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OBAMA L'INGANNATORE

Post n°852 pubblicato il 03 Agosto 2011 da dammiltuoaiuto
 

LASCIAMO STARE IL COMPROMESSO

 

- DI ELLEN BROWNAsia Times -

La crisi del tetto del debito degli Stati Uniti potrebbe essere evitato facendo rispettare il Quattordicesimo Emendamento, che obbliga il governo a pagare i suoi debiti già contratti, incluse le pensioni. Ciò concerne la social security, che è un “diritto”, nel senso originario della parola. Ne abbiamo diritto perché ce la siamo pagata con le tasse.
Il gioco della roulette russa a cui è sottoposto il debito pubblico statunitense è stato definito un “grottesco carnevale” e un ricatto politico. Queste proteste sono motivate da uno statuto che è presente solo negli Stati Uniti e che non ha mai avuto alcun senso.

Approvato per la prima volta nel 1917 e rivisto da allora varie volte, impone un limite quantitativo al debito federale. La cosa senza senso è che lo stesso congresso che ha votato sullo statuto ora vota sul bilancio che periodicamente eccede il limite, richiedendo così la revisione dello statuto. Il tetto del debito è stato innalzato 74 volte dal 1962, 10 dal 2001. Il più recente aumento, portato dalla H. J. Res. 45 a 14,294 triliardi di dollari, è stato convertito in legge il 2 febbraio del 2010.
Le tasse non vengono raccolte prima che il budget annuale sia passato, e così il congresso non può sapere in anticipo se o quanto prestito supplementare sia necessario. Inevitabilmente, ci saranno alcuni anni in cui il bilancio spinge il debito oltre il limite, richiedendo così una nuova regolamentazione. E inevitabilmente, ora che questa tattica è stata scoperta, ci sarà sempre una battaglia rovinosa per l’incremento, perdite di tempo nel congresso, la destabilizzazione dei mercati e una turbativa per la fiducia dei sistemi finanziari e politici statunitensi. Ci saranno continui ricatti, bracci di ferro e concessioni. La situazione è insostenibile e pretende una soluzione definitiva.
Fortunatamente, esiste. Un gruppo di studiosi di legge stanno facendo raccomandazioni per eliminare la questione tutti insieme giocando una briscola costituzionale. Il Quattordicesimo Emendamento riporta nella Sezione 4:

La validità del debito pubblico degli Stati Uniti, autorizzato per legge, che comprende i debiti contratti per i pagamenti delle pensioni e le ricompense per i servizi svolti per la repressione delle insurrezioni o delle rivolte, non può essere messa in discussione.

Quando lo statuto e la costituzione si scontrano, la costituzione prevale. Che il governo debba pagare quanto dovuto e già contratto, non è materia di negoziazione. È un mandato costituzionale. E queste sono proprio le somme si cui stiamo parlando, come il Presidente Barack Obama ha evidenziato nei suoi interventi sull’argomento lo scorso venerdì. Ha detto:

Alzare il tetto del debito offre semplicemente al paese la possibilità di pagare i conti che il congresso ha già approvato. Lo voglio sottolineare. Il tetto del debito non determina quanti soldi in più possiamo spendere, ci autorizza semplicemente a pagare le somme già dovute. Offre agli Stati Uniti d’America la capacità di mantenere la propria parola.

Ignorare il limite posto dal tetto del debito da un punto di vista costituzionale non farebbe, come ha dichiarato Michelle Bachmann, del Presidente Obama un “dittatore”. Significherebbe semplicemente che sta seguendo il suo mandato costituzionale per pagare i conti del governo in tempo e per intero.

Le pensioni non sono una forma di welfare

Il presidente potrebbe avere le idee chiare sull’argomento, ma non ne sta ben approfittando. Invece, sembra essere pronto a buttare le vecchiette sotto al tram tagliando le pensioni, Medicare e Medicaid, tutto in nome del “compromesso”.
Il Quattordicesimo Emendamento dice che i debiti già contratti non possono essere messi in discussione, “compresi i debiti per i pagamenti delle pensioni”. Che includono la social security, che è un “diritto” nel vero senso della parola: ne abbiamo diritto, perché ce le siamo pagato.
Infatti, il Social Security Act fu originariamente fatto accettare al congresso e alla nazione nel 1935 non come un sussidio del governo, ma come un programma di risparmi per la pensione. Già quest’anno l’Urban Institute ha pubblicato una studio per valutare il programma in questo modo, e ha concluso che il lavoratore medio che va in pensione oggi riceverà dalla social security proprio l’esatto ammontare che ha messo da parte negli anni, con un modesto 2% di tasso d’inflazione reale (dopo l’inflazione).
Un accordo è un accordo. Lo abbiamo pagato, è nostro e il governo degli Stati Uniti farà il suo. Per cambiare i termini dell’accordo ex post è sia una rottura del contratto che una violazione della costituzione.

Dove prendere i soldi

Una nazione sovrana può sempre trovare il denaro per pagare i debiti con una propria valuta. Gli Stati Uniti potrebbero, se volessero, pagare i conti usando le banconote libere dal debito o greenbacks, come fece il Presidente Abraham Lincoln per evitare un debito paralizzante durante la Guerra Civile. Alternativamente, potrebbe eliminare il deficit con il piano del Parlamentare Ron Paul, che raggiunge gli stessi risultati. Come ha spiegato Stephen Gandel per esporre la soluzione di Paul sul Time Magazine:

Nell’ultimo anno o due la Fed ha sempre comprato i bond del Tesoro per cercare di abbassare i tassi di interesse e di stimolare l’economia. L’ultimo giro di acquisti è stato nominato QE2, e al suo avvio era già attorniato da una fitta rete di critiche, anche se la gran parte degli economisti erano d’accordo sul fatto che generalmente si tratta di una misura utile. Il risultato è che la Fed adesso detiene circa 1,7 triliardi di dollari di debito.
Ma si tratta di un debito fasullo. Il Tesoro paga gli interessi sul debito per conto del governo degli Stati Uniti alla Fed, che in cambio restituisce il 90 per cento dei pagamenti che ottiene ancora al Tesoro. Comunque, quel triliardo e sette di obbligazioni che la Fed possiede, malgrado il gioco delle tre carte dei pagamenti, è ancora conteggiato nella somma del tetto del debito, che fa arrivare il totale del debito federale a 14,3 trilioni.
Il piano di Paul: facciamo sì che la Fed e il Tesoro straccino il debito. È comunque un debito fasullo. E alla Fed sarà permesso legalmente di restituire il debito al Tesoro per essere distrutto. Un triliardo e mezzo di dollari è pari alla stima della spesa che supererà le entrate fiscali per il 2011.

Il più grosso svantaggio del piano, come dice Gandel, è solo che “non sembra una buona cosa”. Dà l’impressione che il governo stia ripagando i propri debiti stampando moneta. Ma questa è l’emissione di moneta da parte di un governo: una banconota che attesta un debito dovuto e posseduto dal pubblico, che corrisponde a un valore equivalente che viene scambiato sui mercati. Una banconota degli Stati Uniti o greenback e una banconota della Federal Reserve o una fattura in dollari sono sempre promesse di pagamento. Il governo può emettere allo stesso modo una fattura in dollari, come una banconota in dollari e un’obbligazione in dollari, come Thomas Edison aveva già indicato negli anni ’20.
L’obiezione a questa soluzione è che provocherebbe inflazione, ma come l’economista Richard Koo dimostra graficamente, gli alleggerimenti quantitativi della Fed non hanno avuto fino a questo momento pratica alcun effetto inflazionistico per l’emissione di moneta:


Le politiche male indirizzate della Fed hanno invece causato un triliardo e sei di “riserve in eccesso” che sono nei bilanci delle banche, come già spiegato in un precedente articolo. In modo opportuno, l’eccesso delle riserve può essere usato come collaterale per i contratti di future e derivati, e questo è proprio quello che alcune banche sembrano fare con questo denaro: garantire gli scambi sul mercato finanziario. Questa sorta di speculazione, ossia soldi che fanno soldi senza che ci siamo un incremento di produttività, può e farà innalzare i prezzi.
Se le somme fossero state destinate direttamente al governo per spenderle sul budget nazionale, sarebbero potute arrivare nell’economia reale per ottenere qualcosa di buono. Il budget del governo verrebbe impiegato non per la speculazione, su per merci e servizi. Un aumento di domanda pilotato dal governo provoca un incremento dell’offerta, facendo convergere domanda e offerte, evitando così l’inflazione dei prezzi mentre viene stimolata l’attività economica.

È l’ora di fermare l’inganno

La crisi del debito è stata creata, non da una rete di sicurezza sociale comprata e pagata dai contribuenti, ma da un sistema bancario conquistato dai giocatori d’azzardo a Wall Street. Hanno perso le loro scommesse e sono stati salvate a spese dei contribuenti; e se qualcuno dovesse essere ritenuto responsabile, lo si dovrà trovare tra loro.
La crisi del tetto del debito è stata prodotta, architettata per estorcere concessioni che vincoleranno la classe media nello schiavismo del debito per i prossimi decenni. Il Congresso è autorizzato dalla costituzione a emettere la moneta che serve per pagare i suoi debiti. Abraham Lincoln lo fece; Barack Obama lo potrebbe fare. Probabilmente non lo farà, ma deve rispettare il suo mandato costituzionale per pagare i conti del governo come e quando dovuto. Lo statuto che impone un tetto al debito nazionale è aggirato dal Quattordicesimo Emendamento, rendendolo ridondante e non necessario. Lo statuto dovrebbe essere abolito. **************************************

Fonte: http://www.atimes.com/atimes/Global_Economy/MH02Dj04.html

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=article&sid=8711

 
 
 

Assenteista a 15mila € al mese

Post n°851 pubblicato il 03 Agosto 2011 da dammiltuoaiuto

Ecco la Classifica dei più assenteisti d'Italia:

17° On. Giancarlo Pittelli 51.42% PDL
16° On. Luca Giorgio Barbareschi 51.61% GRUPPO MISTO
15° On. Mario Baccini 54.24% PDL
14° On. Antonio Di Pietro 54.96% IDV
13° On. Gianni Vergnetti 55.21% API
12° On. Francesco Pionati 55.67% PT
11° On. Calogero Mannino 58.54% GRUPPO MISTO
10° On. Paolo Guzzanti 58.74% PT
   On. Italo Tanoni 63.37% GRUPPO MISTO
   On. Maria Grazia Siliquini 65.89% PT
   On. Ricardo Antonio Merlo 68.67% UDC
   On. Pier Luigi Bersani 69.56% PD
   On. Denis Verdini 70.41% PDL
   On. Antonio Angelucci 71.20% PDL

Salgono sul Podio:
On. Mirko Tremaglia 76.19% FLI
On. Niccolò Ghedini 76.57% PDL ( e possiamo immaginarci anche il motivo.. i processi di Berlusconi )
On. Antonio Gaglione 93.23% GRUPPO MISTO ..

..93,23% di assenteismo e percepire mensilmente 15mila euro lui e altri 4mila euro al mese per il suo portaborse! Questa è la peggiore Italia!

 
 
 

Sono il piu' assenteista......ma.. non mi dimetto

Post n°850 pubblicato il 03 Agosto 2011 da dammiltuoaiuto
 

“Quando ricevo lo stipendio non mi sento a posto, ma non mi dimetto!”

Antonio Gaglione

«La mia posizione non è limpida, lo ammetto». «Quando ricevo lo stipendio di deputato non mi sento proprio a posto. Ma la vita è fatta di bilanci e io che per 7 anni ho dedicato alla politica tempo, energia e soldi, mi dico che globalmente il bilancio è positivo. E di conseguenza non mi dimetto»

«Il Parlamento è stato espropriato delle sue funzioni. Non c'è una legge d’iniziativa parlamentare e si votano solo leggi di iniziativa governativa. Deputati e senatori sono lì solo per approvare o bocciare atti di governo. Per quello ho smesso di andarci» (Corriere del Mezzogiorno)

E’ disgustato e stanco della politica Italiana … ma non di rubare i soldi agli Italiani!

Il “campione” in questione si chiama Antonio Gaglione (eletto nel Pdl e poi passato al Gruppo Misto), ne avevo parlato proprio pochi giorni fa riportando la lista dei parlamentari più assenteisti … lui è il primatista della graduatoria con il 93.23% di assenze!

 
 
 

ONOREVOLI PELLEGRINI IN TERRA SANTA

Post n°849 pubblicato il 03 Agosto 2011 da dammiltuoaiuto
 

In pellegrinaggio ma con l'auto blu

 

La Camera dei deputati salva le macchine con autista, il Senato le segreterie. Ora oltre un mese di vacanza.

 

http://www.iltempo.it/politica/2011/08/03/1276530-pellegrinaggio.shtml?refresh_ce

 

Sembra lo slogan di una pubblicità: toccateci tutto ma non le ferie lunghe e le auto blu. Deputati e senatori risparmieranno in tre anni 270 milioni. Ma non su tutto. Alcuni privilegi resteranno: oltre alle macchine con autista, agli assegni mensili e alle vacanze da record, anche eventi, mostre e segreterie particolari. A Montecitorio un ordine del giorno presentato da Amedeo Laboccetta (Pdl) puntava a cancellare la fondazione della Camera. Costa 2 milioni di euro all'anno. È stata creata nel 2003 e, da statuto, deve divulgare l'attività della Camera, promuoverne l'immagine, favorire e sviluppare il rapporto tra l'istituzione parlamentare e i cittadini. Organizza eventi culturali, mostre e convegni. Tutte cose a cui, prima del 2003, provvedeva la Camera dei deputati. Ora il presidente della fondazione è Fausto Bertinotti. Lo affiancano nove deputati consiglieri di amministrazione, un direttore generale e quattro revisori dei conti. Il provvedimento presentato da Laboccetta avrebbe costretto il presidente Fini a chiuderla. Ma non sarà così: hanno votato a favore soltanto 57 deputati, 446 quelli contro. Eppure Laboccetta aveva ragioni da vendere: «Quelle attività - ha chiarito in Aula il deputato del Pdl - potrebbero tranquillamente essere realizzate senza costi utilizzando le risorse e il personale di cui la Camera già dispone». Montecitorio si tiene strette anche le auto blu. Un ordine del giorno del capogruppo dell'Italia dei Valori Massimo Donadi prevedeva di consentire l'uso della macchina di servizio soltanto al presidente Fini e al segretario generale. Insomma, basta vetture per i vicepresidenti, i numeri uno delle Commissioni, i capigruppo. Ma anche qui non c'è stato niente da fare: 199 voti a favore, 309 contro. Altro capitolo i vitalizi. L'Idv avrebbe voluto risparmiare subito 100 milioni all'anno trasformando gli assegni in rendite calcolate col sistema contributivo. Idea bocciata, anche se è passato un ordine del giorno del Pd per cui sarà messo a punto un sistema pensionistico che cancellerà i vitalizi. Passiamo al Senato. Gli inquilini di Palazzo Madama, che approveranno oggi il bilancio, non hanno voluto rinunciare alle spese per gli assistenti e le consulenze. È del 10,8 per cento l'aumento per il «personale addetto alle segreterie particolari»: si passa dai 13.183.756 euro spesi nel 2010 a una previsione di 14.990.000 per il 2011. Quasi due milioni di euro in più. Aumentano del 5,8 per cento, invece, i finanziamenti per «le prestazioni professionali per l'Amministrazione»: nel 2010 la voce è costata 1.807.231 euro, la previsione per il 2011 è di 2.226.000 euro. Infine le vacanze: da questo fine settimana all'11 settembre. L'attività parlamentare, infatti, riprenderà il 12. Più di un mese di ferie. Troppo, secondo tanti. Su internet le proteste sono state centinaia anche perché il motivo che ha spinto i capigruppo a posticipare la ripresa dei lavori (doveva essere il 5 settembre) non convince: un pellegrinaggio in Terra Santa di 170 deputati e senatori che si terrà dal 3 al 9 settembre. Fini ha rivolto un appello ai capigruppo: chissà che, almeno su questo, non facciano marcia indietro.

 

Alberto Di Majo

 

03/08/2011

 

 
 
 

UN MARE DI TRIVELLE PETROLIFERE

Post n°848 pubblicato il 02 Agosto 2011 da dammiltuoaiuto
 

Trivellazioni, a rischio 30mila chilometri quadrati di mare italianoGoletta Verde di Legambiente presenta il dossier 'Un mare di trivelle'. Tutti i numeri e i pericoli dell’estrazione di petrolio nel mare italiano: 30mila chilometri quadrati (una superficie più grande della Sicilia) a rischio trivelle, Canale di Sicilia e Adriatico centro meridionale le aree più minacciate. Bandiera nera per Northern Petroleum e Petroceltic Elsa.di Legambiente - 2 Agosto 2011

mare trivelle
Una superficie di mare italiano di circa 30mila chilometri quadrati rischia la realizzazione di nuove piattaforme petrolifere

Una superficie di mare italiano di circa 30mila chilometri quadrati, più grande dell’estensione della regione Sicilia, rischia la realizzazione di nuove piattaforme petrolifere. Le attenzioni fameliche delle aziende energetiche internazionali riguardano soprattutto il canale di Sicilia e le coste adriatiche di Puglia, Molise, Abruzzo e Marche. È questo l’allarme lanciato da Goletta Verde, la celebre campagna itinerante di Legambiente, con il dossier “Un mare di trivelle”, presentato durante la navigazione tra il Gargano e le isole Tremiti, oggetto di diverse richieste di ricerca di idrocarburi. Il rapporto illustra tutti i numeri e i rischi legati alle 117 nuove trivelle che, grazie ai permessi di ricerca di idrocarburi rilasciati fino ad oggi, minacciano il mare e il territorio italiano. Solo nell’ultimo anno infatti, sono stati concessi 21 nuovi permessi di ricerca per un totale di 41.200 chilometri quadrati (kmq).

Il mare non viene risparmiato: sono 25 i permessi di ricerca già rilasciati al 31 maggio 2011 al fine di estrarre idrocarburi dai fondali marini, per un totale di quasi 12mila kmq a mare, pari ad una superficie di poco inferiore alla regione Campania: 12 permessi riguardano il canale di Sicilia, 7 l’Adriatico settentrionale, 3 il mare tra Marche e Abruzzo, 2 in Puglia e 1 in Sardegna.

Se ai permessi rilasciati, sommiamo anche le aree per cui sono state avanzate richieste per attività di ricerca petrolifera, l’area coinvolta diventa di 30mila kmq, una superficie più grande della regione siciliana. Nel dettaglio, le aree di mare oggetto di richiesta di ricerca sono 39: 21 nel canale di Sicilia, 8 tra Marche, Abruzzo e Molise, 7 sulla costa adriatica della Puglia, 2 nel golfo di Taranto, e 1 nell’Adriatico settentrionale.

“Siamo di fronte ad un vero e proprio assedio del Mare Nostrum da parte delle compagnie straniere, che hanno presentato il 90% delle istanze di ricerca nel mare del nostro Paese, considerato il nuovo Eldorado, grazie alle condizioni molto vantaggiose per cercare ed estrarre idrocarburi - dichiara Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente -. Ma, come ripetiamo da anni, il gioco non vale la candela: secondo il Ministero dello Sviluppo economico le riserve stimate sono pari a 187 milioni di tonnellate che, considerando il tasso di consumo del 2010 di 73,2 milioni di tonnellate, verrebbero consumate in soli 30 mesi, cioè in 2 anni e mezzo. Proprio per questo anche quest’anno la Goletta Verde di Legambiente è in prima linea per difendere il mare italiano da questo assalto che garantirebbe solo ricchi utili per le società petrolifere, senza tener conto non solo dei rischi per il turismo e la pesca in caso di incidente, ma anche del nuovo modo di produrre energia che deve sostituire quanto prima le fonti fossili”.


Tra Gela e Ragusa nel 2010 si è prelevato il 54% del totale nazionale estratto dai fondali marini

In Italia nel 2010 sono state estratte poco più di 5 milioni di tonnellate di petrolio (4,4 milioni di tonnellate a terra e circa 700mila tonnellate a mare), pari al 7% dei consumi totali nazionali di greggio. Il petrolio dai fondali marini è stato estratto utilizzando 9 piattaforme e 83 pozzi ancora produttivi. La produzione di petrolio off shore, da trivellazione a mare, si concentra in due zone: a largo della costa meridionale siciliana, tra Gela e Ragusa, dove nel 2010 si è prelevato il 54% del totale nazionale estratto dai fondali marini, e nel mar Adriatico centro meridionale dove è stato estratto il restante 46%.

Ed è proprio su queste due zone che si concentra maggiormente l’attenzione delle compagnie per le nuove trivellazioni. Una lottizzazione senza scrupoli che non risparmia nemmeno le aree marine protette, come nel caso delle Egadi o delle Tremiti. Lo scorso aprile il ministero dell’Ambiente, con quello dei Beni culturali, ha approvato la Valutazione di Impatto Ambientale (Via) relativa ad un programma di indagini della Petroceltic Italia srl in un’area a ridosso delle isole Tremiti. La decisione ha riaperto la corsa al petrolio intorno al pregiato arcipelago, dopo che le dichiarazioni dello stesso ministro dell’ambiente Prestigiacomo e il decreto legislativo 128 del 20 giugno 2010, che vincola le attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi in mare, sembravano avessero fatto prendere una direzione opposta.

“La risposta dal territorio pugliese non si è fatta aspettare - dichiara Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia -. Il 7 maggio 2011 si è svolta una manifestazione nazionale a Termoli, che ha visto protagonista anche Legambiente, per ribadire con forza la contrarietà delle comunità locali contro questi progetti. Dopo la manifestazione sono seguiti anche atti formali: Legambiente ha impugnato dinanzi al TAR del Lazio il decreto di valutazione d’impatto ambientale (Via) del ministero dell’Ambiente, scelta condivisa anche con le altre associazioni ambientaliste e la Regione Puglia. Difenderemo con grande tenacia il patrimonio ambientale del mare pugliese che rappresenta il vero tesoro da preservare nell’interesse della collettività. Ci auguriamo di vincere anche questo ricorso come già fatto lo scorso anno contro il decreto di Via per le ricerche di petrolio a mare tra Monopoli e Ostuni”.

trivellazioni
L’Adriatico centro meridionale è oggetto di numerose richieste di ricerca soprattutto da parte di due aziende petrolifere straniere, la Northern Petroleum e la Petroceltic Elsa

Proprio l’Adriatico centro meridionale è oggetto di numerose richieste di ricerca soprattutto da parte di due aziende petrolifere straniere, la Northern Petroleum e la Petroceltic Elsa, ed è proprio per questo che la Goletta Verde di Legambiente assegna loro la poco ambita qualifica di "nuovi pirati del mare", conferendogli simbolicamente la bandiera nera, come già fatto con la Shell alle isole Egadi. Il vessillo, notoriamente consegnato a chi porta avanti progetti che minacciano l’integrità dell’ecosistema marino, vuole dimostrare tutto il disappunto dell’associazione ambientalista nell’assistere a questa compravendita che vede tratti di bellissimi mare svenduti a basso costo.

Ad aggravare la situazione incombono inoltre leggi 'ad trivellam' che allentano le maglie ai divieti imposti dal ministro Prestigiacomo la scorsa estate.

L’ultimo favore alle trivellazioni è arrivato il 7 luglio con il decreto legislativo di attuazione della direttiva sulla tutela penale dell’ambiente. Senza alcun pudore, si è utilizzato un provvedimento che avrebbe dovuto rafforzare le misure di tutela ambientale per inserire un comma che in realtà permette di aggirare il divieto alle attività di ricerca, prospezione ed estrazione di idrocarburi in mare per il Golfo di Taranto. Di fatto, il comma rende nuovamente possibile svolgere attività di ricerca all’interno del golfo, proprio quando tutte le istanze presenti in quest’area erano in fase di rigetto, visti i nuovi vincoli fissati nell’estate del 2010.

Sempre in favore delle compagnie petrolifere è attualmente in discussione in Parlamento anche un altro disegno di legge che prevede la "Delega al governo per l'adozione del testo unico delle disposizioni in materia di prospezione ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi". Un provvedimento di semplificazione dell’iter autorizzativo che esclude qualsiasi motivazione di carattere ambientale, giustamente bocciato all’unanimità dalla Commissione Ambiente del Senato nei primi giorni di luglio e che ci auguriamo non arrivi all’approvazione.

Portando avanti la propria battaglia contro tutti gli abusi ai danni del mare e delle coste, Goletta Verde di Legambiente s’impegna nella sua vertenza contro le trivelle, affermando con chiarezza la propria posizione che vede il rilancio del settore energetico nel nostro paese come inevitabile ma basato su innovazione, efficienza e rinnovabili e non certo sulla produzione di energia basata sugli idrocarburi, che oltre ad essere una seria minaccia per l’ambiente, appartiene oramai al passato.

“Nelle Isole Tremiti, come in tutta Italia, - conclude Stefano Ciafani - il futuro del mare sta nel turismo di qualità e nella pesca sostenibile, non certo nella minaccia di nuove piattaforme petrolifere che rappresentano una seria ipoteca sul futuro delle nostre coste, come ha dimostrato la tragedia ambientale del Golfo del Messico dello scorso anno. Per questo Legambiente ribadisce il no deciso all'ipotesi di nuove trivellazioni nel mare italiano, che garantirebbero solo ricchi affari per le aziende petrolifere senza alcuna ricaduta positiva sull'abbassamento della bolletta energetica nazionale e di quella delle famiglie italiane”.

 

 
 
 

UNA POLTRONA PER SEMPRE

Post n°847 pubblicato il 01 Agosto 2011 da dammiltuoaiuto
 

Una ‘poltrona’ per sempre!

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Girovagando sul web mi sono imbattuto nella classifica dei politici più “longevi” (nel senso di attaccamento alla poltrona), e spulciando la lista dei deputati viene fuori che al primo posto c’è Mirko Tremaglia (FLI) in carica da 39 anni e 59 giorni, seguito a ruota Giorgio La Malfa (Gr. misto) in politica da 37 anni e 35 giorni … scorrendo la “classifica”, poco più in basso possiamo scorgere l’ On. Gianfranco Fini (FLI) inchiodato su quella poltrona da 28 anni e 12 giorni (a pari merito con Pier Ferdinando Casini) … e tra i più fedeli c’è senza dubbio anche l’infaticabile Massimo D’Alema (Pd) che “scarozza” tra Montecitorio e Palazzo Madama da 22 anni e 105 giorni … o l’uomo che parla a gesti (a ‘dito medio’ solitamente) Umberto Bossi in politica da 20 anni e 104 giorni, o che so, Roberto Maroni (quello condannato per resistenza a pubblico ufficiale) saldamente in politica da 19 anni e 91 giorni insieme allo scalciatore Ignazio La Russa … o il piduista Fabrizio Cicchitto (Pdl) tessera P2 n° 2232, che campa sulle nostre spalle da 19 anni e 52 giorni, e via via tutti gli altri (vedi la lista completa).

senatori [Clicca per ingrandire]

Parlando di Senatori la storia non cambia, al primo posto troviamo Beppe Pisanu (Pdl) in politica da 37 anni e 68 giorni, seguito da Altero Matteoli (Pdl) in politica da 28 anni e 12 giorni, o Anna Finocchiaro (Pd) da 24 anni e 22 giorni, mentre  un po’ più in basso ecco Emma Bonino (Pd), 20 anni e 70 giorniMaurizio Gasparri (Pdl) da 19 anni e 91 giorni, come l’altro condannato per resistenza pubblico ufficiale, il ministro Roberto Calderoli …tra i più “assidui” risulta anche Francesco Rutelli (Api) a Palazzo da 18 anni e 315 giorni … ect ect ect … E non ho preso in considerazione i Senatori a vita altrimenti ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli …  (qui la lista completa).

Poi ci stupiamo del fatto che la classe politica Italiana sia tra le più vecchie al mondo

 

 
 
 

PEDOFILIA IL DRAMMA DELLA CHIESA IN IRLANDA

Post n°846 pubblicato il 01 Agosto 2011 da dammiltuoaiuto
 

Pedofilia, crisi per la Chiesa d’Irlanda

 

di FQLondra

di Mauro Longo, giornalista freelance in Irlanda

La bufera che ha colpito l’Irlanda e la Chiesa Cattolica ha tutto l’aspetto di una piccola apocalisse. Sono passate due settimane dalle ultime rivelazioni relative agli abusi sessuali prepetrati dai sacerdoti irlandesi e la situazione è sempre più critica.

L’inchiesta governativa pubblicata il 13 luglio è solo l’ultima di una serie di indagini terrificanti, che raccontano di centinaia di casi di pedofilia perpetrati da preti cattolici, con le aggravanti della sistematicità degli abusi e della connivenza dei vertici della Chiesa, irlandese e romana.

Particolarmente sotto attacco il Vescovo allora in carica John Magee e il suo braccio destro monsignor Denis O’ Callaghan, i due prelati che per anni avrebbero nascosto i fatti di pedofilia accaduti nell’Arcidiocesi di Cloyne. L’accusa è pesante, perchè i continui silenzi e insabbiamenti avrebbero esposto sempre nuove vittime alle successive disgustose attenzioni dei sacerdoti degenerati.

Dopo quindici giorni, il vescovo Magee non si è ancora presentato a rispondere personalmente sui dati dell’inchiesta governativa che ha shockato l’Irlanda, nonostante copra ben 13 dei 22 anni del suo arcivescovato. Il caso si tinge ulteriormente di giallo, perchè pare che nessuno sappia dove si trovi Magee, rifugiatosi forse negli Usa o a Roma, città quest’ultima che conosce molto bene per essere stato (unico nella storia vaticana) segretario personale di ben tre Papi: Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Tra le altre cose, poiché Magee fu una delle primissime persone, se non la prima in assoluto, a scoprire la morte di Giovanni Paolo I, il suo nome compare anche nella ridda delle congetture e delle ricostruzioni dell’accaduto, tra i sostenitori delle teorie dell’omicidio del Pontefice. Lo stesso Magee avrebbe dichiarato ad una rivista italiana che per quella vicenda fu interrogato perfino dall’Interpol.

Tornando al presente, la lettera di scuse inviata da Papa Benedetto XVI e l’accenno a una prossima visita nell’isola non bastano di certo a calmare gli animi. Qualche giorno fa, il ministro degli esteri irlandese Eamon Gilmore ha avuto un colloquio con il nunzio apostolico in Irlanda, monsignor Giuseppe Leanza, e ha chiesto in quella occasione una risposta ufficiale del Vaticano sui fatti di Cloyne. Anche nei confronti della Chiesa di Roma le accuse sono infatti gravissime: una lettera dell’allora nunzio apostolico, monsignor Luciano Storero, ammoniva i prelati irlandesi dal riferire alla polizia i casi sospetti. Secondo il ministro della Giustizia irlandese Alan Shatter, e il ministro per l’Infanzia Frances Fitzgerald, il Vaticano dava sostegno a coloro che evitavano di collaborare con le autorità, con un atteggiamento “completamente inaccettabile”.

Perfino il primo ministro irlandese Enda Kenny si è espresso con un discorso molto sentito, utilizzando parole durissime contro i tentativi di insabbiamento della Santa Sede, capace di anteporre i propri interessi a quelli delle vittime.

“Per nostra fortuna, questa non è Roma ha dichiarato il premier. “Questa è la Repubblica d’Irlanda del 2011, una repubblica di leggi, di diritti e di responsabilità… dove la delinquenza e l’arroganza di un certo tipo di “moralità” non saranno mai più tollerate o ignorate”.

A seguito di queste accuse dirette e senza mezzi termini, la segreteria di stato vaticana ha infine richiamato il nunzio apostolico a Roma, un gesto di piena crisi diplomatica, paragonabile al ritiro di un’ambasciata da un paese nemico.

Il vicedirettore della sala stampa vaticana, Padre Benedettini, ha dichiarato in merito che “il richiamo del nunzio (…) denota la serietà della situazione, la volontà della Santa Sede di affrontarla con obiettività e determinazione, nonché una certa nota di sorpresa e rammarico per alcune reazioni eccessive.

Anche quest’ultima espressione sembra non sia molto piaciuta agli irlandesi.

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/30/pedofilia-il-giorno-del-giudizio-sulla-chiesa-dirlanda/148888/

 
 
 

I POTABORSE TENGONO FAMIGLIA

Post n°845 pubblicato il 01 Agosto 2011 da dammiltuoaiuto
 

I portaborse e i “strani giochetti” dei politici per riceve migliaia di euro di rimborsi!DA  STOP  CENSURA.IT

I portaborse dei parlamentari Ne ho raccontate di tutti i colori negli ultimi tempi, dai strani aggeggi per superare gli ztl, alle 2200 pensioni dei parlamentari, ai 119 deputati con doppio in carico in parlamento, alle lussuose cene al costo di una manciata di euro dei nostri Senatori, agli assenteisti strapagati, ai vergognosi privilegi dei parlamentari a cui paghiamo viaggi, massaggi, cure termali, protesi ect ect, alla presa per il culo della mancata abolizione delle province (promessa e inserita nel programma del Pdl nl 2008), e potremmo continuare ancora molto a lungo … l’ultima porcheria che ho deciso di “denunciare” arriva dal sistema che gira intorno ai portaborse, che oltre ad esser spesso sfruttati, lavorando in nero e con stipendi sottopagati (ma non sempre è così), ci costano diversi centinaia di migliaia di euro l’anno senza saperlo … ma andiamo nel dettaglio (da La Stampa):

al Parlamento europeo vengono assunti e stipendiati direttamente dall’amministrazione e non dai singoli deputati, a cui viene tolta ogni responsabilità sulla gestione contrattuale di ricercatori o giovani documentaristi di cui avvalersi ogni giorno. In sostanza, mentre in Inghilterra i collaboratori vengono gestiti da un’agenzia indipendente, in Germania vengono pagati direttamente dal Bundestag, ma sono legati al deputato da un contratto di diritto privato, in Italia ognuno si regola a modo suo: i senatori del Pd versano ad esempio 1500 euro al mese al gruppo (degli oltre 4 mila euro ricevuti per i collaboratori) per far fronte alle spese di «segreteria», ma gliene restano circa 2500 da impiegare a proprio piacimento. Per assumerne altri nel proprio collegio o a Roma, oppure per intascarli, a scapito anche della propria produttività.

(..) Una vicenda che si protrae dal ’93 e che prevede che i dipendenti di partiti estinti vengano riassorbiti dagli altri gruppi, con un rimborso medio a carico del Senato di circa 10 mila euro al mese per ognuno di questi lavoratori.

Sistema che ha fatto così lievitare ulteriormente i costi (nonostante la crisi), come denunciato da Pietro Ichino (Pd):

«Trasferimenti ai gruppi parlamentari»: in cui, non solo la cifra complessiva aumenta da 6,9 a 7,3 milioni di euro, ma «cosa ben più grave, aumenta pure il contributo per il personale dei gruppi» di oltre un milione di euro (da 13 a oltre 14 milioni), circa due miliardi di vecchie lire.

E sicuramente saranno “spiccioli” questi di qui stiamo parlando, ma proprio non mi và giù il fatto che siamo noi cittadini a dover pagare i portaborse a questa gente (i politici più pagati dell’intera Ue) che oltre a non metterli in regola, usano escamotage per ricevere rimborsi (a spese dei contribuenti) di cui godono ad uso personale … e non sono poi neanche così pochi , ricordatevi, come detto sopra, che ogni gruppo parlamentare riceve 10mila euro al mese come rimborso per ogni portaborse reintegrato. Ma quanti sono?

il gruppo del PdL dovrebbe, in base al numero dei propri senatori (131), disporre di 21 dipendenti e ne ha invece 30; il gruppo Pd, composto da 106 senatori, dovrebbe averne 18 e ne ha 24; quello della Lega, con 26 senatori, ne ha 10 anziché 9; il gruppo dell’UdC, Svp e Autonomie, composto da 15 senatori, dovrebbe averne 7 e ne ha 12; come quello dell’Idv, che ne ha 12 e non 6. E soprattutto il Gruppo misto, a fronte di 21 senatori, dovrebbe avere 8 dipendenti e ne ha 21.

Calcolando che al momento i portaborse in più sono 35 (a 10mila euro al mese l’uno – pagato da noi contribuenti) fate un po’ il conto di quando buttiamo ogni mese? e all’anno, solo per i portaborse? E come se non bastasse:

«Risulta che ci siano diversi casi di persone che, pur ricevendo regolarmente da anni lo stipendio, tuttavia non mettono piede in ufficio. E che siano a libro-paga del gruppo misto ex dipendenti di gruppi non più esistenti»

Questa ragazzi è la peggiore Italia!

 
 
 

Non c'è nemmeno il pesce fresco.

Post n°844 pubblicato il 01 Agosto 2011 da dammiltuoaiuto

Non c'è nemmeno il pesce fresco.

Un pranzo di lusso con una manciata di spiccioli, carpaccio di filetto con salsa al limone a 2 euro e 76, spaghetti alle alici a 1 e 60, lamelle di spigola con radicchio e mandorle a 3 euro e 34, affettati, lombatine, dessert e grandi vini. Questo e molto altro al Ristorante del Senato. In 10 anni le spese per la ristorazione parlamentare sono aumentate del 119%, più che raddoppiate, ma i prezzi per Deputati e Senatori sono rimasti ridicoli. E pensate: non sono nemmeno contenti.
Il Senatore Riccardo Villari, eletto col Pd - già Dc, Ppi, Cdu, Udeur, Margherita, Mpa, Responsabile - e ora sottosegretario di B., ha appena dichiarato che il ristorante di palazzo Madama non è che lo soddisfi poi molto ... bah ... "niente di speciale" ... "non è Chez Maxim" ... "è cibo conforme al prezzo" ... al massimo "si può prendere un'insalatina, un po' di riso", ha sospirato ai microfoni de La Zanzara, Radio 24 ... "si mangia meglio alla Camera" ... "quando posso vado là" ... "al Senato è una cosa da mensa" ... "ecco, sì, una mensa come tante altre" ... che poi oh, "non c'è nemmeno il pesce fresco".

[il menù del Senato, clicca per ingrandire - fonte: l'Espresso -
Ascolta l'audio de La Zanzara, dal minuto 40]

 
 
 

LE LEGGI INUTILI DELLA CASTA

Post n°843 pubblicato il 01 Agosto 2011 da dammiltuoaiuto
 

È passata inspiegabilmente sotto silenzio la tabella pubblicata sul Corriere del Veneto alcuni giorni fa, nella quale era riportato l’indice di produttività del Consiglio regionale negli ultimi vent’anni.

Dal diagramma risulta che nel corso del 2010 (per due terzi sotto la guida di Luca Zaia) l’assemblea di Palazzo Ferro Fini ha stabilito un record negativo, limitandosi ad approvare ventinove provvedimenti legislativi.

Ciò che la tabella non dice (ma che ogni cittadino può verificare direttamente, consultando in rete le delibere varate, o leggendo gli articoli precedenti sul tema pubblicati su questo giornale) è che l’attività legislativa, già limitatissima dal punto di vista quantitativo, è stata poi quasi irrilevante sotto il profilo qualitativo, visto che la quasi totalità dei voti espressi ha riguardato materie di scarsa o nulla importanza, come la fissazione di nuovi requisiti per acquisire il titolo di maestro di sci. Per dirla in estrema sintesi: l’organo legislativo di una regione che, dal punto di vista economico, rivendica il primato in tutta l’area centro europea ha prodotto pochissimo e su temi del tutto marginali.

Per acquisire questo primato così poco lusinghiero, i contribuenti veneti si sono dovuti accollare le spese – queste sì, molto rilevanti – connesse con la retribuzione di 60 consiglieri nulla facenti, ma ottimamente retribuiti, e di una «macchina» amministrativa estremamente dispendiosa. Se si applicassero al Consiglio regionale i criteri con i quali abitualmente si valutano l’efficienza e il rendimento di un’azienda, si dovrebbe dichiarare la bancarotta dell’organismo. Ma non è tutto.

Sempre nei giorni scorsi, approfittando evidentemente della distrazione connessa al clima delle vacanze, gli inquilini di Palazzo Ferro Fini si sono fregiati di un altro primato, benché davvero poco invidiabile, mandando in fumo per l’ennesima volta la possibilità di approvare il nuovo Statuto regionale. Non un documento qualunque, ma quello che dovrebbe essere la base di funzionamento dell’organismo regionale. In discussione non da qualche mese, ma da ben dieci anni, senza che si sia mai raggiunto l’accordo necessario per la sua approvazione. Altro che Federica Pellegrini: questo è davvero un record. Tutto ciò mentre ormai, da ogni parte del mondo produttivo, organizzazioni dei lavoratori e rappresentanti delle imprese, artigiani e commercianti, richiedono a gran voce interventi capaci di rilanciare lo sviluppo, in un passaggio economico estremamente delicato. Lo scarto fra le reali necessità dei cittadini veneti, e l’inerzia politica e legislativa di coloro che dovrebbero assolvere a compiti di governo, non potrebbe essere più netto. Di fronte a tutto ciò, sorge spontanea una domanda, dettata letteralmente da una semplice constatazione, e non da pregiudizi o da opzioni faziose.

Cosa ci sta a fare Luca Zaia a Palazzo Balbi? Dove sono andate a finire le sue promesse elettorali? Perché non spiega all’elettorato che fine ha fatto il suo impegno di «rivoltare la regione come un calzino»? E ancora: di fronte al pietoso spettacolo di inefficienza offerto dall’amministrazione regionale, perché mai dovremmo auspicare la realizzazione del federalismo? Cosa ha da dire il veneto ministro Brunetta, severissimo fustigatore dei fannulloni, al cospetto di tanta clamorosa inoperosità? Possiamo scommetterci fin d’ora: a queste domande, nessuno si prenderà la briga di rispondere.

Umberto Curi
30 luglio 2011

http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/politica/2011/30-luglio-2011/leggi-inutili-casta-1901204973533.shtml

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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