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ECCO COSA ACCADE DENTRO LA TENDOPOLI DELL'AQUILA PAROLA DI ANDREA GATTINONI

Post n°631 pubblicato il 31 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 

 
Lettere dal terremoto: ho visto l'Aquila di Andrea Gattinoni
21/05/2009
Lettera a mia moglie scritta ieri notte

Ho visto l’Aquila. Un silenzio spettrale, una pace irreale, le case distrutte, il gelo fra le rovine. Cani randagi abbandonati al loro destino. Un militare a fare da guardia ciascuno agli accessi alla zona rossa, quella off limits. Camionette, ruspe, case sventrate. Tendopoli. Ho mangiato nell’unico posto aperto, dove vanno tutti, la gente, dai militari alla protezione civile. Bellissimo. Ho mangiato gli arrosticini e la mozzarella e i pomodori e gli affettati. Siamo andati mentre in una tenda duecento persone stavano guardando “Si Può Fare” . Eravamo io, Pietro, Michele, Natasha, Cecilia, AnnaMaria, Franco e la sua donna.

Poi siamo tornati quando il film stava per finire. La gente piangeva. Avevo il microfono e mi hanno chiesto come si fa a non impazzire, cosa ho imparato da Robby e dalla follia di Robby, se non avevo paura di diventare pazzo quando recitavo.

Ho parlato con i ragazzi, tutti trentenni da fitta al cuore. Chi ha perso la fidanzata, chi i genitori, chi il vicino di casa. Francesca stanno malissimo. Sono riusciti ad ottenere solo ieri che quelli della protezione civile non potessero piombargli nelle tende all’improvviso, anche nel cuore della notte, per CONTROLLARE. Gli anziani stanno impazzendo. Hanno vietato internet nelle tendopoli perché dicono che non gli serve. Gli hanno vietato persino di distribuire volantini nei campi, con la scusa che nel testo di quello che avevano scritto c’era la parola ‘cazzeggio’. A venti chilometri dall’Aquila il tom tom è oscurato. La città è completamente militarizzata. Sono schiacciati da tutto, nelle tendopoli ogni giorno dilagano episodi di follia e di violenza inauditi, ieri hanno accoltellato uno. Nel frattempo tutte le zone e i boschi sopra la città sono sempre più gremiti di militari, che controllano ogni albero e ogni roccia in previsione del G8. Ti rendi conto di cosa succederà a questa gente quando quei pezzi di ***** arriveranno coi loro elicotteri e le loro auto blindate? Lì???? Per entrare in ciascuna delle tendopoli bisogna subire una serie di perquisizioni umilianti, un terzo grado sconcertante, manco fossero delinquenti, anche solo per poter salutare un amico o un parente. Non hanno niente, gli serve tutto. (Hanno) rifiutato ogni aiuto internazionale e loro hanno bisogno anche solo di tute, di scarpe da ginnastica. Per far fare la messa a Ratzinger, il governo ha speso duecentomila euro per trasportare una chiesa di legno da Cinecittà a L’Aquila.

Poi c’è il tempo che non passa mai, gli anziani che impazziscono. Le tendopoli sono imbottite di droga. I militari hanno fatto entrare qualunque cosa, eroina, ecstasy, cannabis, tutto. E’ come se avessero voluto isolarli da tutto e da tutti, e preferiscano lasciarli a stordirsi di qualunque cosa, l’importante è che all’esterno non trapeli nulla. Berlusconi si è presentato, GIURO, con il banchetto della Presidenza del Consiglio. Il ragazzo che me l’ha raccontato mi ha detto che sembrava un venditore di pentole. Qua i media dicono che lì va tutto benissimo. Quel ragazzo che mi ha raccontato le cose che ti ho detto, insieme ad altri ragazzi adulti, a qualche anziano, mi ha detto che "quello che il Governo sta facendo sulla loro pelle è un gigantesco banco di prova per vedere come si fa a tenere prigioniera l’intera popolazione di una città, senza che al di fuori possa trapelare niente". Mi ha anche spiegato che la lotta più grande per tutti lì è proprio non impazzire. In tutto questo ci sono i lutti, le case che non ci sono più, il lavoro che non c’è più, tutto perduto.

Prima di mangiare in quel posto abbiamo fatto a piedi più di tre chilometri in cerca di un ristorante, ma erano tutti già chiusi perché i proprietari devono rientrare nelle tendopoli per la sera. C’era un silenzio terrificante, sembrava una città di zombie in un film di zombie. E poi quest’umanità all’improvviso di cuori palpitanti e di persone non dignitose, di più, che ti ringraziano piangendo per essere andato lì. Ci voglio tornare. Con quella luna gigantesca che mi guardava nella notte in fondo alla strada quando siamo partiti e io pensavo a te e a quanto avrei voluto buttarmi al tuo collo per dirti che non ti lascerò mai, mai, mai.

Dentro al ristoro privato (una specie di rosticceria) in cui abbiamo mangiato, mentre ci preparavano la roba e ci facevano lo scontrino e fuori c’erano i tavoli nel vento della sera, un commesso dietro al bancone ha porto un arrosticino a Michele, dicendogli ‘Assaggi, assaggi’. Michele gli ha detto di no, che li stavamo già comprando insieme alle altre cose, ma quello ha insistito finché Michele non l’ha preso, e quello gli ha detto sorridendogli: "Non bisogna perdere le buone abitudini".

Domani scriverò cose su internet a proposito di questo, la gente deve sapere.

Anzi metto in rete questa mia lettera per te.

Andrea Gattinoni, 11 maggio notte.
da

 
 
 

ALITIAMO IL POPOLO INDIANO SIUX E APACHE IL GENOCIDIO CONTINUA FERMIAMOLO

Post n°630 pubblicato il 29 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 

non siamo piu’ cittadini degli U.S.A.”
Russell Means
LeggiQuesta notizia, che ormai circola tra tutti coloro che da anni seguono le vicende dei Popoli Nativi Americani, non può certo passare inosservata. E’ presto per dire quali saranno le conseguenze e l’effettiva forza di quest’azione, ma sicuramente, conoscendo Russell Means, non è stata fatta tanto per fare. Ma di cosa stiamo parlando?
I Sioux, ai quali sono appartenuti i grandi capi Toro Seduto e Cavallo Pazzo, hanno stracciato i trattati firmati dai loro antenati con gli Stati Uniti piu’ di 150 anni fa. “Noi non siamo piu’ cittadini degli Stati Uniti d’America e tutti quelli che vivono nelle regioni dei cinque Stati compresi nel nostro territorio sono liberi di unirsi a noi” ha dichiarato il loro rappresentante Russel Means, in una conferenza stampa a Washington.
I trattati rappresentano “parole senza valore su carta senza valore” e sono stati “violati ripetutamente al fine di rubare la nostra cultura, la nostra terra e i nostri costumi” dicono i responsabili della tribu’. Means ha detto che passaporti e patenti saranno consegnati a tutti gli abitanti del territorio che rinunceranno alla loro nazionalita’ statunitense. Una delegazione di responsabili Lakota ha dichiarato lunedi’ in un messaggio indirizzato al dipartimento di Stato che si ritirano unilateralmente dai trattati firmati col governo federale americano, alcuni sottoscritti piu’ di 150 anni fa. “Abbiamo firmato 33 trattati con gli Stati Uniti che non sono stati rispettati” ha dichiarato da parte sua Phyllis Young, una militante della causa indiana che ha collaborato a organizzare la prima conferenza internazionale sui diritti indigeni nel 1977.
Alcuni capi Lakota si sono recati in delegazione presso le ambasciate di Bolivia, Cile, Sudafrica e Venezuela e intendono intraprendere una missione diplomatica in diversi paesi nel corso dei prossimi mesi, secondo quanto hanno annunciato.
Questo il fatto, nelle parole del comunicato Rai.it. La notizia è stata riportata anche da Ansa.it , the IstantBlog e Corriere della Sera.it
Ringrazio Camilla, Vittorio, Andrew, Lorenzo e Gericho per i messaggi email, i post e le telefonate in merito a questa notizia. Alla conferenza stampa, oltre a Russell Means, erano presenti Phyllis Young, Duane Martin Sr. e Garry Rowland. Means, Rowland e Martin Sr. erano stati tutti presenti a Wounded Knee del 1973. Un cosa, questa, evidentemente non solo simbolica.

Senza dubbio, posso commentare che quest’azione non è estemporanea, sembra davvero essere ben ponderata e quindi è possibile che davvero possa rappresentare un punto di svolta, spero che, davvero,
questa decisione sia di TUTTO il popolo Lakota o della loro grande maggioranza; nonostante i titoloni dei giornali, infatti, che parlano genericamente di Sioux, essi sono composti per la maggior parte dai Dakota, Nakota e Lakota, quindi non solo Lakota e non solo Russell Means. Spero che tanti Lakota possanno supportare tale decisione, sostenerla e darle la forza necessaria affinchè davvero possa diventare imponente. Ma, a parte questo, io personalmente non posso che condividere le sue parole, e anche questa decisione, qualunque siano i successivi sviluppi, appoggio in pieno la necessità di porre fine all’indifferenza, ai soprusi, alle promesse VANE del Governo Usa nei confronti dei Lakota e di tutti i Popoli Nativi Americani. Saremo, per quel che possiamo, e l’invito è ovviamente esteso a tutti voi, in prima linea nel cercare di fornire le informazioni che arriveranno, tenendoci in contatto in questo cammino al fianco dei Lakota.
Approfondimenti: http://www.lakotafreedom.com/ , Argus Leader
Novità::NewsCome volevasi dimostrare, circa l’approssimazione dei giornali, ci giunge una precisazione da Lorenzo dell’ItalyAIM, che vi riporto:
Salve a tutti, volevo scrivere che per quanto riguarda la dichiarazione d’indipendenza Lakota dal governo US, essa è formata dai seguenti 4 membri:
Russell Means,
Duane Martin Sr (Oglala Lakota Strong Heart Society),
Gary Rowland (Big Foot Riders),
Phyllis Young (Women of All Red Nations)
Quest’azione è un’iniziativa propria non in nome e in rappresentanza dell’INTERA Nazione Lakota eventualmente del Colorado AIM, bensì del Lakota Freedom Movement, in segno di protesta e tra gli effetti c’è stato il sincero appoggio del governo Boliviano, con Evo Morales e Gustavo Guzman, come anche di una buona parte degli stessi Lakota che sperano che quest’atto dimostrativo si evolva e abbia degli effettivi risultati.
Quest’iniziativa è accompagnata da un website di recente creazione: http://www.lakotafreedom.com e i suoi eventuali contatti sono (dove possiamo mostrare il nostro supporto):
Naomi Archer -
lakotafree@gmail.com - press@lakotafreedom.com
Si rimane in attesa di ulteriori sviluppi e informazioni più dettagliate. Un saluto. Lorenzo
Azioni: attivati ora!

 

In questa pagina potete trovare alcune delle azioni e petizioni utili da supportare, altre sono comunque citate negli articoli o nei commenti in calce ad essi, ti invitiamo pertanto cortesemente ad una lettura quanto più possibile attenta del Blog per una maggiore completezza delle varie questioni, situazioni e azioni che di volta in volta possono essere segnalate.

  • Aiuta la clinica di Porcupine, Sud Dakota

Aiuta!Scarica il file con tutte le informazioni

  • Supporta la Convenzione ILO 169

Convenzione ILO169 Il tuo aiuto è importante!

Salva la terra degli Apache

Libertà di religione

Bear Butte

Petizioni da firmare in supporto ai Nativi Americani

 
 
 

13 miliardi di euro al cesso

Post n°629 pubblicato il 25 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 

Cari amici della Pace, del Disarmo e del Buonsenso,
dò il benvenuto alle oltre mille persone che negli ultimi sette giorni hanno aderito alla Campagna di Indignazione Nazionale. Ora siamo in 7300!

Martedì 19 maggio è stata presentata a Roma dalle oltre 70 associazioni nazionali che aderiscono alla Rete Italiana per il Disarmo e alla Campagna «Sbilanciamoci!» una nuova iniziativa: «Stop F-35». Si chiedere alle autorità politiche di annullare la partecipazione italiana alla produzione dei cacciabombardieri F-35. É bene sostenere anche questa importante Campagna nazionale. Nel blog trovi l'appello ed altri interessanti e utilissimi materiali informativi.

Rimaniamo a Roma: sabato 23 maggio l'associazione «Mondo Senza Guerre» e «Pressenza - Ufficio Stampa dei Diritti Umani» organizzano la serata-evento «Le verità che vogliamo raccontare», nel corso della quale verrà presentata anche la nostra Campagna di Indignazione. Se puoi, partecipa!

Inoltre nei giorni scorsi sono stati inseriti nel blog due nuovi video: il primo sul seminario «Spese militari», a cura di Manlio Dinucci (saggista e giornalista); il secondo con il vignettista Vauro.

Ora tieniti forte: sono stati individuati dalla nostra iniziativa di indignazione 113 senatori che non scaricano la propria casella di posta elettronica. La "chiusura" del canale di comunicazione con i cittadini è stata oggetto di una segnalazione alle autorità. Non ti anticipo altro: vai a leggere!

Appena possibile tornerò a contattare coloro che nelle scorse settimane hanno dato la propria disponibilità a dedicare un'ora di tempo-computer alla Campagna. C'è spazio per tutti: comunica la tua disponibilità a campagnaindignazionenazionale@gmail.com

E rinnovo a te e a tutti l'invito a segnalare il blog e la raccolta delle firme ad almeno un/a amico/a o collega che non la conosce. E ricorda: il 2 giugno avrà luogo a Novara la manifestazione nazionale «No F-35»: se puoi... non mancare!


Buon cammino! Restiamo in contatto e... passaparola!

Amedeo Tosi
http://indignazionenazionale.splinder.com
http://www.grillonews.it


P.S. Il mittente di questa email è Firmiamo.it perché CAMPAGNA DI INDIGNAZIONE NAZIONALE sta utilizzando tale servizio gratuito per la raccolta delle adesioni. Servizio che comprende anche l'invio di questa newsletter settimanale a tutti i sottoscrittori della petizione.

 
 
 

Ecco la lettera inviata da Mills al suo commercialista!

Post n°628 pubblicato il 20 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 

 

Ecco la lettera inviata da Mills al suo commercialista!

Caro Bob,
Ecco un riassunto dei fatti rilevanti.
Nel 1996 mi sono ritrovato con un dividendo di circa 1.500.000 sterline, originato dalle società di Mr B, al netto di spese e imposte.
Si trattava di un’iniziativa a puro titolo personale: mi sono assunto la responsabilità del rischio e ho tenuto fuori i miei soci.
Saggiamente o meno, ho informato i miei soci di ciò che ho fatto e, dal momento che per loro si è trattato di un sostanziale guadagno inatteso, mi sono offerto di pagare a ciascuno di loro, gesto che credevo essere [sic] abbastanza generoso, una cifra di circa 50.000£ o 100.000£ (credo).
Il che dimostra quanto ci si possa sbagliare, poiché insistettero affinché la transazione venisse registrata come un profitto societario. Per evitare cause legali (ci eravamo appena fusi con la Withers) ho accettato di depositare il danaro presso la mia banca fino a quando non si sarebbe stati sicuri che non venisse reclamato da terzi.
Nel 2000 era chiaro che nessuno avrebbe reclamato quel danaro (lo sapevo fin dall’inizio) e così è stato prelevato dal mio deposito e corrisposto; ho trattenuto solo 500.000£ di ciò che a quel punto si avvicinava a 2.000.000£.
Quindi tutti quei rischi e costi non mi sono valsi molto. Il costo più grande è stato lasciare la Withers. Non mi hanno chiesto di andarmene, ma mi sono sentito così a disagio, perché i miei soci della Macenzie Mills si erano presi la maggior parte dei benefici senza correre alcun rischio, che davvero non me la sono sentita di restare.
Ho trascorso gli anni 1998, 1999 e 2000 lavorando in proprio come avvocato, ed era evidente che i processi sarebbero andati avanti, che ci sarebbero stati avvocati da pagare e che avrei corso il rischio di essere accusato di qualcosa - il che si sta ora per verificare a seguito dell’ultima indagine, della quale tu sei al corrente.
Mi sono mantenuto in stretto contatto con le persone di B, che conoscevano la mia situazione.
Conoscevano, in particolare, come i miei soci si presero la maggior parte del dividendo; sapevano anche che il modo in cui io ho saputo rendere la mia testimonianza (non ho detto bugie, ma ho superato dei passaggi davvero complessi, per essere delicati) aveva tenuto Mr. B al riparo da un enorme quantità di guai nei quali l’avrei cacciato se avessi detto tutto ciò che sapevo.
Attorno alla fine del 1999, mi hanno detto che avrei ricevuto del danaro, che avrei potuto considerare come un prestito a lungo termine o come un regalo. 600.000$ sono stati depositati in un hedge found e mi è stato detto che sarebbero rimasti a mia disposizione in caso di necessità.
(Sono stati messi in un fondo perché avevo discusso di questo fondo con la persona connessa alle organizzazioni di B in molte occasioni ed era un modo indiretto di rendere i soldi disponibili.)
Per ovvie ragioni (a questo punto ero ancora un testimone d’accusa, ma la mia deposizione era già stata resa) era necessario agire con discrezione. E questo era un modo indiretto.
Alla fine del 2000 volevo investire in un altro fondo, e la mia banca mi ha fatto un prestito, avente la mia casa come garanzia etc, dell’ammontare di circa 650.000 euro. L’ho estinto liquidando i 600.000$. Allego una copia del conto in dollari.
Ho considerato il pagamento come un regalo. Cos’altro poteva essere? Non ero un loro dipendente, non agivo in loro nome, non facevo nulla per loro, avevo già reso la mia testimonianza, ma di sicuro c’era il rischio di futuri costi legali (come c’erano stati) e una buona dose d’ansia (che poi c’è stata certamente).
Così è continuato per più di otto anni fino a oggi. Il mio contratto era a conoscenza di quanto la mia capacità di generare reddito fosse stata danneggiata, e nel 1998 e nel 1999 ero stato in grado di inviare ad alcune compagnie delle parcelle dal mio studio, che sono state pagate e hanno incrementato il mio reddito. Ma questa era un’altra cosa.
Poiché ero abbastanza sicuro che la mia posizione in relazione alla CGT (tassa sul capital gain, n.d.t.) fosse complessivamente negativa, non ho dichiarato nulla in merito a queste transizioni. Se le si guardano attentamente (per esempio, da dove vengono i soldi per comprare le azioni Centurion?), sono ovviamente preoccupato sul da farsi e su come questa faccenda debba essere gestita al meglio.
Ti allego i documenti rilevanti.
Cordialmente, David Mills

Testo originale su The Guardian.
http://www.guardian.co.uk/uk/2006/mar/02/politics.italy
 
 
 

berluska scoperto con le mai nel sacco

Post n°627 pubblicato il 20 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 

In quel processo la realtà degli ultimi 15 anni

di Marco Travaglio

 

«Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno». Lo dice Gesù all’apostolo Tommaso, che ha dovuto infilare la mano nella piaga del costato per credere nella resurrezione. Il processo Berlusconi-Mills (noto a tutti, grazie a un’informazione serva, solo come il «processo Mills»: si diceva il corrotto, ma non il corruttore) non ha nulla di spirituale né di trascendente.

È una sporca storia di corruzione, il paradigma del modus operandi di Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio della Repubblica Italiana. Un grande corruttore che ha sempre comprato tutto e tutti, avendo sempre avuto la fortuna di incontrare gente comprabile. Il suo gruppo comprava la Guardia di Finanza perché chiudesse gli occhi sui libri contabili taroccati. Comprava politici, da Craxi in giù, in cambio di leggi à la carte. Comprava giudici, da Vittorio Metta in giù, per vincere cause civili perdute in partenza, come quella che scippò la Mondadori a De Benedetti per regalarla al Cavaliere.

Pagava persino la mafia, per motivi facilmente immaginabili. Per sapere tutto questo non era necessario attendere la sentenza di ieri: bastavano tutte le altre, emesse negli ultimi 15 anni nella beata indifferenza della quasi totalità della stampa e della totalità della televisione, per non parlare della cosiddetta opposizione. Ora il Tribunale di Milano ci informa che il Cavaliere comprò con 600 mila dollari anche un falso testimone, il suo ex consulente inglese David Mackenzie Mills (che gli aveva costruito un sistema di 64 società offshore), per garantirsi «l’impunità e i profitti» nei processi GdF e All Iberian.

Il tutto nel 1998-99, quando era già travestito da politico, aveva già guidato un governo e si accingeva a guidarne altri due. Ma anche questo si sapeva da anni. O meglio: lo sapeva chiunque volesse o potesse conoscere le carte del processo. La sentenza doveva semplicemente sanzionare una condotta già assodata. Perché uno dei due protagonisti, David Mills, aveva confessato tutto al suo commercialista Bob Drennan, in una lettera che pensava sarebbe rimasta top secret: «La mia testimonianza (non ho mentito ma ho superato curve pericolose, per dirla in modo delicato) aveva tenuto Mr B. fuori da un mare di guai nei quali l’avrei gettato se solo avessi detto tutto quello che sapevo. Nel 1999 mi fu detto che avrei ricevuto dei soldi. 600mila dollari furono messi in un hedge fund. A mia disposizione».

Purtroppo per lui (e per «Mr B.»), Drennan lo denunciò al fisco inglese, così la lettera finì sul tavolo dei pm milanesi. Interrogato, Mills confessò che era tutto vero, salvo poi ritrattare con una tragicomica retromarcia. La sentenza di ieri conferma un fatto notorio: il nostro premier è, per l’ennesima volta, un corruttore, per giunta impunito per legge. Ha comprato un testimone in cambio di una falsa testimonianza. Un reato commesso per occultarne altri, a loro volta commessi per nasconderne altri ancora. Ora che è di nuovo al governo, per garantirsi l’impunità non ha più bisogno di corrompere nessuno: gli basta violare la Costituzione con leggi come la Alfano, approvata e promulgata nell’indifferenza di chi avrebbe dovuto contrastarla e respingerla. La stessa indifferenza, salvo rare eccezioni, ha accolto un verdetto che in qualunque altro paese avrebbe portato su due piedi all’impeachment. Lo stesso silenzio di Mills. Che però, almeno, si faceva pagare bene.

http://www.unita.it/news/84917/in_quel_processo_la_realt_degli_ultimi_anni

 

Le motivazioni della sentenza

L'avvocato David Mills ha agito per conto di Berlusconi e della Finivest. È questa la motivazione con cui i giudici hanno condannato il legale inglese per corruzione in atti giudiziari. I giudici della decima sezione penale del Tribunale di Milano, presieduti da Nicoletta Gandus (ricusata senza esito dal premier) nello spiegare «il movente sotteso alle condotte di Mills», scrivono: «Egli ha certamente agito da falso testimone, da un lato, per consentire a Silvio Berlusconi e al gruppo Fininvest l'impunità dalle accuse o, almeno, il mantenimento degli ingenti profitti realizzati attraverso il compimento delle operazioni societarie e finanziarie illecite compiute fino a quella data; dall'altro, ha contemporaneamente perseguito il proprio ingente vantaggio economico».

Nel determinare la pena inflitta a Mills i giudici rilevano «l'oggettiva gravità della condotta, di assoluta rilevanza nei procedimenti in cui è stata posta in essere, anche in ragione della qualità e del numero dei reati ivi giudicati; va poi considerato il ruolo istituzionale di alcuni dei soggetti imputati nei procedimenti penali in cui David Mills rendeva falsa testimonianza».

La condanna per Mills è stata di quattro anni e sei mesi, solo due mesi in meno di quanto era stato richiesto dal pubblico ministero Fabio De Pasquale. Il punto fermo è dunque che Mills è stato corrotto. Il presunto corruttore, Silvio Berlusconi, invece, per ora non rischia niente: il processo nei suoi confronti è sospeso, in attesa che la Consulta decida sulla legittimità costituzionale del Lodo Alfano.

Dal canto suo, Mills si era difeso con un memoriale in cui affermava che Berlusconi era stato vittima dei suoi errori e chiedeva scusa al premier. Per i consulenti della difesa è dimostrato che i 600mila dollari facevano parte di una somma più ingente che Mills aveva ricevuto dall'imprenditore Diego Attanasio perché la gestisse.

«Riferirò in Parlamento». È stata questa la risposta di Silvio Berlusconi, a margine dell'inaugurazione del Policlinico di San Donato, alla richiesta di un commento sulle motivazioni della sentenza di condanna dell'avvocato inglese David Mills nel processo che vede coinvolto anche il premier.

Più tardi, durante una conferenza stampa a L'Aquila, duro attacco del premier Berlusconi al giornalista di Repubblica Gianluca Luzi («da voi solo odio e invidia») e alla cronista de l'Unità Claudia Fusani. La giornalista chiede al primo ministro: «A questo punto non sarebbe meglio farsi processare?». Berlusconi alza moltissimo la voce, quasi urla: «Su questa cosa mi infurio. Lo posso giurare sui miei figli. Non perdo tempo a risponderle. Me ne vado o senno se ne va lei. Questa cosa mi fa infuriare, è come se mi dicessero che non mi chiamo Silvio Berlusconi. Avevamo ricusato questo giudice - prosegue il premier - che in tutte le situazioni è andato in piazza per criticare l'operato del governo. È una cosa scandalosa, vedrete cosa dirò in Parlamento...». E, così dicendo, il premier lascia effettivamente la conferenza stampa.

20 maggio 2009
ecco la lettera inviata da Mills al suo commercialista!

Caro Bob,
Ecco un riassunto dei fatti rilevanti.
Nel 1996 mi sono ritrovato con un dividendo di circa 1.500.000 sterline, originato dalle società di Mr B, al netto di spese e imposte.
Si trattava di un’iniziativa a puro titolo personale: mi sono assunto la responsabilità del rischio e ho tenuto fuori i miei soci.
Saggiamente o meno, ho informato i miei soci di ciò che ho fatto e, dal momento che per loro si è trattato di un sostanziale guadagno inatteso, mi sono offerto di pagare a ciascuno di loro, gesto che credevo essere [sic] abbastanza generoso, una cifra di circa 50.000£ o 100.000£ (credo).
Il che dimostra quanto ci si possa sbagliare, poiché insistettero affinché la transazione venisse registrata come un profitto societario. Per evitare cause legali (ci eravamo appena fusi con la Withers) ho accettato di depositare il danaro presso la mia banca fino a quando non si sarebbe stati sicuri che non venisse reclamato da terzi.
Nel 2000 era chiaro che nessuno avrebbe reclamato quel danaro (lo sapevo fin dall’inizio) e così è stato prelevato dal mio deposito e corrisposto; ho trattenuto solo 500.000£ di ciò che a quel punto si avvicinava a 2.000.000£.
Quindi tutti quei rischi e costi non mi sono valsi molto. Il costo più grande è stato lasciare la Withers. Non mi hanno chiesto di andarmene, ma mi sono sentito così a disagio, perché i miei soci della Macenzie Mills si erano presi la maggior parte dei benefici senza correre alcun rischio, che davvero non me la sono sentita di restare.
Ho trascorso gli anni 1998, 1999 e 2000 lavorando in proprio come avvocato, ed era evidente che i processi sarebbero andati avanti, che ci sarebbero stati avvocati da pagare e che avrei corso il rischio di essere accusato di qualcosa - il che si sta ora per verificare a seguito dell’ultima indagine, della quale tu sei al corrente.
Mi sono mantenuto in stretto contatto con le persone di B, che conoscevano la mia situazione.
Conoscevano, in particolare, come i miei soci si presero la maggior parte del dividendo; sapevano anche che il modo in cui io ho saputo rendere la mia testimonianza (non ho detto bugie, ma ho superato dei passaggi davvero complessi, per essere delicati) aveva tenuto Mr. B al riparo da un enorme quantità di guai nei quali l’avrei cacciato se avessi detto tutto ciò che sapevo.
Attorno alla fine del 1999, mi hanno detto che avrei ricevuto del danaro, che avrei potuto considerare come un prestito a lungo termine o come un regalo. 600.000$ sono stati depositati in un hedge found e mi è stato detto che sarebbero rimasti a mia disposizione in caso di necessità.
(Sono stati messi in un fondo perché avevo discusso di questo fondo con la persona connessa alle organizzazioni di B in molte occasioni ed era un modo indiretto di rendere i soldi disponibili.)
Per ovvie ragioni (a questo punto ero ancora un testimone d’accusa, ma la mia deposizione era già stata resa) era necessario agire con discrezione. E questo era un modo indiretto.
Alla fine del 2000 volevo investire in un altro fondo, e la mia banca mi ha fatto un prestito, avente la mia casa come garanzia etc, dell’ammontare di circa 650.000 euro. L’ho estinto liquidando i 600.000$. Allego una copia del conto in dollari.
Ho considerato il pagamento come un regalo. Cos’altro poteva essere? Non ero un loro dipendente, non agivo in loro nome, non facevo nulla per loro, avevo già reso la mia testimonianza, ma di sicuro c’era il rischio di futuri costi legali (come c’erano stati) e una buona dose d’ansia (che poi c’è stata certamente).
Così è continuato per più di otto anni fino a oggi. Il mio contratto era a conoscenza di quanto la mia capacità di generare reddito fosse stata danneggiata, e nel 1998 e nel 1999 ero stato in grado di inviare ad alcune compagnie delle parcelle dal mio studio, che sono state pagate e hanno incrementato il mio reddito. Ma questa era un’altra cosa.
Poiché ero abbastanza sicuro che la mia posizione in relazione alla CGT (tassa sul capital gain, n.d.t.) fosse complessivamente negativa, non ho dichiarato nulla in merito a queste transizioni. Se le si guardano attentamente (per esempio, da dove vengono i soldi per comprare le azioni Centurion?), sono ovviamente preoccupato sul da farsi e su come questa faccenda debba essere gestita al meglio.
Ti allego i documenti rilevanti.
Cordialmente, David Mills

Testo originale su The Guardian.
http://www.guardian.co.uk/uk/2006/mar/02/politics.italy

 
 
 

Vaticano S.p.A.

Post n°626 pubblicato il 20 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 

Vaticano S.p.A. - L'archivio segreto online i mercanti del tempio sono andati via?


Si apre per la prima volta sul web e nella storia del

Si apre per la prima volta sul web e nella storia del Vaticano l’archivio di un monsignore. Dalle mura leonine filtrano migliaia e migliaia di documenti sugli affari finanziari dell’Istituto opere di religione, la banca della Santa Sede, l’impenetrabile Ior che ogni anno offre i suoi utili alla gestione diretta del Santo Padre. Lettere, relazioni, bilanci, verbali, note contabili, bonifici, missive tra le più alte autorità d’Oltretevere su come il denaro, “sterco del demonio”, sia talvolta gestito in modo spregiudicato da prelati, presuli e cardinali. Ovvero, oltre 4 mila documenti che costituiscono l’archivio di un testimone privilegiato: monsignor Renato Dardozzi, parmense nato nel 1922, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e, soprattutto, per vent’anni uno dei pochi, pochissimi consiglieri dei cardinali che si sono succeduti alla Segreteria di Stato, da Agostino Casaroli ad Angelo Sodano. Dardozzi ha voluto che dopo la morte, avvenuta nel 2003, il suo sterminato archivio diventasse pubblico. Così dopo anni di ricerche, è ora in libreria il libro-inchiesta (Vaticano Spa, Chiarelettere, 15 euro) che rilegge dalle carte del Vaticano alcuni passaggi cruciali di quegli anni: le tangenti della Prima Repubblica, i soldi a Bernardo Provenzano e Totò Riina, somme passate dai caveau dello Ior inquietando non solo la Segreteria di Stato, ma anche Giovanni Paolo II, e determinando intrighi e congiure tra stucchi, velluti e soprattutto nei silenzi dei palazzi apostolici.

Dall’Ambrosiano a Enimont, quindi, dai ricatti alle truffe, dalle tangenti alle minacce: per ogni questione Dardozzi raccoglieva documentazione e appunti, li custodiva in apposite cartelline gialle classificate nell’archivio. Si è così costituita un’incredibile memoria storica che ora svela come un ufficio “affari riservati” all’interno del Vaticano, un’unità di crisi, abbia operato per raddrizzare o mettere a tacere le vicende finanziarie più imbarazzanti e tormentate negli anni di Wojtyla, appena sopite le trame dell’arcivescovo Paul Casimir Marcinkus e dell’Ambrosiano di Roberto Calvi.

Dall’archivio Dardozzi emerge che un fiume di denaro, tra contanti e titoli di stato, veniva veicolato in una specie di Ior parallelo, una ragnatela off shore di depositi paravento intestati a fondazioni benefiche inesistenti e dai nomi assai cinici (“fondazione per i bambini poveri”, “Lotta alla leucemia”), una ragnatela costruita in segreto per anni da monsignor Donato De Bonis, ex segretario e successore di Marcinkus, nominato da Casaroli prelato dello Ior. Il sistema viene avviato nel 1987 per assicurare un discreto passaggio del testimone da un Marcinkus, ormai sulla via del tramonto, a chi, proprio come De Bonis, doveva mutuare le esperienze passate con le esigenze più riservate della clientela degli anni ’90. E così lo Ior occulto ha continuato a prosperare per anni sfuggendo anche all’attuale presidente dello Ior, Angelo Caloia, espressione della finanza bianca del nord.

Sono 17 i conti principali sui quali De Bonis “opera sia per formale delega – si legge nel report inviato da Caloia a Wojtyla nell’agosto del 1992 quando la banca parallela inizia ad emergere – sia per prassi inveterata”. Tra l’89 e il ’93 vengono compiute operazioni su questi depositi per oltre 310 miliardi, circa 275,2 milioni di euro di oggi. Ma sono i  movimenti in contanti a sorprendere: secondo una stima prudenziale, superano i 110 miliardi (97,6 milioni di euro di oggi). Bisogna poi aggiungere l’intensissima compravendita di titoli di Stato: in appena un biennio su questi conti riservati transitano tra i 135 e i 200 miliardi di cct. Dai documenti emerge che su uno di questi conti aveva la firma l’ex presidente Giulio Andreotti. Il deposito era intestato alla “Fondazione cardinale Francis Spellman”.
Ecco i primi documenti.
Gianluigi Nuzzi

http://blog.chiarelettere.it/?r=163367

lI trailer del libro

Milano, 20 mag.- (Adnkronos) - ''Vaticano Spa'', il libro-inchiesta di Gianluigi Nuzzi, inviato di 'Panorama', che ricostruisce le finanze della Santa Sede grazie all'archivio segreto di monsignor Renato Dardozzi, consulente della Segreteria di Stato negli anni '90, e' gia' in ristampa. Dopo l'esaurito registrato in diverse librerie, come a Milano e, soprattutto, Roma, Chiarelettere ha infatti deciso di fare una seconda edizione ad appena cinque giorni dall'uscita ufficiale del saggio.


Spericolate operazioni finanziarie mascherate da opere di carità e fondazioni di beneficenza. La storia raccontata in questo libro parte da un archivio custodito in Svizzera e da oggi accessibile a tutti. Circa quattromila documenti riservati della Santa Sede. Lettere, relazioni, bilanci, verbali, bonifici. Tutto grazie all'archivio di monsignor Renato Dardozzi (1922-2003), tra le figure più importanti nella gestione dello Ior fino alla fine degli anni Novanta. Sembrava una storia conclusa con gli scandali degli anni Ottanta: Marcinkus, Sindona e Calvi. Invece tutto ritorna. Dopo la fuoriuscita di Marcinkus dalla Banca del Papa, parte un nuovo e sofisticatissimo sistema di conti cifrati nei quali transitano centinaia di miliardi di lire. L'artefice è monsignor Donato de Bonis. Conti intestati a banchieri, imprenditori, immobiliaristi, politici tuttora di primo piano, compreso Omissis, nome in codice che sta per Giulio Andreotti. Titoli di Stato scambiati per riciclare denaro sporco. I soldi di Tangentopoli (la maxitangente Enimont) sono passati dalla Banca vaticana, ma anche il denaro lasciato dai fedeli per le messe è stato trasferito in conti personali. Lo Ior ha funzionato come una banca nella banca. Una vera e propria "lavanderia" nel centro di Roma, utilizzata anche dalla mafia e per spregiudicate avventure politiche. Un paradiso fiscale che non risponde ad alcuna legislazione diversa da quella dello Stato Vaticano. Tutto in nome di dio.

 

Seguite la rubrica e avrete accesso a tutti gli altri documenti segreti che man mano pubblicheremo.

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Documenti inediti

Chi è monsignor Renato Dardozzi (curriculum, foto e necrologio)

Apertura conto Fondazione Cardinale Francis Spellman

Cartellino Conto Fondazione Spellman con la seconda firma autorizzata cancellata

Cartellino telematico Conto Fondazione Spellman con le due firme autorizzate: De Bonis e Andreotti

Volontà testamentarie di Monsignor Donato De Bonis che hanno come unico beneficiario del conto Spellman Giulio Andreotti

Saldi Conto Fondazione Spellman dal 1987 al 1993

Cardinali & monsignori tra i beneficiari in tutto il mondo del Conto Fondazione Spellman

Tra i beneficiari, anche l’avvocato Ascari, difensore storico di Giulio Andreotti

Preventivi e bonifici per le spese del convegno “Centro di studi ciceroniani” tenuto a New York, addebitate sul Conto Spellman con riferimento “Andreotti”

 
 
 

L’Italia e gli immigrati, basta guardare ad altri Paesi

Post n°625 pubblicato il 18 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 

L’Italia e gli immigrati, basta guardare ad altri Paesi

Quando si parla di leggi sull’immigrazione, in Italia è abbastanza facile scadere nell’isterismo: da una parte, con le grida all’invasione dei barbari; come dall’altra, col richiamo continuo allo spettro delle leggi razziali. Sul fondo, c’è il problema di un Paese che essendo stato per molto tempo di emigrazione e non di immigrazione, aveva leggi sulla cittadinanza e la residenza che erano fatte per facilitare i rientri dei nostri connazionali e il flusso delle loro rimesse; non per affrontare il problema dei nuovi residenti e dei nuovi cittadini. Può essere dunque interessante confrontare certi dati del Ddl sulla sicurezza con certe normative che sono in vigore all’estero.

Uno degli aspetti più contestati, in particolare, è stato l’introduzione del reato di clandestinità: lo straniero che entra in Italia illegalmente commette un reato. Anche se si tratta di un reato sui generis, visto che non comporta la reclusione ma la semplice ammenda tra le 5.000 e le 10.000 euro e l’espulsione. E questo è in gran parte il modello pratico degli Stati Uniti, anche se non proprio quello teorico. La improper entry by alien, spega il codice, è l’offence che si verifica ogni volta che un cittadino di un Paese diverso dagli Usa entra o cerca di entrare “in ogni tempo o luogo diverso da quello designato dai funzionari preposti all’immigrazione” o “elude gli esami o ispezione dei funzionari preposti all’immigrazione” o “tenta di entrare o ottenere l’entrata negli Stati Uniti attraverso una rappresentazione consapevolmente falsa o fuorviante o l’occultamento consapevole di un fatto materiale”. Questa violazione della “legge civile e penale” può essere punita con multe o col carcere fino a sei mesi, e fino a due anni in caso di comportamenti reiterati.

C’è pure un reato di reingresso illegale a parte, che punisce chi è sorpreso a tentare di entrare negli Usa dopo avervi commesso reati. E i magistrati preposti all’immigrazione possono aggiungere multe ulteriore che hanno carattere di sanzioni di diritto civile, ma non “cancellano” la natura penale dell’atto. Le proporzioni di stranieri “pizzicate” nell’atto di compiere questa offence sono molto alte: 955.310 nel 2002; 1.159.803 nel 2006. Eppure, meno del 4 per cento di questo milione e passa di persone finisce effettivamente sotto processo. A parte il rischio sovraffollamento delle carceri, c’è il particolare che ogni detenuto costerebbe comunque al governo federale 90 dollari al giorno. Dunque, alla gran massa degli arrestati si fa sapere che l’accusa verrà fatta cadere se firmano un modulo in cui acconsentono a essere volontariamente rimpatriati. E il 96% accetta. Insomma, la clandestinità come reato è semplicemente uno strumento di pressione per rendere i rimpatri più spediti.

Pure nel Regno Unito in base alla legge del 1971 l’ingresso clandestino è un reato. Tuttavia di fatto l’immigrante illegale è colpito solo dalla deportation, cioè l’espulsione: sanzione amministrativa, verso la quale è però possibile formulare ricorso in tribunale, cercando in particolare di dimostrare di avere diritto all’asilo. Più duro è il trattamento che riceve chi al clandestino offre lavoro, con la multa o la reclusione fino a due anni.

Ma è comunque la disciplina britannica nel suo complesso è più soft rispetto al trattamento del clandestino in Francia: altro Paese dove soggiornare irregolarmente sul territorio nazionale costituisce un reato. Punibile fino a un anno di prigione, 3750 Euro di multa e 3 anni di interdizione dal territorio. Il 6 per cento dei detenuti nelle carceri francesi è costituito infatti da stranieri condannati per il reato di immigrazione clandestina, contro il 23 per cento di stranieri condannati per altri reati e il 71 per cento di francesi. Per avere la proporzione: gli stranieri rappresentano il 6,5 per cento dei residenti.

Paradossalmente la Germania, che pure contempla il reato di immigrazione clandestina, è meno “prussiana”: lì è reato sia l’entrata che il soggiorno clandestino, senza visto o passaporto valido. Ma la pena non oltrepassa un anno di reclusione, con possibilità di espulsione solo nei casi più gravi. Va tenuto conto però che la Germania ha una normativa sull’acquisto della cittadinanza molto più fiscale di quelle americana, britannica e francese.

Né la Spagna né la Svizzera hanno invece il reato di immigrazione clandestina. In Spagna il tentativo di entrare illegalmente costituisce infrazione amministrativa, punibile con un’ammenda o con l’espulsione dal territorio nazionale. Questa avviene comunque su voli commerciali o charter in modo abbastanza muscolare: camice di forza; bavagli; perfino caschi per impedire tentativi di suicidio a testate (come in effetti è successo). In caso di espulsione, c’è anche il divieto a rientrare in Spagna per un periodo compreso tra i tre e i dieci anni.

In Svizzera, come spiega la legge, “lo straniero sprovvisto di permesso può essere obbligato in ogni tempo e senza procedura speciale a lasciare la Svizzera o, dato il caso, essere sfrattato”. “Le autorità di polizia e gli organi di controllo al confine respingeranno, possibilmente al loro arrivo, gli stranieri che, per ragioni personali, non hanno evidentemente probabilità di ottenere un permesso qualsiasi”. Non c’è dunque una definizione formale di reato. In compenso, mentre nei sistemi federali statunitense e tedesco l’immigrazione è rigorosa riserva di legge federale, in quello svizzero c’è un diritto di espulsione che i singoli cantoni possono comminare anche per soggetti che si comportino in maniera “immorale”.

Un altro punto contestato è quello delle ronde, che è effettivamente ambiguo. Da una parte, infatti, l’esperienza della Guardia Nazionale o della Guardia Civica in cui i cittadini danno una mano a mantenere l’ordine fu tra la Rivoluzione Americana, quella Francese e quelle del 1848 una tipica bandiera dei movimenti liberali e democratici, che in Europa è stato poi dimenticato. Anche in Italia, la Guardia Nazionale istituita nel 1861 fu poi sciolta nel 1876.

Ma negli Usa il modello della National Guard sopravvive invece con successo. Dalla Milizia fascista alle Guardie Rosse, ai Pasdaran, ai Comitati per la Difesa della Rivoluzione Cubana, ai Battaglioni della Dignità di Noriega o alle milizie bolivariane di Chávez, però, i modelli del XX secolo sono stati più legati a minacce totalitarie e autoritarie, e francamente a giudizio di chi scrive le Camice Verdi leghiste sembrano più pencolare verso quel modello; anche se finora al di là delle sparate sono state più che altro innocuo folklore.

È però vero che modelli di Guardia Nazionale o Civica a livello regionale si trovano anche in Italia. Un caso è quello degli Schützen altoatesini: che corrispondono a un modello presente anche in Baviera e in Austria; che risalgono addirittura al XVI secolo; ma che oggi hanno una funzione soprattutto folklorica e culturale, dal momento che i loro fucili sono pure caricati a salve. Un altro è quello delle Compagnie Barracellari: che risalgono a loro volta al XVI secolo; che sono state di recente riconosciute in Sardegna con legge regionale del 1988; e che hanno invece una vera e propria funzione di ordine pubblico, essendo anche armate di fucili veri.

In realtà, è abbastanza evidente che il modello di chi ha proposto le Ronde non sono stati né i vari tipi di Guardia Nazionale, né gli Schützen e né i Barracellari, ma i Vigilantes Usa. Negli Stati Uniti, però, il diritto a portare armi è sancito dalla Costituzione. Non commettono dunque reato i “volontari” che pattugliano armati lungo il confine messicano, così come non lo commettevano le Pantere Nere che negli anni ’60 sfilavano armate nei ghetti per protesta contro il “Potere Bianco”.

Contrariamente a quanto normalmente si pensa, però, la legge italiana non esclude affatto quell’istituto del Citizen’s Arrest tipico della Common Law, e che consente a chiunque di arrestare chi sta commettendo un reato, a patto di consegnarlo poi subito alla Giustizia. Anzi, la Corte Costituzionale ha chiarito espressamente che non c’è contraddizione tra quell’articolo 383 del Codice di Procedura Penale secondo cui “ogni persona è autorizzata a procedere all’arresto in flagranza” e quell’articolo 13 della Costituzione che autorizza la sola “autorità di pubblica sicurezza” ad adottare misure restrittive della libertà personale. Il privato, ha stabilito la Corte, quando agisce in presenza dei presupposti previsti dalla norma che gli consente l’arresto in flagranza acquisisce infatti anch’esso la veste di organo di polizia: sia pure in via straordinaria e temporanea.

Dunque, in sé non è particolarmente eversivo il principio per segnalare alle forze di polizia o locali eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana o situazioni di disagio sociale i sindaci previa intesa con il prefetto possono avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini non armati, iscritte in un apposito elenco e con priorità per ex-militari e ex-poliziotti. Semmai il rischio è che sia inutile. Magari anche controproducente, se va a finire che invece di essere aiutate dalle ronde le forze dell’ordine si trovino a doverle scortare per proteggerle. Ma questa è un’altra storia.

C’è poi il discorso del contributo di soggiorno per immigrati, e anche per accedere alla cittadinanza. Che in Italia non c’era. Ma negli Stati Uniti c’è addirittura una tassa di ingresso, che è richiesta a qualunque straniero entri in territorio Usa, a meno che non sia stato lo stesso governo Usa a invitarlo: come nel caso di diplomatici, o militari Nato, e studenti vincitori di Borse di Studio. Anche i turisti la pagano, ma in somma minima: 6 dollari, in genere inclusi nel biglietto aereo, per tutti coloro che entrano senza visto, sfruttando una possibilità concessa ai cittadini di una lista di Paesi, tra cui l’Italia, e che restino in territorio americano per non più di 90 giorni. Altrimenti, si passa a 131 dollari, che crescono a 355 per chi voglia emigrare in via definitiva, con però tutta una serie di ulteriori tariffe per casi particolari: la richiesta di adjustment of status, che permette di convertire uno status precedente, costa da sola 1010 dollari. La spesa si giustifica per il fatto che il possesso di una Green Card, il tesserino di residente permanente negli Usa, permette poi di accedere a tutti i benefici del sistema assistenziale Usa, in particolare dal punto di vista sanitario.

Come ricorda poi il famoso film del 1990 con Gérard Depardieu e Andie MacDowell, se un cittadino straniero chiede la Green Card attraverso matrimonio con un cittadino statunitense e il funzionario che esamina la domanda sospetta si tratti di un matrimonio per finta, entra in campo una vera e propria Fraud Unit che sottopone i richiedenti a indagine: ad esempio, con interrogatori separati in cui confronta l’effettiva conoscenza di gusti gastronomici o particolari anatomici del partner, o chiede le circostanze del primo incontro. Dunque, normative più pesanti del semplice obbligo di restare due anni in Italia per lo straniero coniugato a italiano prima di poter chiedere la cittadinanza.

Anche qui, però, la disposizione per cui uno straniero può contrarre matrimonio con un italiano solo se presenta all’ufficiale di stato civile oltre al nulla osta del Paese di provenienza anche il permesso di soggiorno se non è zuppa è pan bagnato. Il permesso di soggiorno, infatti, deve comunque venire concesso per forza in caso di matrimonio. Vedremo, quando sorgerà il problema, che succederà con chi chiede di sposarsi con straniero che abbia un regolare permesso di soggiorno temporaneo a fini turistici: perché anche quello è un permesso di soggiorno. Ma ci sembra evidente che il Ddl non possa impedire di sposarsi all’estero. Vedremo…

Un dato sorprendente, invece, è che non sia stato previsto un esame di cittadinanza. Qui l’esempio più famoso è quella legge Usa che permette di chiedere la naturalizzazione a chi ha è legalmente residente da 5 anni meno 90 giorni, tre anni meno 90 giorni se sposato a un cittadino statunitense. Bisogna però poi passare un test con 10 domande scelta da una lista di 96, rispondendo correttamente almeno a 10. Non domande troppo complicate, in realtà: chi è stato il primo presidente, chi ha detto la frase “Datemi la Libertà o la Morte”, quanti sono i membri della Camera dei Rappresentanti, chi elegge il Presidente…

Una prova che permette però di verificare la conoscenza non solo dell’inglese, ma anche della storia, istituzioni e costumi del Paese. Almeno al livello che i cittadini di nascita acquisiscono con la scuola dell’obbligo, e che serve a dare il senso di appartenenza alla comunità nazionale. Sullo stesso esempio, che è anche quello di Canada e Australia, nel 2005 anche il Regno Unito ha introdotto un Life in the United Kingdom test che riguarda non solo gli aspiranti cittadini, ma anche chi vuole ottenere un permesso di soggiorno permanente. In 45 minuti bisogna rispondere a un test di 24 domande, che possono andare dal sistema costituzionale alla vita di tutti i giorni. Ma c’è anche una prova di lingua, che può essere sostenuta in inglese, in gallese o in gaelico. La Danimarca il doppio esame per la cittadinanza, uno di danese e uno sulla storia, la cultura e le istituzioni del Paese, lo ha introdotto nel 2002.

In Austria è stato introdotto invece solo un esame di tedesco, ma non per la cittadinanza, bensì per la residenza. Esentati i cittadini di altri Stati dell’Unione Europea, chi dimostra un profilo professionale manageriale o dirigenziale, chi risiedeva in Austria prima del primo gennaio 1998. Lo stesso esame non comporta in caso di bocciatura un’espulsione, ma un semplice venir meno dei generosi benefici concessi dallo Stato sociale austriaco, e in particolare il sussidio di disoccupazione. Chi non si sente in grado di affrontare l’esame subito ha diritto a un vero e proprio corso, metà finanziato dallo Stato e metà a carico dall’interessato. E solo chi rifiuta sia l’esame che i corsi si vede privare del permesso di residenza.

Diffidenza della Lega verso un modello di “nazionalizzazione” degli immigrati a una cultura che non potrebbe che essere quella tricolore? Sfiducia nel modo italiano di fare gli esami? Semplice dimenticanza? C’è comunque l’Accordo di integrazione: entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge vengono stabiliti con regolamento – su proposta del presidente del Consiglio e del ministro dell’Interno, di concerto con i ministri dell’Istruzione e del Welfare – i criteri e le modalità per la sottoscrizione, da parte dello straniero, contestualmente alla presentazione della domanda di rilascio del premesso di soggiorno, di un accordo di integrazione, articolato per crediti, con l’impegno a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione, da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno.

La firma dell’accordo è condizione necessaria per il rilascio: la perdita totale dei crediti determina la revoca del soggiorno e l’espulsione dello straniero. E per integrazione si intende “quel processo finalizzato a promuovere la convivenza dei cittadini italiani e di quelli stranieri, con il reciproco impegno a partecipare alla vita economica, sociale e culturale della società” nel rispetto dei valori della Costituzione. Qui, il modello è chiaramente quello francese introdotto da Sarkozy quando era ministro dell’Interno.

“Sarà più complicato arrivare in Francia, sarà più difficile rimanerci, sarà più sbrigativo venirne allontanati”, disse Sarkozy. Quella legge introdusse un permesso di soggiorno valido tre anni e rinnovabile per i diplomati, e di quattro per gli studenti stranieri. Per tutti gli altri immigrati sono previsti vari titoli di soggiorno, sempre a durata limitata. Ma ci sono anche misure restrittive per le regolarizzazioni degli immigrati già presenti sul territorio francese, sui matrimoni misti e sui ricongiungimenti familiari, con l’obiettivo è escludere aspettative di sanatoria, stroncare il fenomeno diffuso di matrimoni finti e ridurre situazioni di coabitazione, poligamia e sovraffollamento provocate da ricongiungimenti familiari incontrollati.

Il capitolo che sancisce la svolta culturale della Francia — storicamente terra d’accoglienza e d’asilo — riguarda le condizioni per soggiorni prolungati o per ottenere la residenza: rispetto dei principi della Republique laica, conoscenza della lingua e pratica d’integrazione al vaglio di sindaci e prefetti. L’immigrato deve dar prova di essere un buon cittadino francese. “Chi non ama la Francia se ne può andare”. “La nostra politica vuole essere ferma e umana. Credo che si debbano espellere gli stranieri in situazione irregolare, ma che sia necessario rafforzare i diritti di chi è in situazione legale. Lo straniero dovrà essere protetto da ogni forma di discriminazione e in cambio assumerà impegni verso la società francese”. Sarkozy ha anche proposto il diritto di voto alle amministrative per gli immigrati regolari, ma per far venire la famiglia un immigrato legale deve avere un reddito minimo «indicizzato» sull’entità della famiglia equivalente o 1,2 volte lo Smic, il salario minimo, esclusi gli assegni familiari.

Moglie e figli devono poi passare un esame sul “grado di conoscenza della lingua e dei valori francesi”. Se non parlano abbastanza bene francese, devono seguire corsi obbligatori e a pagamento in patria, “per una durata massima di due mesi”, prima di poter chiedere un visto di lungo soggiorno. Chi ha superato l’esame di francese e sui valori, appunto, deve firmare un “contratto di accoglienza e di integrazione per la famiglia”, che obbliga i genitori a vegliare sulla “buona integrazione dei figli appena arrivati in Francia”. E “in caso di non rispetto manifesto del contratto il prefetto sporgerà denuncia a un giudice dei minorenni” che può decidere di togliere alla famiglia gli assegni familiari.

Ogni anno il governo informa il parlamento francese sul numero delle espulsioni, comunicando anche degli “indicatori di integrazione”. Per chi vuole rientrare nel Paese natale, ci sono soldi in “aiuto al ritorno”. Ma chi accetta di andarsene è schedato in un archivio che conserva impronte digitali e fotografie, per evitare le frodi o un ritorno illegale in Francia.

Fonte: www.loccidentale.it

 
 
 

Chi ha finanziato la guerra di Hitler?

Post n°624 pubblicato il 18 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 
Tag: Hitler

 Chi ha finanziato la guerra di Hitler?
Qualche giorno fa stavo facendo una ricerca sulla seconda guerra mondiale e mi sono imbattuto in questo articolo che secondo me è davvero molto interessante.

E’ scritto da Alessandra Molteni D’Altavilla che ho cercato di contattare per chiedere l’autorizzazione alla pubblicazione del pezzo, ma purtroppo ancora non sono riuscito ad avere una risposta. Ovviamente nel caso ci fossero problemi lo rimuoverò immediatamente.


Sconfitta nella prima guerra mondiale, alla conferenza di pace di Versailles, la Germania veniva ridotta in miseria: inglesi e francesi gli avevano imposto pesanti risarcimenti di guerra oltre a significativi ridimensionamenti territoriali.

I francesi si erano appropriati delle zone minerarie di confine e l’industria tedesca boccheggiava per mancanza di materie prime. La situazione politica interna era altrettanto disperata e l’intero paese scivolava, in breve, nel caos.

Si succedevano i governi, tutti ugualmente deboli e inconcludenti, sicché, quando arrivò la grande depressione del 1929, l’ex grande potenza, si ridusse al rango di paese affamato; la disoccupazione sfiorava il 50% e l’inflazione superava il 1000% l’anno.
Se volessimo fare un paragone storico, potremmo dire che: la situazione tedesca di quegli anni, era addirittura peggiore delle condizioni in cui oggi versa l’Argentina.
La gente andava in giro con le carriole piene di marchi (in rapida svalutazione) per comprare generi di prima necessità.

Oltre il confine, i francesi sghignazzavano sulle disgrazie degli ex-potenti vicini e, subito dopo la nascita della repubblica di Weimar, i giornali inglesi ironizzavano su quel popolo di straccioni che, insieme alla guerra aveva perso anche la dignità.
Tutti, ovunque nel mondo, concordavano che la potenza tedesca era stata, per sempre, sepolta sui campi di battaglia della prima guerra mondiale e, dunque, l’europa doveva farsi carico di nutrire gli “straccioni crucchi”.
Quando Hitler salì al potere, venne “accolto” dallo scherno generale: un caporale illetterato e chiuso di mente.

Non solo; il fuhrer lasciò credere a tutti di essere un dittatore debole: prese difatti il potere appoggiato dalla destra conservatrice di Von Papen che, per un anno e mezzo, si vantò di poterlo eliminare a piacimento.
Quel caporale austriaco, però, era un grande stratega e un finissimo politico: il 30 giugno 1934, in quella che passò alla storia come la notte dei lunghi coltelli, fece uccidere tutti i collaboratori di Von Papen, il quale ebbe salva la vita solo perché era più utile da vivo che da morto (ad Hitler servivano i contatti di Von Papen con gli industriali tedeschi e i finanzieri inglesi e americani).

Da li in poi, le sorti della Germania, “miracolosamente” si capovolsero e, in pochi anni, il terzo Reich diventò una superpotenza economica e militare.
Nel 1939 Hitler disponeva di 106 divisioni (di cui 10 corazzate) per un totale di 2 milioni di uomini, 10.000 aerei modernissimi e una flotta in grado di competere con la Royal Navy inglese.
L’anno dopo, l’industria bellica riuscì ad armare un altro milioni di uomini (per un totale di 3 milioni), a dotare la Luftwaffe di migliaia di nuovi aerei e a costruire centinaia di micidiali U-boats oltre alle modernissime corazzate Graf-Spee e BismarcK.
Quando Hitler invase la Polonia, potè schiacciarla in poche settimane e, quando volse le sue divisioni ad occidente, polverizzò le armate di Francia, Inghilterra, Belgio e Olanda in meno di un mese.

In meno di 5 anni, quel caporale illetterato e chiuso di mente, aveva creato la più micidiale macchina da guerra della storia dell’umanità.
La domanda che, ovviamente, si pone (adesso come allora) è: dove ha preso le risorse finanziarie per rimettere in piedi un paese affamato?
Ancora oggi questa questione è sottaciuta dalla “storia ufficiale” e si sa, ancora, molto poco su quello che è il vero “mistero” del nazismo: chi lo ha finanziato e perché?
Sappiamo per certo che Hitler “suscitava” molte simpatie “autorevoli” in America e in quasi tutto l’occidente: si era ritagliato il ruolo di difensore del capitalismo contro il comunismo e, dunque, trovava molte orecchie disponibili ad ascoltare, sia a Wall street che alla City di Londra.

Joseph Kennedy (il padre del futuro presidente americano) era un suo fervente ammiratore e, nella sua qualità di ambasciatore americano a Londra, non disdegnava di avere colloqui molto riservati con il fuhrer ed i suoi collaboratori.
La famiglia Kennedy si arricchì smisuratamente durante il secondo conflitto mondiale.
George Bush, il bisnonno dell’attuale presidente americano, aveva (anche lui) continue frequentazioni con i nazisti: il magnate americano (già molto ricco) non disdegnava di “finanziare” l’industria tedesca (di cui ammirava l’efficienza).
Esistono prove inconfutabili di contatti tra i dirigenti della General motors (il quinto produttore di armi al mondo) e il regime nazista.
Ma il vero motore dell’irresistibile ascesa militare della Germania fu un’azienda tedesco-americana: la IG-Farben.

Nel 1925, con l’assistenza dei maghi della finanza di Wall street, Hermann Schmitz, organizzò una fusione di 6 grandi aziende chimiche tedesche (Badische Anilin, Bayer, Agfa, Hoechst, Weiler-ter-Meer, and Griesheim-Elektron) in un grande complesso industriale chiamato IG-farben, con attività in Germania e negli Stati uniti e, importanti, soci finanziatori americani.
Tutti i documenti societari della IG Farben furono distrutti nel 1945, per evitare che il mondo sapesse che, l’alta finanza americana, aveva partecipato all’ascesa al potere di Adolf Hitler e al finanziamento del grandioso riarmo tedesco: la IG-Farben, infatti, diventò la vera “forza” del terzo reich e, serve ricordare, che le sue fabbriche tedesche, nonostante fossero importantissime sul piano militare, non vennero mai bombardate; l’intera Germania fu rasa al suolo dall’aviazione anglo-americana, mentre gli stabilimenti di quella sola azienda non furono mai sfiorati.

Quegli stabilimenti erano fondamentali per la produzione di armi tedesche e, da essi uscivano le micidiali armi chimiche dei nazisti; eppure non furono mai bombardati.

Chi erano i direttori americani della IG-Farben?

Edsel B.Ford, della Ford Motor Company;
H.A Met, direttore della Bank of Manhattan;
C.E. Mitchell, direttore della Federal reserve bank of N.Y e della National City Bank;
Walter Teagle, direttore della Standard Oil of New Jersey (poi Exxon) e della Federal reserve bank on N.Y;
Paul M. Warburg; direttore della Federal reserve bank of N.Y e della bank of Manhattan;
W.E Weiss, direttore della Sterling products.
In pratica: l’elite della finanza e dell’industria americana (Ford, Standard Oil, Bank of Manhattan, Federal reserve of N.Y) sedeva nel consiglio di amministrazione dell’azienda che aveva sostenuto Hitler prima e durante la guerra.

Mentre le armi della IG Farben mietevano milioni di vittime (anche americane), il gotha di Wall street spartiva (con la controparte tedesca) profitti e responsabilità gestionali.
A titolo di curiosità faccio notare che: Walter Teagle rappresentava la Standard Oil (poi Exxon) che, in realtà, era di proprietà di Rockfeller.

In definitiva: il gotha della finanza americana e le più grandi aziende di quel paese (Ford, Standard Oil, General motors etc…) partecipavano all’atroce……banchetto di quella spaventosa guerra (50 milioni di morti dal 1939 al 1945).

E, finalmente, il cerchio si chiude: nella prima e nella seconda guerra mondiale, gli ideali di pace e giustizia erano solo l’ipocrita copertura dietro cui si nascondeva il brutale interesse di pochi capitalisti senza scrupoli.

Quasi 100 milioni di esseri umani furono massacrati in quei due spaventosi conflitti, affinchè il loro sangue diventasse denaro contante nelle capienti cassaforti di quei pochi uomini spietati.

 

 
 
 

FREE LIBERIAMO Aung San Suu Kyi firma anche tu

Post n°623 pubblicato il 18 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 
Foto di dammiltuoaiuto

LIBERIAMO AUNG SAN SUU KYI 
 FIRMA LA PETIZIONE
FINO A QUANDO TUTTI I NOSTRI PRIGIONIERI POLITICI NON SARANNO LIBERI, NESSUNO DI NOI PUO’ DIRE CHE LA BIRMANIA E’ VERAMENTE SULLA STRADA DI UN CAMBIAMENTO DEMOCRATICO”     
Daw Aung San Suu Kyi

 
  

Queste sono le parole di Daw Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace (1991), agli arresti domiciliari per 13 degli ultimi 19 anni.

La petizione "Liberiamo tutti i prigionieri politici!" ha l’obiettivo di raccogliere 888,888 firme prima del 24 maggio 2009, data legale nella quale dovrebbe essere liberata Daw Aung San Suu Kyi dagli arresti domiciliari.

La giunta militare deve liberare immediatamente e senza condizioni tutti i prigionieri politici, compresa Daw Aung San Suu Kyi, Myo Aung Thant, Khun Tun Oo and Min Ko Naing.

Il rilascio di tutti i prigionieri politici è il primo passo verso la democrazia. Noi sottoscrittori chiediamo al Segretario Generale ONU Ban Ki-moon di fare di questo la sua priorità per garantire il rilascio di tutti i prigionieri politici da parte dell’ SPDC.

Firma anche tu la petizione

http://www.birmaniademocratica.org/ViewDocument.aspx?catid=241c8068be6b4ddcb86ed0162793314b&docid=673b416a320b4e2587c3f21cddc42da0

FREE LIBERIAMO Aung San Suu Kyi


FIRMA QUI

http://www.burmacampaign.org.uk/ASSK_action.html

FIRMA
https://secure.avaaz.org/it/free_burma_political_prisoners/

PETIZIONE FREE BURMA DA SPEDIRE NAZIONI UNITE
http://www.petitiononline.com/kha8954b/petition.html

LA PETIZIONE DI AMNNESTY INTERNATIONAL
http://www.amnesty.it/appelli/firmamodelappelli.html?nomeappello=Myanmar_monaci
FIRMA LA PETIZIONE PER UNA BIRMANIA LIBERA
http://htm.cisl.it/sito/contenuti/BIRMANIA/FormBirmania.htm
PETIZIONE PER LIBERARE Daw Aung San Suu Kyi,
http://www.actionburma.com/

CERCHIAMO DI ARRIVARE A 1 MILIONE DI FIRME QUI
http://www.avaaz.org/en/stand_with_burma/tf.php?CLICK_TF_TRACK
Facciamo qualcosa anche noi per la popolazione del Myanmar, sostenendo Aung San Suu Kyi e il diritto ad una Birmania libera:
1) Se vuoi, puoi mandare un biglietto di SOLIDARIETA' ad Aung San Suu Kyi,
Anche se è probabile che il biglietto venga intercettato dal regime, migliaia di
biglietti d'auguri daranno un potente segnale al regime.
CERCHIAMO DI ARRIVARE A 1 MILIONE DI FIRME QUI
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Facciamo qualcosa anche noi per la popolazione del Myanmar, sostenendo Aung San Suu Kyi e il diritto ad una Birmania libera:
1) Se vuoi, puoi mandare un biglietto di SOLIDARIETA' ad Aung San Suu Kyi,
Anche se è probabile che il biglietto venga intercettato dal regime, migliaia di
biglietti d'auguri daranno un potente segnale al regime.
Se i militari sapranno che il mondo li guarda, sarà meno facile che
intraprendano altre azioni contro Aung San Suu Kyi, poiché avranno
timore delle reazioni internazionali.
Il tuo biglietto d'auguri contribuirà a mantenerla al riparo da ulteriori attacchi.
Invia il tuo biglietto d'auguri a:
Daw Aung San Suu Kyi,
54 University Avenue,
Bahan 11201,
Yangon, Myanmar (Birmania)
Costo dell'affrancatura con posta prioritaria per l'estero
formato standard, cm 9x14 Euro 0,60
Una candela per la speranza






IL principale leader della protesta birmana, Htay Kywe, latitante da anni e considerato dal regime il ricercato numero uno, ha indetto per domani una nuova iniziativa contro la Giunta militare: ciascun cittadino in qualsiasi parte del Paese, dovrà accendere una candela, ovunque si trovi, per esprimere il proprio dissenso contro il governo dei militari.


Lo ha appreso PeaceReporter da fonti della dissidenza all'estero, che hanno contattato nel primo pomeriggio lo stesso leader, appartenente al movimento studentesco Absdm (All Burma Student Democratic Front).


Per tre giorni, ogni birmano manifesterà pacificamente a casa, in strada e soprattutto davanti ai monasteri, tenendo accesa una candela che simboleggerà la speranza per il popolo birmano.


Htay Kywe, 40 anni, è stato l'unico, nel gruppo dirigente dell'Absdm, a riuscire a fuggire dai militari, dopo 14 anni di prigione. Secondo quanto riferito dalle stesse fonti a PeaceReporter, il 'nemico numero uno' della dittatura militare birmana riesce a eludere la cattura cambiando quotidianamente cellulare


PeaceReporter aderisce, e invita tutti ad aderire, alla forma di protesta contro la violenza e la repressione del regime birmano


http://www.youtube.com/watch?v=tiLxEIPD6iQ

ECCO IL SUO LUSSO
http://www.youtube.com/watch?v=s6YPsycc6Lc

http://www.youtube.com/watch?v=OXb9CiNEgfQ

Burma sept.2007: "The Lady and The General"

http://www.youtube.com/watch?v=UG3V5tJaEm8

APPELLO
http://www.youtube.com/watch?v=oPH7o_sJaNo

LA MORTE DI UN MONACO
http://www.youtube.com/watch?v=2_wVOdemFgg

MONACI RICHIUSI CON IL FILO SPINATO
http://www.youtube.com/watch?v=1YgJETfsM5A

PROTESTA IN ITALIA DI AMNESTY A ROMA

http://www.youtube.com/watch?v=NYowESPuybU

http://www.youtube.com/watch?v=1mfVZBd03oo

Un dittatore tra superstizione e ferocia
http://www.youtube.com/watch?v=1mfVZBd03oo

Onu deplora repressione dimostrazioni in Myanmar
giovedì, 11 ottobre 2007 10.36
Versione per stampa

NAZIONI UNITE (Reuters) - Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite oggi ha deplorato la repressione delle proteste per la democrazia in Myanmar e ha invitato al dialogo politico, in una dichiarazione che ha visto insieme le potenze occidentali e la Cina per la prima volta.
Il comunicato dice che "tutti i prigionieri politici e gli altri detenuti" dovrebbero essere rilasciati presto e chiede alla giunta militare che governa il Paese da quarant'anni di prepararsi a un "dialogo genuino" con la leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi.
La dichiarazione non è vincolante, a differenza di una risoluzione.
E' la prima volta che il Consiglio di Sicurezza agisce ufficialmente nei confronti dell'ex Birmania, e questo segna un cambiamento di posizione da parte della Cina, vicino e fondamentale partner commerciale del Myanmar: in precedenza Pechino aveva usato il diritto di veto per evitare critiche alle autorità del Paese.
L'Onu ha detto che l'inviato speciale Ibrahim Gambari nel fine settimana partirà per una visita in Asia nel corso della quale dovrebbe far tappa in Myanmar per la seconda volta da quando la giunta ha represso le dimostrazioni guidate dai monaci buddisti il mese scorso.
Invia il tuo biglietto d'auguri a:

Daw Aung San Suu Kyi,
54 University Avenue,
Bahan 11201,
Yangon, Myanmar (Birmania)

Costo dell'affrancatura con posta prioritaria per l'estero
formato standard, cm 9x14 Euro 0,60

PROTESTIAMO CON LETTERA O EMAIL ALL'AMBASCATA BIRMANA IN ITALIA
meroma@tiscalinet.it
Via della Cammilluccia 551, Roma, tel. 0636303753, 0636304056
FAX 06/36298566
altre ambasciate della birmania a cui scrivere
mecanberra@biqpond.com australia
contact@myanmar-embassy-tokyo.net giappone
info@mewashingtondc.com usa
mission.myanmar@ties.itu.int hong kong
FIRMA TUTTE LE PETIZIONI
http://www.actionburma.com/
http://www.burmacampaign.org.uk/mtvaction.html
LA PETIZIONE DI AMNNESTY INTERNATIONAL
http://www.amnesty.it/appelli/firmamodelappelli.html?nomeappello=Myanmar_monaci
FIRMA LA PETIZIONE PER UNA BIRMANIA LIBERA
http://htm.cisl.it/sito/contenuti/BIRMANIA/FormBirmania.htm
FIRMA ALTRA PETIZIONE
http://www.avaaz.org/en/stand_with_burma/tf.php?CLICK_TF_TRACK

TUTTI I VIDEO AGGIORNATI SULLA BIRMANIA COSA ACCADE
http://www.youtube.com/results?search_type=search_videos&search_query=burma&search_sort=video_date_uploaded&search_category=0&search=Search&v=&uploaded=
LE FOTO AGGIORNATE IN TEMPO REALE SU FREE BURMA
http://flickr.com/search/?q=burma&m=text

NOTIZIE E FOTO E VIDEO IN TEMPO REALE FREE BURMA
http://niknayman.blogspot.com/

INTERVISTA AD Aung San Suu Kyi
http://www.youtube.com/watch?v=6_oabUxzglo
http://www.youtube.com/watch?v=Mjqo1JSDNpM
http://www.youtube.com/watch?v=GIR_-YN3Oyc

 
 
 

una brambilla in piu'

Post n°622 pubblicato il 18 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 

Ministro del Turismo:
mai più senza?

in News

Come chiedeva dal giorno del suo insediamento, Michela Vittoria Brambilla diventerà ministro del Turismo. Eppure il dicastero era stato abolito sedici anni fa con un referendum popolare quasi plebiscitario: è giusto ripristinarlo?


Tanto disse e tanto fece Michela Vittoria Brambilla, delusa perché nella lotteria degli incarichi governativi le era sfuggita la poltrona ministeriale, che alla fine ottenne la promozione sul campo cui anelava: il sottosegretario MLV, quindi, avrà il "suo" Ministero. Parola del premier Berlusconi. Dopo sedici anni dalla sua abolizione, quindi, l'Italia vedrà risorgere il dicastero del turismo (ma solo dietro il benestare del presidente della Repubblica Napolitano, naturalmente).

Sul destino della competenza - declassata nel 1993 da un referendum popolare con l'82.30% dei voti - non c'è affatto unanime accordo nella compagine governativa: Lega ed ex An, nella fattispecie, non sono convinti dell'assoluta necessità di ripristinare quanto gli italiani a suo tempo abrogarono. Umberto Bossi ha recentemente puntualizzato, al riguardo, che le problematiche del turismo «sono di competenza regionale e non certo dello Stato centrale». Insomma, il concetto è: l'istituzione di questo ministero innesca un processo contrario a quello federalista.

L'Aduc, Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori, è fortemente contraria al progetto: « In questi sedici anni di assenza del ministero, le singole Regioni si sono organizzate ed hanno fatto promozioni continue delle loro attrazioni in Italia e all'estero; nonostante questo la crisi è tangibile» scrive il presidente dell'associazione.

L'impoverimento degli italiani, il peggioramento dell'offerta strutturale nel nostro Paese, i prezzi troppo alti e non competitivi con l'estero sono le aggravanti - secondo l'Aduc - di una crisi di settore a fronte della quale il sottosegretario Brambilla ha adottato contromisure nella sostanza inadeguate. Il sottosegretario ha infatti varato nuove norme sulle stelle degli alberghi, istituendo inoltre un sistema di misurazione della qualità del servizio alberghiero. Vero è che un due stelle in Alto Adige "vale" quanto un quattro stelle in Calabria (che costa come un cinque stelle, peraltro), ma la novità introdotta dalla Brambilla riguarda solo gli hotel nuovi o ristrutturati, senza contare che alla misurazione dell'indice di gradimento gli albergatori aderiscono su base volontaria.

Non solo: la Brambilla s'è battuta perché fosse destinato alle famiglie a basso reddito un bonus vacanza. Ottima iniziativa che tuttavia si trasforma in una beffa laddove il credito non è utilizzabile dalla prima settimana di luglio all'ultima di agosto e nel periodo natalizio, dal 20 dicembre al 6 gennaio. A che serve un contributo statale con simili restrizioni per una tipologia i lavoratori (operai e precari in genere) che hanno la loro unica possibilità di fruire delle ferie solo nei periodi sunnominati di chiusura aziendale?

Alla luce di queste considerazioni è davvero opportuno resuscitare un ministero abolito da tempo? L'Aduc risponde secco: «Soldi buttati via solo per voglia di poltrone». Fondi «veri» (un po' come i «soldi veri» invocati da Confindustria) e defiscalizzazione: questo chiede il settore piegato da una pesante crisi. «Si registra un calo del 24% del giro d'affari nei primi mesi dell'anno e una flessione dell'occupazione tra il 5% e il 7%, che potrebbe portare a una fuoriuscita di centomila lavoratori diretti cinquantamila indiretti nelle attività connesse al turismo»: queste le cifre esibite da Bernabò Bocca, presidente di Confturismo.

Il sistema fa acqua da tutte le parti, insomma. Ma la promozione della Brambilla, nonostante tutto, non dispiace al segretario generale della rappresentanza sindacale Cisl della Fisascat, favorevole al ripristino di un ministero «troppo frettolosamente abolito negli anni '90 senza creare una valida alternativa per governare le politiche turistiche. Dalla creazione del Ministero deve partire, però, anche il rilancio delle relazioni tra le istituzioni e le organizzazioni sindacali», conclude Raineri. Questo dicastero, dunque, s'ha da fare o non s'ha da fare? A voi la parola.

 
 
 

SIAMO ALLA FAME !!!!!

Post n°621 pubblicato il 18 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 
Tag: italia

OCSE: ITALIA 23/A PER SALARI, TRA I PIU' BASSI D'EUROPA

OCSE: ITALIA 23/A PER SALARI, TRA I PIU' BASSI D'EUROPA

(di Manuela Tulli)

La busta paga degli italiani è tra le più leggere tra quelle non solo dei grandi Paesi industrializzati ma anche nell'eterogeneo mondo dei Paesi Ocse. Sui trenta paesi che fanno riferimento all'organizzazione di Parigi, l'Italia, con un salario medio annuo netto di 21.374 dollari si colloca al 23/o posto. Davanti, in termini di salari, ci sono non solo Gran Bretagna, Giappone, Stati Uniti, Germania, Francia ma tutti i Paesi europei, fatta eccezione del Portogallo e dei paesi dell'Allargamento. Mediamente dunque il salario medio di un italiano non arriva a 16.000 euro l'anno, poco più di 1.300 euro al mese. I dati sono contenuti nel Rapporto dell'Ocse sulla tassazione dei salari, aggiornato al 2008 e appena pubblicato dalla stessa organizzazione di Parigi. L'Italia non 'schioda' dalla coda della classifica dei salari: anche lo scorso anno era infatti al ventitreesimo posto, considerati gli stessi parametri di confronto.

Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi sottolinea: "I bassi salari italiani sono stati causati dalla vecchia contrattazione collettiva centralizzata, che ora le parti sociali, d'accordo con il governo, hanno dovuto cambiare". Quanto alla pressione fiscale, che incide sugli stipendi italiani, Sacconi ha fatto presente che ci sono novità anche in questa direzione, come "la tassazione agevolata al 10%" per tutta la parte di salario legata alla produttività "che viene decisa in sede aziendale". Gli italiani nel 2008 hanno guadagnato mediamente il 17% in meno della media Ocse. Salari penalizzati anche se il raffronto viene fatto con la Ue a 15 (27.793 di media) e con la Ue a 19 (24.552). I dati si riferiscono al salario netto medio di un lavoratore single senza carichi di famiglia. E' espresso in dollari e a parità di potere d'acquisto, includendo cioé la dinamica dei prezzi interna a ciascun Paese.

L'Italia riesce a scalare una posizione, e collocarsi dunque al 22/o posto se si considera il salario al lordo. A pesare negativamente sulle buste paga degli italiani è anche il cuneo fiscale, che calcola la differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto effettivamente finisce in tasca al lavoratore. Il peso di tasse e contributi, sempre per un lavoratore dal salario medio, single senza carichi di famiglia, è del 46,5%. In questa classifica l'Italia risulta infatti al sesto posto tra i trenta paesi Ocse. Più leggero è il drenaggio di imposte e versamenti contributivi se si esamina il caso di un lavoratore, sempre con un salario medio ma sposato e con due figli a carico. In questo caso il cuneo e al 36% e l'Italia scivola qualche posizione sotto collocandosi all'undicesimo posto nell'Ocse (partendo sempre dai Paesi dove massimo è il peso fiscale sulle buste paga). Tornando alla classifica sui salari, infatti, facendo un po' di conti, un italiano in un anno guadagna mediamente il 44% in meno di un inglese, il 32% in meno di un irlandese, il 28% in meno di un tedesco, il 18% in meno di un francese. Solo sette i Paesi con salari inferiori: Portogallo, Repubblica Ceca, Turchia, Polonia, Repubblica Slovacca, Ungheria e Messico, fanalino di coda e unico Paese nell'Ocse, quello americano, dove il salario netto annuale non arriva neanche e a 10.000 dollari l'anno.

 
 
 

LA CENSURA E' A LAVORO PAROLA DI BEATRICE BORROMEO

Post n°620 pubblicato il 18 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 

 


Daniele Martinelli
(lettore del blog) ha avuto la grande idea di intervistare Beatrice Borromeo dopo l'ultima scandalosa vicenda della sua censura all'era glaciale, potete vederla in alto.

Il direttore di Rai 2 Antonio Marrano, ha deciso di non mandare in onda la sua intervista e anche quella di Vauro praticamente per il semplice motivo che sostenevano opinioni a sinistra senza contraddittorio e con la scusa della par condicio li ha censurati. Chi parla bene del governo e Berlusconi stesso possono andare in TV (vedi la recente apparizione a porta a porta), fare campagna elettorale senza contraddittori, dire tutto quello che vogliono senza problemi mentre appena uno di sinistra apre bocca completamente censurato... tutto ciò è scandaloso!

Facciamo girare la notizia ed il video perchè se continua così non so dove finiremo...la semi dittatura di questo governo e dei suoi servi diventa sempre più pressante

 
 
 

SARA' VERO' IL BRUNETTA STORY

Post n°619 pubblicato il 16 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 
Foto di dammiltuoaiuto

MI CHIEDO SE SARA' VERO DI QUELLO CHE RACCONTA L'ESPRESSO NON LO SO PERO' SE AVETE NOTIZIE AL RIGUARDO POTETE FORNIRMELE
http://jungleland.ilcannocchiale.it/post/2090830.html

LA COVER STORY DEL MINISTRO BRUNETTA. IL CARNEFICE DEGLI STATALI MESSO ALLA BERLINA E ACCUSATO DI ASSENTEISMO!
(tratto da statali.blogspot.com)

Mister B.R. adesso ha paura delle B.R.!
L'Espresso lancia la cover story di Mister B.R. il ministro anti-fannulloni, passando ai raggi X il ministro della Dis-Funzione pubblica. Il settimanale pubblica gli atti notarili di compravendita delle sue proprietà (il mattone è la sua passione, a un Porta a Porta si presentò proprio con un laterizio in mano), la carriera accademica (la trasferta a Teramo per diventare professore, ordinario o associato?), le presenze effettive dell'antifannulloni alle sedute del Parlamento di Strasburgo e a quelle al Comune di Venezia. E l'utilizzo di voli low cost per andare a Strasburgo così «massimizzando i guadagni», vista la differenza tra il costo del biglietto e il rimborso forfettario fissato a 800 euro, per gli europarlamentari. "La magistratura eventualmente deciderà se ci sono gli estremi della diffamazione". Lo ha detto lo stesso ministro della Dis-Funzione Pubblica commentando stizzito - come un bimbo sorpreso con il dito nella marmellata - l'inchiesta dell'Espresso che lo riguarda direttamente e che noi pubblichiamo di seguito nella sua versione integrale. Mister B.R. per non essere da meno del suo capo-premier in fatto di battute mal-riuscte ha, poi, concluso ricordando che: "vivo sotto scorta da 25 anni perché bersaglio delle B.R." (ma le Brigate Rosse non erano state sconfitte? e perchè "lui" invece c'ha ancora la scorta?) e assalito da una botta di vittimismo, ha chiosato con una frase di sua madre: "Male non fare, paura non avere"! Peccato che la mamma non gli abbia anche rammentato... chi male fa, male aspetti! «Che furbetto quel Brunetta»!
Lui, il Carnefice della Gogna Mediatica degli STATALI, messo alla berlina. Lui il RE dei FANNULLONI, accusato di assenteismo. Proprio lui che in questi giorni si è solo prodigato per fare oper di bene insieme ai suoi "compagni di merende CISL-UIL": l'elemosina agli Statali!
>>>PUBBLICHIAMO DI SEGUITO L'INCHIESTA INTEGRALE DELL'ESPRESSO:

Che furbetto quel Brunetta
di Emiliano Fittipaldi e Marco Lillo

La trasferta a Teramo per diventare professore. La casa con sconto dall'ente. Il rudere che si muta in villa. Le assenze in Europa e al Comune. Ecco la vera storia del ministro anti-fannulloni

La prima immagine di Renato Brunetta impressa nella memoria di un suo collega è quella di un giovane docente inginocchiato tra i cespugli del giardino dell'università a fare razzia di lumache. Lì per lì i professori non ci fecero caso, ma quella sera, invitati a cena a casa sua, quando Brunetta servì la zuppa, saltarono sulla sedia riconoscendo i molluschi a bagnomaria. Che serata. La vera sorpresa doveva ancora arrivare. Sul più bello lo chef si alzò in piedi e, senza un minimo di ironia, annunciò solennemente: "Entro dieci anni vinco il Nobel. Male che vada, sarò ministro". Eravamo a metà dei ruggenti anni '80, Brunetta era solo un professore associato e un consulente del ministro Gianni De Michelis. Ci ha messo 13 anni in più, ma alla fine l'ex venditore ambulante di gondolette di plastica è stato di parola. In soli sette mesi di governo è diventato la star più splendente dell'esecutivo Berlusconi. La guerra ai fannulloni conquista da mesi i titoli dei telegiornali. I sondaggi lo incoronano - parole sue - 'Lorella Cuccarini' del governo, il più amato dagli italiani. Brunetta nella caccia alle streghe contro i dipendenti pubblici non conosce pietà. Ha ristretto il regime dei permessi per i parenti dei disabili, sogna i tornelli per controllare i magistrati nullafacenti e ha falciato i contratti a termine. Dagli altri pretende rigore, meritocrazia e stakanovismo, odia i furbi e gli sprechi di denaro pubblico, ma il suo curriculum non sempre brilla per coerenza. A 'L'espresso' risulta che i dati sulle presenze e le sue attività al Parlamento europeo non ne fanno un deputato modello. Anche la carriera accademica non è certo all'altezza di un Nobel. Ma c'è un settore nel quale l'ex consigliere di Bettino Craxi e Giuliano Amato ha dimostrato di essere davvero un guru dell'economia: la ricerca di immobili a basso costo, dove ha messo a segno affari impossibili per i comuni mortali.
Appena venticinquenne, Brunetta entra nel dorato mondo dei consulenti (di cui oggi critica l'abuso). Viene nominato dall'allora ministro Gianni De Michelis coordinatore della commissione sul lavoro e stende un piano di riforma basato sulla flessibilità che gli costa l'odio delle Brigate rosse e lo costringe a una vita sotto scorta. Poi diventa consigliere del Cnel, in area socialista. Nel 1993, durante Mani Pulite firma la proposta di rinnovamento del Psi di Gino Giugni. Nel 1995 entra nella squadra che scrive il programma di Forza Italia e nel 1999 entra nel Parlamento europeo. Proprio a Strasburgo, se avessero applicato la 'legge dei tornelli' invocata dal ministro, il professore non avrebbe fatto certo una bella figura. Secondo i calcoli fatti da 'L'espresso', in dieci anni è andato in seduta plenaria poco più di una volta su due. Per la precisione la frequenza tocca il 57,9 per cento. Con questi standard un impiegato (che non guadagna 12 mila euro al mese) potrebbe restare a casa 150 giorni l'anno. Ferie escluse. Lo stesso ministro ha ammesso in due lettere le sue performance: nella legislatura 1999-2004 ha varcato i cancelli solo 166 volte, pari al 53,7 per cento delle sedute totali. "Quasi nessun parlamentare va sotto il 50, perché in tal caso l'indennità per le spese generali viene dimezzata", spiegano i funzionari di Strasburgo. Nello stesso periodo il collega Giacomo Santini, Pdl, sfiorava il 98 per cento delle presenze, il leghista Mario Borghezio viaggiava sopra l'80 per cento. Il trend di Brunetta migliora nella seconda legislatura, quando prima di lasciare l'incarico per fare il ministro firma l'elenco (parole sue) 148 volte su 221. Molto meno comunque di altri colleghi di Forza Italia: nello stesso periodo Gabriele Albertini è presente 171 volte, Alfredo Antoniozzi e Francesco Musotto 164, Tajani, in veste di capogruppo, 203.La produttività degli europarlamentari si misura dalle attività. In aula e in commissione. Anche in questo caso Brunetta non sembra primeggiare: in dieci anni ha compilato solo due relazioni, i cosiddetti rapporti di indirizzo, uno dei termometri principali per valutare l'efficienza degli eletti a Strasburgo. L'ultima è del 2000: nei successivi otto anni il carnet del ministro è desolatamente vuoto, fatta eccezione per le interrogazioni scritte, che sono - a detta di tutti - prassi assai poco impegnativa. Lui ne ha fatte 78. Un confronto? Il deputato Gianni Pittella, Pd, ne ha presentate 126. Non solo. Su 530 sedute totali, Brunetta si è alzato dalla sedia per illustrare interrogazioni orali solo 12 volte, mentre gli interventi in plenaria (dal 2004 al 2008) si contano su due mani. L'ultimo è del dicembre 2006, in cui prende la parola per "denunciare l'atteggiamento scortese e francamente anche violento" degli agenti di sicurezza: pare non lo volessero far entrare. Persino gli odiati politici comunisti, che secondo Brunetta "non hanno mai lavorato in vita loro", a Bruxelles faticano molto più di lui: nell'ultima legislatura il no global Vittorio Agnoletto e il rifondarolo Francesco Musacchio hanno percentuali di presenza record, tra il 90 e il 100 per cento. Se la partecipazione ai lavori d'aula non è da seguace di Stakanov, neanche in commissione Brunetta appare troppo indaffarato. L'economista sul suo sito personale ci fa sapere che, da vicepresidente della commissione Industria, tra il 1999 e il 2001 ha partecipato alle riunioni solo la metà delle volte, mentre nel biennio 2002-2003, da membro titolare della delicata commissione per i Problemi economici e monetari, si è fatto vedere una volta su tre. Strasburgo è lontana dall'amata Venezia, ma non si tratta di un problema di distanza. A Ca' Loredan, nel municipio dove è stato consigliere comunale e capo dell'opposizione dal 2000 al 2005, il nemico dei fannulloni detiene il record. Su 208 sedute si è fatto vedere solo in 87 occasioni: quattro presenze su dieci, il peggiore fra tutti i 47 consiglieri veneziani.


Il bello del mattone. Brunetta spendeva invece molto tempo libero per mettere a segno gli affari immobiliari della sua vita. Oggi il ministro possiede un patrimonio composto da sei immobili (due ereditati a metà con il fratello) sparsi tra Venezia, Roma, Ravello e l'Umbria, per un valore di svariati milioni di euro. "Mi piacciono le case e le ho pagate con i mutui", ha sempre detto. Effettivamente per comprare e ristrutturare la magione di 420 metri quadrati con terreno e piscina in Umbria, a Monte Castello di Vibio, vicino a Todi, Brunetta ha contratto un mutuo di 600 milioni di vecchie lire del 1993. Ma per acquistare la casa di Roma e quella di Ravello, visti i prezzi ribassati, non ne ha avuto bisogno. Cominciamo da quella di Roma. Alla fine degli anni Ottanta il rampante professore aveva bisogno di un alloggio nella capitale, dove soggiornava sempre più spesso per la sua attività politica. Un comune mortale sarebbe stato costretto a rivolgersi a un'agenzia immobiliare pagando le stratosferiche pigioni di mercato. Brunetta no. Come tanti privilegiati, riesce a ottenere un appartamento dall'Inpdai, l'ente pubblico che dovrebbe sfruttare al meglio il suo patrimonio immobiliare per garantire le pensioni ai dirigenti delle aziende. Invece, in quel tempo, come 'L'espresso' ha raccontato nell'inchiesta 'Casa nostra' del 2007, gli appartamenti più belli finivano ai soliti noti. Brunetta incluso. Un affitto che in quegli anni era un sogno per tutti i romani, persino per i dirigenti iscritti all'Inpdai ai quali sarebbe spettato. Lo racconta Tommaso Pomponi, un ex dirigente della Rai ora in pensione, che ha presentato domanda alla fine degli anni Ottanta: "Nonostante fossi stato sfrattato, non ottenni nessuna risposta. Contattai presidente e direttore generale, scrissi lettere di protesta, inutilmente". Pomponi ha pagato per anni due milioni di lire di affitto e poi ha comprato a prezzi di mercato, come tutti. Il ministro, invece, dopo essere stato inquilino per più di 15 anni con canone che non ha mai superato i 350 euro al mese, ha consolidato il suo privilegio rendendolo perpetuo: nel novembre 2005 il patrimonio degli enti infatti è stato ceduto. Brunetta compra insieme agli altri inquilini ottenendo uno sconto superiore al 40 per cento sul valore di stima. Alla fine il prezzo spuntato dal grande moralizzatore del pubblico impiego è di 113 mila euro, per una casa di 4 vani catastali, situata in uno dei punti più belli di Roma. Si tratta di un quarto piano con due graziosi balconcini e una veranda in legno. Brunetta vede le rovine di Roma e il parco dell'Appia antica. Un appartamento simile a quello del ministro vale circa mezzo milione di euro: con i suoi 113 mila euro l'economista avrebbe potuto acquistare un box.


Un tuffo in Costiera. Anche il buen retiro di Ravello è stato un affare immobiliare da Guinness. Brunetta, che si autodefinisce "un genio", diventa improvvisamente modesto quando passa in rassegna i suoi possedimenti campani. "Una proprietà scoscesa", ha definito questa splendida villa di 210 metri quadrati catastali immersa in 600 metri di giardino e frutteto. Seduto nel suo patio il ministro abbraccia con lo sguardo il blu e il verde, Ravello e Minori. Per comprare i ruderi che ha poi ristrutturato ha speso 65 mila euro tra il 2003 e il 2005. "Quanto?", dice incredula Erminia Sammarco, titolare dell'agenzia immobiliare Tecnocasa di Amalfi: "Mi sembra impossibile: a quel prezzo un mio cliente ha venduto una stalla con un porcile". Oggi un rudere di 50 metri quadri costa circa 350 mila euro, e una villa simile a quella dell'economista supera di gran lunga il milione di euro. Il ministro ha certamente speso molto per la pregevole ristrutturazione, tanto che ha preso un mutuo da 300 mila euro poco dopo l'acquisto del 2003 che finirà di pagare nel 2018, ma ha indubbiamente moltiplicato l'investimento iniziale.
Ma come si fa a trasformare una catapecchia senza valore in una villa di pregio? 'L'espresso' ha consultato il catasto e gli atti pubblici scoprendo così che Brunetta ha comprato due proprietà distinte per complessivi sette vani catastali, affidando i lavori di restauro alla migliore ditta del luogo. Dopo la cura Brunetta, al posto dei ruderi si materializza una villetta su tre livelli su 172 metri quadrati più dépendance, rifiniture in pietra e sauna in costruzione. Per il catasto, invece, l'alloggio passa da civile a popolare. In compenso, i sette vani sono diventati 12 e mezzo. Come è stata possibile questa lievitazione? "Diversa distribuzione degli spazi interni", dicono le carte. La signora Lidia Carotenuto, che fino al 2002 era proprietaria del piano inferiore, ricorda con un po' di malinconia: "La mia casa era composta di due stanzette, al massimo saranno stati 40 metri quadrati e sopra c'era un altro appartamento (che misurava 80 metri catastali, ndr) in rovina. So che ora il Comune di Ravello sta costruendo una strada che passerà vicino all'abitazione del ministro. Io non avrei venduto nulla se l'avessero fatta prima...". A rappresentare Brunetta nell'atto di acquisto della dépendance nel 2005 è stato il geometra Nicola Fiore, che aveva seguito in precedenza anche le pratiche urbanistiche. Fiore era all'epoca assessore al Bilancio del comune, guidato dal sindaco Secondo Amalfitano, del Partito democratico. I rapporti con il primo cittadino è ottimo: Brunetta entra nella Fondazione Ravello. E quest'anno, dopo le elezioni, Amalfitano fa il salto della barricata, entra nel Pdl e lascia la Costiera per Roma dove viene nominato suo consigliere ministeriale.


Il Nobel mancato. "Io sono un professore di economia del lavoro, l'ho guadagnato con le unghie e con i denti. Sono uno dei più bravi d'Italia, forse d'Europa", ha spiegato Brunetta ad Alain Elkann, che di rimbalzo lo ha definito "un maestro della pasta e fagioli" prima di chiedergli la ricetta del piatto. L'economista Ada Becchi Collidà, che ha lavorato nello stesso dipartimento per otto anni, dice senza giri di parole che "Renato non è uno studioso. È prevalentemente un organizzatore, che sa dare il meglio di sé quando deve mettere insieme risorse". Alla facoltà di Architettura di Venezia entra nel 1982, dopo aver guadagnato l'idoneità a professore associato in economia l'anno precedente. Come ha ricordato in Parlamento il deputato democratico Giovanni Bachelet, Brunetta non diventa professore con un vero concorso, ma approfitta di una "grande sanatoria" per i precari che gravitavano nell'università. Una definizione contestata dal ministro, che replica: avevo già tutti i titoli. In cattedra Secondo il curriculum pubblicato sul sito dell'ateneo di Tor Vergata (dove insegna dal 1991), al tempo il giovane Brunetta poteva vantare poche pubblicazioni: una monografia di 500 pagine e due saggi. Il primo era composto di dieci pagine ed era scritto a sei mani, il secondo era un pezzo sulla riduzione dell'orario edito da 'Economia&Lavoro', la rivista della Fondazione Brodolini, di area socialista, che Brunetta stesso andrà a dirigere nel 1980. Tutto qui? Nel mondo della ricerca esistono diverse banche dati per valutare il lavoro di uno studioso. Oggi Brunetta si trova in buona posizione su quella Econlit, che misura il numero delle pubblicazioni rilevanti: 30, più della media dei suoi colleghi. La musica cambia se si guarda l'indice Isi-Thompson, quello che calcola le citazioni che un autore ha ottenuto in lavori successivi: una misura indiretta e certo non infallibile della qualità di una pubblicazione, ma che permette di farsi un'idea sull'importanza di un docente. L'indice di citazioni di Brunetta è fermo sullo zero. Le valutazioni degli indicatori sono discutibili, ma di sicuro il mondo accademico non lo ha mai amato: "L'università ha sempre visto in lui il politico, non lo scienziato", ricorda l'ex rettore dello Iuav di Venezia, Marino Folin. Nel 1991, da professore associato, riesce a trasferirsi all'Università di Tor Vergata. In attesa del Nobel, tenta almeno di diventare professore ordinario partecipando al concorso nazionale del 1992. In un primo momento viene inserito tra i 17 vincitori. Ma un commissario, Bruno Sitzia, rimette tutto in discussione. Scrive una lettera e, senza riferirsi a Brunetta, denuncia la lottizzazione e la poca trasparenza dei criteri di selezione. "Si discusse anche di Brunetta, e ci furono delle obiezioni", ricorda un commissario che chiede l'anonimato: "La situazione era curiosa: la maggioranza del collegio era favorevole a includere l'attuale ministro, ma non per i suoi meriti, bensì perché era stato trovato l'accordo che faceva contenti tutti. Comunque c'erano candidati peggiori di lui". Il braccio di ferro durò mesi, poi il presidente si dimise. E la nuova commissione escluse Brunetta. Il professore 'migliore d'Europa' viene bocciato. Un'umiliazione insopportabile. Così fa ricorso al Tar, che gli dà torto. Poi si appella al Consiglio di Stato, ma poco prima della decisione si ritira in buon ordine. Nel 1999 era riuscito infatti a trovare una strada per salire sulla cattedra. Un lungo giro che valica l'Appennino e si arrampica alle pendici del Gran Sasso, ma che si rivela proficuo. È a Teramo che ottiene infine il riconoscimento: l'alfiere della meritocrazia, bocciato al concorso nazionale, riesce a conquistare il titolo di ordinario grazie all'introduzione dei più facili concorsi locali. Nel 1999 partecipa al bando di Teramo, la terza università d'Abruzzo. Il posto è uno solo ma vengono designati tre vincitori. La cattedra va al candidato del luogo ma anche gli altri due ottengono 'l'idoneità'. Brunetta è uno dei due e torna a Tor Vergata con la promozione. Un'ultima nota. A leggere le carte del concorso, fino al 2000 Brunetta "è professore associato a Tor Vergata". La stranezza è che il curriculum ufficiale - pubblicato sul sito della facoltà del ministro - lo definisce "professore ordinario dal 1996". Quattro anni prima: errore materiale o un nuovo eccesso di ego del Nobel mancato?

 
 
 

w lo scaricamento dalla rete

Post n°618 pubblicato il 15 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 

Europarlamento: no al taglio dell'accesso per gli utenti che scaricano illegalmente da Internet
L'Europarlamento ha bocciato a larga maggioranza, ieri a Strasburgo, le nuove norme Ue che avrebbero permesso alle autorità amministrative degli Stati membri di 'tagliare' l'accesso a Internet degli utenti che scaricassero illegalmente contenuti sottoposti a copyright, cosí come prevede una legge attualmente in discussione in Francia.
Con 407 voti a favore, 57 contrari e 171 astenuti, gli eurodeputati hanno approvato in seconda lettura un emendamento - nell'ambito del compromesso complessivo con il Consiglio Ue sul pacchetto di riforma delle telecomunicazioni - in cui si conferma la posizione dell'Europarlamento secondo cui l'accesso a internet puó essere negato in caso di 'downlaod' illegale solo a seguito di un ordine del giudice, e non su semplice decisione amministrativa.
L'approvazione dell'emendamento ha fatto cadere l'intero testo sulla riforma delle Tlc, perche' i negoziati di compromesso con il Consiglio Ue non prevedono modifiche e sono approvati solo se l'Europarlamento li accetta integralmente. Il pacchetto sarà ora rinviato al 'comitato di conciliazione' dove le due istituzioni comunitarie cercheranno un nuovo accordo sulla riforma, che mira a migliorare la concorrenza e la tutela dei consumatori sul mercato europeo delle telecomunicazioni. Quello della repressione del 'download' illegale era ormai il solo punto controverso del pacchetto, fra l'Assemblea di Strasburgo e i governi dei Ventisette.
Sono tre le opzioni possibili per il pacchetto di riforma delle telecomunicazioni nell'Ue, dopo il no dell'Europarlamento. Per quanto poco probabile, è sempre possibile che il Consiglio dei ministri delle Telecomunicazioni dell'Ue decida, nella sua riunione di giugno a Lussemburgo, di accettare il testo con l'aggiunta dell'emendamento, pur di salvare il pacchetto Telecom. Ma sarebbe una vera e propria 'resa' dei ministri, almeno 12 dei quali (con la Francia in testa) si erano espressi contro l'emendamento quando il Parlamento europeo l'aveva approvato in prima lettura.
Una seconda opzione, la piú probabile allo stato attuale, è che il Consiglio Ue rifiuti il diktat del Parlamento europeo, e che la soluzione della controversia venga rimandata al 'comitato di coonciliazione' fra le due istituzioni, che peró potrebbe riunirsi nel mese di settembre, al piú presto, dopo che saranno state formate le commissioni parlamentari della nuova legislatura. Perche' possa essere tentata la strada del comitato di conciliazione, tuttavia, è necessario che il nuovo Europarlamento che uscirà dalle elezioni di giugno accetti e riconosca come proprio il risultato del voto di oggi sulla seconda lettura del pacchetto. Questa eventualità è favorita dal fatto che i tre protagonisti principali della vicenda, la relatrice socialista francese Catherine Trautmann, e relatori per altri aspetti della riforma delle Tlc, il conservatore britannico Malcom Harbour e la popolare spagnola Pilar del Castillo Vera, sono tutti ricandidati 'forti' per le elezioni europee, e saranno con tutta probabilità riconfermati. Sarà piú facile, quindi, che l'Europarlamento si affidi alla loro guida per riprendere il cammino dal punto in cui si è interrotto.
La terza opzione significherebbe un ritardo di due-tre anni per la riforma delle Tlc: nel caso in cui il nuovo Europarlamento non riconoscesse come proprio il lavoro fatto nell'ultima legislatura, respingendo il risultato della seconda lettura, tutto tornerebbe al punto di partenza. La Commissione europea dovrebbe ripresentare una sua proposta, e l'iter di co-decisione legislativa fra Parlamento e Consiglio Ue dovrebbe ricominciare da zero.

 
 
 

Birmania, concessa l'assistenza medica ad Aung San Suu Kyi

Post n°617 pubblicato il 11 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 

Birmania, concessa l'assistenza medica
ad Aung San Suu Kyi

Il premio Nobel è da anni agli arresti domiciliari e il regime
militare birmano ostacola le cure e i medici che le praticano

   
ROMA (11 maggio) - Il regime militare della Birmania ha autorizzato l'assistenza medica ad Aung San Suu Kyi, 63 anni, malata, nella residenza dove la leader storica dell'opposizione si trova agli arresti da anni. La scorsa settimana la Lega nazionale per la democrazia, il partito di San Suu Kyi, dichiarò di essere «estremamente preoccupato» delle condizioni di salute della loro leader, Nobel per la Pace, che soffrirebbe di ipertensione e disidratazione.

Venerdì scorso per motivi non chiari è stato arrestato il suo medico personale, Tin Myo Win. Lo stesso giorno l'assistente di quest'ultimo, Pyone Moe Ei, si è recata alla villa della leader dissidente per sottoporla a flebo. Durante il fine settimana non le è stato permesso di tornare. Solo oggi ha potuto tornare a far visita al premio Nobel San Suu Kyi per cambiarle la flebo.

Aung San Suu Kyi è stata privata della libertà per 13 degli ultimi 19 anni, dopo che nel 1990 vinse le elezioni e fu arrestata. Dal 2003 vive agli arresti domiciliari nella sua villa di Rangoon. Alcuni giorni fa un cittadino americano ha compiuto una misteriosa incursione nella sua residenza, dov'è arrivato a nuoto senza

 
 
 

Informazione online gratuita? Murdoch dice di no

Post n°616 pubblicato il 11 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 

 

Informazione online gratuita? Murdoch dice di no

 

Secondo Rupert Murdoch le informazioni online dovranno essere a pagamento.

Sta facendo discutere l'intenzione di Murdoch di sopprimere la pubblicazione di alcune informazioni gratis date online da noti portali in tutto il mondo.

Sarebbe infatti in realizzazione un dispositivo che permetterà al lettore di accedere alle notizie pagando, una sorta di e-book reader: i portali interessati da tale cambiamento saranno quelli appartenenti alla News Corporation, The Sun, The Wall Street Journal e il Times.
Secondo Murdoch tutto ciò è necessario per affrontare la grande crisi che sta colpendo l'editoria che di soli ricavi pubblicitari non può più vivere.

 

 
 
 

PERCHE' NON SCOPPIA LA RIVOLUZIONE IN ITALIA

Post n°615 pubblicato il 03 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 
Tag: italia

 
 
 

BAMBINI VIOLATI

Post n°614 pubblicato il 03 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 

COME EDUCARE I BAMBINI.
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COME EDUCARE I BAMBINI.
Il bimbo della foto qua sopra ha solo sei anni. È legato mani e piedi ed ha il corpo ricoperto di ferite. La foto è sta scattata dalla Polizia al momento del ritrovamento dei bimbi, ed è apparsa sui principali quotidiani messicani. Insieme a lui, nelle stesse condizioni, la polizia ha trovato la sorellina di anni 4. Entrambe i cuccioli d’uomo sono stati vittima per mesi delle angherie di un gruppo di parenti, che a cadenza quotidiana li hanno abusati sessualmente, torturati, picchiati, punti, segregati dentro una cisterna per l’acqua.
“È così che si educa un bambino disobbediente” ha detto uno dei mostri, la presunta zia, alla polizia sotto shock.
I bimbi oggi stanno in ospedale. Hanno segni di denutrimento, ipotermia, fratture riconsolidate che dimostrano passati abusi e ferite “fresche” che certificano recenti maltrattamenti. La bimba ha metà del corpo ricoperto da bruciature ed il bimbo ha un forte trauma al setto nasale.
“Sono inoltre evidenti tutti i segnali di stress post traumatico da forte abuso.”
Di loro parleremo ancora prossimamente, per oggi questa sofferenza diventa la nostra.

 
 
 

LA CASTA COLPISCE ANCORA AGELINI LIBERO

Post n°613 pubblicato il 03 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 

La “casta” colpisce ancora.
Qualche giorno fa la magistratura, dopo accurate indagini, ha richiesto alla Camera dei Deputati l'autorizzazione a procedere agli arresti domiciliari per Antonio Angelucci, parlamentare del Pdl.Prima di sapere il verdetto di Montecitorio, è meglio specificare chi è Antonio Angelucci e di cosa è accusato.
Il cognome sarà noto a tutti. Gli Angelucci rappresentano una delle famiglie più potenti e influenti di Italia. Nello specifico, Antonio è: imprenditore; proprietario di numerose case di cura; immobiliarista (acquistò la sede storica romana dell'ex Pci: palazzo di Botteghe Oscure); editore (al momento controlla Libero e Il riformista ma in passato ha controllato buona parte de l'Unità) ed è sua la quasi totalità delle cliniche laziali. Non dimentichiamoci, poi, la sua qualifica di “capitano coraggioso”, visto che detiene il 7% della Cai (la nuova Alitalia). Menzionabile, infine, la sua grande amicizia col già condannato Cesare Geronzi, presidente di Mediobanca.

Ma perchè Angelucci risulta oggi indagato? Facciamo un salto indietro. Il 2008 e il 2009 sono stati anni terribili per l'Abruzzo. Il terremoto di qualche settimana fa è ancora vivo nei nostri occhi. Ma c'è un altro terremoto che non va dimenticato: il “terremoto politico” del 2008, denominato anche “Sanitopoli abruzzese”, una vicenda di corruzione, raccomandazioni e irregolarità amministrative che aveva portato all'arresto dell'allora Governatore della Regione Ottaviano Del Turco, e con lui parecchi assessori e dirigenti. Le cliniche di Angelucci risultavano alquanto implicate nella vicenda, tanto che Giampaolo, figlio di Antonio, finì agli arresti domiciliari insieme a parecchi funzionari delle ASL di Frascati e Roma. Il reato contestato era una truffa di 170 milioni di euro alle stesse ASL. Gli arresti sarebbero dovuti scattare anche per il capostipite della nota famiglia, ma ciò non avvenne essendo egli deputato in Parlamento.

Ed è così che qualche giorno fa, si è arrivati alla richiesta per gli arresti domiciliari già citata. Come c'era da aspettarsi, la Camera ha respinto la richiesta con 316 voti a favore, 30 contrari e 59 astenuti. Gli unici a votare per l'arresto sono stati i deputati dell'Italia dei Valori, i Radicali e qualche cane sciolto del Pd. Per il resto, Pd-Pdl-Lega Nord-Mpa-Udc hanno votato tutti contro.

Una maggioranza bulgara, insomma. Non voglio fare commenti, però il lettore di quest'articolo valuti come meglio crede questi dati.

Tra l'altro, va ricordato che Angelucci aveva già avuto problemi con la legge per un presunto finanziamento illecito all'ex governatore pugliese Raffaele Fitto (oggi deputato Pdl nonché ministro) e anche allora, alla magistratura, fu negato l'arresto dall'emiciclo montecitoriano.

Parafrasando una celebre battuta di un noto film, vien da dire solo una cosa: “è la Casta, bellezza”.

P.S. (la notizia non è stata menzionata da nessun medium tradizionale)


Lorenzo Chiavetta
(lorenzo8619@hotmail.it)

 
 
 

Libertà di stampa, Italia declassata

Post n°612 pubblicato il 01 Maggio 2009 da dammiltuoaiuto
 

Libertà di stampa, Italia declassata

Il quotidiano Libero di dichiarate simpatie berlusconiane , ha “simpaticamente deciso” di pubblicare una foto a seno nudo della giovane signora Veronica. Il sottinteso dichiarato era quello di farci sapere che non c’è poi tanta differenza tra l’attuale signora del presidente e le veline contro le quali ha puntato il dito. Nei confronti della signora Veronica abbiamo letto e visto cose che ci vergognamo a ripetere. Vi proponiamo una sola riflessione. Cosa sarebbe mai accaduto se Vauro, in una delle sue vignette avesse osato tanto? Il prossimo che dovesse permettersi di accusare Vauro, Luttazzi, la Guzzanti, Maurizio Crozza e compagnia cantante di essere “persone volgari”, dovrà essere accompagnato al più vicino centro di salute mentale. Già che ci siamo vi segnaliamo anche l’osceno e volgare silenzio, salvo rarissime eccezioni, che ha accompagnato l’annuale rapporto pubblicato dalla grande agenzia liberale americana “Freedom House” che ha retrocesso l’Italia, in materia di libertà dei media, tra i paesi semi/liberi. Ciò che in Italia appare normale, altrove continua ad apparire una grave degenerazione. La retrocessione infatti è stata determinata dalla semplice constatazione che il presidente del consiglio oltre ad essere direttamente proprietario di un vasto impero mediatico controlla, indirettamente anche il principale concorrente. Questo conflitto di interessi determina una concentrazione di potere e di denaro che viene considerata incompatibile con le democrazie liberali. Per queste ragioni l’associazione Articolo21 allegherà agli esposti già presentati alle autorità di garanzia anche il rapporto di “Freedom House”, nella speranza che vogliano almeno avere la bontà di sfogliarlo.

Giuseppe Giulietti
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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