Un blog creato da dammiltuoaiuto il 19/08/2007

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ZORRO E' CON GLI INDIOS SALVIAMO L'AMAZZONIA DALL' AUTOSTRADA

Post n°885 pubblicato il 30 Settembre 2011 da dammiltuoaiuto
 




Il governo della Bolivia è nel caos per la costruzione di una mega-autostrada che taglierebbe in due l’Amazzonia, distruggendo così la foresta. A seguito della repressione brutale contro i manifestanti indigeni, il Presidente è dovuto tornare sui suoi passi per riconsiderare la sua decisione. Mettiamoci dalla parte delle coraggiose comunità indigene per fermare la violenza e proteggere l’Amazzonia - firma ora e inoltra la petizione a tutti:

Domenica la polizia boliviana ha usato gas lacrimogeni e manganelli contro le popolazioni indigene, inclusi donne e bambini, che manifestavano contro la costruzione di una mega-autostrada illegale che taglierà in due la foresta amazzonica.

72 ore dopo il paese è caduto in crisi: il Ministro della difesa ha rassegnato le dimissioni per disgusto, i boliviani hanno occupato le strade del paese e il Presidente Evo Morales è stato costretto a sospendere momentaneamente la costruzione dell’autostrada. Alcune multinazionali molto potenti, però, hanno già cominciato a disboscare questa preziosa riserva naturale. Solo se il mondo si metterà dalla parte di questi coraggiosi leader indigeni potremo far sì che l’autostrada segua un altro percorso e garantire così la protezione della foresta.

Avaaz ha appena consegnato una petizione d’emergenza firmata da 115.000 membri della Bolivia e dell’America Latina a due ministri importanti: ora sono estremamente preoccupati e sotto pressione. Dopo questi episodi di brutale violenza dobbiamo agire con maggiore urgenza e lanciare un allarme per fermare la repressione e la costruzione dell’autostrada. Clicca per firmare la petizione - sarà consegnata in maniera spettacolare al Presidente Evo Morales non appena raggiungeremo le 500.000 firme:

http://www.avaaz.org/it/bolivia_stop_the_crackdown/?vl

Migliaia di indigeni hanno manifestato per sei settimane, dall’Amazzonia alla capitale. Alla fine, durante un incontro con Avaaz la settimana scorsa, il Ministro degli Affari esteri della Bolivia si è impegnato ad aprire un dialogo con i leader. Sabato è andato a parlare con i manifestanti, ma quando ha rifiutato di rispondere persino alle domande più basilari, lo hanno costretto a marciare con loro per un’ora per oltrepassare il blocco della polizia. Il giorno seguente gruppi di forze armate hanno fatto irruzione nell’area dove i manifestanti avevano messo su le tende, picchiando i presenti e chiudendo in galera centinaia di loro, dopo essere stati portati via a forza.

L’autostrada lunga 300 km taglierebbe in due il territorio TIPNIS (Territorio Indigeno e Parco Nazionale Isiboro Sécure), il gioiello della foresta amazzonica boliviana, famoso per i suoi enormi alberi, fauna selvatica e acqua purissima. La natura incontaminata e il significato culturale del TIPNIS gli hanno valso lo status di area doppiamente protetta, sia come parco nazionale che come riserva degli indigeni. L’autostrada è finanziata dal Brasile e collegherebbe il Brasile con i porti del Pacifico. Ma sarebbe un’arteria velenosa che distruggerebbe queste comunità e la foresta e aprirebbe questa terra incontaminata al disboscamento, alle esplorazioni di petrolio e di minerali, e alle attività industriali e agricole in larga scala. Uno studio recente dimostra che se l'autostrada fosse portata a compimento, il 64% del parco sarebbe disboscato entro il 2030.

La legge internazionale e quella boliviana dicono che i leader indigeni devono essere consultati se il governo vuole appropriarsi della loro terra, e le comunità indigene pretendono alternative sicure dove sviluppare la crescita economica e l’integrazione regionale. Ma il governo ha ignorato la loro opposizione e ha fallito nel prevedere una strada alternativa che non passasse per il TIPNIS. Morales ora invoca un referendum per la regione che ignora la legge e che è visto da molti come un tentativo di costruire illegittimamente il consenso.

Morales, primo Presidente indigeno della Bolivia, è conosciuto in tutto il mondo per le sue battaglie in difesa dell’ambiente e delle popolazioni indigene. Incoraggiamolo a rimanere saldo ai suoi principi, ora che questo conflitto latente ha raggiunto il suo picco violento, e mettiamoci dalla parte di quelli che sono in prima linea per difendere l’Amazzonia e per rispettare le comunità indigene. Firma questa petizione urgente per fermare la repressione e la costruzione dell’autostrada fuorilegge:

http://www.avaaz.org/it/bolivia_stop_the_crackdown/?vl

Ancora una volta la protezione della terra da cui tutti dipendiamo e i diritti delle popolazioni indigene sono sacrificati dai nostri governi sull’altare dello sviluppo e della crescita economica. I nostri leader scelgono le attività minerarie e la deforestazione anziché la nostra sopravvivenza, favorendo i profitti delle multinazionali. Nel futuro che tutti noi vogliamo l’ambiente e le vite di persone innocenti vengono prima del profitto. Il Presidente Evo Morales ora ha l’opportunità di mettersi dalla parte della sua gente, salvare l’Amazzonia e ripensare a cosa lo sviluppo significhi per l’America Latina in termini concreti.

Con speranza,

Luis, Laura, Alice, Ricken, David, Diego, Shibayan, Alex e il resto del team di Avaaz

Fonti

Morales sospende l’autostrada amazzonica (Terra):
http://www.terranews.it/news/2011/09/la-marcia-indietro-di-morales-pachamama-non-si-tocca

Bolivia, proteste contro l’autostrada, un morto (Repubblica tv):
http://tv.repubblica.it/mondo/bolivia-proteste-contro-l-autostrada-un-morto/76773/75138?video&ref=search

Bolivia, si dimettono due ministri. Morales è sempre più isolato (Il Fatto quotidiano):
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09/28/bolivia-si-dimettono-due-ministrimorales-e-sempre-piu-isolato/160558/

Articolo che cita lo studio sulle proiezioni delle conseguenze della deforestazione (in spagnolo):
http://www.lostiempos.com/diario/actualidad/vida-y-futuro/20110703/analisis-historico-y-proyeccion_132222_268061.html

Protesta degli indios in Bolivia: polizia interviene con la forza (Euronews):
http://it.euronews.net/2011/09/26/protesta-degli-indios-in-bolivia-polizia-interviene-con-la-forza/

 
 
 

VOGLIONO TOGLIERE LA PAROLA A ZORRO RIBELLIAMOCI ALLA NORMA AMMAZZA BLOG

Post n°884 pubblicato il 28 Settembre 2011 da dammiltuoaiuto
 

http://www.valigiablu.it/doc/538/comma-ammazzablog-post-dedicato-a-gasparri-c.htm

Comma ammazza-blog. Post dedicato a Gasparri & C.

Nobavaglio

Premessa: ieri sera a Porta a Porta si è parlato del comma 29, il cosiddetto ammazza-blog, ma gli spettatori di certo non avranno capito di cosa si tratta. E siccome per Gasparri e dintorni Internet è uno strumento micidiale, è evidente che i nostri politici e la nostra classe dirigente 1) non sanno niente della rete e pure legiferano su di essa 2) non hanno idea del mondo che c'è qui dentro 3) hanno bisogno di un corso full immersion del comma ammazza-blog che stanno per legiferare. Bene il corso glielo offriamo noi, gratuitamente, perché caro Gasparri sì, Internet è uno strumento micidiale di libertà, di creatività, di condivisione di sapere e di conoscenza. Mondi inesplorati, capisco perfettamente (Arianna).

Probabilmente oggi stesso ricomincerà il dibattito parlamentare sul disegno di legge in materia di riforma delle intercettazioni, disegno di legge che introdurrebbe, una volta approvato, numerose modifiche al nostro ordinamento lungo tre direttrici: limitazioni alla utilizzabilità dello strumento delle intercettazioni da parte dei magistrati; divieto di pubblicazione di atti di indagine per i giornalisti, anche se si tratta di atti non più coperti da segreto; estensione di parte della normativa sulla stampa all’intera rete.
Cerchiamo di chiarire sinteticamente i dubbi espressi in materia.

Il disegno di legge di riforma delle intercettazioni ha un impatto significativo sulla rete?
Il ddl di riforma della normativa sulle intercettazioni influisce sulla rete in due modi, innanzitutto perché le limitazioni introdotte dal ddl in merito alla pubblicabilità degli atti di indagine riguarda, ovviamente, anche la rete, relativamente al giornalismo professionale, ma soprattutto perché in esso è presente il comma 29 che è scritto specificamente per la rete. Cosa prevede il comma 29? Il comma 29 estende parte della legislazione in materia di stampa, prevista dalla legge n. 47 del 1948, alla rete, in particolare l’art. 8 che prevede la cosiddetta “rettifica”.

Cosa è la rettifica?
La rettifica è un istituto previsto per i giornali e le televisione, introdotto al fine di difendere i cittadini dallo strapotere dei media unidirezionali e di bilanciare le posizioni in gioco. Nell’ipotesi di pubblicazione di immagini o di notizie in qualche modo ritenute dai cittadini lesive della loro dignità o contrarie a verità, un semplice cittadino potrebbe avere non poche difficoltà nell’ottenere la “correzione” di quelle notizie, e comunque ne trascorrerebbe molto tempo con ovvi danni alla sua reputazione. Per questo motivo è stata introdotta la rettifica che obbliga i direttori o i responsabili dei giornali o telegiornali a pubblicare gratuitamente le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti che si ritengono lesi.

Il comma 29 estende la rettifica a tutta la rete?
La norma in questione estende la rettifica a tutti i “siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”. La frase “ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica” è stata introdotta in un secondo momento proprio a chiarire, a seguito di dubbi sorti tra gli esperti del ramo che propendevano per una interpretazione restrittiva della norma (quindi applicabile solo ai giornali online), che la norma deve essere invece applicata a tutti i siti online. Ovviamente sorge comunque la necessità di chiarire cosa si intenda per “siti informatici”, per cui, ad esempio, potrebbero rimanere escluse la pagine dei social network, oppure i commenti alle notizie. Al momento non è dato sapere se tale norma si applicherà a tutta la rete, in ogni caso è plausibile ritenere che tale obbligo riguarderà gran parte della rete.

Entro quanto tempo deve essere pubblicata la rettifica inviata ad un sito informatico?
Il comma 29 estende la normativa prevista per la stampa, per cui il termine per la pubblicazione della rettifica è di due giorni dall’inoltro della medesima, e non dalla ricezione. La pubblicazione deve avvenire con “le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.

E’ possibile aggiungere ulteriori elementi alla notizia, dopo la rettifica?
Il ddl prevede che la rettifica debba essere pubblicata “senza commento”, la qual cosa fa propendere per l'impossibilità di aggiungere ulteriori informazioni alla notizia, in quanto potrebbero essere intese come un commento alla rettifica stessa. Ciò vuol dire che non dovrebbe essere nemmeno possibile inserire altri elementi a corroborare la veridicità della notizia stessa.

Se io scrivo sul mio blog “Tizio è un ladro”, sono soggetto a rettifica anche se ho documentato il fatto, ad esempio con una sentenza di condanna per furto?
La rettifica prevista per i siti informatici è sostanzialmente quella della legge sulla stampa, la quale chiarisce che le informazioni da rettificare non sono solo quelle contrarie a verità, bensì tutte le informazioni, atti, pensieri ed affermazioni “da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità”, laddove essi sono i soggetti citati nella notizia. Ciò vuol dire che il giudizio sulla assoggettabilità delle informazioni alla rettifica è esclusivamente demandato alla persona citata nella notizia. Non si tratta affatto, in conclusione, di una valutazione sulla verità, per come è congegnata la rettifica in sostanza si contrappone la “verità” della notizia ad una nuova “verità” del rettificante, con ovvio scadimento di entrambe le “verità” a mera opinione (Cassazione n. 10690 del 24 aprile 2008: “l’esercizio del diritto di rettifica… è riservato, sia per l’an che per il quomodo, alla valutazione soggettiva della persona presunta offesa, al cui discrezionale ed insindacabile apprezzamento è rimesso tanto di stabilire il carattere lesivo della propria dignità dello scritto o dell’immagine, quanto di fissare il contenuto ed i termini della rettifica; mentre il direttore del giornale (o altro responsabile) è tenuto, nei tempi e con le modalità fissate dalla suindicata disposizione, all’integrale pubblicazione dello scritto di rettifica, purché contenuto nelle dimensioni di trenta righe, essendogli inibito qualsiasi sindacato sostanziale, salvo quello diretto a verificare che la rettifica non abbia contenuto tale da poter dare luogo ad azione penale”).

Come deve essere inviata la richiesta di rettifica?
La normativa non precisa le modalità di invio della rettifica, per cui si deve ritenere utilizzabile qualunque mezzo, fermo restando che dopo dovrebbe essere possibile provare quanto meno l’invio della richiesta. Per cui anche una semplice mail (non posta certificata) dovrebbe andare bene.

Cosa accade se non rettifico nei due giorni dalla richiesta?
Se non si pubblica la rettifica nei due giorni dalla richiesta scatta una sanzione fino a 12.500 euro.

Che succede se vado in vacanza, mi allontano per il week end, o comunque per qualche motivo non sono in grado di accedere al computer e non pubblico la rettifica nei due giorni indicati?
Queste ipotesi non sono previste come esimenti, per cui la mancata pubblicazione della rettifica nei due giorni dall’inoltro fa scattare comunque la sanzione pecuniaria. Eventualmente sarà possibile in seguito adire l’autorità giudiziaria per cercare di provare l’impossibilità sopravvenuta alla pubblicazione della rettifica. È evidente, però, che non si può chiedere l’annullamento della sanzione perché si era in “vacanza”, occorre comunque la prova di un accadimento non imputabile al blogger.

La rettifica prevista dal comma 29 è la stessa prevista dalla legge sulla privacy?
No, si tratta di due cose ben diverse anche se in teoria ci sarebbe la possibilità di una sovrapposizione parziale. La legge sulla privacy consente al cittadino di chiedere ed ottenere la correzione di dati personali, mentre la rettifica ai sensi del comma 29 riguarda principalmente notizie.

Con il comma 29 si equipara la rete alla stampa?
Con il suddetto comma non vi è alcuna equiparazione di rete e stampa, anche perché tale equiparabilità è stata più volte negata dalla Cassazione. Il comma 29 non fa altro che estendere un solo istituto previsto per la stampa, quello della rettifica, a tutti i siti informatici.

Con il comma 29 anche i blog non saranno più sequestrabili, come avviene per la stampa?
Assolutamente no, come già detto con il comma 29 non si ha alcuna equiparazione della rete alla stampa, si estende l’obbligo burocratico della rettifica ma non le prerogative della stampa, come l’insequestrabilità. Questo è uno dei punti fondamentali che dovrebbe far ritenere pericoloso il suddetto comma, in quanto per la stampa si è voluto controbilanciarne le prerogative, come l’insequestrabilità, proprio con obblighi tipo la rettifica. Per i blog non ci sarebbe nessuna prerogativa da bilanciare.

Posso chiedere la rettifica per notizie pubblicate da un sito che ritengo palesemente false?
E’ possibile chiedere la rettifica solo per le notizie riguardanti la propria persona, non per fatti riguardanti altri.

Se ritengo che la rettifica non sia dovuta, posso non pubblicarla?
Ovviamente è possibile non pubblicarla, ma ciò comporterà certamente l’applicazione della sanzione pecuniaria. Come chiarito sopra la rettifica non si basa sulla veridicità di una notizia, ma esclusivamente su una valutazione soggettiva della sua lesività. Per cui anche se il blogger ritenesse che la notizia è vera, sarebbe consigliabile pubblicare comunque la rettifica, anche se la stessa rettifica è palesemente falsa.

Chi è il soggetto obbligato a pubblicare la rettifica, il titolare del dominio, il gestore del blog?
Questa è un’altra problematica che non ha una risposta certa. La rettifica nasce in relazione alla stampa o ai telegiornali, per i quali esiste sempre un direttore responsabile. Per i siti informatici non esiste una figura canonizzata di responsabile, per cui allo stato non è dato sapere chi è il soggetto obbligato alla rettifica. Si può ipotizzare che l’obbligo sia a carico del gestore del blog, o più probabilmente che debba stabilirsi caso per caso.

Sono soggetti a rettifica anche i commenti?
Anche qui non è possibile dare una risposta certa al momento. In linea di massima un commento non è tecnicamente un sito informatico, inoltre il commento è opera di un terzo rispetto all’estensore della notizia, per cui sorgerebbe anche il problema della possibilità di comunicare col commentatore. A meno di non voler assoggettare il gestore del sito ad una responsabilità oggettiva relativamente a scritti altrui, probabilmente il commento non dovrebbe essere soggetto a rettifica.

Pensavo di creare un widget che consente agli utenti di pubblicare direttamente la loro rettifica senza dovermi inviare richieste. In questo modo sono al riparo da eventuali multe?

Assolutamente no, la norma prevede la possibilità che il soggetto citato invii la richiesta di rettifica e non lo obbliga affatto ad adoperare widget o similari. Quindi anche l’attuazione di oggetti di questo tipo non esime dall’obbligo di pubblicare rettifiche pervenute secondo differenti modalità (ad esempio per mail).

Pensavo di aprire un blog su un server estero, in questo modo non sarei più soggetto alla rettifica?

Per non essere assoggettati all’obbligo della rettifica è necessario non solo avere un sito hostato su server estero, ma anche risiedere all’estero, come previsto dalla normativa europea. E, comunque, anche la pubblicazione di notizie su un sito estero potrebbe dare adito a problemi se le notizie provengono da un computer presente in Italia.

E’ vero che in rete è possibile pubblicare tutto quello che si vuole senza timore di conseguenze? E’ per questo che occorre la rettifica?
Questo è un errore comune, ritenere che non vi sia alcuna conseguenza a seguito di pubblicazione di informazioni o notizie online, errore dovuto alla enorme quantità di informazioni immesse in rete, ovviamente difficili da controllare in toto. Si deve inoltre tenere presente che comunque l’indagine penale od amministrativa necessita di tempo, e spesso le conseguenze penali od amministrative a seguito di pubblicazioni online, si hanno a distanza di settimane o mesi. In realtà alla rete si applicano le stesse medesime norme che si applicano alla vita reale, anzi in alcuni casi la pubblicazione online determina l’aggravamento della pena. Quindi un contenuto in rete può costituire diffamazione, violazione di norme sulla privacy o sul diritto d’autore, e così via… Il discorso che spesso si fa è, invece, relativo al rischio che un contenuto diffamante possa rimanere online per parecchio tempo. In realtà nelle ipotesi di diffamazione o che comunque siano lesive per una persona, è sempre possibile ottenere un sequestro sia in sede penale che civile del contenuto online, laddove l’oscuramento avviene spesso nel termine di 48 ore.

Ho letto di un emendamento presentato da alcuni politici che dovrebbe risolvere il problema della rettifica. È un buon emendamento?
Già lo scorso anno fu presentato un emendamento da alcuni parlamentari, che sostanzialmente dovrebbe essere riproposto quest’anno, con qualche modifica. In realtà l’emendamento Cassinelli, dal nome dell’estensore, non migliora di molto la norma: allunga i termini della rettifica a 10 giorni, stabilisce che i commenti non sono soggetti a rettifica, e riduce la sanzione in caso di non pubblicazione. L’allungamento dei termini non è una grande conquista, in quanto l’errore di fondo del comma 29 è l’equiparazione tra rete e stampa, cioè tra attività giornalistica professionale e non professionale, compreso la mera manifestazione del pensiero, tutelata dall’art. 21 della Costituzione, esplicata dai cittadini tramite blog. Per i commenti la modifica è addirittura inutile in quanto una lettura interpretativa dovrebbe portare al medesimo risultato, anzi forse sotto questo profilo l’emendamento è peggiorativo perché invece di “siti informatici” parla di “contenuti online” con una evidente estensione degli stessi (pensiamo alle discussioni nei forum). Tale emendamento viene giustificato con l’esempio del blogger che scrive: “Tizio è un ladro”, ipotesi nella quale, si dice, Tizio ha il diritto di vedere rettificata la notizia falsa. Immaginiamo invece che Tizio effettivamente sia un ladro, la rettifica gli consentirebbe di correggere una notizia vera con una falsa. Se davvero Tizio non è un ladro, invece, non ha alcun bisogno di rettificare, può denunciare direttamente per diffamazione il blogger ed ottenere l’oscuramento del sito in poco tempo.

Ma in sostanza, quale è lo scopo di questa norma?
Una risposta a tale domanda è molto difficile, però si potrebbe azzardarla sulla base della collocazione della norma medesima. Essendo inserita nel ddl intercettazioni, potrebbe forse ritenersi una sorta di norma di chiusura della riforma, riforma con la quale da un lato si limitano le indagini della magistratura, dall’altro la pubblicazione degli atti da parte dei giornalisti. Poi, però, rimarrebbe il problema se un giornalista decide di aprire un blog in rete e pubblicare quelle intercettazioni che sul suo giornale non potrebbe più pubblicare. Ecco che il comma 29 evita questo possibile rischio.

Bruno Saetta - blog
@valigia blu - riproduzione consigliata
 
 
 

LA REGIONE ABRUZZO VUOLE AMMAZZARE GLI ORSI CHE FOLLIA

Post n°883 pubblicato il 20 Settembre 2011 da dammiltuoaiuto
 


WWF: "La Regione Abruzzo si schiera contro l'orso"
Voltafaccia del comitato VIA che rinnega la decisione di chiudere la caccia fino al primo novembre nelle aree più importanti per l'Orso bruno marsicano. WWF: "Basta scelte irresponsabili, non assisteremo passivamente alla scomparsa dell'Orso bruno marsicano".

Il Comitato Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) della Regione Abruzzo vota contro l'impegno per la conservazione dell'Orso, rinnegando le prescrizioni poste a tutela della specie simbolo della Natura italiana, ormai ridotta a poche decine di esemplari. Contro il parere del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, contro il parere degli stessi funzionari istruttori della regione e senza la relazione d'incidenza ambientale prevista dalla legge, il Comitato ha irresponsabilmente rinnegato la precedente decisione del 3 agosto scorso volta ad assicurare una stretta tutela delle aree a forte presenza autunnale di Orso bruno marsicano (chiusura di tutta l'attività venatoria fino al primo novembre nelle aree A identificate dall'Accordo PATOM per la tutela dell'Orso bruno marsicano) e evitare qualsiasi possibile disturbo o danno ad una specie a serio rischio di estinzione. In realtà era una decisione annunciata visto che mentre il Comitato doveva ancora riunirsi era stata già convocata per il giorno seguente, ieri, una Giunta Regionale Straordinaria per permettere di cambiare il calendario venatorio sulla base della decisione del VIA.
Ricordiamo che il Comitato VIA è composto in larghissima parte da dirigenti della regione stessa (l'altroieri partecipavano ed hanno votato a favore della decisione l'Arch.Sorgi, direttore dell'area urbanistica della Regione, l'Arch.Pisano dirigente del settore, l'Avv. Valeri dirigente della stessa direzione, il geologo Del Sordo della Direzione LL.PP., l'esperta nominata dal Consiglio Regionale Arch. Chiavaroli, due architetti delle province di Chieti e L'Aquila, Ursini e Cataldi, e il rappresentante del Corpo Forestale dello Stato Dott. Ranieri). La decisione, arrivata su richiesta della Direzione Agricoltura (il Dr. Luigi De Collibus e il Dr.Franco Recchia erano presenti alla discussione sostenendo argomentazioni tese a superare il divieto) era stata avanzata al solo fine di permettere di aprire la caccia in questi territori proprio nel periodo in cui le femmine si trovano a dover accumulare le necessarie riserve di grasso fondamentali per la riproduzione, risorse utili alla fase del parto in tana e poi allattare i cuccioli fino all'a primavera successiva. La sopravvivenza e la capacità riproduttiva degli orsi dipende strettamente dalle possibilità di sfruttare le risorse trofiche ed è palese il disturbo causato dall'attività venatoria a questa specie come a diverse altre in un periodo così delicato della loro vita. In un momento in cui serve seriamente un impegno straordinario per la conservazione di questa popolazione di orso unica, oramai ridotta a poche decine di esemplari, le decisioni assunte e le scelte della politica vanno invece in direzione diametralmente opposta.

Basti pensare che la decisione varata dalla Regione consente di entrare nelle aree più importanti per l'orso con cani segugi che possono essere lanciati all'inseguimento delle prede (come nella caccia alla volpe). Siamo arrivati pertanto al paradosso che il Parco d'Abruzzo per limitare il disturbo agli orsi ha ritenuto precauzionalmente, in piena stagione estiva, di chiudere l'accesso ad alcuni sentieri di quota al turismo, per evitare l'impatto determinato dalla presenza dei visitatori, mentre dall'altro lato la Regione Abruzzo acconsente l'ingresso in tali aree a migliaia di cacciatori, anche con l'ausilio dei cani. Con una simile scelta la Regione Abruzzo mostra grave irresponsabilità, si rischia di condannare veramente l'Orso bruno marsicano all'estinzione: la sconcertante decisione assunta dalla Commissione VIA in contrasto con le indicazioni di organi scientifici palesa una reale incongruenza tra il dire e il fare e condanna all'oblio il PATOM. Dichiara Raniero Maggini, vicepresidente del WWF Italia "Ci lascia estremamente sconcertati e ci preoccupa la decisione assunta ieri dal Comitato VIA della Regione Abruzzo che senza una relazione d'incidenza redatta secondo la legge e con un chiaro parere espresso più e più volte dagli istruttori della regione che chiedevano attenzione ai principi di conservazione del'orso bruno marsicano hanno disconosciuto principi di precauzione e impegni assunti , dobbiamo ora dire solo a parole, con la sottoscrizione da parte della Regione del PATOM. Il Comitato VIA ha incredibilmente rinnegato le prescrizioni precedentemente assunte, decisione espressa in agosto in coerenza con le responsabilità assunte nel rispetto delle normative europee e con la puntuale volontà di contribuire a percorrere le strade di buon senso per cercare di salvare dall'estinzione l'Orso bruno marsicano: una specie unica, un bene irrinunciabile e una ricchezza tutta italiana, come il Colosseo o la Cappella Sistina, l'indiscutibile volano dello sviluppo economico legato al turismo nell'Appennino centrale. C'è bisogno di un impegno comune e di decisioni che travalichino meri interessi locali e puntuali interessi politici, la tutela di questa specie non può essere messa in discussione per consensi politici e sacrificata per un pugno di voti, negando l'interesse della larga parte della comunità, nazionale ed internazionale. L'impegno per la conservazione passa attraverso interventi puntuali, seri e concreti di tutte le istituzioni coinvolte a livello locale e nazionale, di tutti quei soggetti che hanno sottoscritto il PATOM."

Il WWF interverrà in tutte le sedi nazionali ed internazionali utili per affermare la necessità che le istituzioni rispettino gli impegni assunti e che le normative ratificate dal nostro paese non rimangano lettera morta ma che si applichino e si faccia il possibile per tutelare beni e valori comuni come l'ultima popolazione di orso dell'Appennino. E' ora di dire basta a simili scelte irresponsabili, non assisteremo passivamente alla scomparsa dell'Orso bruno marsicano.

L'animale simbolo grazie al solerte assessore regionale ci sta per lasciare per sempre, come? semplice:

Incredibile richiesta al Comitato Valutazione di Impatto Ambientale regionale

Togliere un limite alla caccia imposto a tutela della specie.

Il WWF in queste ore è stato costretto a diffidare la Regione Abruzzo a seguito di una incredibile richiesta inoltrata dall'Assessorato all'Agricoltura guidato da Mauro Febbo al Comitato Valutazione di Impatto Ambientale della Regione stessa. La Direzione Agricoltura ha richiesto al Comitato VIA di rivedere la decisione del 3 agosto scorso in merito al Calendario venatorio 2011-2012 con la quale aveva imposto il posticipo all'1 novembre dell'apertura della caccia nell'area di massima concentrazione dell'Orso bruno marsicano (Zona A dell'accordo P.A.T.O.M. per la protezione dell'orso).

Dichiara Massimiliano Rocco, responsabile del programma specie per il WWF Italia "Il Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise aveva ribadito al Comitato VIA quanto già emerso in numerosi studi scientifici e, cioè, la necessità di evitare il disturbo degli orsi in uno dei periodi più delicati, quello dell'iperfagia che precede il letargo. In autunno l'Orso marsicano cerca di mangiare il più possibile per accumulare grasso sufficiente per passare l'inverno e per questo si muove moltissimo, divenendo più vulnerabile. Basti pensare che le femmine gravide devono accumulare risorse tali da poter partorire in pieno inverno ed allattare nella tana fino ad Aprile inoltrato. La presenza di cacciatori e gli spari conseguenti possono rappresentare un disturbo dannoso. Basti pensare che nei mesi scorsi il Parco ha chiuso precauzionalmente alcuni sentieri in quota per limitare il disturbo ad una specie così rara ed in pericolo, limiti ad escursionisti che al massimo hanno un binocolo e non un fucile a tracollo."

Dichiara Raniero Maggini, vicepresidente del WWF Italia "L'assessorato all'Agricoltura e l'ufficio caccia sembrano trascurare irresponsabilmente la gravità della situazione in cui versa la specie simbolo della Regione o peggio ritengono di subordinarla agli interessi dei cacciatori più estremisti. L'orso bruno marsicano è a fortissimo rischio di estinzione eppure si continua a far finta di niente. Per la conservazione dell'Orso bruno marsicano è fondamentale coinvolgere i cacciatori delle aree interne, mantenendo uno stretto legame tra chi pratica l'attività venatoria e territorio evitando l'invasione di cacciatori residenti in aree esterne. Lo stesso accordo PATOM sottoscritto dalla Regione ricorda l'importanza della creazione delle aree contigue ai parchi in cui solo i residenti possono cacciare. Una norma inserita nella Legge Quadro dei Parchi 394/91 su cui la Regione Abruzzo è inadempiente ormai da 20 anni. Non solo, la Direzione Agricoltura è riuscita a peggiorare ulteriormente la situazione inserendo nel Calendario venatorio il famigerato Comparto Unico sulla Migratoria che di fatto azzera anche gli Ambiti Territoriali di Caccia. Questo ha provocato un forte risentimento tra i cacciatori dell'aquilano. La Direzione Agricoltura della Regione appare ostaggio dell'estremismo venatorio. È necessario cambiare rotta immediatamente: confidiamo che il Comitato VIA rigetti nella riunione di domani questa richiesta confermando le scelte fatte a tutela dell'Orso il 3 agosto scorso e indicando alla Direzione Agricoltura la strada da seguire per il futuro" 


MANDA UNA EMAIL A GIANNI CHIODI

http://www.regione.abruzzo.it/portale/asp/sendemail.asp?id=prza1997


G. Chiodi: stampa@giannichiodi.com

M. Febbo: assagri@regione.abruzzo.it

D. Stati: daniela.stati@regione.abruzzo.it
MEGLIO ATTVI OGGI CHE MORTI DOMANI !!!!!!
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http://www.striscialanotizia.mediaset.it/segnalazioni.shtml
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Indirizzo: Striscia la notizia - Palazzo dei Cigni - 20090 Milano Due - Segrate - Mi
DILLO ALLE IENE
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PER OGNI ALTRA COMUNICAZIONE POTETE MANDARE UN FAX AL NUMERO 0225148915
LINK DELLA TRASMISSINE DI REPORT
http://www.report.rai.it/RE_segnalazioni/0,1067380,,00.html

 

 
 
 

FIRMA ANCHE TU PER LA COSTITUZIONE DELLO STATO DELLA PALESTINA

Post n°882 pubblicato il 19 Settembre 2011 da dammiltuoaiuto
 

Incredibile! Oltre 900.000 di noi hanno firmato la petizione, e la sua consegna all'ONU avverrà martedì. Raggiungiamo 1 milione di firme: inoltra l'e-mail a tutti!

Cari amici,



Il popolo palestinese ha chiesto al mondo intero di riconoscere lo stato della Palestina. Oltre 120 paesi hanno risposto all'appello, ma gli Stati Uniti e Israele si sono opposti e i leader europei non hanno ancora deciso da che parte stare. Fra 24 ore la proposta sarà presentata all'Assemblea generale dell'ONU: se riusciremo a convincere l'Europa a sostenere questo processo nonviolento e legittimo ora, potremmo avere un cambio di rotta decisivo verso la pace. Clicca per firmare questa petizione urgente:

Fra 24 ore l'Assemblea generale dell'ONU si riunirà, e il mondo intero avrà la possibilità di adottare una nuova proposta che potrebbe segnare il cambio di rotta di decenni di negoziati di pace fra israeliani e palestinesi: il riconoscimento da parte dell'ONU dello stato palestinese.

Oltre 120 nazioni del Medio Oriente, Africa, Asia e America Latina hanno già dato la loro adesione all'iniziativa, ma il governo di destra in Israele e gli Stati Uniti sono fortemente contrari. L'Italia e altri paesi chiave dell'Europa sono ancora indecisi, e solo un'enorme pressione da parte dell'opinione pubblica potrebbe convincerli a votare in favore di questa opportunità per mettere fine a 40 anni di occupazione militare.

I negoziati di pace guidati dagli Stati Uniti, che vanno avanti ormai da decenni, hanno fallito, mentre Israele ha confinato il popolo palestinese, confiscato le sue terre e bloccato la Palestina dal diventare indipendente. Questa nuova coraggiosa iniziativa potrebbe essere la migliore occasione che abbiamo per risolvere una volta per tutte il conflitto. Ci rimangono solo 24 ore per convincere l'Italia e gli altri leader chiave europei a dichiarare il nuovo stato ora, e per far sì che il sostegno dei cittadini di tutto il mondo a questa proposta legittima, nonviolenta e diplomatica sia chiaro e forte. Clicca sotto per firmare la petizione e inoltrala a tutti: raggiungiamo 1 milione di firme!

http://www.avaaz.org/it/independence_for_palestine_en/?vl

Se tracciare le origini del conflitto israelo-palestinese è complicato, la maggioranza della popolazione da ambedue le parti è invece d'accordo su un punto: il modo migliore per raggiungere la pace ora è la creazione dei due stati. Tuttavia, i diversi negoziati di pace che si sono susseguiti sono stati indeboliti da episodi di violenza da ambedue le parti, dai tanti insediamenti israeliani in Cisgiordania e dal blocco umanitario di Gaza. L'occupazione di Israele ha ridotto e frammentato il territorio dello stato palestinese e reso la vita di tutti i giorni dei palestinesi un inferno. L'ONU, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno annunciato recentemente che i palestinesi sono pronti per avere uno stato indipendente, ma il più grande ostacolo alla sua riuscita è l'occupazione da parte d'Israele. Persino il Presidente degli Stati Uniti ha chiesto di mettere fine all'espansione dei territori e di ritornare invece ai confini del 1967 con accordi sugli scambi di terra, ma il Primo ministro Netanyahu ha reagito furiosamente: il messaggio di non cooperazione non poteva essere più chiaro di così.

E' arrivata l'ora di un cambiamento epocale e di passare da un futile processo di pace a un nuovo cammino verso il progresso. Mentre Isreale e il governo americano dicono che l'iniziativa palestinese è "unilaterale" e pericolosa, in realtà le nazioni di tutto il mondo appoggiano pienamente questa mossa diplomatica che rigetta la violenza. Il riconoscimento globale della Palestina potrebbe isolare gli estremisti e incoraggiare il crescente movimento nonviolento israelo-palestinese in corso insieme al vento pro-democrazia che sta soffiando nella regione. Ma più importante ancora, potrebbe salvare il cammino verso un negoziato sugli insediamenti, permettere ai palestinesi l'accesso a una serie di istituzioni internazionali che potrebbero aiutarli a raggiungere la libertà, e inviare un chiaro messaggio al governo in favore dell'occupazione dei territori: il mondo non è più disposto ad accettare l'impunità e l'intransigenza.

Per troppo a lungo ormai Israele ha messo a repentaglio la speranza della nascita dello stato palestinese. Per troppo a lungo gli Stati Uniti sono stati accondiscendenti e per troppo a lungo l'Europa si è nascosta dietro gli Stati Uniti. Ora i leader europei non hanno ancora deciso da che parte stare sulla costruzione dello stato palestinese. Abbiamo solo 24 ore per raggiungere 1 milione di firme: appelliamoci a loro perché si mettano dalla parte giusta della storia e perché sostengano la dichiarazione della Palestina per la libertà e l'indipendenza, attraverso un forte sostegno e con il necessario aiuto economico. Firma ora la petizione urgente per chiedere all'Europa di sostenere l'iniziativa e appoggia questo passo decisivo per una pace di lungo termine fra Israele e Palestina:

http://www.avaaz.org/it/independence_for_palestine_en/?vl

La costruzione dello stato palestinese non risolverà questo lungo conflitto di punto in bianco, ma il riconoscimento dell'ONU cambierà tutto e aprirà le porte alla libertà e alla pace. In tutta la Palestina il popolo si sta preparando con molte aspettative e speranze per riprendersi la libertà che questa generazione non ha mai conosciuto. Mettiamoci dalla sua parte e facciamo pressione sull'Europa perché faccia lo stesso, così com'è avvenuto quando ha sostenuto i popoli egiziano, siriano e libico.

Con speranza e determinazione,

Alice, Ricken, Stephanie, Morgan, Pascal, Rewan e il resto del team di Avaaz

PIU' INFORMAZIONI

Abbas esorta l'Onu a riconoscere lo stato palestinese
http://it.notizie.yahoo.com/medio-oriente-abbas-esorta-onu-riconoscere-stato-palestinese-085049476.html

La Lega Araba chiederà alle Nazioni Unite il riconoscimento dello Stato di Palestina
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/15/la-lega-araba-chiedera-alle-nazioni-uniteil-riconoscimento-dello-stato-di-palestina/145612/

Migliaia di israeliani e palestinesi marciano per chiedere l’indipendenza della Palestina
http://www.asianews.it/notizie-it/Migliaia-di-israeliani-e-palestinesi-marciano-per-chiedere-l%E2%80%99indipendenza-della-Palestina-22119.html

La campagna di Israele contro il voto all'ONU (in inglese)
http://www.guardian.co.uk/world/2011/jun/10/israel-plan-block-un-palestinian-state?INTCMP=SRCH

L'appello della Palestina per il riconoscimento dello stato (in inglese)
http://www.ft.com/intl/cms/s/0/47a391f6-b121-11e0-a43e-00144feab49a.html#axzz1SefO7Aor

Lo stato palestinese bypassando Israele (in inglese)
http://english.aljazeera.net/indepth/opinion/2011/06/20116168535227628.html

Onu pronta al riconoscimento della Palestina. Obama prepara il veto
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/finestrasullamerica/grubrica.asp?ID_blog=43&ID_articolo=2109&ID_sezione=&sezione=

Lista dei paesi che riconoscono la Palestina
http://www.avaaz.org/en/countries_recognizing_palestine/?info

 
 
 

UN FUTURO DI MERDA SENZA PENSIONE PER I PRECARI

Post n°881 pubblicato il 18 Settembre 2011 da dammiltuoaiuto
 

di

Inps, è ufficiale: i precari saranno senza pensione. Silenzio dei media o scatta la

inpsff.jpg

UPDATEMastrapasqua, è una bufala quella sui precari? Risposte sulle pensioni non garantite

Generazione senza futuro, precari senza pensione: il silenzio imbarazzante dei sindacati (da Il Fatto quotidiano) 

Pensioni censurate: precari e partite Iva, l'Inps ruba il futuro in busta paga. Parla Anna Soru (Acta)

La notizia è arrivata e conferma la peggiore delle ipotesi. Rimarrà sotto traccia per ovvi motivi, anche se in Rete possiamo farla circolare. Se siete precari sappiate che non riceverete la pensione. I contributi che state versando servono soltanto a pagare chi la pensione ce l'ha garantita. Il nostro futuro, invece, non è assicurato. Perché l'Inps debba nascondere questa verità è evidente: per evitare la rivolta. Ad affermarlo non sono degli analisti rivoluzionari e di sinistra ma lo stesso presidente dell'istituto di previdenza, Antonio Mastrapasqua che, come scrive Agoravox, ha finalmente risposto a chi gli chiedeva perché l'INPS non fornisce ai precari la simulazione della loro pensione futura come fa con gli altri lavoratori: "Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale".

Intrage scrive che l'annuncio è stato dato nel corso di un convegno: la notizia principale sarebbe dovuta essere quella che l'Inps invierà, la prossima settimana, circa 4 milioni di lettere ai parasubordinati, dopo quelle spedite a luglio ai lavoratori dipendenti, per spiegare come consultare on line la posizione previdenziale personale. Per verificare, cioè, i contributi che risultano versati.

La seconda notizia è che non sarà possibile, per il lavoratore parasubordinato, simulare sullo stesso sito quella che dovrebbe essere la sua pensione, come invece possono già fare i lavoratori dipendenti. Il motivo di questa differenza pare sia stato spiegato da Mastrapasqua proprio con quella battuta. Per dire, in altre parole, che se i vari collaboratori, consulenti, lavoratori a progetto, co.co.co., iscritti alla gestione separata Inps, cioè i parasubordinati, venissero a conoscenza della verità, potrebbero arrabbiarsi sul serio. E la verità è che col sistema contributivo, i trattamenti maturati da collaboratori e consulenti spesso non arrivano alla pensione minima.

precari, i lavoratori parasubordinati come si chiamano per l'INPS gli "imprenditori di loro stessi" creati dalle politiche neoliberiste, non avranno la pensione. Pagano contributi inutilmente o meglio: li pagano perché l'INPS possa pagare la pensione a chi la maturerà. Per i parasubordinati la pensione non arriverà alla minima, nemmeno se il parasubordinato riuscirà, nella sua carriera lavorativa, a non perdere neppure un anno di contribuzione.

L'unico sistema che l'INPS ha trovato per affrontare l'amara verità, è stato quello di nascondere ai lavoratori che nel loro futuro la pensione non ci sarà, sperando che se ne accorgano il più tardi possibile e che facciano meno casino possibile.

Quindi paghiamo i nostri contributi che non rivedremo sotto forma di pensione. Se reagiamo adesso, forse, abbiamo ancora la speranza di una pensione minima.

 
 
 

E DICONO DI AVER RIDOTTO I COSTI DELLA POLITICA....

 

boberLuca Telese -Fonte: Il Fatto Quotidiano


Dal regale e imperioso “lei non sa chi sono io”, all’emergenziale e clandestino “Lei non sa chi non sono io”. Ci voleva la penna arguta e l’occhio da esperto raccontatore di Palazzo di una firma della Stampa come Fabio Martini, per fotografare l’immagine che racconta il passaggio
di epoca: quella dell’onorevole della Seconda Repubblica e mezzo che per strada nega la sua funzione, la sua identità, la sua immagine, nei tempi della grande crisi. Abbiamo visto passare due Repubbliche in cui i parlamentari esibivano il proprio orgoglio, ci prepariamo a una terza in cui aspirano alla clandestinità. Un motivo, un motivo brutale, matematico, immediato, per spiegare questa repentina mutazione di status, in effetti c’è.

La manovra più pazza del mondo, quella che balla ogni giorno la sua danza tra Camera e Senato annunciando nuovi balzelli e variando i propri totali, annunciava sfracelli, e ha partorito un topolino. La Casta ha annunciato e propagandato i propri sacrifici, ha raccontato il senso responsabile del martirio autoimposto e dei tagli di bilancio. E ha partorito l’ennesima piccola grande truffa, un balletto di cifre taroccate, che nascondono l’invarianza dei saldi. Un esempio? Il contributo di solidarietà raddoppiato che preoccupava tanto l’onorevole Paniz (“Se va bene prenderò solo 300 euro!”), in realtà si applicherà solo ai parlamentari che guadagnano di più (presidenti, vicepresidenti e presidenti di commissione). Quanti? Su quasi mille, secondo i calcoli dei due inchiestisti anti-Casta, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, si applica sì e no a trenta persone.

Tutti coloro che vogliono leggere una fotografia vivida, impietosa e persino feroce di questa ennesima operazione gattopardistica, non devono fare altro che leggere l’ultimo libro della premiata ditta Stella-Rizzo. Si intitola Licenziare i padreterni (Rizzoli, 180 pagine 9 euro), ed è un instant book che documenta in diretta i conti fallimentari dello Stato e la velleità dei tanto sbandierati tentativi di (auto)riforma. “Padreterni”, non è una recente ingiuria tratta dall’arsenale di qualche profeta dell’antipolitica, ma una definizione ironica tratta dalla penna alata di un padre della Repubblica come Luigi Einaudi: “A Roma spadroneggia un piccolo gruppo di padreterni, i quali si sono persuasi, insieme con qualche ministro, di avere la sapienza infusa nel vasto cervello. Bisogna licenziare questi padreterni orgogliosi, persuasi di avere il dono divino di guidare i popoli nel procacciarsi il pane quotidiano. Troppo a lungo li abbiamo sopportati.

Volete scaldarvi con una raffica di numeri emblematici tratti dal breve e caustico saggio ? Eccone alcuni che fanno riflettere. Stella e Rizzo hanno passato allo scanner i conti della politica. Per scoprire, ad esempio, che sulle donazioni che hanno prodotto sconti fiscali, ogni 100 mila euro, 392 euro vanno a enti benefici e ben 19 mila vanno ai partiti politici. Hanno riaggregato le fumose voci di bilancio del Palazzo per scoprire che la Camera dei deputati è passata da 291 milioni di euro del 1983 a un miliardo e 59 milioni del 2011. Totale dell’aumento, attualizzando il calcolo? La percentuale calcolata da Stella e Rizzo fa fare un salto sulla sedia: più 41,28% di spesa, alla faccia dei proclami moralizzatori e degli inviti all’austerità. E il Quirinale? Nel 2001 spendeva 140.476 milioni di euro. Nel 2011 ne spende 228 milioni, con un aumento del 62% (!). E che dire del Senato? Passa da 154,7 milioni del 1983 a 574 milioni del 2011. Totale dell’aumento di bilancio? Una cifra mostruosa, più 65%. Ma messi in rapporto al Pil i numeri si fanno ancora più inquietanti: l’aumento delle spese correnti della Camera è pari al 367%. D’altra parte, si fa presto ad aumentare le spese, se è vero che, solo per gli affitti dei Palazzi di Montecitorio spende 411 milioni di euro. Tutto è cresciuto: gli immobili, i dipendenti, i budget. E che dire del 31esimo stormo della Presidenza del Consiglio, quello che assicura i cosiddetti voli di Stato? Stella e Rizzo raccontano il piccolo capolavoro di tenacia che è costato mettere insieme quei dati.

Nel 2005, gli autori de La Casta avevano elaborato una media inquietante secondo cui la flotta dei voli blu aveva volato – in media – per 37 ore al giorno (!). Quest’anno, bombardando Palazzo Chigi per tre mesi di seguito, i due autori hanno finalmente ottenuto una risposta. Rielaborando i numeri esce fuori che oggi le ore sono addirittura aumentate del 20%. Stella e Rizzo sono andati a caccia delle singole cifre. Lo stipendio medio di un dipendente pubblico è 36.135. Quello di un dipendente della Camera 131.586 euro. E che dire delle piccole grandi vergogne? Che dire di Giuseppe Bova, ex vicepresidente (diessino) del consiglio regionale calabrese che si vantava dicendo: “Io non uso l’autoblu!”. Stella e Rizzo hanno trovato la cifra che Bova ha ottenuto come rimborso per l’uso dell’auto privata: 211 mila euro per quattro anni. Vogliamo aprire la piaga del finanziamento pubblico? E che dire del pugliese Giovanni Copertino, ex democristiano ed ex berlusconiano, esponente di punta delle giunte Fitto? Dopo venti anni di assemblea regionale ha incassato 492 mila euro di liquidazione. Qui le piccole storie si riverberano in quelle grandi, e le cifre ballano. Stella e Rizzo hanno calcolato quanto hanno percepito i partiti di finanziamento pubblico in 36 anni: 5 miliardi e mezzo di euro. Licenziare i padreterni è un racconto godibile e indignato, ma anche un libro di autodifesa. Finché quel frammento di società politica che viene definito Casta non ridurrà la sproporzione fra gli annunci e la realtà, la rabbia della società civile sarà difficile da placare.

10 settembre 2011
 
 
 

TUTTI I NUMERI DELA CASTA CHIESA

Post n°879 pubblicato il 12 Settembre 2011 da dammiltuoaiuto
 

Esenzioni, agevolazioni, finanziamenti. Tutti i numeri della “casta” Chiesa

lunedì, 5 settembre 2011

Luca Kocci

Adista Notizie n°62/2011

Al di là delle urla, delle aggressioni e delle dietrologie, cerchiamo di documentare, attenendoci a fatti, norme e numeri, i reali rapporti economici fra Stato e Chiesa in Italia, elencando contributi pubblici, esenzioni fiscali e privilegi economici di cui godono le strutture ecclesiastiche.

Otto per mille

Il capitolo più sostanzioso è rappresentato dall’8 per mille, la quota di imposte di cui lo Stato si priva e che, apparentemente in base alla volontà dei cittadini, indirizza alla Chiesa cattolica e alle altre confessioni religiose che hanno firmato un’Intesa. Da dieci anni a questa parte si tratta di circa 1 miliardo di euro l’anno. Nel 2011 la cifra ha raggiunto il record di 1.118 milioni, in gran parte utilizzata per il funzionamento della struttura ecclesiastica: 467 milioni per «esigenze di culto e pastorale», 361 milioni per il «sostentamento del clero», 235 milioni per «interventi caritativi», 55 milioni accantonati «a futura destinazione».

Il punto controverso è il sistema di ripartizione, perché a firmare per destinare allo Stato o ad una confessione religiosa l’otto per mille delle proprie tasse è appena il 44% dei contribuenti, e solo il 35% sceglie la Chiesa cattolica. Ma il meccanismo – messo a punto anche da Giulio Tremonti, ben prima di diventare ministro (v. Adista n. 53/11) – prevede che le quote non espresse (quelle cioè di coloro che non fanno nessuna scelta) non restino all’erario ma vengano ripartite fra lo Stato e le confessioni religiose, in proporzione alle firme ottenute.

In questo modo la Chiesa cattolica con il 35% dei consensi si accaparra l’85% dei soldi. «La Cei rinunci alla ripartizione delle quote non espresse in sede di dichiarazione di redditi», chiedono le Comunità di base italiane. «Questo gesto restituirebbe anche dignità a quei contribuenti che esercitano il sacrosanto diritto di non scegliere per non compromettersi in un sistema che sancisce il privilegio delle istituzioni religiose, imposto dal nuovo Concordato craxiano con la Santa Sede, ad essere finanziate dallo Stato».

A questa cifra, poi, andrebbe aggiunta anche un’altra voce: quella dell’otto per mille che i contribuenti hanno scelto di dare allo Stato ma che, uscendo dalla finestra, rientra nelle casse della Chiesa. Nel 2010 – ultimo dato comunicato dalla Presidenza del Consiglio – dei 144 milioni destinati dai cittadini allo Stato, oltre 53 sono stati assegnati dalla presidenza del Consiglio ad enti ecclesiastici (diocesi, chiese e parrocchie, comunità monastiche e religiose, confraternite, congregazioni ed ordini) come contributo per il restauro di immobili religiosi considerati «beni culturali», nonostante nella ripartizione dell’otto per mille alla Chiesa cattolica sia già presente la voce «tutela beni culturali ecclesiastici» a cui, sia nel 2010 che nel 2011, sono stati riservati 65 milioni.

Cappellani ospedalieri, carcerari e militari

I cappellani degli ospedali, delle carceri e dei militari svolgono un servizio di assistenza religiosa, ma sono pagati dallo Stato o dalle Regioni. Eppure, sostengono anche diversi gruppi cattolici, a cominciare da Pax Christi, all’assistenza spirituale di malati, detenuti e militari potrebbero provvedere, gratuitamente, le parrocchie nel cui territorio si trovano ospedali, prigioni e caserme.

I più numerosi sono quelli degli ospedali, circa 750 divisi in 700 cappellanie sanitarie. A retribuirli ci pensano le Regioni o le Asl, che stipulano apposite convenzioni con le Conferenze episcopali regionali in base al numero dei posti letto (in media c’è un cappellano ospedaliero ogni 300 ricoverati, ma il numero varia territorialmente). Il costo annuale si aggira intorno ai 50 milioni di euro.

Nelle carceri operano invece circa 240 cappellani, per una spesa da parte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia di 15 milioni di euro l’anno.

I cappellani miltari oggi in servizio sono 184, tutti inquadrati con i gradi, e gli stipendi, degli ufficiali. L’ordinario militare, cioè il vescovo a capo della diocesi castrense – attualmente è mons. Vincenzo Pelvi –, ha le stellette e la retribuzione di un generale di corpo d’armata. L’onere finanziario è di circa 10 milioni di euro l’anno (nel 2005, ultimo dato reso noto, costarono quasi 11 milioni di euro ed erano complessivamente 190).

Una cifra che non comprende le pensioni degli ex cappellani, piuttosto elevate trattandosi di ufficiali a tutti gli effetti: la più alta, quella dell’ordinario-generale di corpo di armata – come il card. Bagnasco, ordinario militare prima di essere nominato presidente della Cei, e come Giuseppe Mani (arcivescovo di Cagliari), Giovanni Marra (amministratore apostolico della diocesi di Orvieto-Todi) e Gaetano Bonicelli (arcivescovo emerito di Siena) – si avvicina a 4mila euro al mese.

Invano, nel 2007, il senatore dei Verdi Gianpaolo Silvestri, riprendendo la storica battaglia di Pax Christi, presentò un disegno di legge per la «smilitarizzazione» dei cappellani militari, scatenando l’immediata reazione di Avvenire, con un duro editoriale di Marco Tarquinio, allora vicedirettore del quotidiano della Cei: quella dei cappellani in divisa è una «irrinunciabile presenza» (v. Adista nn. 43 e 57/07).

Scuola, editoria ed oratori

Da molti anni, e in particolare da quando l’allora ministro della Pubblica istruzione Luigi Berlinguer istituì le «scuola paritarie», la scuola privata gestita dagli ordini e dalle congregazioni religiose viene finanziata dallo Stato. Nel 2011, la cosiddetta legge di stabilità di Tremonti, ha assegnato alle scuole private 245 milioni di euro, mentre la scuola statale si è vista togliere 8 miliardi in tre anni. Bisognerebbe poi aggiungere i vari finanziamenti delle Regioni, per lo più sotto forma di «buono scuola» alle famiglie che iscrivono i figli nelle scuole provate. Uno dei più sostanziosi è quello della Regione Lombardia del ciellino Roberto Formigoni, che lo scorso anno ammontava a quasi 45 milioni di euro (v. Adista n. 3/10)

All’editoria cattolica, invece, nel 2010 sono stati erogati contributi statali diretti per 15 milioni di euro, spettando la parte del leone ad Avvenire, il quotidiano della Cei, che ha incassato 5milioni e 871mila euro. Un altro quotidiano cattolico, Il Cittadino, controllato dalla diocesi di Lodi, ha goduto di un finanziamento pubblico di 2 milioni e 530mila euro. Ai settimanali diocesani – i periodici ufficiali delle diocesi italiane – sono andati quasi 4 milioni di euro. Il resto, poco meno di 3 milioni di euro, è finito alle riviste edite da congregazione religiose, santuari, associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali di varia natura (anche Adista, in quanto agenzia indipendente edita da una cooperativa editoriale, usufruisce di un contributo pubblico, che nel 2010 è stato di 122.100 euro).

A godere di contributi pubblici sono anche molte parrocchie, oratori e scuole materne comunali. I finanziamenti vengono erogati dagli Enti locali, a tutti i livelli, quindi è impossibile riuscire a ricavare la somma complessiva. Solo per fare alcuni esempi: in Veneto, Regione, Provincia e Comune di Padova hanno elargito ad istituzioni ecclesiastiche e religiose 13 milioni di euro tra il 2009 e il 2010 (v. Adista n. 32/11); a Verona circa 1 milione (v. Adista n. 19/10).

Esenzioni: Ici, Ires, canone tv e acqua

Non pagano l’Ici gli immobili di proprietà ecclesiastica (ma anche di altri enti catalogati come «senza fini di lucro») destinati «allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive» purché «non abbiano esclusivamente natura commerciale». L’esenzione venne introdotta da Berlusconi e Tremonti nel 2005 e fu sostanzialmente confermata da Prodi e Bersani nel 2007 con l’aggiunta dell’avverbio «non esclusivamente» (v. Adista nn. 61, 69/05 e 81/07); sembrava che potesse scomparire con l’introduzione l’Imu, la nuova e “federalista” Imposta Unica Municipale voluta da Tremonti nel 2010, ma, in seguito alle vibranti proteste della Cei, l’esenzione venne subito ripristinata (v. Adista n. 81/10).

Le mancate entrate per i sindaci dovute all’esenzione Ici ammonterebbero ad una cifra fra i 400 e i 700 milioni di euro annui, come calcola l’Associazione nazionale dei Comuni italiani. La norma lascia spazio ad una «casistica di confine», ammette eufemisticamente Bersani – inventore del «non esclusivamente» –, per cui i Radicali, lo scorso 25 agosto, hanno annunciato la presentazione di un emendamento in grado di eliminare ogni ambiguità, salvando le Caritas ma facendo pagare l’Ici ai conventi trasformati in alberghi: «L’esercizio a qualsiasi titolo di un’attività commerciale, anche nel caso in cui abbia carattere accessorio rispetto alle finalità istituzionali dei soggetti e non sia rivolta ai fini di lucro – recita il testo –, comporta la decadenza immediata dal beneficio dell’esenzione dell’imposta».

Per gli enti ecclesiastici (e per altri enti assistenziali) c’è anche l’esenzione dal pagamento del 50% dell’Ires (imposta sui redditi delle persone giuridiche), con un risparmio fra i 500 e i 900 milioni di euro. Ed è dimezzato anche il canone Rai: gli apparecchi televisivi degli istituti religiosi (e delle associazioni) pagano 198 euro e 11 centesimi l’anno, mentre cliniche, uffici, negozi, alberghi, pensioni, affittacamere e campeggi a 1 o 2 stelle pagano 396 euro e 18 centesimi (gli alberghi a 5 stelle 6.600 euro).

Ci sono poi una serie di esenzioni “romane” che riguardano esclusivamente il Vaticano. Il pass per le zone a traffico limitato del centro storico alle automobili del Vaticano costa 55 euro l’anno, ai cittadini romani 550. Poi l’acqua: nel 1999 lo Stato Città del Vaticano aveva bollette arretrate nei confronti dell’Acea (la municipalizzata dell’acqua) per 44 miliardi di lire. Ne nacque un contenzioso, ma a saldare i conti fu il ministero dell’Economia, con la garanzia che il Vaticano avrebbe cominciato a pagare almeno il servizio di smaltimento delle acque di scarico (2 milioni di euro l’anno).

Il Vaticano però non pagò nemmeno quella parte del suo debito e così un emendamento alla legge finanziaria 2004 provvide allo stanziamento di «25 milioni di euro per l’anno 2004 e di 4 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005» per dotare il Vaticano di un sistema di acque proprio (v. Adista n. 83/03 e 53/11). Infine sono ovviamente esenti da tasse tutti gli immobili e le attività commerciali e turistiche che hanno sede legale nei palazzi vaticani che godono del regime di extraterritorialità, e quindi appartengono formalmente ad uno Stato estero, anche se si trovano nel cuore di Roma.

«Il mio regno non è di questo mondo», diceva Gesù di Nazareth a Pilato che lo interrogava prima della condanna a morte. In Italia, la Chiesa cattolica, con tutti i contributi statali, esenzioni fiscali e privilegi economici di cui gode, non deve pensarla come il suo fondatore.

 
 
 

TRAFFICI DI URANIO IN ITALIA GLI USA CONTRO L'ITALIA

Post n°878 pubblicato il 12 Settembre 2011 da dammiltuoaiuto
 

 

Traffici di uranio. Gli Usa contro le politiche italiane

 

http://www.terranews.it/news/2011/09/traffici-di-uranio-gli-usa-contro-le-politiche-italiane

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Alessandro De Pascale

WIKILEAKS. Per ben sei anni gli Stati Uniti hanno chiesto all’Italia di dotare i nostri porti di scanner per misurare la radioattività, preoccupati dall’attività delle ecomafie. Lo rivelano tre cable.

L'Italia al centro del contrabbando di rifiuti radioattivi. I traffici della nostra criminalità organizzata sono ritenuti una possibile minaccia dagli Stati Uniti. Lo rivelano numerosi cable «riservati», diffusi da Wikileaks, dai quali emerge il pressing di Washington per convincere il governo italiano a dotare i nostri porti di speciali scanner che possano controllare tutti i container in transito e rilevare eventuali radiazioni. Si tratta del cosiddetto progetto Megaports, lanciato dal Dipartimento dell’energia a stelle e strisce, per prevenire il traffico di materiale nucleare ed eventuali attacchi terroristici. Nella lista dei Paesi a rischio stilata da Washington è finita da tempo anche l’Italia che, per evitare gli scanner, ha schierato un vero e proprio «arsenale burocratico», con i ministeri e i vari enti pubblici che avrebbero messo «i bastoni tra le ruote», tramite il solito «scaricabarile».
 
Febbrili trattative tra Washington e Roma, raccontate in due cable del 2009 scritti da Elizabeth Dibble, allora potente funzionario dell’ambasciata Usa in Italia che ora gestisce i rapporti con l’Europa. La stessa che, in un altro cablogramma di quell’anno, giudica il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, «incapace, vanitoso e inefficace come leader europeo moderno». Per la Dibble «il traffico di materiale nucleare è una minaccia nuova, motivo per cui gli italiani la ritengono una misura eccessiva». A Washington chiede di «far capire al governo italiano, incontrando esponenti politici di destra, i benefici di questa tecnologia, dimostrandogli che se non la installeranno avranno problemi». Anche perché la legge statunitense stabilisce che «entro il 2012, il 100 per cento dei container diretti negli Usa debbano essere sottoposti a radioispezioni».
 
Il sistema Megaports è nato nel 2003 ed è già stato installato in 27 scali del mondo. L’amministrazione statunitense vuole arrivare a 100 entro il 2015. Consente di controllare tutte le merci in ingresso e in uscita dai porti. Sulla questione si è fatta sentire anche l’Unione europea, secondo cui gli Usa dovevano negoziare direttamente con Bruxelles prima di montare gli scanner nel Vecchio Continente e non ricorrere ad accordi bilaterali con i singoli Paesi. Così ha avviato una procedura di infrazione contro gli Stati Uniti. Washington però è andata lo stesso avanti continuando a chiedere invano al nostro Paese di installare questo sistema. In Italia «sono già falliti due precedenti tentativi nel 2004 e nel 2006, per i dubbi delle autorità, le troppe autorizzazioni necessarie e con la scusa che la sicurezza è di competenza dell’Unione europea».
 
Nella lista Megaports figurano i porti di Gioia Tauro, La Spezia, Livorno e Genova. Proprio in quest’ultimo scalo a gennaio è strato bloccato, perché risultato radioattivo, un tir diretto in Sardegna, altri due camion nel 2007. In tutti e quattro i porti già operano ufficiali della dogana americana in base alla Container Security Initiative (Csi), lanciata in seguito agli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001. Ad essere controllati, secondo la funzionaria Usa con «evidenti lacune», sono tuttavia solo i container ritenuti a rischio, diretti negli Usa. Perché nel nostro Paese «non c’è certezza che i carichi vengano ispezionati».
 
C’è poi la criminalità organizzata. «Nostre fonti ci dicono che nel porto di Gioia Tauro», che con i suoi 3 milioni di container l’anno è tra i maggiori d’Europa, «hanno occhi ovunque, perché lo usano per i traffici di droga e armi, tanto che due agenti della dogana sono stati trasferiti per le minacce ricevute, forse erano troppo zelanti nei propri controlli: al primo gli hanno sparato, mentre il secondo ha ricevuto due proiettili a casa», si legge ancora nel cable. «Due importanti imprese hanno abbandonato Gioia Tauro - aggiunge il report riservato - per trasferirsi in uno scalo nel Nord del Paese. Il sospetto è che abbiano preso questa decisione per evitare di pagare il pizzo alla criminalità». Per la Dibble, i nostri doganieri e gli agenti delle forze dell’ordine sono «troppo vulnerabili alla corruzione, perché guadagano poco». Proprio per questo «teniamo molto al progetto e preferiamo mettere in moto la nostra diplomazia, piuttosto che attendere il lavoro delle agenzie internazionali», spiega ancora il cablogramma. Vista la tradizionale presenza delle mafie nel Mezzogiorno, la Dibble consiglia all’amministrazione Usa di inserire anche Napoli nella lista degli scali Megaports. «Dobbiamo coinvincere gli italiani che serve anche a loro, oltre che a noi», continua il cable. «Del resto in seguito al disastro nucleare di Chernobyl gli italiani avevano comprato alcuni portali, meno efficaci di questi, per verificare i container provenienti dalla Russia, ma oltre ad effettuare una scansione meno completa la maggior parte sono inutilizzati», si lamenta la Dibble. A cambiare le carte in tavola è il fallito attentato del Natale 2009 sul volo Amsterdam-Detroit che fa scattare un «campanello d’allarme anche in Italia». Per gli Stati Uniti è l’occasione giusta per tornare alla carica.
 
Lo rivela un terzo cablogramma del 15 gennaio 2010, firmato direttamente dall’ambasciatore Usa a Roma, David H. Thorne. Pochi giorni prima il diplomatico aveva incontrato il premier, Silvio Berlusconi, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Entrambi gli avevano «assicurato» che per i nuovi scanner sarebbe a breve arrivato il «via libera». È l’8 gennaio 2010 quando il Consiglio dei ministri approva Megaports. Funzionari Usa incontrano poi il direttore dell’Agenzia delle dogane, Giuseppe Pelaggi. E nel marzo successivo viene firmato il memorandum d’intesa. La sperimentazione è partita prima dell’estate, ma per ora soltanto nei porti di Genova e Gioia Tauro.

 
 
 

L'ITALIA AIUTA I TRAFFICANTI DI ESSERI UMANI

Post n°877 pubblicato il 12 Settembre 2011 da dammiltuoaiuto

’Italia non fa nulla contro i trafficanti»

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Alessandro De Pascale

WIKILEAKS. Per la diplomazia Usa «manca un Piano contro il traffico di esseri umani» e la nostra polizia «non è addestrata per fronteggiarlo».

Gli Stati Uniti seguono da tempo, con la massima attenzione, il problema del traffico di esseri umani. I cable della diplomazia Usa, diffusi da Wikileaks, che riguardano questi crimini, sono numerosi. Almeno tre si concentrano sullo sfruttamento degli immigrati nel nostro Paese e sulle misure prese dal governo Berlusconi per contrastare gli ingressi irregolari. Un cablogramma inviato a Washington il 25 febbraio 2010 da David Thorne, ambasciatore Usa a Roma, rivela che sono proprio le «fonti governative» italiane a «riconoscere che la polizia dovrebbe essere meglio addestrata e applicare la legislazione sul traffico e l’immigrazione illegale in modo più uniforme in tutto il Paese, in cooperazione con le Ong». Manca inoltre «un organismo centrale per il controllo di questi crimini», anche a livello di raccolta dati sugli «arresti legati al traffico di esseri umani, i procedimenti giudiziari, le vittime inserite nei programmi sociali, il numero degli immigrati clandestini intercettati, l’emissione di temporanea di permessi di soggiorno, le persone che chiamano il numero verde per chiedere aiuto».
 
Un vero e proprio scandalo per gli americani, dato che l’Italia è una nazione di destinazione e transito di uomini, donne e bambini vittime di tratta a livello internazionale. Favorita dalla nostra particolare posizione geografica, vera e propria “portaerei” naturale adagiata nel Mediterraneo, che ha portato gli Usa a installare in Italia numerose basi militari. Il cable aggiunge poi che proprio «su richiesta dell’ambasciata degli Stati Uniti, il ministero della Giustizia raccoglie dati su arresti, processi e condanne per reati connessi a questo traffico». Ancora più grave, sempre secondo Thorne, «l’assenza di un Piano nazionale sul traffico di esseri umani che impedisce la valutazione degli sforzi per migliorare l’efficacia delle azioni intraprese». Oppure il fatto che «i pubblici ministeri spesso non riescono a provare il reato di traffico di persone per mancanza di prove e di conseguenza gli contestano altri crimini, come il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina».
 
Donne e bambini vengono portati in Italia per essere destinati alla prostituzione. «Vengono segregati, costretti a lavorare per lunghe ore e a spostarsi frequentemente sia in altre città sia italiane che all’estero». Gli assistenti sociali hanno inoltre «riferito che nelle grandi città sono stati registrati anche casi isolati di figli maschi di immigrati “affittati” dai trafficanti a clienti che pagano in anticipo». Secondo il Parsec, che per Thorne è «l’unico istituto di ricerca sociale che raccoglie statistiche affidabili sul traffico di esseri umani», il numero di persone coinvolte è rimasto stabile nel 2009 in Italia a quota 2.500. Almeno 28mila, secondo un ricercatore del Parsec, sarebbero invece le prostitute, prevalentemente straniere, che lavorano nelle strade italiane; l’80 per cento di queste di nazionalità rumena e nigeriana cui vanno aggiunte le 16mila che esercitano in club e appartamenti.
 
Se il Pacchetto sicurezza approvato dal governo Berlusconi nel 2009, ha certamente «ridotto il numero di donne che si prostituiscono per le strade delle grandi città, come Roma e Milano, la maggior parte si è solo spostata nelle periferie, nei centri più piccoli o in club e appartamenti privati, dove sono ancora più soggette a violenze e abusi», denuncia il cable. «I minorenni rappresentano il 10 per cento del numero totale delle vittime, il 13 per cento di quelli rumeni e nigeriani». Secondo il ministero del Lavoro, a fine 2009 erano circa 6.100 i minori non accompagnati registrati dal governo e solo il 23 per cento con documenti. Provengono soprattutto da Marocco, Egitto e Albania. Peccato, si lamenta ancora l’ambasciatore Usa, che «non esistono statistiche specifiche sul traffico di persone sfruttate nei servizi o nell’agricoltura e di bambini». Anche se «secondo gli esperti, dei 70mila uomini di nazionalità straniera arrivati illegalmente ​in Italia nel 2009, fino a 30mila sono stati sfruttati». E soprattutto «nel settore agricolo e al Sud, dove la stragrande maggioranza dei migranti lavora senza contratto».
 
Una decina di giorni prima di questo cable sul traffico di migranti, il console americano a Milano, Carol Z. Perez, aveva inviato al governo Usa un rapporto «riservato» sulle politiche del titolare dell’Interno, Roberto Maroni, «il ministro più potente della Lega», sull’integrazione. Si parla del cosiddetto permesso di soggiorno a punti. Il console riferisce che «mentre Maroni annuncia pubblicamente il nuovo provvedimento, in privato ci è stato segnalato come organizzatore di un Consiglio consultivo sulle questioni musulmane, dotato di 400mila euro». Motivo per cui Perez lo apostrofa come «pecora che si veste da lupo, per assecondare i propri elettori che temono l’immigrazione». Con proposte «quanto meno sospette».

 
 
 

Spese militari e sprechi. Ecco dove serve tagliare .Spese militari e sprechi. un risparmio di 68, 3 miliardi di euro

Spese militari e sprechi. Ecco dove serve tagliare

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Valentina Conti

LA PROPOSTA. Ieri in piazza Montecitorio i Verdi hanno presentato la “contromanovra” da 68,3 miliardi di euro. Bonelli: «Nessuno tocca i privilegi della casta. Servirebbe una ribellione morale».

«Un risparmio di 68,3 miliardi di euro tagliando spese militari, opere inutili e sprechi». è questa la proposta ribadita ieri dai Verdi che hanno presentato ieri in piazza Montecitorio, alla presenza del leader nazionale Angelo Bonelli, di Michele Dotti per l’appello “Abbiamo un sogno” e di Giuliano Tallone della Costituente ecologista, e di alcuni militanti, una controproposta alla manovra econnomica appena varata dal governo. L’enorme quantità di risorse indicata dai Verdi si potrebbe risparmiare «per mettere in ordine i conti pubblici e per produrre una manovra che davvero rilanci l’economia, evitando il disastro sociale che deriverà dalle misure decise dal governo Berlusconi», spiega Bonelli. Il presidente del partito ha altresì accusato il governo di aver «polverizzato l’Italia» nonché di aver «eliminato i fondamenti basilari di giustizia ed equità».
 
I Verdi, nel loro dossier, capovolgono completamente l’impostazione culturale dell’esecutivo, e allo slogan della campagna «svuotiamo gli arsenali e riempiamo i granai» avviata già da mesi - per informazioni, www.verdi.it - associano una proposta concreta. Tabelle alla mano, secondo il Sole che ride «occorre innanzitutto tagliare le spese militari risparmiando 68,3 miliardi. Ogni giorno», spiega ancora Bonelli, «gli italiani spendono 70-80 milioni di euro per comprare 210 caccia bombardieri, 10 fregate, 2 sommergibili». Ed ecco, nel dettaglio, le spese che spese che potrebbero essere tagliate: 15 miliardi per l’acquisto di 135 caccia, 5 miliardi per gli eurofighter, 1,3 miliardi per 8 aerei, 4 miliardi per 100 nuovi elicotteri militari, 5 miliardi per 10 fregate Freem, 1 miliardi per 2 sommergibili e 12 miliardi per l’acquisto di sistemi digitali per l’esercito».
 
Altri esempi, altri numeri per rendere meglio l’idea della contromanovra ecologista: «Basti pensare che con il costo di un solo cacciabombardiere F-35 (124 milioni di euro) si possono realizzare 83 asili nido oppure che possono accogliere 60 bambini ognuno. Con la cifra necessaria ad acquistare 10 F-35 (1,24 miliardi di euro) si possono acquistare impianti fotovoltaici (da 3 Kwh) per 80mila famiglie (che potrebbero così quasi azzerare la loro bolletta elettrica). Si produrrebbero 288 milioni di Kwh di energia pulita ogni anno e con un taglio alle emissioni di ben 235 milioni di kilogrammi di CO2 ogni anno ossia una riduzione di 80.000 Tep (tonnellate di petrolio equivalente) ogni anno».
 
Per non parlare dei tagli che deriverebbero dallo stop alle opere considerate «inutili»: rinunciando a Ponte sullo Stretto di Messina, Corridoio Tirrenico (Maremma) e Corridoio Tirrenico Sud (autostrada Roma Latina) si risparmierebbero 6 miliardi di euro. l’insieme delle misure servirebbe da un lato per centrare gli obiettivi europei e, dall’altro, rappresenterebbe una misura fondamentale per avere un’aria più pulita nelle nostre città, con un evidente miglioramento della vivibilità delle metropoli. Ma, osserva Bonelli, «mentre altri paesi hanno tagliato, questo governo non intacca i privilegi della casta militare e anche le opposizioni non proferiscono parole. Tutto questo meriterebbe una ribellione morale».

 
 
 

Ex alto ufficiale dell’intelligence della CIA e della Marina E ' COMPLOTTO

Post n°875 pubblicato il 11 Settembre 2011 da dammiltuoaiuto
 

Ex alto ufficiale dell’intelligence della CIA e della Marina ha scritto che il libro di Tarpley sul “terrore sintetico” made in USA è "il più forte fra più di 770 libri da me recensiti"

L’11 settembre è “un complotto USA”, dice un ex alto ufficiale dell’intelligence della CIA e della Marina
Si ringrazia per la traduzione Renato T.

Washington DC, 17 ottobre (PRWEB)
Amazon ha pubblicato un’affermazione senza precedenti da parte di una figura della comunità dell’intelligence USA che attribuisce le colpe dell’11/9 a Dick Cheney e ad alti membri dell’esecutivo della CIA. Robert Steele, repubblicano da una vita, fondatore del Marine Corps Intelligence Center e il primo fra i recensori della non-fiction di Amazon, ha scritto questa conclusione "con grande rammarico" dopo aver letto 9/11 “Synthetic Terror: Made in USA”, di Webster Tarpley, che egli loda come "senza dubbio, il più importante punto di riferimento moderno sul terrorismo di Stato."

L’autore e il recensore sono esperti di intelligence provenienti da due sponde differenti ma con vedute convergenti (le loro biografie sono sulla Wikipedia). Una caratteristica unica di 9/11 Stnthetic Terror è che Tarpley non imputa le operazioni sotto falsa bandiera, come quelle dell’11/9, a un intero governo o agenzia governativa. Il suo modello della “rete canaglia” mette in evidenza piccole quantità di talpe che infestano nodi cruciali in istituzioni come la CIA e i mass media.
Secondo Robert Steele la missione di intelligence della CIA è stata sovvertita dalle follie delle sezioni dedite alle operazioni segrete, per esempio, le false prove a supporto di una guerra in Iraq. Egli rappresenta la maggioranza degli ufficiali onesti della CIA che sostengono la Costituzione partecipando al movimento per l’intelligence open source.

Quando Steele non è impegnato nella lettura di centinaia di libri di saggistica, si occupa di riportare l’intelligence nella comunità degli esperti di intelligence. Il suo sito web, OSS.net, una Rete di partnership sull’intelligence globale, è un concetto rivoluzionario per l’intelligence del futuro: un’intelligence globale, open source, che si avvale del potere della rete e dei contributi dei cittadini in tutto il mondo.
Webster Tarpley è stato designato come relatore di primo piano alla conferenza di gennaio organizzata da OSS.net nella Virginia del nord. Tarpley è stato borsista Fullbright in Italia, dove fu il primo a presentare le Brigate Rosse come un controgruppo di terroristi organizzato dalla cricca neofascista italiana per tenere gli eurocomunisti fuori del governo (nel suo libro Chi ha ucciso Aldo Moro, pubblicato in italiano nel 1978). Nel 1991 irruppe nell’opinione pubblica con la storia del profondo coinvolgimento della dinastia Bush nel finanziamento del nazismo, in George Bush: The Unauthorized Biography.

Steele, nella sua recensione al libro di Tarpley, intitolata “Fra centinaia di libri, l’approccio più forte alla verità”, scrive:
“E, con grande tristezza, concludo che 9/11 Synthetic Terror di Tarpley è il più forte fra gli oltre 770 libri da me recensiti qui su Amazon, quasi tutti di saggistica. Devo concludere che l’11/9 è stato come minimo lasciato accadere come un pretesto per la guerra […]. Molto affascinante è la connessione, tracciata dall’autore, fra Samuel Huntington, l’autore de Lo scontro delle civiltà, e Leo Strass, l’anello che lega i nazifascisti e i neocon.
Questo, senza dubbio, è il più importante testo di riferimento moderno sul terrorismo di Stato, e anche il testo dove si suggerisce nel modo più puntuale che gli elementi canaglia nel governo USA, guidati verosimilmente da Dick Cheney con l’assistenza di George Tenet, Buzzy Krongard e altri vicini alle gang di Wall Street, sono i più colpevoli di terrorismo di stato […].

Tristemente, l’Esecutivo è ora al servizio di corporation che beneficiano di gravi delitti e nefandezze, anziché al servizio del popolo americano, il quale soffre gravemente per questi terribili misfatti.”
Vi invitiamo a leggere e votare sulla recensione completa in Amazon.com

Qui la biografia e la bibliografia del recensore http://en.wikipedia.org/wiki/Robert_D._Steele]

 
 
 

11 settembre 2001 L'INGANNO GLOBALE

Post n°874 pubblicato il 11 Settembre 2011 da dammiltuoaiuto
 

Quesiti sugli attacchi dell'11 settembre
di Jim Marrs - tratto da Nexus nr.36

Superficialmente tutto è sembrato abbastanza chiaro. Secondo la versione ufficiale, circa 19 terroristi mediorientali suicidi, col cuore gonfio di odio nei confronti della libertà e della democrazia americane, hanno dirottato quattro aerei di linea, ne hanno fatti schiantare due contro le torri gemelle del World Trade Center di New York ed un terzo contro il Pentagono. Il quarto a quanto viene riferito è precipitato nella Pennsylvania occidentale dopo che i passeggeri hanno tentato di contrastare i terroristi.
Tuttavia sono emersi molti quesiti inquietanti, fra cui:

- Perché i militari americani stavano predisponendo piani di guerra contro l'Afghanistan già da mesi prima degli attentati dell'11 settembre? Stavano soltanto cercando qualche evento che spingesse il pubblico americano, generalmente disinteressato, verso una guerra, come avvenuto in passato?

- Come è possibile che documenti cartacei che incriminavano bin Laden siano stati trovati infatti presso il WTC mentre le scatole nere degli aerei - progettate per resistere ad eventuali incidenti - erano danneggiate al punto da risultare inutilizzabili?

- Perché anche a distanza di giorni e persino di settimane dagli attentati al WTC agli operatori video è stato proibito di riprendere o fotografare le macerie da determinate angolazioni, così come lamentato dal corrispondente della CBS Lou Young, il quale ha chiesto: "Cos'hanno paura che vediamo?"

- Perché, come riferito dal New York Times del 16 ottobre, la relazione della polizia di New York al FBI è stata spedita con l'imballaggio "rischio per la sicurezza"? La sicurezza di chi è a rischio? Quella del FBI? Cos'è che il FBI non vuole che il Dipartimento di Polizia di New York sappia?

- Un piano terroristico palesemente sofisticato, che ha implicato almeno 100 persone e una preparzione di almeno cinque anni, come ha fatto a sfuggire ai nostri servizi di intelligence, in particolare CIA ed FBI? E perché, invece di destituire i responsabili di questo fallimento dell'intelligence e di ristrutturare completamente queste agenzie, stiamo raddoppiando il loro budget?

- Perché la Torre Sud del WTC è crollata per prima, quando non era così estensivamente danneggiata quanto la Torre Nord, che è bruciata per quasi un'ora e mezza prima di crollare?

- Perché molti testimoni affermano di aver sentito ulteriori esplosioni all'interno degli edifici? E perché la distruzione delle torri è sembrata più una implosione controllata che un tragico incidente?

- Perché il Direttore del FBI Robert Mueller ha ammesso che la lista dei nomi dei dirottatori potrebbe non contenere i loro nomi reali? Non deve forse chiunque mostrare una foto di identità per richiedere la carta d'imbargo? Che fine hanno fatto le normali misure di sicurezza?

- Perché c'è stata una discrepanza di 35 nomi fra le liste dei passeggeri pubblicate e il resoconto ufficiale dei morti su tutti e quattro i voli sfortunati? Il cronista di internet Gary North ha riferito che i "nomi pubblicati non collimano in nessun caso con il totale elencato per il numero delle persone a bordo". Qual è il motivo di questa discrepanza?

- Visto che nessuno di questi passeggeri elencati aveva un nome dal suono arabo coma ha fatto il governo a sapere quali erano i dirottatori?

- Perché i numeri dei sedili dei dirottatori, comunicati tramite una conversazione con cellulare dalla hostess di bordo Madeline Amy Sweeney al Controllo del Traffico Aereo di Boston, non coincidevano con i numeri dei sedili occupati dagli uomini che il FBI afferma siano stati i responsabili?

- Visto che il Mistero degli Esteri dell'Arabia Saudita ha comunicato che cinque dei presunti dirottatori non si trovavano a bordo degli aerei della morte e di fatto sono tuttora in vita, mentre è stato riferito che un sesto uomo della lista è vivo ed in buona salute in Tunisia, perché questi nomi si trovano ancora sulla lista del FBI?

- Perché su nessuna delle liste passeggeri non era riportato nemmeno uno dei nomi dei dirottatori citati? Se hanno usato tutti quanti degli pseudonomi, come ha fatto il FBI ad identificarli così in fretta?

- Perché uno dei dirottatori citati si è portato un bagaglio per un volo suicida e lo ha poi lasciato nella sua macchina all'aeroporto assieme ad un foglio che lo incriminava?

- Secondo il New York Times, per quanto riguarda le indagini complessive sugli attentati di settembre, verso la fine di ottobre le autorità americane hanno riconosciuto che la maggior parte dei loro promettenti indizi per scovare i complici e parte dei loro sospetti di lunga data relativi a svariati indiziati si sono chiariti; dal momento che sono state arrestate più di 800 persone e sono state ricevute da parte della popolazione più di 365 mila segnalazioni come mai, nella più grande indagine criminale nella storia degli USA, non è venuto fuori nulla di rilevante?

- Perché delle quasi 100 persone tuttora ricercate dal FBI nessuna viene considerata uno dei principali indiziati?

- Perché stiamo bombardando l'Afghanistan, quando apparentemente nessuno dei dirottatori elencati era afgano bensì erano arabi provenienti da vari paesi mediorientali? Visto che l'Iraq era coinvolto nell'attentato al WTC del 1993, perché non stiamo bombardando quello stato "canaglia"?

- Come hanno fatto i terroristi ad ottenere i segretissimi codici e segnali della Casa Bianca e dell' Air Force One - pretesto per sballottare il Presidente Bush per tutto il paese l'11 settembre? Ciò costituiva la prova del lavoro di un infiltrato oppure, come riportato da Fox News, la prova che l'ex dipendente del FBI ed agente doppiogiochista Robert Hanssen aveva consegnato una versione aggiornata del software trafugato Promis ai suoi manipolatori Russi i quali, a loro volta, lo hanno passato a bin Laden? Forse che questo software, che durante l'amministrazione Reagan venne sottratto ad una società americana da funzionari del Dipartimento di Giustizia presieduto dal Procuratore generale Ed Meese, permette ad esterni la libera penetrazione dei nostri computer più segreti?

- Se l'aereo del Volo 93 della United Airline è precipitato in seguito ad un'eroica lotta dei passeggeri con i dirottatori, perché dei testimoni hanno parlato di un secondo aereo che lo seguiva, di detriti infuocati che cascavano, di nessun cratere profondo e di relitti sparsi per un'area di sei miglia, cose che indicano un'esplosione in volo?

- Perché i notiziari hanno descritto passeggeri del Volo 93 mutilati e a cui è stata tagliata la gola con dei taglierini, mentre la rivista Time del 24 settembre ha riportato che uno dei passeggeri ha chiamato a casa col cellulare per riferire che "Siamo stati dirottati, ma ci stanno trattando gentilmente"?

Tratto da Nexus New Times edizione italiana nr.36 Gennaio-Febbraio 2002

 
 
 

La battaglia per il futuro del nostro pianeta

Post n°873 pubblicato il 03 Settembre 2011 da dammiltuoaiuto
 

Cari amici,



L'Australia sta per adottare una legge che ridurrebbe le emissioni di CO2 e farebbe pagare gli inquinatori. Questa è una battaglia di primo piano per il futuro del nostro pianeta: se la vinceremo potremo incoraggiare azioni simili in tutto il mondo. Ma Rupert Murdoch e i maggiori inquinatori ce la stanno mettendo tutta per accantonare la legge, diffondendo messaggi di paura in tutto il paese. Possiamo aiutare ad affondare il mantra di Murdoch con messaggi di speranza da tutto il mondo e far adottare la legge. Partecipa ora:

In questi giorni una battaglia decisiva per il clima scuote l'Australia: il governo sta per adottare una legge che ridurrebbe le emissioni di gas serra e imporrebbe agli inquinatori di pagare. Ma le grandi industrie, appoggiate da Rupert Murdoch, stanno cercando di affossare la legge.

La carbon tax è una misura che avvantaggia tutti: costringe le grandi industrie a produrre in maniera pulita e garantisce più risorse alle famiglie di lavoratori. Se passerà, servirà da stimolo per altri grandi paesi inquinatori a seguire a ruota e potrebbe essere la nostra maggiore speranza contro il cambiamento climatico. Ma Murdoch è molto potente: detiene ben il 70% della stampa australiana, che utilizza come megafono per diffondere la paura fra la gente. Se insieme riusciremo a silenziarlo con messaggi di speranza da tutto il mondo, potremo aiutare a far passare questa legge.

Questa battaglia è combattuta in questi giorni sulle emittenti radio australiane. Firma la petizione urgente per sostenere questa iniziativa coraggiosa e condividila con tutti: non appena raggiungeremo le 250.000 firme manderemo in onda alla radio una serie di pubblicità che diffonderanno i nostri messaggi globali, spiegheranno i benefici della legge e genereranno il sostegno dell'opinione pubblica:

http://www.avaaz.org/it/australian_carbon_price/?vl

Il cambiamento climatico mette in pericolo tutti noi, con le siccità e le tempeste che causano incendi, alluvioni e raccolti da buttare. La proposta australiana dirotterebbe la sua economia nella direzione opposta per fermare tutto questo. Con questa legge, infatti, sarebbero le industrie più inquinanti a pagare, incoraggiandole così a diventare più efficienti e finanziando allo stesso tempo le tecnologie del futuro e aumentando gli aiuti a quelli che ne hanno più bisogno. Tuttavia Murdoch, che da tempo sostiene che il cambiamento climatico non esiste, si è unito alle compagnie minerarie per diffondere la paura della perdita dei posti di lavoro e della catastrofe economica.

Paesi come la Danimarca, la Svezia e la Costa Rica hanno adottato da tempo la carbon tax, generando innovazione e riducendo l'inquinamento. Se noi ora incoraggeremo l'Australia, che è il paese con la più alta produzione di CO2 pro-capite, altri grandi inquinatori, come la Cina e gli Stati Uniti, potrebbero immediatamente seguire, incrementando così la speranza di un trattato contro il cambiamento climatico per il prossimo anno.

I membri di Avaaz di tutto il mondo si sono fortemente mobilitati contro il cambiamento climatico: le nostre azioni hanno spesso influenzato i governi e le industrie. Il popolo e i leader politici australiani hanno bisogno del nostro sostegno per mettere allo scoperto gli approfittatori e rinnovare le speranze per gli accordi globali sul clima. Mandiamo oggi agli australiani tutto il nostro sostegno:

http://www.avaaz.org/it/australian_carbon_price/?vl

I politici e le industrie spesso pensano a breve termine mentre un'azione a lungo termine sarebbe necessaria. Quando il nostro movimento dal basso contrasta queste tendenze e propone una visione chiara del futuro che tutti noi vogliamo, riusciamo a trasmettere il meglio ai nostri leader. Appoggiamo la decisione dell'Australia e poi rivolgiamoci ad altri governi finché non raggiungeremo un accordo globale sul clima di cui il mondo ha assoluto bisogno.

Con speranza,

Alex, Stephanie, Ben, Alice, Emma, Ricken, Giulia, Carol, Rewan e il resto del team di Avaaz.


PIU' INFORMAZIONI

L'Australia vuole tassare i maggiori inquinatori, in inglese (BBC)
http://www.bbc.co.uk/news/world-asia-pacific-14096750

L'Australia vuole imporre il "prezzo del CO2" alle emissioni industriali, in inglese (CNN)
http://articles.cnn.com/2011-07-10/world/australia.carbon.emissions_1_carbon-tax-carbon-emissions-tax-cuts?_s=PM:WORLD

L'Australia supera gli Stati Uniti per inquinamento pro-capite, in inglese (Bloomberg)
http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=newsarchive&sid=aN60ck4Sz4iE

David Cameron sostiene la carbon tax australiana, in inglese (The Telegraph)
http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/australiaandthepacific/australia/8673736/David-Cameron-supports-Australian-carbon-tax.html

Volontà politica e dubbi pubblici sulle politiche australiane sul clima, in inglese (The Economist)
http://www.economist.com/blogs/banyan/2011/07/australias-carbon-tax

I media di Murdoch attaccano la proposta della carbon tax, in inglese (Independent Australia)
http://www.independentaustralia.net/2011/politics/carbon-tax-and-the-parallel-universe-of-limited-news/

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