mila giovani morti ogni anno
Ogni anno perdiamo 4000 giovani sotto i 30 anni nel silenzio piu' totale!!! Non è il caso di affrontare il problema con la stessa indignazione che giustamente meritano i morti sul lavoro? |
ITALIA PAESE DA RICICLARE
Per tornare ai rifiuti solidi urbani siamo arrivati al punto che nessuna soluzione proposta è valida, e cioè: le discariche sono colme e hanno terminato la loro vita di serbatoi di raccolta dei rifiuti stessi: occorre alla fine la loro messa in sicurezza e la loro bonifica, i termovalorizzatori non producono energia elettrica se non con l’ausilio di combustibili per mantenere il processo di incenerimento, provocano emissioni ed immissioni talmente note da non doverle recitare ogni qualvolta si parla degli stessi. Restano due alternative per affrontare decisamente il problema: raccolta differenziata nelle grandi città, già appannaggio di tanti paesi, e il recupero a valle della differenziata delle materie prime, ossia il loro riciclo per una evidente sostenibilità del sistema smaltimento rifiuti. Ciò comporta un trattamento biomeccanico e non termico dei rifiuti, onde evitare i gravi e grandi problemi dei processi combustivi e della funzionalità degli impianti relativi. Queste affermazioni trovano il pretesto per indirizzare e inquadrare un problema che non sarebbe sorto e per interessi, e per scarso studio del processo di eliminazione dei rifiuti. Occorrono però altre osservazioni a monte per capire come il degrado dell’Italia sia un degrado generale: spesso la raccolta differenziata all’origine si traduce in una raccolta indifferenziata per scarsezza di indicazioni ma soprattutto per una mancanza della minima educazione civica da parte dell’italiano medio: e per individuare la genesi di tale mancanza basta pensare a due esempi apparentemente lontani ma che si verificano spesso: l’abbandono degli escrementi dei cani, l’uso improprio e sempre più diffuso del cellulare in macchina, diritti che ormai gran parte della gente considera acquisiti. Tutto ciò è una mancanza, in questi due aspetti, apparentemente lontani, un segno di tante occasioni di mancanza di rispetto verso il prossimo e una indicazione come la maxi battaglia dei rifiuti, assieme ad altre il cui elenco è molto vasto e significativo per un popolo che dovrebbe avere il rispetto di norme di convivenza universali. rete |
LA STRANA CONCEZIONE DI LEGALITA' MADE IN PDL
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Post n°400 pubblicato il 16 Giugno 2008 da dammiltuoaiuto
Tag: Campania, diossina, Disastro, Discariche, Ecoballe, GIUSTIZIA, governo, Inceneritore, informazione, italia, Napoli, Partiti, pd, pdl, Petizione, politica, Rifiuti, Termovalorizzatori Firma la petizione contro il decreto rifiuti in Campania. To: Parlamentari Campani APPELLO AI PARLAMENTARI CAMPANI NO! ALLA CONVERSIONE DEL D.L. 23.5.08 N. 90 L’emanazione da parte del governo del D.L. 23.5.08 n. 90, il decreto rifiuti, non può che allarmare i cittadini campani per la compressione che questo comporta dei loro diritti fondamentali, costituzionalmente garantiti a tutti gli italiani e in particolare quello alla salute. In Campania dopo questo decreto il diritto alla salute è posto in serio pericolo ed è meno tutelato che nelle altre regioni d’Italia. È nato un diritto speciale che viola le disposizioni di cui al titolo V della Costituzione, come è stato affermato da autorevoli giuristi e da magistrati; un diritto che, sancendo una disciplina del trattamento dei rifiuti diversa da quella vigente nel resto d’Italia, crea una discriminazione territoriale: donne e uomini della Campania sono meno uguali e meno garantiti rispetto a tutti quelli che vivono nel resto d’Italia. Le aree individuate per la gestione dei rifiuti sono dichiarate "di interesse strategico nazionale", con conseguente militarizzazione e attribuzione al sottosegretario Bertolaso della direzione di tutte le autorità pubbliche: a lui vengono subordinati "la forza pubblica, i prefetti, i questori, le forze armate e le altre autorità competenti", con una concentrazione di potere assoluto davvero senza precedenti. Un accentramento di potere si ha anche per la magistratura, con la creazione di una superprocura per i rifiuti, con la centralizzazione dell’esercizio dell’azione penale e dello svolgimento delle indagini preliminari. La stessa logica accentratrice è alla base dell’attribuzione al solo giudice amministrativo di tutte le controversie riguardanti la gestione dei rifiuti, anche per le "controversie relative a diritti costituzionalmente garantiti". Vengono creati nuovi reati che sanzionano il semplice accesso alle aree "militarizzate" o l´aver reso l’accesso "più difficoltoso": una formula, questa, di così larga interpretazione che può risolversi in inammissibili restrizioni di diritti costituzionalmente garantiti, come quello di manifestare liberamente il proprio pensiero. L’insieme di questi provvedimenti è impressionante. Inaccettabile appare la manipolazione del sistema giudiziario. Il Governo si sceglie i magistrati che devono controllare le sue iniziative. Viene aggirato l’articolo 102 della Costituzione, che vieta l’istituzione di giudici straordinari o speciali. La garanzia dei diritti costituzionalmente garantiti è degradata. La legalità costituzionale è complessivamente incrinata. Se "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge" - articolo 3 della Costituzione repubblicana - i campani saranno meno eguali, avranno meno dignità sociale. Ciò che è definito "tossico" altrove, anche sulla base della normativa comunitaria, in Campania non lo è ; ciò che altrove è considerato "pericoloso" , qui non lo sarà. Le regole di tutela ambientale e salvaguardia e controllo sanitario qui non saranno in vigore. La polizia giudiziaria e la magistratura, in tema di repressione di violazione della normativa sui rifiuti, hanno meno poteri che nel resto d’Italia e i nuovi tribunali speciali, per la loro smisurata competenza e per la loro novità, non saranno in grado di tutelare, come altrove accade, i diritti dei cittadini. Non sta a noi trattare nello specifico tutte le questioni che integrano in radice la incostituzionalità del decreto legge, ma a noi preme segnalare che con questo decreto il diritto alla salute delle persone che vivono in Campania è un diritto affievolito: ciò che è garantito nelle altre regioni a noi non è più garantito: in Campania i rifiuti possono essere legittimamente, secondo questo decreto, “intombati” in qualsiasi buco che abbia solo la parvenza di una discarica. Con quale rischio per la salute nostra e delle generazioni future? La logica è quella di far scomparire i rifiuti alla vista, senza tante preoccupazioni per “come” si faranno “scomparire”. Siamo consapevoli della drammaticità della situazione, la viviamo ogni giorno sulla nostra pelle, ma vogliamo che venga risolta secondo le leggi che vigono su tutto il territorio nazionale in tema di tutela della salute, dell’ambiente e del paesaggio e con gli strumenti giudiziari esistenti e funzionanti in tutto il paese. Per i motivi che abbiamo indicato, per l’incostituzionalità di questo decreto per le palesi violazioni degli artt. 3, 25 e 102 e del titolo V della Costituzione repubblicana, che in altre sedi e con argomentazioni giuridiche più adeguate saranno illustrate, chiediamo a Voi, qualsiasi sia il vostro partito di appartenenza, di votare contro la conversione del decreto legge n. 90. Vi chiediamo di votare non secondo logiche di appartenenza e secondo le indicazioni dei vostri partiti, ma secondo coscienza, riappropriandovi della vostra libertà di rappresentare i bisogni e i diritti dei cittadini e del territorio che vi ha chiamati a rappresentarlo. |
Recentemente una società giapponese chiamata Genepax ha depositato la domanda per ottenere il brevetto di un motore elettrico alimentato ad acqua dolce, salata o anche piovana... a detta dell' inventore questo motore riuscirebbe a fare ben 80km con un solo litro alla velocità di 80km/h, un invenzione veramente incredibile, potete sapere ulteriori informazioni in questo post e guardando il video in alto anche se probabilmente non capirete molto vista la lingua giapponese... In tempi di crisi energetica e di prezzi incredibili per i combustibili fossili, presi giusto in mezzo tra i ruggiti di una vecchia economia e i desideri di rivoluzione tecnologica e ambientale, in quanti non hanno sognato di vivere in un mondo senza inquinamento e ad energia illimitata? Pensate se le auto potessero viaggiare ad acqua anzichè a benzina! E se fosse possibile? La società giapponese Genepax ha depositato la domanda di brevetto per un motore elettrico alimentato ad acqua. E quando dico "acqua" intendo dolce, salata o piovana. Se questi signori non replicheranno il tragitto della Steorn e una innovazione simile diventerà realtà potremmo finalmente rispolverare il caro vecchio termine "rivoluzione". Kiyoshi Hirasawa, CEO dell'azienda ,ha dichiarato che il motore, con un solo litro di acqua, sarebbe in grado di far viaggiare un'auto per circa un'ora a 80 km orari. 'Non c'è bisogno di costruire un'infrastruttura per ricaricare le batterie, come avviene di solito per la maggior parte delle auto elettriche', ha aggiunto Hirasawa. Il motore funziona grazie a un generatore che 'scompone l'acqua e la utilizza per creare energia elettrica'. Mi permettete un pò di scetticismo, una volta tanto? Hirasawa ha ammesso che l'applicazione pratica non è nel futuro immediato e spera che il brevetto sia di interesse delle grandi case automobilistiche giapponesi. Serve ancora una fase di sviluppo e bisogna sperare che almeno uno dei grandi produttori creda in questa prospettiva. Anche perché al momento i progetti fanno in direzione opposta: motori a cellule di idrogeno che producono acqua nel processo, e non che la consumano. |
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