Un blog creato da dammiltuoaiuto il 19/08/2007

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FIRMA LA PETIZIONE NO AL CENTO OLI l'ABRUZZO DICE NO AL PETROLIO MANIFESTAZIONE PESCARA 18 LUGLIO 2009

Post n°660 pubblicato il 18 Luglio 2009 da dammiltuoaiuto
 

Gentile Giunta Comunale di Ortona,

i cittadini qui elencati chiedono a voce alta e ferma che la proposta raffineria di Ortona non venga realizzata.

Noi amiamo la nostra terra. Non esiste nessuna tecnologia moderna per creare raffiniere ad impatto ambientale zero e lo zolfo che dovra' essere separato dal poco petrolio che c'e' e' la sostanza piu' inquinante in assoluto che esista. Lo zolfo forma particelle fini che inevitabilmente respireremo, mangeremo e lasceremo ai nostri figli per gli anni a venire, anche dopo la fine del petrolio.

Qui ci sono di mezzo i nostri campi, l'acqua che beviamo, i nostri vini, il nostro turismo, la nostra pesca, i nostri mari e la vita di tutte le persone impiegate in questi settori. Non vogliamo diventare un'altra Gela, un'altra Falconara, un'altra Manfredonia, un'altra Viggiano.

Vi preghiamo di amare anche voi questo nostro Abruzzo e di pensare non con il portafoglio ma con la voce della coscienza, della mente e del cuore.

No alla raffineria!

firma  qui

http://www.ipetitions.com/petition/noraffineria/

 

 
 
 


PS: Per favore firmate con nome e cognome. Se non volete essere visibili, basta solo che clicchiate la voce "Display my name as anonymous". Le firme con il solo nome non sono valide. Alla fine se emerge una voce riguardante la donazione di denaro, ignoratela. Non bisogna pagare nulla.
Grazie di cuore per il vostro tempo!

Fermare la raffinieria di Ortona vuol dire anche porre seri limiti alle capacita' estrattive delle piattaforme marine abruzzesi che contano di usare il centro di Ortona per raffinare il petrolio del nostro mare sulla nostra terraferma. Maggiori informazioni sul blog www.dorsogna.blogspot.com
 
 
 

I GUERRIERI I RIBELLANO ALCENTRO OLI IN ABRUZZO PESCARA 19 LUGLIO

Post n°659 pubblicato il 18 Luglio 2009 da dammiltuoaiuto
 

 

 

 

 SABATO 18 LUGLIO NAVE CASCELLA
Ci siamo, finalmente il 18 luglio ci vediamo tutti a Pescara per manifestare contro l'Abruzzo petrolifero in spiaggia.

Ci si vede alle 10:30 davanti alla statua di Cascella, in riva al mare.

Siamo tutti invitati: cittadini, movimenti, sindaci, associazioni, agricoltori, produttori, esercenti, artigiani, operatori turistici, pescatori e tutti quelli che amano l'Abruzzo.

GIANNI CHIODI e DANIELA STATI DEVONO PRENDERE UNA POSIZIONE CHIARA PER SALVARE LA NOSTRA TERRA

L'ABRUZZO CHIEDE IL BLOCCO TOTALE DELL' ATTIVITA' PETROLIFERA PER ALMENO 30 ANNI NELLA NOSTRA REGIONE

In questi giorni sono in Sardegna ad un meeting sul petrolio in varie parti del mondo. E' sconvolgente ascoltare quello che succede, anche per me che credevo di avere letto e sentito tutto. In Nigeria, in Ecuador, nel Canada, fa veramente male vedere ed ascoltare di prima persona quello che succede alle popolazioni locali, dei paesi del primo e del terzo mondo in ugual misura, ogni volta che arriva il dio petrolio.

Malattie, terreni devastati, acqua mista a petrolio, pesci morti, foreste disboscate. L'ENI, come la Shell, la Total e le loro amiche piu o meno grandi, non risparmiano niente, figuriamoci se andranno con i guanti bianchi in Abruzzo.

In questo meeting c'era anche il giornalista che ha realizzato il servizio di Report sulla Nigeria per Milena Gabanelli, nonche' uno dei principali attivisti pacifici per la Nigeria: Nnimmo Bassey, presidente di Oilwatch Africa e di Friends of the Earth Africa, un architetto diventato attivista, arrestato varie volte nel suo paese e che predica metodi non violenti per liberare la Nigeria da pratiche disumane come il gas flaring.

Praticamente, in Nigeria non gli fanno nemmeno il "centro oli": il gas di risulta e gli scarti sulfurei li bruciano direttamente in aria, al 100%. Vicino a questi tubi sputa fuoco e' sempre giorno. Parlare con il signor Bassey mi ha fatto sentire piccola, perche' noi qui abbiamo tutte le comodita' del primo mondo e dovremmo non solo rispedire i petrolieri a casa loro senza mezze misure ma denunciare tutte le schifezze che ENi e compagnia bella vanno facendo in giro per il mondo ai popoli piu' vunerabili. Naturalemente da Americana, paese che divora il petrolio come fosse acqua in rispetto agli altri paesi del mondo, mi sento particolarmente colpevole dell'orrore laggiu'.

C'erano anche alcuni rappresentanti del Congo, dove l'ENI andra' ben presto a trivellare sabbie bituminose, il petrolio piu' schifoso del mondo in assoluto. Avrei tanto voluto poter far per loro la stessa cosa che stiamo facendo in Abruzzo: spiegare alla gente di che si tratta, e dopo aver imparato, dirgli di arrabiarsi e di lottare con le armi della parola, dell'intelligenza, della democrazia, ma purtroppo non posso fare piu battaglie di quanta energia io abbia.

In Abruzzo, dobbiamo lottare e vincere: per noi, per i nostri figli e anche per mostrare al resto del mondo che i petrolieri non sempre la spuntano e che si puo' sconfiggere questa banda di criminali che anche se veste con i vestiti di lino, e va in giro con il sorriso finto e le risposte prestampate, sempre criminali sono.

 

il video  di   report

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-649fab67-cc1b-4f85-acbb-a29ec785b786.html?p=0


ECCO   COME  L'ENI   VUOLE RIDURRE  IL   NOSTRO ABRUZZO
 
 
 

LA   LOTTA  
 
The petition
Gentile Giunta Comunale di Ortona,

i cittadini qui elencati chiedono a voce alta e ferma che la proposta raffineria di Ortona non venga realizzata.

Noi amiamo la nostra terra. Non esiste nessuna tecnologia moderna per creare raffiniere ad impatto ambientale zero e lo zolfo che dovra' essere separato dal poco petrolio che c'e' e' la sostanza piu' inquinante in assoluto che esista. Lo zolfo forma particelle fini che inevitabilmente respireremo, mangeremo e lasceremo ai nostri figli per gli anni a venire, anche dopo la fine del petrolio.

Qui ci sono di mezzo i nostri campi, l'acqua che beviamo, i nostri vini, il nostro turismo, la nostra pesca, i nostri mari e la vita di tutte le persone impiegate in questi settori. Non vogliamo diventare un'altra Gela, un'altra Falconara, un'altra Manfredonia, un'altra Viggiano.

Vi preghiamo di amare anche voi questo nostro Abruzzo e di pensare non con il portafoglio ma con la voce della coscienza, della mente e del cuore.

No alla raffineria!

PS: Per favore firmate con nome e cognome. Se non volete essere visibili, basta solo che clicchiate la voce "Display my name as anonymous". Le firme con il solo nome non sono valide. Alla fine se emerge una voce riguardante la donazione di denaro, ignoratela. Non bisogna pagare nulla.
Grazie di cuore per il vostro tempo!

Fermare la raffinieria di Ortona vuol dire anche porre seri limiti alle capacita' estrattive delle piattaforme marine abruzzesi che contano di usare il centro di Ortona per raffinare il petrolio del nostro mare sulla nostra terraferma. Maggiori informazioni sul blog www.dorsogna.blogspot.com

FIRMA   QUI
http://www.ipetitions.com/petition/noraffineria/


NO   AL CENTRO  OLI  DEI VELENI IN ABRUZZO 
NO  ALLA TRASFORMAZIONE  DELLAnostra regione
Nel  nostro  Abruzzo dove sono stati scoperti dei pozzi petroliferi di proprietà dell' ENI s.p.a.
L'ENI ha iniziato lo sviluppo del giacimento petrolifero.
Entro il 2010 andrà in produzione con un pozzo che darà 8.000 b/g di olio e 190.000 metri cubi al giorno di gas.
Il progetto prevede un investimento di 100 milioni di euro.
Nel cittadina di Ortona è in progetto la realizzazione di un centro OLi, cioè uno stabilimento di desolforazione del petrolio.
Il contratto per la realizzazione del Centro Olio è stato affidato alla Asean Brown Boveri (ABB). (da Assomin Notizie)
I pozzi ed il centro Oli inquinerebbero in modo irreparabile tutta la zona in cui vivo, distruggendo coltivazioni per un raggio di 40km...in una zona dove i prodotti vinicoli e dell'agricoltura in genere sono la forza dell'economia locale.
I danni economici sarebbero di gran lunga superiori al guadagno che si potrebbe avere costruendo una piccola raffineria, per non parlare dei danni alla nostra salute,...Tumori, leucemie ecc...e della desertificazione che avrebbe la zona, infatti molti sarebbero costretti a lasciare le proprie case.
Lo studio completo redatto dal Mario Negri, conferma quanto evidenziato nella prima sintesi, ovvero che le ricadute di anidride solforosa, di monossido di carbonio e di ossidi di azoto sono superiori rispettivamente fino a 5, 15 e 20 volte ai valori stimati nello studio d’impatto ambientale, ma che comunque rientrano nei limiti imposti dalle leggi relative alla protezione della salute. Tali valori però possono subire ulteriori aumenti, con ripercussioni negative sull’ecosistema e sull’agricoltura.
Scrivo per protestare contro una deturpazione ingiustificata e "stupida" incoerente con tutto ciò che è stato costruito, con molti anni di sacrifici, per la valorizzazione del territorio.
Non permettiamo che all'abruzzo, quindi all' Italia, venga dato l'ennesimo colpo di grazia con un progetto inefficente dal punto di vista economico e catastofico dal punto di vista della salute.
Per una volta cerchiamo di non apparire, noi Italiani, agli occhi delle altre nazioni come i soliti "stupidi" in balia di amministrazioni corrotte e interessi dei potenti di turno.
Difendiamo la nostra terra, la nostra aria, il nostro mare, la nostra salute, il principale inquinante dell'abruzzo è la politica. Ma che può fare un abruzzese
Strano, inoltre, che la popolazione di Ortona si sia mobilitata: un po' in tutta la regione un diffuso fatalismo, unito ad un generale senso di impotenza, demoralizza, spinge all'inazione e al contempo lava le coscienze: è sempre colpa dei poteri forti, mai di chi li elegge e poi li lascia fare  E QUESTO NON DEVE   ACCADERE
 
Il petrolio e' gia' sule nostre spiagge?



Sugli scogli di San Vito ci sono macchie oleose nere, se e' petrolio o no non lo so ma non assomiglia molto?

Giudicate voi:

blog: http://www.gliocchidelpopolo.splinder.com/
foto: http://picasaweb.google.it/occhidelpopolo/Petroli
 
 
 

pensieri liberi

Post n°658 pubblicato il 17 Luglio 2009 da dammiltuoaiuto
 

Ciò che rende un Uomo degno, non è l’essere, ma l’agire. È l’azione che ci qualifica. Dentro di noi possiamo avere meravigliosi intenti ed un animo sensibile, ma se poi le nostre azioni divergono dai nostri tesori interiori e dai nostri propositi, essere non conta nulla!4

 
 
 

–9 AGOSTO 2009, DA GHEDI (BS) AD AVIANO (PN): «PACE IN BICI. PEDALIAMO INSIEME PER UN FUTURO SENZA ATOMICHE»

Post n°657 pubblicato il 15 Luglio 2009 da dammiltuoaiuto
 

–9 AGOSTO 2009, DA GHEDI (BS) AD AVIANO (PN): «PACE IN BICI. PEDALIAMO INSIEME PER UN FUTURO SENZA ATOMICHE»
Stampa la pagina  
[GRILLOnews • 12.07.09] Dal 6 al 9 agosto 2009, da Ghedi (Bs) ad Aviano (Pn), passando per Verona, Vicenza e molti altri comuni. Nei giorni del 64° anniversario di Hiroshima e Nagasaki si terrà «Pace in bici: pedaliamo insieme per un futuro senza atomiche»: 250 chilometri in bici, suddivisi in 4 tappe, collegando le due basi militari in Italia dove sono presenti 90 ordigni nucleari. Per sensibilizzare e incontrare la popolazione dei paesi e delle città attraversati; per proporre una forma nuova, simpatica, dinamica ed ecologica di manifestazione; per far prendere coscienza a quante più persone possibile della necessità, della concretezza e dell'importanza della lotta per la denuclearizzazione. Che ne dici di fare almeno un tratto di strada insieme?


«Beati i costruttori di pace» ogni anno ricorda gli anniversari dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, rinnovando l'impegno per la messa al bando delle armi nucleari e della guerra. Dal 2005, quando furono resi pubblici i documenti del Pentagono che confermavano la presenza in Italia di 90 testate atomiche a Ghedi (BS) ed Aviano (PN), i promotori includono nell'iniziativa annuale anche le due basi militari.

«Quest'anno vogliamo collegare con una pedalata di solidarietà i territori militarizzati dalle basi con i comuni aderenti a Mayors for Peace (la Conferenza dei sindaci delle città del mondo impegnate ad abolire le armi nucleari) e con tutte quelle realtà locali che si impegnano per la pace, la nonviolenza, contro la guerra e la militarizzazione», spiegano i promotori.

IL 2010 SARÁ UN ANNO IMPORTANTE

A 64 anni di distanza, l'umanità non è ancora riuscita a fare i conti con le armi nucleari ed il dilemma posto da Einstein rimane drammaticamente attuale: «O l'umanità eliminerà le atomiche, o le atomiche elimineranno l'umanità». Hiroshima e Nagasaki è una memoria che ancora brucia, perché da allora sono state tante le bombe atomiche sperimentate sulla pelle del pianeta e nostra. Nessuno ne parla, ma la quantità di radioattività sprigionata con gli esperimenti nucleari ha a che fare con la devastante "epidemia" di tumori che caratterizza il nostro tempo. Si è calcolato che solo per gli esperimenti nucleari nelle isole del Pacifico la radioattività emessa corrisponde a quella di 1 bomba di Hiroshima al giorno per 18 anni.

Il 2010 sarà un anno importante, con la conferenza quinquennale per la revisione del Trattato di Non Proliferazione. Questa volta sembra che si aprano delle possibilità perché il processo di denuclearizzazione reale riprenda fiato. Già negli incontri di preparazione si respira un'aria diversa. Anche il Parlamento italiano
ha approvato all'unanimità una mozione che impegna il Governo a perseguire ogni sforzo verso «l'opzione zero» delle armi nucleari.

Il 6 agosto a Hiroshima partirà una fiaccola virtuale che girerà per tutto il mondo per arrivare a New York il 3 maggio 2010, giorno di apertura della Conferenza al Palazzo di Vetro. La fiaccola rappresenta tutte le iniziative che a livello mondiale verranno fatte perché i Governi abbiano ad agire con coraggio e lungimiranza.

L'iniziativa «
Pace in bici: pedaliamo insieme per un futuro senza atomiche» si inserisce in questo impegno internazionale come prima tappa del fiaccola del disarmo. Quale china prenderà la storia, dipende un po' anche da noi...


PACE IN BICI, PEDALIAMO INSIEME PER UN FUTURO SENZA ATOMICHE

[Beati i costruttori di pace • 12.07.09] Nel 2005, in occasione del 60° anniversario, la nostra amica Seiko Ikeda, «hibakusha» (sopravvissuta), ci disse: «Finché l'umanità non avrà messo al bando le atomiche, i morti del 6 e 9 agosto 1945 non potranno riposare in pace. E noi, che eravamo bambine e bambini all'epoca, e che, nonostante le nostre ferite siamo sopravvissuti, non potremo affrontare con serenità la fine della vita terrena».

Come da diversi anni a questa parte, l'associazione «
Beati i costruttori di pace» intende commemorare l'anniversario delle atomiche su Hiroshima e Nagasaki nei luoghi che, ancora oggi, in Italia ospitano armi nucleari. Faremo memoria di quegli avvenimenti come monito a che simili tragedie non abbiano più a ripetersi e come impegno a lavorare in tutti gli ambiti perché il mondo intero intraprenda con decisione la strada del disarmo nucleare.

Nel 2008, con la Campagna «
Un futuro senza atomiche», un vasto gruppo di associazioni presentò al Parlamento italiano una proposta di legge d'iniziativa popolare, per far dichiarare l'Italia «Paese libero da armi nucleari». Il Comitato Promotore di quella campagna raccoglieva moltissime associazioni, ma un ruolo importante il Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani. Sebbene non si sia ancora discusso della proposta di legge, una importante novità ha segnato l'inizio di un percorso verso il disarmo nucleare: martedì 23 giugno 2009, la «Mozione per la non proliferazione e il disarmo nucleare», presentata da alcuni parlamentari membri della Rete internazionale dei parlamentari per il disarmo nucleare, ed elaborata in collaborazione con la Campagna «Un futuro senza atomiche», è stata approvata all'unanimità. La mozione impegna il Governo italiano a perseguire ogni sforzo verso l'eliminazione delle armi nucleari «in una più generale prospettiva di perseguimento dell'opzione "zero" già indicata dall'articolo VI del Trattato di Non Proliferazione».

In questi ultimi mesi, in particolare a partire dall'elezione del Presidente Barack Obama, soffia un vento nuovo nelle relazioni internazionali in tema di disarmo. Come incoraggia Gorbaciov, è ora il momento di raddoppiare gli sforzi delle diplomazie per giungere alla Conferenza di Riesame del Trattato di Non Proliferazione del maggio 2010 alle Nazioni Unite con le necessarie aperture, per far sì che quella conferenza possa davvero segnare la svolta decisiva. Ma è necessario che la società civile, gli Enti Locali, i Parlamenti sostengano e spingano i Governi ad agire con coraggio e lungimiranza.

Oltre 50 anni fa il Sindaco Giorgio La Pira riunì a Firenze i sindaci delle capitali del mondo per affermare il diritto delle città ad intervenire in politica internazionale per i diritti delle popolazioni civili. Noi crediamo che, oggi come allora, gli Enti Locali abbiano un ruolo importante da svolgere. Il Sindaco di Hiroshima, Tadatoshi Akiba, e presidente di «Mayors for Peace» (Sindaci per la pace) ha sostenuto con entusiasmo la campagna «Un futuro senza atomiche».

Il 6 agosto 2009, alle ore 8.15, faremo memoria della tragedia di Hiroshima davanti all'aeroporto militare di Ghedi (BS). Da lì, partiremo in bicicletta e percorreremo, a tappe in 4 giorni, gli oltre 250 chilometri del tragitto che ci separa dall'aeroporto USAF di Aviano (PN), dove la mattina del 9 agosto, alle ore 11, partirà da Pordenone la "tappa" finale.

Sono tanti gli obiettivi: collegare le due città da dove dovrebbero essere tolte le bombe atomiche presenti; sensibilizzare e incontrare la popolazione dei paesi attraversati; rafforzare la rete di alleanze tra associazioni, comitati che si impegnano per la pace e la nonviolenza; fermarci nei Comuni che già aderiscono a «Mayors for Peace» e sollecitare l’adesione degli altri; proporre con la bicicletta una forma simpatica, dinamica ed ecologica di manifestazione; stimolare i mezzi di informazione per far prendere coscienza a quante più persone possibili della necessità, della concretezza e dell'importanza dell'obiettivo da raggiungere velocemente per il bene di tutta l'umanità.

 
 
 

CACCIA AL CACCIA

Post n°656 pubblicato il 15 Luglio 2009 da dammiltuoaiuto
 

Cari amici della Pace, del disarmo e del buonsenso,

dal 01.07.2009 Campagna di Indignazione Nazionale prosegue la propria attività insieme alla campagna di informazione, mobilitazione e raccolta di adesioni promossa a livello nazionale da «Sbilanciamoci!» e «Rete italiana per il disarmo».

Il 19 maggio 2009, infatti, Rete Italiana per il Disarmo e Campagna «Sbilanciamoci!» hanno lanciato su scala nazionale una analoga campagna di pressione, denominata «Caccia al caccia! Diciamo NO agli F35!» , affinché il Governo italiano rinunci all'acquisto dei cacciabombardieri JSF-F35 e usi in maniera migliore per la popolazione i miliardi di spesa previsti.

Da qui la decisione della Campagna di Indignazione Nazionale di proseguire il proprio impegno di sensibilizzazione e mobilitazione confluendo nella suddetta iniziativa nazionale congiunta, che si avvale del supporto tecnico di Peacelink, in modo da unire gli sforzi e testimoniare così l'unità di intenti di migliaia di cittadini di buonsenso convinti che l'acquisizione di strumenti di morte sia un imperdonabile spreco di risorse.

Invito tutti gli aderenti alla Campagna di Indignazione Nazionale interessati a ricevere periodicamente informazioni sull'iniziativa congiunta «Caccia al caccia! Diciamo NO agli F35!» a dedicare 1 minuto di tempo per aderire formalmente all'iniziativa e poter così ricevere via email tali aggiornamenti informativi , indispensabili per l'avvio di future iniziative.

Per unirti al coro di indignazione, clicca dunque su http://www.disarmo.org/nof35 : in fondo alla pagina troverai il link di adesione, che ti permetterà di ricevere gli aggiornamenti.


Ti segnalo di seguito gli ultimi interventi pubblicati sul blog della Campagna:

NO ALL'ACQUISTO DEI 131 CACCIABOMBARDIERI JSF
Una mozione voto contro l'acquisto di 131 cacciabombardieri JSF - F35 da parte dell'Italia è stata approvata a larga maggioranza dal Consiglio Regionale del Trentino Alto Adige - Sud Tirolo il 16 giugno scorso.

CRESCE LA SPESA MILITARE NEL MONDO MA NON CRESCE LA SICUREZZA
La Rete per il Disarmo analizza l'annuale rapporto «SIPRI Yearbook 2009» sul commercio delle armi

F35: COMUNICATO DELLA COMMISSIONE DIOCESANA GIUSTIZIA E PACE DI NOVARA
Importante presa di posizione dell'organismo ecclesiale di Novara. Da far conoscere...

LETTERA DEI GENITORI DI UN MILITARE MORTO PER LO STATO
Anna Cremona e Angelo Garro hanno recapitato alla Campagna di Indignazione Nazionale una lettera di indignazione per il trattamento di «crudele indifferenza» delle autorità statali nei confronti del Comitato di Genitori di Militari caduti in tempo di pace

NON VOGLIAMO I 131 CACCIABOMBARDIERI
Il settimanale diocesano di Vicenza intervista il promotore della Campagna di Indignazione Nazionale

STOP F35: DAI LA CACCIA AI CACCIA
Questa è la campagna di pressione lanciata da «Sbilanciamoci!» e da «Rete Italiana per il Disarmo» affinché il Governo italiano rinunci all'acquisto dei cacciabombardieri JSF-F35 e usi in maniera migliore per la popolazione gli oltre 15 miliardi di spesa previsti.

Un caro saluto, buon cammino!

Amedeo Tosi
http://indignazionenazionale.splinder.com
http://www.grillonews.it

 
 
 

CACCIA AL CACCIA

Post n°655 pubblicato il 15 Luglio 2009 da dammiltuoaiuto
 

Cari amici della Pace, del disarmo e del buonsenso,

dal 01.07.2009 Campagna di Indignazione Nazionale prosegue la propria attività insieme alla campagna di informazione, mobilitazione e raccolta di adesioni promossa a livello nazionale da «Sbilanciamoci!» e «Rete italiana per il disarmo».

Il 19 maggio 2009, infatti, Rete Italiana per il Disarmo e Campagna «Sbilanciamoci!» hanno lanciato su scala nazionale una analoga campagna di pressione, denominata «Caccia al caccia! Diciamo NO agli F35!» , affinché il Governo italiano rinunci all'acquisto dei cacciabombardieri JSF-F35 e usi in maniera migliore per la popolazione i miliardi di spesa previsti.

Da qui la decisione della Campagna di Indignazione Nazionale di proseguire il proprio impegno di sensibilizzazione e mobilitazione confluendo nella suddetta iniziativa nazionale congiunta, che si avvale del supporto tecnico di Peacelink, in modo da unire gli sforzi e testimoniare così l'unità di intenti di migliaia di cittadini di buonsenso convinti che l'acquisizione di strumenti di morte sia un imperdonabile spreco di risorse.

Invito tutti gli aderenti alla Campagna di Indignazione Nazionale interessati a ricevere periodicamente informazioni sull'iniziativa congiunta «Caccia al caccia! Diciamo NO agli F35!» a dedicare 1 minuto di tempo per aderire formalmente all'iniziativa e poter così ricevere via email tali aggiornamenti informativi , indispensabili per l'avvio di future iniziative.

Per unirti al coro di indignazione, clicca dunque su http://www.disarmo.org/nof35 : in fondo alla pagina troverai il link di adesione, che ti permetterà di ricevere gli aggiornamenti.


Ti segnalo di seguito gli ultimi interventi pubblicati sul blog della Campagna:

NO ALL'ACQUISTO DEI 131 CACCIABOMBARDIERI JSF
Una mozione voto contro l'acquisto di 131 cacciabombardieri JSF - F35 da parte dell'Italia è stata approvata a larga maggioranza dal Consiglio Regionale del Trentino Alto Adige - Sud Tirolo il 16 giugno scorso.

CRESCE LA SPESA MILITARE NEL MONDO MA NON CRESCE LA SICUREZZA
La Rete per il Disarmo analizza l'annuale rapporto «SIPRI Yearbook 2009» sul commercio delle armi

F35: COMUNICATO DELLA COMMISSIONE DIOCESANA GIUSTIZIA E PACE DI NOVARA
Importante presa di posizione dell'organismo ecclesiale di Novara. Da far conoscere...

LETTERA DEI GENITORI DI UN MILITARE MORTO PER LO STATO
Anna Cremona e Angelo Garro hanno recapitato alla Campagna di Indignazione Nazionale una lettera di indignazione per il trattamento di «crudele indifferenza» delle autorità statali nei confronti del Comitato di Genitori di Militari caduti in tempo di pace

NON VOGLIAMO I 131 CACCIABOMBARDIERI
Il settimanale diocesano di Vicenza intervista il promotore della Campagna di Indignazione Nazionale

STOP F35: DAI LA CACCIA AI CACCIA
Questa è la campagna di pressione lanciata da «Sbilanciamoci!» e da «Rete Italiana per il Disarmo» affinché il Governo italiano rinunci all'acquisto dei cacciabombardieri JSF-F35 e usi in maniera migliore per la popolazione gli oltre 15 miliardi di spesa previsti.

Un caro saluto, buon cammino!

Amedeo Tosi
http://indignazionenazionale.splinder.com
http://www.grillonews.it

 
 
 

SALVIAMO LEONARD PELTIER

Post n°654 pubblicato il 08 Luglio 2009 da dammiltuoaiuto
 

AIUTIAMO LEONARD  PELTIER     FIRMA LE  PETIZIONI

Leonard PeltierLeonard Peltier è da anni uno dei leaders del Movimento Indiano Americano (A.I.M.) In carcere dal 1976, da molti è considerato un prigioniero politico. Da quasi trent’anni è ospite delle più dure prigioni statunitensi, talvolta costretto all’isolamento, discriminato. Questo perché – dicono molti osservatori – è un grande difensore dei diritti dei nativi d’America.
La storia ha inizio nel 1973, quando oltre trecento indiani d’America tennero testa agli uomini del governo, che per scacciare i Lakota dal loro territorio, si erano alleati con il capo di un'altra tribù, Dick Wilson, che con una sorta di polizia privata mieteva terrore nella comunità indigena con pestaggi ed omicidi.

Lo stesso Wilson stava trattando in gran segreto la vendita di parte delle terre della riserva dei Lakota Oglala di Pine Ridge, nel sud Dakota, agli Stati Uniti.
Tramite sofisticati sistemi di localizzazione delle risorse naturali della N.A.S.A., l’Istituto Geologico statunitense aveva scoperto enormi giacimenti di uranio nell’area di Sheep Mountain, territorio Lakota. Consapevole della fierezza e dell’ostinazione delle popolazione native, il governo statuinitense cercò in tutti i modi di cacciare i Lakota dal loro territorio per impossessarsi dei loro giacimenti.

ragazza shoshone I nativi chiesero aiuto all’ AIM. In loro soccorso arrivò Leonard Peltier, militante diventato leader dell’associazione di difesa dei diritti delle nazioni indiane d’America.
Nel giugno del 1975 durante un festa religiosa nella riserva indiana dei Lakota Orlala, alcune auto senza targa dell’F.B.I (Fedral Bureau Investigation), circondarono la zona. Dalle auto, cominciarono a sparare contro la gente inerme. Gli Oglala Lakota risposero al fuoco e alla fine sul terreno restarono tre corpi: due agenti dell’FBI e un indigeno.
Per l’indiano americano morto non fu aperta alcuna indagine, mentre per i due agenti vennero imputate tre persone. Una di loro era Leonard Peltier. I due coimputati furono assolti sulla base della legittima difesa, mentre Peltier fu condannato a due ergastoli consecutivi, dopo un processo da molti giudicato palesemente di parte e presieduto da un giudice noto per il suo razzismo.
Inoltre la giuria era formata da soli bianchi in una città, Fargo, storicamente anti-indiana. A dimostrare l’innocenza di Peltier c’era il rapporto balistico della stessa FBI che rivelava che i proiettili assassini, non potevano essere stati sparati dall'arma di Peltier.
Oggi Peltier è conosciuto come il Mandela dei nativi d’America. E’ ancora in prigione. Nessuno sa se potrà ottenere un nuovo processo.

FIRMA

http://www.petitiononline.com/Clemency/petition.html

http://www.petitiononline.com/Release/petition.html

http://www.ipetitions.com/petition/parole2008/

http://www.ipetitions.com/petition/Peltier_Clemency2008/

 

 
 
 
 
 

Gianni Minà: Il colpo di stato honduregno, un fiammifero acceso per Obama

Post n°652 pubblicato il 05 Luglio 2009 da dammiltuoaiuto
 

Gianni Minà: Il colpo di stato honduregno, un fiammifero acceso per Obama

 Il Manifesto del 2 luglio 2009

Alla fine il golpe militare in Honduras, il secondo paese più povero dell’America latina dopo Haiti, ha finito per nuocere più di tutti, per ora, alla nuova amministrazione Usa del presidente Barack Obama, che è rimasto praticamente con il fiammifero acceso in mano, specie considerando la sua più volte affermata intenzione di cambiare metodi e politica nel continente che, una volta, era “il cortile di casa” degli Stati Uniti.

Perchè è vero che Obama ha condannato il colpo di stato in Honduras, dichiarandosi “seriamente preoccupato per la situazione” e chiedendo “a tutti gli attori politici e sociali di quel povero paese di rispettare lo Stato di diritto”, ed è vero che sulla stessa linea si è espressa anche Hillary Clinton, ministro degli esteri, che ha ribadito  “Sono stati violati i principi democratici”.

 

Ma nessuno può credere che l’ambasciatore Usa in Honduras, Hugo Llorenz, pronto a sua volta ad affermare “L’unico presidente che gli Stati Uniti  riconoscono nel paese è Zelaya” (proprio il premier liberale deposto e cacciato in Costa Rica) non sapesse da tempo cosa stesse per succedere.

Allora i casi sono due: o l’ambasciatore degli Stati Uniti è un incapace o vogliamo credere che il governo di Washington non ha più la minima influenza sull’apparato militare che, da quasi cinquant’anni, condiziona in modo indiscutibile la vita di un paese di radici maya che, oltretutto, dai tempi in cui il presidente nordamericano Reagan decise di appoggiare la “guerra sporca” alla rivoluzione sandinista in Nicaragua, è la base operativa, logistica delle operazioni militari del Pentagono in quella zona del mondo.

Operazioni che, tra l’altro, partono da una base militare, quella di Palmerola, assolutamente illegale perchè mai è stato firmato un accordo ufficiale fra i due paesi perchè questo apparato venisse edificato e fosse attivo sul suolo hondureño. Anzi, le forze armate del piccolo paese sono legate al Comando Sud dell’armata nordamericana, i cui consiglieri militari giocano un ruolo essenziale nelle loro strategie.

Fra “gli attori politici” nel piccolo paese centroamericano, di quasi sette milioni e mezzo di abitanti, le forze armate degli Stati Uniti sono ancora preminenti e non a caso gli alti comandi sono stati formati tutti alla famigerata Scuola delle Americhe, prima a Panama e poi a Fort Benning in Georgia, vera fabbrica di dittatori e di assassini.

Il generale Romeo Vazquez, leader dei golpisti, ha studiato, per esempio, in quell’inquietante ”ateneo”, e da quell’insegnamento, come ha ricordato l’altro ieri  Manlio Dinucci, vengono i dittatori hondureñi degli anni ‘70/’80, Juan Castro, Policarpo Paz Garcia e Humberto Hernandez.

Salvo i pochi passati a miglior vita, tutti questi “repressori con stellette” incidono ancora nella vita politica dell’Honduras, anche se nel frattempo si sono sostituiti a loro per via elettorale presidenti presunti liberali o neoliberisti che hanno condotto il paese alla miseria più nera.

Manuel Zelaya, rubricato come liberale ed eletto nel 2006 dalla destra moderata in un paese ostaggio della delinquenza e delle gang giovanili, come il Guatemala e il Salvador, ha avuto il torto di rendersi conto che la causa di questa deriva era di origine strutturale, il prodotto dei bassissimi livelli di sviluppo umano e lo stato di estrema generalizzata povertà.

Così pensò che aderire all’ALBA, l’Alternativa Bolivariana  per i Popoli d’America, un progetto di cooperazione politica, sociale ed economica tra i paesi dell’America Latina ed i paesi caraibici, promossa dal Venezuela e da Cuba, e successivamente da Nicaragua, Ecuador e Repubblica Dominicana (in alternativa all’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA) voluta dagli Stati Uniti), poteva essere una scelta incorretta ideologicamente, ma economicamente realista, specie considerando il sostegno che avrebbe assicurato ad alcune politiche sociali l’aiuto che sarebbe venuto da PDVSA, la compagnia petrolifera venezuelana.

In quell’occasione si dimise il vicepresidente, espressione degli interessi di molte imprese private, sospettose di questi accordi per la linea politica espressa dalle nazioni dell’ALBA.

Adesso è lo stesso Zelaya che è stato esiliato a forza, anche se ora annuncia che tornerà in patria.

In questo scenario dovrà ora farsi largo politicamente Barack Obama che, dopo quanto ha dichiarato, non potrà riconoscere il nuovo governo imposto dal golpe militare e presieduto da Roberto Micheletti, ex presidente del Parlamento, ma non sarà in grado nemmeno imporre, come chiede l’Organizzazione degli Stati Americani e perfino l’Onu, il reintegro nel suo incarico di Manuel Zelaya, anche se è stato democraticamente eletto.

Questo dettaglio non è di poco conto, ma perfino per organi di informazione come El Pais, giornale una volta progressista, vale solo quando a vincere è il partito conveniente in America latina alle politiche neocoloniali di molte multinazionali spagnole e non coalizioni in linea con il nuovo vento di indipendenza, di autonomia e di riscatto che spira in molti paesi del continente a sud del Texas.

Così, in questa occasione sparisce, per esempio, nell’informazione del prestigioso giornale iberico che detta la linea in Europa su come si deve interpretare la realtà latinoamericana, la condanna dell’Onu al golpe, ed anche l’oggetto del contendere in Honduras, cioè un referendum che voleva portare alla convocazione di un’assemblea costituente e non, come afferma il giornale dell’Editorial Prisa, l’aspirazione di Zelaya di “modificare la Costituzione per restare al potere”. Quindi i militari in qualche modo avrebbero agito da tutori dello Stato, malgrado la maggioranza dei cittadini non glielo avesse chiesto.

Insomma, in una parte di quella che fu una volta l’informazione di sinistra c’è come un vischioso tentativo a preparare i propri lettori a digerire un colpo di Stato, presentandolo come una soluzione legittima.

Peccato che proprio l’attuale ministro degli esteri del governo Zapatero, Miguel Angel Moratinos, abbia denunciato poco tempo fa come fu proprio un governo conservatore spagnolo, quello di José Maria Aznar, il primo a leggittimare, insieme a quello di Geroge W. Bush, il colpo di Stato, poi fallito, in Venezuela l’11 aprile 2002 contro il presidente Ugo Chavez, che era stato scelto dai cittadini.

A El Pais evidentemente hanno la memoria corta, ma nello stesso errore non si può permettere di cadere il successore di Bush, Barack Obama, dopo le dichiarazioni di principio fatte e ribadite.

Sarebbe un errore strategico nell’attuale America latina.

Chi ha confezionato questa polpetta avvelenata per il presidente degli Stati Uniti?

http://www.giannimina.it/

 
 
 

ZORRO E' IN HOMDURAS E' CON LORO

Post n°651 pubblicato il 05 Luglio 2009 da dammiltuoaiuto
 

E’ arrivata oggi a Tegucigalpa mettendosi a disposizione per fare quello che è possibile per sbloccare la situazione di stallo a cinque giorni dal sequestro di Mel Zelaya da parte della giunta golpista.e immagini che seguono sono state caricate nelle ultime 24 ore da un utente Flickr che si firma Hablaguate e probabilmente sono state scattate da Rony Huete. Appaiono testimoniare la forza della resistenza ma anche quella del gorillismo dei golpisti. E’ necessario non abbassare la guardia e stare più che mai vicini al popolo honduregno.

Hablaguate7

 

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 GUARDATE  COSA  DISEGNANO   IN HONDURAS  

 

 

Foto scattata nel pomeriggio del 2 luglio a Tegucigalpa mentre i media di regime italiani festeggiano il dittatore bergamasco Gol per i golpisti: il Cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga chiede a Zelaya di non tornareGennaro Carotenuto, sabato 4 luglio 2009, 19:39America latina, Honduras, Politica internazionale, Primo piano questo link tutti gli aggiornamenti sul golpe in Centroamerica!onion_news3134.article Mentre viene annunciato un ulteriore slittamento a domani domenica del ritorno di Manuel Zelaya, una presa di posizione influentissima rende ancora più improbabile il ritorno del presidente legittimo e fa segnare un punto alla giunta golpista: il Cardinale di Tegucigalpa Óscar Rodríguez Maradiaga ha chiesto “all’amico Zelaya” di non tornare in patria affermando apertamente che il ritorno di questo causerebbe un bagno di sangue.La Tribuna però Rodríguez Maradiaga sarebbe andato ben oltre la semplice considerazione di inopportunità del ritorno del presidente legittimo. l’art. 239 della Costituzione e quindi giustamente sarebbe stato deposto e che tutti gli atti commessi dalla giunta golpista sarebbero legittimi.

Canale Honduras, a

 

Ma secondo il quotidiano filogolpista

 

Infatti, vi sarebbe un comunicato della Conferenza Episcopale (che chi scrive non è riuscito al momento a reperire e che per i dettagli che seguono viene citato solo da “La Tribuna”) che affermerebbe che Zelaya ha violato

Infine Rodríguez Maradiaga avrebbe considerato unilaterale la posizione dell’Organizzazione degli Stati Americani condannando la sospensione in queste ore dell’Honduras da parte di questa organizzazione che ha invece considerato un golpe la deposizione di Zelaya.Hablaguate8

 
 
 

14 luglio: è on line Diritto alla Rete

Post n°650 pubblicato il 05 Luglio 2009 da dammiltuoaiuto
 

14 luglio: è on line Diritto alla Rete

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E’ on line il sito a cui far pervenire da questo momento tutte le adesioni alla giornata di “rumoroso silenzio” dei blog, il 14 luglio prossimo, contro le norme anti Internet previste dal Decreto Alfano.

Si chiama Diritto alla Rete.

La piattaforma aperta (ning) ha un forum di discussione e offre la possibilità di caricare foto e video.

C’è anche un logo per chi vuole caricarlo sul proprio blog o sito in attesa del 14 luglio.

Per la giornata in questione invece decideremo insieme, nelle discussioni di Diritto alla Rete, se mettere per tutto il giorno questo o un altro logo, un banner, un post o altro ancora (naturalmente senza altri post, solo per quel giorno di “silenzio rumoroso”).

Circolano anche altri loghi: meglio così, plurale è meglio.

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chiusoperlutto3blog

Mi sembra di buon impatto anche lo slogan che ha mandato nei commenti Alessandro Robecchi: “Il 14 luglio starò zitto un giorno, come Alfano vorrebbe facessimo tutti per gli altri 364“. O qualcosa di simile.

Ovviamente il sito è migliorabile e proposte in questo senso sono benvenute.

Intanto però chiedo a tutti quelli che ieri hanno aderito per mail o nei commenti a questo e ad altri blog di andare su Diritto alla Rete e  di aderire e registrarsi lì (scusate la rottura, ma ovviamente non ci sembrava corretto iscrivere noi “d’ufficio” quelli che ci hanno mandato un’adesione via mail o via commenti).

Si può anche aderire via mail scrivendo a  dirittoallarete at gmail.com, indicando il vostro blog e allegando una foto (se volete).

Aderisci alla giornata di silenzio per la libertà d'informazione on line

REGISTRATi al Network (in alto a destra) e ADERISCI scrivendo a:
dirittoallarete@gmail.com - [ 110 iscritti ]

Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da un susseguirsi di iniziative legislative apparentemente estemporanee e dettate dalla fantasia dei singoli parlamentari ma collegate tra loro da una linea di continuità: la volontà della politica di soffocare ogni giorno di più la Rete come strumento di diffusione e di condivisione libera dell’informazione e del sapere.

Le disposizioni contenute nel Decreto Alfano sulle intercettazioni rientrano all'interno di questa offensiva.

Il cosiddetto "obbligo di rettifica" imposto al gestore di qualsiasi sito informatico (dai blog ai social network come Facebook e Twitter fino a .... ) appare chiaramente come un pretesto, un alibi. I suoi effetti infatti - in termini di burocratizzazione della Rete, di complessità di gestione dell'obbligo in questione, di sanzioni pesantissime per gli utenti - rendono il decreto una nuova legge ammazza-internet.

Rispetto ai tentativi precedenti questo è perfino più insidioso e furbesco, perché anziché censurare direttamente i siti e i blog li mette in condizione di non pubblicare più o di pubblicare molto meno, con una norma che si nasconde dietro una falsa apparenza di responsabilizzazione ma che in realtà ha lo scopo di rendere la vita impossibile a blogger e utenti di siti di condivisione.

I blogger sono già oggi del tutto responsabili, in termini penali, di eventuali reati di ingiuria, diffamazione o altro: non c'è alcun bisogno di introdurre sanzioni insostenibili per i "citizen journalist" se questi non aderiscono alla tortuosa e burocratica imposizione prevista nel Decreto Alfano.

La pluralità dell'informazione, non importa se via internet, sui giornali, attraverso le radio o le tv o qualsiasi altro mezzo, costituisce uno dei diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino e, probabilmente, quello al quale sono più direttamente connesse la libertà e la democrazia.

Con il Decreto Alfano siamo di fronte a un attacco alla libertà di di tutti i media, dal grande giornale al più piccolo blog.

Per questo chiediamo ai blog e ai siti italiani di fare una giornata di silenzio, con un logo che ne spiega le ragioni, nel giorno in cui anche i giornali e le tv tacciono. E' un segnale di tutti quelli che fanno comunicazione che, insieme, dicono al potere: "Non vogliamo farci imbavagliare".

Invitiamo quindi tutti i cittadini che hanno un blog o un sito a pubblicare il 14 luglio prossimo questo logo e a tenerlo esposto per l’intera giornata, con un link a questo manifesto. - scarica il banner.jpg

Non si tratta di difendere la stampa, la tv, la radio, i giornalisti o la Rete ma di difendere con fermezza la libertà di informazione e con questa il futuro della nostra democrazia.

 
 
 

CONFESSIONI DI UN VIGILE DELL'AQUILA ECCO LA REALTA'

Post n°649 pubblicato il 04 Luglio 2009 da dammiltuoaiuto
 

Vigili del fuoco a L'AquilaDa Indymedia Abruzzo:

Sono ormai più di due mesi che i dipendenti del corpo nazionale Vigili del fuoco stanno lavorando al sisma che ha colpito la città dell’Aquila il sei aprile scorso.

Io sono un vigile del fuoco dell’Aquila e non è facile lavorare tutti i giorni nella città in cui vivo e vedere le sue profonde ferite.

Ho vissuto le prime settimane in modo molto intenso con i miei colleghi, ho lavorato senza tregua, stavamo veramente aiutando chi ne aveva bisogno e questo è stato ciò che ci ha fatto andare avanti, che ci ha dato il coraggio facendoci dimenticare perfino la stanchezza.

Da più di un mese invece l’esigenza pare si sia spostata solo sulle chiese fatiscenti ed altri pochi beni culturali (edifici storici o contenenti affreschi).

Le abitazioni distrutte insieme a quelle poco danneggiate sono state transennate ed abbandonate, ad aspettare che la pioggia le rovini del tutto.

I cittadini non hanno più alcun diritto sulle proprie abitazioni, relegati nelle tendopoli-lager, sono stati tagliati fuori dallo scenario.

Chi stanzia i soldi decide quali sono le esigenze e dirige i lavori. Il fine non è aiutare chi è rimasto senza niente. Si cerca la visibilità (recuperare una chiesa da sicuramente più prestigio che ridare una semplice abitazione ad una famiglia) oppure aiutare chi è sicuramente in grado di dare una lauta ricompensa: nel caso delle chiese i nostri politici hanno fatto bingo.

In questo bel quadretto noi Vigili del fuoco siamo solo delle braccia e come tutte le braccia mal pagate e senza alcun tipo di assistenza.

Infatti il corpo dei Vigili del fuoco è riconosciuto dall’art. 117 come facente parte delle forze dell’ordine. Tuttavia noi percepiamo stipendi da cani poiché non compresi nel comparto sicurezza (art. 16Legge 121/81) di cui fanno parte polizia, carabinieri, forestale (non elenco tutte le altre sottodivisioni che negli ultimi anni sono spuntate come funghi). La grande differenza tra i vigili del fuoco e quest’ultimi è che i primi non intervengono con le armi, ma soprattutto non fanno rientrare soldi nelle casse dello stato attraverso multe, sequestri e quant’altro. Siamo solo un’inutile spesa per lo stato.

Dall’inizio del terremoto i nostri turni sono di 24 ore (normalmente il turno è di 12) e per ora, sono passati due mesi e mezzo, questi straordinari non ci sono stati pagati.

La motivazione è che i soldi per pagarci non ci sono.

Ma a noi è più che evidente come i soldi (quei pochi che ci sono) vengano usati per altro, per cose ben più importanti della retribuzione di chi sta lavorando da oltre due mesi a ritmi sovrumani, i soldi sono meglio impiegati per i lavori d’ampliamento dell’areoporto di Preturo, punto di accesso per i “grandi”, o per l’allestimento di piattaforme per l’atterraggio del Papa che poi disdice (costituendo una spesa notevole in termini di materiale, personale e mezzi impiegati).

Da qui i Vigili del fuoco si sono dichiarati in agitazione contro il Governo ma mantengono il regolare svolgimento degli interventi nel rispetto delle popolazioni e del nostro lavoro.

I Vigili del fuoco richiedono un aumento dello stipendio: all’inizio di quest’anno a causa del condono gli stipendi si sono aggirati intorno a 700-800 euro mensili.

E’ difficile viverci con una famiglia a carico.

Inoltre i Vigili del fuoco richiedono attrezzi idonei per effettuare in modo efficiente gli interventi ed una maggiore cura nella formazione della nostra preparazione (maggiori aggiornamenti e corsi di formazione di una durata maggiore di una settimana).

A questa già difficile situazione si è aggiunto lo spostamento del G8 a L’Aquila.

Senza entrare nel merito di altre questioni riporto solo ciò che rappresenta e sta comportando quest’evento per il nostro lavoro.
I nostri turni che dovevano ritornare alla normalità delle 12 ore si continueranno a protrarre a 24 (non pagate ovviamente!)
Il nostro campo base centrale che si trovava nella caserma della Guardia di finanza (ora adibito per ospitare il vertice) è stato in fretta e furia spostato, nei pressi di Assergi (paesino ai piedi del Gran Sasso tutt’altro che centrale), comportando l’allestimento ex novo di strutture e tutto ciò che occorre togliendo tempo a ciò che dovremmo fare: aiutare le persone nei recuperi.

Come si suol dire…oltre al danno la beffa: un’ordinanza della protezione civile ci vieta di fermarci a mangiare nei campi prossimi al nostro intervento (principalmente l’Aquila) costringendoci a tornare, per mangiare un boccone, nel suddetto campo d’ Assergi.
E chiaro come questa misura non faccia risparmiare nè tempo nè combustibile e come sia davvero poco utile ai fini dell’emergenza e del lavoro di cui il nostro scosso territorio in questo momento necessita.

Dopo una assemblea pubblica i Vigili del fuoco hanno indetto una manifestazioni per il 25 giugno.

Speriamo di ottenere, insieme alla popolazione, un po’ più di rispetto.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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