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Che cosa c'insegna ciò che accade in Grecia

Post n°988 pubblicato il 29 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Che cosa c'insegna ciò che accade in Grecia

Il Paese ellenico è sull'orlo del default, e subisce dall'Europa e dai "mercati" un trattamento che possiamo descrivere tra il paradossale, e il brutale

di Pietro Raitano - 23 febbraio 2012


C’è qualcosa di paradossale e brutale in quel che sta accadendo alla Grecia. Il paradosso è che stiamo parlando di uno Stato con un prodotto interno lordo di meno di 240 miliardi di euro, il cui problema è un debito pubblico che supera i 355 miliardi di euro, con un rapporto di quasi il 150%. Il pretesto per le misure che le istituzioni internazionali stanno imponendo al Paese, però, non è il debito in sé, ma il pagamento degli interessi (15 miliardi di euro entro marzo).
Senza minimizzare, si tratta di cifre piuttosto modeste. Niente a che vedere con gli oltre 4mila miliardi di dollari messi in campo per salvare i mercati finanziari per la crisi del 2008. Pochi anche se paragonati alle performance di alcune multinazionali: tanto per fare un esempio, 15 miliardi di euro sono il cash flow di Eni, che nel 2011 ha ottenuto un utile di 6,9 miliardi di euro.
Ecco allora dove sta la brutalità: l’austerità imposta alla Grecia sta facendo sprofondare il Paese in una recessione senza fine. Già oggi i disoccupati ellenici hanno superato il milione, il 19% della popolazione attiva. La crisi greca è esplosa proprio due anni fa, nella primavera del 2010, e oggi ha assunto connotati drammatici. Tagli e licenziamenti erano così necessari?
È ormai chiaro che l’atteggiamento europeo nei confronti della Grecia riflette quello tedesco, la cui intransigenza sa tanto di “punizione” verso un Paese colpevole di non aver tenuto sotto controllo i conti, minacciando la stabilità della zona economica. È certamente vero che la Grecia ha giocato coi numeri, che il livello di evasione era eccessivo e il sistema pensionistico insostenibile, ma è anche il caso di ricordare che molte delle colpe sono di un governo populista sostenuto anche dall’esecutivo tedesco.
Ora dire alla Grecia che uscirà dalla crisi dichiarando il default, uscendo magari dall’euro, e diventando competitiva, ovvero tramutandosi in una piccola Cina del Mediterraneo, è, appunto, brutale.

La vicenda greca è un chiaro monito anche per l’Italia, che affronta problemi simili anche se con maggior certezze, in parte legate alla quantità di debito pubblico detenuto da Germania e Francia. La radice dei guai sta nelle cause che hanno creato questi debiti così elevati e nelle dinamiche che hanno permesso che perdurassero. Ci sono innumerevoli misure che andrebbero messe in campo, a patto però di non considerare questa crisi economico finanziaria come un incidente di percorso, ma come l’indicatore chiaro e lampante del fallimento di un modello, anche europeo. Questo modello ha bisogno di essere profondamente riformato, e alcune misure possono essere indicate.
La prima riforma ovvia è una regolamentazione dei mercati finanziari, che oggi rappresentano un caos ingovernato. Una situazione non accettabile, che va eliminata. Poiché sappiamo che la finanza non è mai disgiunta dall’economia reale, misure come una tassa sulle transazioni finanziarie vanno adottate senza perdere altro tempo. Senza senso sono le repliche di chi invoca come indispensabili adozioni “planetarie”.
In secondo luogo, si deve riportare equilibrio nella distribuzione delle ricchezze, con misure patrimoniali forti e non di facciata. Sullo stesso tema, non sono più accettabili remunerazioni stratosferiche di politici, dirigenti, manager pubblici o privati. Molti di questi lavorano per banche che oggi approfittano della situazione favorevole per rafforzarsi, ignorando le esigenze  dell’economia reale. Finché renderanno conto solo ai propri azionisti, non torneranno a fare il proprio mestiere, che è quello di garantire il diritto al credito. E magari continueranno a puntare su faraonici progetti immobiliari o grandi opere, investendo alla caccia di rendite “fumose” (meglio sarebbe chiamarle “bolle”) i soldi dei correntisti (una cosa analoga tra l’altro vale per molti fondi di investimento e fondi pensione).
Infine, va messa in campo una profonda azione culturale. Due numeri per l’Italia: 60 miliardi di euro di corruzione e il 22% di evasione fiscale. Sono cifre che ci coinvolgono tutti: rigore o non rigore, una volta usciti dalla crisi -e le ossa saranno ben rotte- non potremo far finta di niente. ---

 
 
 

Salari: Istat, ecco la classifica europea

Post n°987 pubblicato il 29 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Salari: Istat, ecco la classifica dei 27 Paesi Ue
ASCAASCA – lun 27 feb 2012

 

(ASCA) - Roma, 27 feb - Con una tabella, l'Istat stila la classifica dei paesi dell'Unione Europea relativamente alle retribuzioni lorde e costo del lavoro annuo per occupato (full-time unit) nelle imprese con oltre 10 dipendenti (2008) in euro.

                               Salari e        Costo
                               stipendi        Lavoro

Paese                          (esclusi apprendisti)

Denmark                         52.867        58.461
Luxembourg                      47.790        55.652
Ireland                           (Xetra: A0Q8L3 - notizie) 40.686        48.376
Netherlands                     39.855        51.471
United Kingdom                  38.545        45.076
Sweden                          38.294        57.302
Germany                         38.005        48.434
Belgium                         37.536        55.082
Finland                         35.808        46.180
Austria                         35.606        48.354
European Union (15 countries)   34.562        45.509
France                          34.392        51.381
Euro area (16 countries)        32.527        44.122
European Union (25 countries)   30.650        40.298
Italy                           29.653        41.872
European Union (27 countries)   29.234        38.430
Spain                           24.609        33.578
Cyprus                          22.714        27.226
Greece                          22.698        29.574
Malta                           19.272        21.207
Slovenia                        19.263        23.144
Portugal                        16.112        20.183
Czech Republic                  11.826        16.189
Poland                          10.921        13.238
Estonia                         10.455        14.231
Hungary                         10.005        14.183
Slovakia                         9.769        13.150
Latvia                           8.471        10.755
Lithuania                        7.482        10.515
Romania                          5.850         7.637
Bulgaria                         3.682         4.504

 
 
 

FIRMA ANCHE TU CONTRO LA CORRUZIONE IN ITALIA FAI SENTIRE LA TUA VOCE !!!

Post n°986 pubblicato il 28 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Cari amici in Italia,



Abbiamo l'opportunità storica di far passare una legge forte contro la corruzione, ma solo se saremo in tanti riusciremo a mettere al tappeto il partito di Berlusconi, che sta facendo di tutto per far passare una legge annacquata e inutile. Mancano pochi giorni alla discussione in Parlamento: firma la petizione e fai il passaparola con tutti!

Fra pochi giorni il Ministro della giustizia annuncerà i pilastri della nuova legge anti-corruzione: potrebbe essere l'occasione migliore che l'Italia abbia mai avuto per fermare questo crimine odioso. Ma se non saremo in tanti a intervenire ora potremmo ritrovarci con una legge annacquata e inutile.

La nuova legge potrebbe dare ai giudici gli strumenti necessari per le indagini, vietare ai politici corrotti di candidarsi e proteggere chi sporge denuncia contro abusi e irregolarità. Il partito di Berlusconi sta facendo di tutto per indebolire la legge, ma con le elezioni amministrative alle porte i nostri politici sono molto attenti all'opinione pubblica. Se saremo in tanti a ricordare che il loro voto su questa legge potrebbe costare loro la rielezione, potremmo portare a casa la legge anti-corruzione di cui ha bisogno il paese.

La corruzione ci costa 60 miliardi di euro l'anno, per non parlare delle sue conseguenze velenose sulla nostra democrazia. Ora abbiamo un'opportunità unica per invertire la rotta, ma ci rimangono pochi giorni per dire la nostra prima che la legge sia discussa in Parlamento. Clicca sotto per firmare la petizione per ripulire la nostra democrazia una volta per tutte e fai il passaparola con tutti:

http://www.avaaz.org/it/italy_anticorruption_new//?vl

Sono passati 20 anni da Tangentopoli, lo scandalo più grande della storia politica italiana, ma la corruzione ha continuato ad allargarsi a macchia d'olio sotto i governi Berlusconi. Nella classifica internazionale l'Italia è al 69° posto, dopo paesi come Ruanda e Namibia!

Ora, con l'economia e la politica a pezzi, il Ministro della giustizia è determinata a far passare una legge anti-corruzione forte, ma c'è il rischio che il Parlamento finirà per adottare la versione diluita presentata dal partito di Berlusconi. Soltanto un appello pubblico enorme può fare la differenza.

I giudici e gli esperti ritengono che la battaglia contro la corruzione abbia bisogno di strumenti legali forti, inclusa la ratifica immediata delle convenzioni internazionali, l'esclusione dei politici condannati per corruzione dalle elezioni, la protezione di chi sporge denuncia contro i casi di corruzione, l'introduzione di nuovi crimini legati alla corruzione, e molto altro.

Questa è un'opportunità storica per fermare la corruzione in Italia e non possiamo farcela sfuggire. Se saremo in tanti a sostenere queste proposte potremo vincere. Firma ora per salvare la nostra democrazia: il nostro messaggio sarà consegnato al Ministro della giustizia e ai Presidenti di Camera e Senato e le nostre firme saranno pubblicate sul Fatto quotidiano:

http://www.avaaz.org/it/italy_anticorruption_new//?vl

Negli ultimi 2 anni la nostra incredibile comunità ha combattuto e aiutato a sconfiggere i molteplici tentativi di Berlusconi di distorcere l'essenza della nostra democrazia, attraverso bavagli e censure, fino alla sua caduta. Ora abbiamo davanti a noi una sfida ancora più difficile: dobbiamo salvare la politica italiana dalla sua eredità disastrosa. Dimostriamo ai nostri politici che non ci fermeremo finché il nostro paese non sarà libero dalla corruzione una volta per tutte!

Con speranza e determinazione,

Giulia, Luis, Alice, Ricken, Pascal, Emma, Antonia e tutto il resto del team di Avaaz


PIU' INFORMAZIONI

La proposta di legge del Fatto quotidiano contro la corruzione
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09/11/per-fermaretutti-questi-%E2%80%9Cfurbetti%E2%80%9D/59313/

La corruzione pesa per 60 miliardi (Il Sole 24 Ore)
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-02-17/corruzione-costa-miliardi-economia-063713.shtml?uuid=AaZLH7sE

Il rapporto, l’Italia e la corruzione: in classifica dopo il Ruanda (Corriere della Sera)
http://www.corriere.it/cronache/11_dicembre_02/corruzione_stella_c5bbb634-1cb2-11e1-9ee3-e669839fd24d.shtml

Corruzione, Severino: «Pene più severe» (Il Messaggero)
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=182158

Giro di vite sulla corruzione. I veti incrociati svuotano il decreto (Quotidiano nazionale)
http://qn.quotidiano.net/primo_piano/2012/02/18/669760-giro_vite_sulla_corruzione.shtml

 
 
 

Pensioni di invalidità, via una su tre possibile che ci siano cosi' tanti falsi invalidii?

Post n°985 pubblicato il 26 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Pensioni di invalidità, via una su tre

 

“PENSIONI DI INVALIDITÀ, L’ORA DEI TAGLI SCATTA LA REVOCA PER UNA SU TRE”, titola in prima pagina il Corriere della Sera per illustrare l’iniziativa dell’Inps. Che da oggi passerà a controllarne un numero importante, e per quelli che non ne hanno diritto scatterà la revoca:

Quelli effettivamente visitati dai medici dell’Inps sono stati, al 31 dicembre 2011, 122.284. A 34.752 di questi è stata revocata la prestazione perché il loro grado di invalidità è stato ritenuto inferiore al 74% necessario per la pensione e/o al 100% che serve per avere l’assegno di accompagnamento. La percentuale delle revoche è stata quindi del 28,42%. A questi dati vanno aggiunte le circa 37 mila prestazioni sospese alle persone che, convocate per la visita, non si sono presentate. Sospensioni che si trasformeranno in cancellazioni se gli interessati non si presenteranno al controllo sanitario entro 60 giorni. Il risparmio previsto sulle 34.752 revoche già decise può essere stimato in 180 milioni di euro, dice l’Inps. Una goccia rispetto ai circa 16 miliardi di euro di spesa complessiva annua per quasi 3 milioni di invalidi civili, ma l’importante, dice il presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua, è che si migliori di anno in anno il funzionamento di un sistema che fino a pochi anni fa era abbandonato a se stesso, senza alcun freno agli sprechi. «Voglio subito dire che qui non stiamo parlando di falsi invalidi, cioè di persone che hanno truffato lo Stato. Ma di controlli sanitari sull’evoluzione di patologie che possono migliorare in seguito, riducendo così il grado di invalidità e le prestazioni connesse», dice Mastrapasqua.

Nel 2010 le visite di controllo erano state 55.200 e gli assegni revocati 10.596, pari al 19,2%:

 
 
 

In Italia è "femminicidio": ogni 3 giorni muore una donna per mano del partner UNA VERGOGNA !!!!

Post n°984 pubblicato il 24 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

In Italia è "femminicidio": ogni 3 giorni muore una donna per mano del partner!

LE NOSTRE INCHIESTE L'Onu: in Italia ormai è femminicidio 
Nel 2010 le donne uccise in Italia sono state 127: il 6,7 per cento in più rispetto all’anno precedente. Dati in continua crescita dal 2005 a oggi, e solo dal 2006 al 2009 le vittime sono state 439.
(..) Nei primi mesi del 2011, le statistiche parlano già di 92 donne uccise. Nella stragrande maggioranza dei casi gli assassini sono all’interno della famiglia, mariti (36 per cento), partner (18), parenti (13), ex (9), persino figli (11). Come se non bastasse, poi, «i dati sono sottostimati perché non tengono conto delle donne scomparse, dei ritrovamenti di donne senza nome o di tutti quei casi non ancora risolti a livello personale» (..) solo nel 2005 si è registrato in Italia un omicidio in famiglia ogni due giorni, e in sette casi su dieci la vittima era una donna. 
Ogni tre giorni una donna in Italia viene uccisa per mano del proprio partner. Secondo i dati della Polizia e dell’Istat una donna su 4, nell’arco della vita, subisce violenza, e negli ultimi nove anni, ha stabilito un rapporto dell’Eurispes, «il fenomeno è aumentato del 300 per cento». (Io Donna- Corriere.it)


Questi i dati allucinanti dell'escalation di violenze contro le donne ... un numero di vittime tale da spingere l'Onu a parlare di "femminicidio" nella civile e moderna Italia ...

 
 
 

Ecco quanto guadagnano i manager italiani

Post n°983 pubblicato il 23 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Ecco quanto guadagnano i manager italiani

 

23 febbraio 2012

E’ Antonio Manganelli, capo della polizia, il più pagato

Il ministro della Pubblica Amministrazione, Filippo Patroni Griffi, ha consegnato alle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Lavoro della Camera i dati relativi alle retribuzioni superiori ai 294.000 euro dei manager pubblici. Al primo posto dell’elenco c’e’ il capo della Polizia, Antonio Manganelli, che ha guadagnato 621.253,75 euro. Un’occorrenza che sembra stridere con la situazione delle casse di molti commissariati italiani.

STIPENDI -Dietro di lui il Ragioniere generale dello Stato, Mario Canzio, con 562.331,86 euro e il Capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta con 543.954,42 euro. I dati sono relativi a oggi e sono stati forniti dalle amministrazioni di appartenenza senza gli eventuali cumuli. Alla quarta posizione dei manager pubblici piu’ pagati c’e’ il capo di Gabinetto del Ministero dell’Economia, Vincenzo Fortunato, che ha ricevuto 536.906,98 euro. La quinta retribuzione piu’ alta e’ quella del Capo di Stato maggiore della difesa, generale Biagio Ambrate Abrate, con 482.019,26 euro, che precede direttore dei Monopoli di Stato Raffaele Ferrara, con 481.214,86 euro, il Capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Giuseppe Valotto, con 481.021,78 euro, e il Capo di Stato maggiore della Marina, Bruno Branciforte, con 481.006,65 euro. Ex aequo al nono posto Corrado Calabro’, presidente dell’AgCom, e Giovanni Pitruzzella, numero uno dell’Antitrust, con 475.643,38 euro. Chiude la top ten, a pochi centesimi di distanza, il presidente dell’Autorita’ dell’Energia, Pier Paolo Bortoni, che ha ricevuto 475.643 euro.

E ANCORA - Undicesimo e’ il Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, generale Leonardo Gallitelli, con 462.642,56 euro. Dodicesimo Giuseppe Bernardis, Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, con 460.052,83 euro e tredicesimo il segretario generale della Difesa, Claudio de Bertolis con 471.072,44 euro. Seguono Giampiero Massolo, Segretario generale del Ministero degli Affari esteri (412.560 euro) e i componenti dell’autorita’ dell’energia (Valeria Termini, Luigi Carbone, Rocco Colicchio e Alberto Biancardi) con una retribuzione di 396.379 euro. A dieci euro di distanza ci sono i membri dell’Antitrust e dell’AgCom con 396.369,44 euro, e poi il direttore generale della Consob, Antonio Rosati, con 395mila euro (“piu’ la gratifica annuale”) e i componenti dell’autorita’ di vigilanza sulla Borsa con 322 euro. Scorrendo in ordine sparso l’elenco dei manager della pubblica amministrazione piu’ pagati si trova il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Franco Gabrielli, che ha ottenuto una retribuzione di 364.196 euro, la direttrice dell’Agenzia del Territorio, Gabriella Alemanno, con 307.211 euro (“al netto del contributo di solidarieta’”), il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, con 304.000 euro, il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, 300mila euro e il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, 216.711,67 euro. Riguardo agli stipendi annui lordi del collegio dell’Antitrust si ricorda che sono stati gia’ adeguati dal 1 gennaio e portati sotto il tetto previsto per i manager pubblici. Il presidente, Giovanni Pitruzzella e gli altri membri del collegio, Piero Barucci, Carla Rabitti Bedogni e Salvatore Rebecchini guadagnano 304.951,95 euro lordi. Anche gli stipendi annui lordi dell’Agcom sono stati gia’ adeguati e portati sotto il tetto previsto per i manager pubblici.
Il presidente dell’Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni Corrado Calabro’, il consigliere Nicola D’Angelo, Michele Lauria, Stefano Mannoni, Antonio Martusciello, Roberto Napoli e l’avvocato Sebastiano Sortino hanno uno stipendio annuo lordo di 304.951,95 euro, cosi’ come il segretario generale Roberto Viola. I dati sono consultabili sul sito dell’Agcom. (Agenzie)

 
 
 

la vita coniugale di tre coppie miste su quattro si chiude con un fallimento.

Post n°982 pubblicato il 22 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 
Foto di dammiltuoaiuto

Le separazioni dei matrimoni misti dipendono dalle più profonde differenze negli stili di vita e nella visione della famiglia.

di Gaia Cesare - IlGiornale - Servono a misurare il livello di integrazione di una società. Sono diventati invece il sintomo di un grave malessere. I matrimoni misti si sono triplicati nell’arco di un decennio in Italia (sono arrivati a quota 300mila, 590mila se si considerano anche le convivenze) eppure la vita coniugale di tre coppie miste su quattro si chiude con un fallimento.

 Nel 75 per cento dei casi l’amore sboccia in fretta ma l’epilogo è una separazione. La speranza di riuscire a conciliare le diversità si scontra con i più banali ostacoli quotidiani ma anche con le più profonde differenze negli stili di vita e nella visione della famiglia.
L’allarme e i numeri di questo fallimento sono stati diffusi dall’Ami, l’Associazione matrimonialisti italiani. E raccontano di un modello in piena crisi. Si chiamano «matrimoni misti». Lui italiano, lei straniera. O viceversa. Si amano e decidono di passare la vita insieme. La loro unione dovrebbe essere lo specchio del multiculturalismo, dell’immigrazione che si trasforma in scambio di vite, storie, tradizioni. È diventata invece il simbolo di una profonda incomunicabilità. Le abitudini sono diverse, la religione una scelta intima che in alcune culture condiziona profondamente lo stile di vita, la lingua un piccolo-grande ostacolo alla comprensione, e quel «sì» pronunciato davanti alla legge invece che far crollare le barriere diventa un muro di incomprensioni, disagi, nei casi limite anche di violenza.
La faccia più problematica del problema? L’unione tra una donna italiane e uno straniero. È in quel 22 per cento di matrimoni misti (il restante 78% riguarda maschi italiani che sposano una straniera) che si annidano le storie più difficili. «Le donne italiane, che sempre più frequentemente scelgono africani - nel 24% dei casi marocchini, nel 15% tunisini - spesso trovano dall’altra parte uomini gelosi, abitudini religiose che il compagno vuole condividere, a volte imporre, o semplicemente si trovano di fronte alla richiesta di adottare costumi e regole troppo restrittivi», spiega l’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente di Ami. Così le liti esplodono anche per un nonnulla. «Abbiamo avuto molti casi di mariti che non riuscivano a comprendere le minime abitudini di una convivenza civile, che pretendevano di imporre alle mogli anche gli alimenti della loro tradizione, la carne macellata alla islamica, per esempio. E se lei si rifiutava, scattava la segregazione in casa e botte da orbi». Un fenomeno che si complica quando di mezzo ci sono i figli. «In Nord Africa sono potestà esclusiva del padre e le madri non hanno alcun potere sulla prole in caso di separazione o divorzio. Se il marito porta via il figlio, restituirlo alla madre e riportarlo in Italia diventa un’impresa difficilissima». Anche per questo l’associazione forense Ami ha proposto ai servizi sociali l’introduzione di corsi prematrimoniali gratuiti per le coppie miste.
Il gap culturale, insomma, spesso diventa un ostacolo insuperabile. Anche nel caso in cui lo straniero non arriva da troppo lontano. Come succede quando il matrimonio misto avviene fra un maschio italiano e una straniera, prevalentemente una cittadina dell’Est europeo: romene (25%), ucraine (17%), polacche (8%). «Sono matrimoni che in molti casi arrivano dopo tre o sei mesi dal fidanzamento. E vanno alla deriva con la stessa velocità», spiega Gassani. «Non ci si conosce a sufficienza, non c’è stata una convivenza alle spalle. Spesso succede che la conoscenza avvenga via chat. Così le differenze vengono subito al pettine - aggiunge Gassani -. E le donne dell’Est, per esempio, non hanno difficoltà a chiudere un rapporto in crisi. Proprio per un fatto culturale, perché nei loro Paesi un matrimonio si può sciogliere in pochi giorni e questo non è considerato un dramma».

Ma il fallimento delle unioni miste ha aspetti persino più preoccupanti. Dietro ai quali c’è spesso un obiettivo: l’interesse, da parte dello straniero, a ottenere la cittadinanza. «Ci siamo trovati di fronte a casi di uomini stranieri che sposano un’italiana, ottengono la cittadinanza e poi chiedono il ricongiungimento familiare con l’altra moglie che si trova in Egitto, il riconoscimento di fatto della propria poligamia», spiega Souad Sbai, presidente di Acmid (Associazione donne marocchine) e deputata del Pdl. D’altra parte - confermano i numeri Istat - nel 45% dei casi le acquisizioni di cittadinanza concesse fra il 1996 e il 2004 sono arrivate per motivi matrimoniali.

 
 
 

NEONATI ABBANDONATI IN ITALIA 3000 BEBE'

Post n°981 pubblicato il 22 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

NEONATI ABBANDONATI

 

ROMA - In Italia sono circa 3mila all’anno i neonati abbandonati e ritrovati (soprattutto vivi, ma anche morti): il 73% è figlio di italiane, il 27% di immigrate, prevalentemente tra i 20 e 40 anni; le minorenni risultano solo il 6%. Lo riferisce la vicepresidente della Commissione pari opportunità tra uomini e donne del Ministero pari opportunità, Lucia Borgia, annunciando il successo della campagna informativa contro l’abbandono dei piccoli e dicendo un secco “no” al ripristino della “ruota”: “Sarebbe una delega del problema da parte dello Stato, un ritornare indietro. L’alternativa? Campagne informative e potenziamento dei servizi, ospedali più informati sul parto in anonimato, aiuti alla gravidanza e assistenza alla donna in difficoltà, una rete di solidarietà”.
Un rifiuto del buonismo, dunque?
“Occorre assistenza prima che il fatto (l’infanticidio) accada; ci vogliono pietà, comprensione ma anche solidarietà. Non è questione di tolleranza, ma un dovere sociale. Puntare il dito contro le mamme che abbandonano i loro figli mi fa ribrezzo. Non si è mai vista una mamma che abbandoni il figlio battendo le mani. Non è una questione non di buonismo ma di realismo”.
 
Purtroppo in queste settimane si moltiplicano i casi di abbandono e di presunto infanticidio: è di ieri la notizia del cadavere di un bimbo ritrovato in un armadio. La giovane madre romena, badante, forse temeva di perdere il lavoro, oppure il bimbo è nato morto, ma il cadavere è stato nascosto per occultare il parto... Secondo lei questi fatti tragici sono in aumento con la crescita delle immigrate?
“Abbiamo assistito a 5-6 casi del genere negli ultimi giorni: ma non si tratta di un fenomeno del nostro tempo. A Venezia esiste tuttora quello che un tempo era chiamato ‘Ospedale della pietà’, e che dal 1335 ha ospitato decine di migliaia di bambini abbandonati; tra il 1754 e il 1899, quando fu abolita la ruota, vennero raccolti 32mila carte e segnali lasciati nelle fasce dalle madri (medagliette spezzate, santini, indumenti, ecc.) per ritrovare successivamente i figli, ora conservati in un grande armadio. D’altra parte, non bisogna pensare che oggi il fenomeno sia in aumento con la presenza crescente delle immigrate: lo dicono i dati da noi raccolti attraverso le associazioni e il monitoraggio sui territori. L’abbandono dei minori riguarda tutti i ceti sociali; l’unica costante è la solitudine della donna, anche dove c’è informazioni e cultura, insieme alla paura del giudizio in casa, in famiglia, ancora più forte nei piccoli paesi. Molte italiane – oltre alle straniere - non sanno che ci sono diversi modi per partorire in anonimato, che si possono ricevere assegni di maternità dai Comuni; per le straniere scatta il divieto di espulsione nei primi 6 mesi del nascituro, poi si può chiedere un permesso di soggiorno per motivi di salute. Il parto in anonimato si dà troppo per scontato: a volte è un percorso difficile, sia perché gli ospedali non sono informati, sia perché la donna si ritrova sola a dover affrontare questo momento, abbandonata dai familiari e dalla comunità di origine; la non conoscenza della lingua italiana, la povertà, lo scarso inserimento sociale rappresentano ulteriori ostacoli”.
 
Come sta procedendo la campagna di sensibilizzazione contro l’abbandono dei neonati da voi lanciata alcuni mesi fa?
“La campagna informativa in 5 lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo, arabo) promossa dalla nostra Commissione, presieduta dal ministro Prestigiacomo, sta andando avanti. Non è rivolta solo alle mamme e alle gestanti, ma a medici, infermieri, gente comune. Bisogna aiutare le donne in difficoltà a non commettere un crimine; se si lascia una persona sola, si diventa conniventi. Non incitiamo le mamme ad abbandonare i figli: sarebbe una battaglia di retroguardia e di sconfitta; vogliamo tutelare la madre e il bambino. Si tratta una campagna attesa, arrivata fin troppo tardi; oltre al convegno del 13 luglio scorso a Roma, ne abbiamo programmati altri due a Milano (a fine novembre) e a Siracusa il 5 dicembre. Siamo interpellate come Commissione dagli Enti locali, che organizzano incontri su questo tema. Inoltre sono state già spedite a firma del ministro Prestigiacomo centinaia di lettere a sostegno della campagna ad assessori regionali, Asl, aziende ospedaliere, Caritas diocesane, consultori materno-infantili, associazioni femminili, assessori comunali alle politiche sociali. Infine gli opuscoli informativi, già diffusi su tutto il territorio nazionale in circa 400mila, sono stati inviati anche (altre 500mila copie) ai centri di ascolto presso le parrocchie e le associazioni che hanno il compito di tutelare le gestanti in difficoltà, che spesso si rivolgono a loro per paura delle istituzioni”.
Quando si concluderà la campagna?
“Non pensiamo di chiuderla; non è esaustiva, vuole essere un inizio. Abbiamo ricevuto riscontri positivi da parte di enti locali e Asl, una certa attenzione e risalto; intendiamo insistere per anni con questa buona pratica. Ben vengano altre iniziative di questo genere, sia ecclesiali che laiche”.
A livello di assistenza, cosa può fare lo Stato per queste donne in difficoltà?
“Abbiamo il welfare e il sistema sociale, ma molto sofisticato e complicato, anche se moderno. Le leggi ci sono ma non si conoscono e le straniere non sanno usufruirne, ma anche le italiane; da alcune la gravidanza indesiderata viene vista come la fine della vita non solo della mamma, ma anche del resto della famiglia. I contraccettivi ancora oggi sono talvolta criminalizzati; invece bisogna diffondere una cultura della procreazione responsabile, mettere la persona in grado di usare l’organizzazione sociale e di pretendere di essere assistita. Per quanto riguarda gli assegni di maternità, la donna ha diritto a 1.747 euro l’anno erogati dall’Inps entro 6 mesi dalla nascita del bambino; i Comuni riconoscono assegni di maternità per madri italiane e straniere con 283.82 euro mensili per 5 mesi. Chi non è residente in Italia può iscriversi al Servizio sanitario nazionale e ottenere la residenza. Si può chiedere consiglio ai centri di ascolto presso associazioni religiose, femminili, i Comuni. Certo, ci vorranno anni per diffondere questo tipo di cultura. Il nostro vuole essere solo un inizio”. (lab)

 
 
 

i redditi dichiarati da tutti i Ministri

Post n°980 pubblicato il 21 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

 

On-line i redditi dichiarati da tutti i Ministri: Severino e Passera i paperoni!

Seppur con incomprensibile ritardo rispetto ai 90 giorni programmati, sono finalmente on-line sui siti dei vari ministeri i redditi dei ministri del nuovo governo. Come se avessero avuto bisogno di più tempo per valutare come inserire alcune cose... Dai prossimi giorni potrò passarli davvero ai raggi X!
Mancano ancora, come si può vedere, il reddito di Monti e del ministro Fornero.
Intanto eccoli qui assemblati uno per uno:





Corrado Passera (ministro sviluppo economico):
Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera nel 2011 ha avuto un reddito complessivo di circa 3,5 milioni di euro, su cui ha pagato 1,4 milioni di tasse. Da ministro, il compenso scenderà a 220mila euro circa. Nel patrimonio figurano depositi per 8,8 milioni sostanzialmente derivanti dalla vendita delle azioni Intesa, azioni, obbligazioni, una casa a Parigi e una Mercedes.


Annamaria Cancellieri (ministro dell'Interno):
Il ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri indica come reddito 183. 084,35 euro. Ha due appartamenti a Milano, uno a Roma. A Milano due box e un magazzino in comproprietà, e poi diversi terreni agricoli e relativi fabbricati in condivisione a Palazzolo Acreide (Siracusa). Possiede una Toyota Land Cruiser e ha 100 azioni della Banca Popolare di Vicenza per un totale di 6.227 euro


Paola Severino (ministro della Giustizia):
Il ministro della giustizia Paola Severino ha totalizzato nel 2011 (redditi riferiti al 2010) un imponibile netto di7.005.649,00 di euro ed ha versato tasse, contributi ed imposte per 4.017.761,00 di euro. Il compenso annuo lordo per l'attività ministeriale sarà pari a 195.225,20 euro. Beni immobili: a Roma appartamento di 85 mq circa, proprietà 100%, un altro appartamento di circa 180mq, proprietà 50%, residenza anagrafica, con annessi cantina e due garage. A Cortina d'Ampezzo appartamento di 150mq circa, proprietà 100% a disposizione, con annessi cantina e garage. Due le automobili, una Daihatsu del 2006 e una Toyota del 2009. C'è, inoltre, un'imbarcazione da diporto del 2009. L'incarico da Guardasigilli avrà un impatto non da poco sulle finanze di Paola Severino: come titolare della Giustizia riceverà quest'anno 195.255,20 euro. Il ministro si aggiudica la palma di più ricca del governo.


Giulio Terzi di Sant'Agata (Ministro degli Esteri)
Secondo quanto si legge dai dati della posizione patrimoniale e reddituale pubblicata sul sito del ministero degli Esteri, il ministro Giulio Terzi di Sant'Agata dichiara un compenso annuo loro legato al suo ruolo pari a 203.653,44 euro. Nel 2010 il reddito è stato di 123.643 euro. Vi si aggiunge l'indennità, non reddituale, di servizio all'estero, quale Ambasciatore d'Italia a Washington, pari a 214.939,41 euro. Il ministro possiede una Golf del 2012, una Ford Focus del 2004 e una Harley Davidson 883 del 2005. Ha terreni agricoli a Curno e Brembate di Sopra (Bg), una villa a Brembate di Sopra e due comproprietà, a Roma e New York. Non possiede azioni. Terzi non riveste altri incarichi, nè ha rapporti di lavoro con altre amministrazioni, nè usufruisce di altri compensi.


Pietro Giarda (ministro dei rapporti col parlamento):
Il ministro ai Rapporti con il Parlamento Piero Giarda denuncia 262.288 euro nel 2010, esclusi i redditi di pensione. Giarda guadagna 31.145 Euro da lavoro autonomo, 4.224 dal possesso di alcuni fabbricati, mentre i compensi per gli incarichi in due consigli di amministrazione e un collegio dei revisori ammontano a 226.919 Euro. Nella situazione patrimoniale del ministro risultano anche 10 immobili, la gran parte dei quali sono baite (cinque) e pascoli (due) sulle alpi, ad Alagna Valsesia. Giarda possiede anche un appartamento a Milano, con box, da 175 metri quadri e denuncia come beni mobili una Seat Ibiza del 2002. Tra le attività finanziarie il ministro annovera azioni in 14 società quotate in borsa per l'ammontare di 405mila 306 euro, obbligazioni per 44mila euro, titoli di Stato e depositi per 51mila 987 euro. In totale le attività finanziarie di Giarda ammontano a 501mila 411 euro. Il reddito da ministro, per il 2012 dipenderà dalla durata del governo. Il compenso mensile lordo è di 16.234 


Francesco Profumo (ministro dell'Istruzione):
Il ministro dell'istruzione Francesco Profumo dichiara199.778,00 euro. Come altri incarichi registra quello di professore universitario di ruolo Politecnico di Torino, in aspettativa senza assegni (ha appena rinunciato, dopo le polemiche, alla presidenza del CNR). Beni immobili, comproprietà a Albissola e Torino (appartamenti e garage) e tre case di cui due al 50%, a Torino e Salina. Poi ne ha una a Savona. Automobili, solo una Lancia Lybra del 2001. Azioni, 894 di Intesa Sanpaolo e 1210 del Monte dei Paschi di Siena. Poi 250 De Longhi, 262 Enel, 3630 di Telecom Italia, 5199 di Unicredit (registrate come "Prive di valore nominale" e 137 di Finmeccanica. Ha poi delle gestioni di portafogli di investimento Pioneer.


Mario Catania (mnistro delle politiche agricole):
Nella scheda sulla situazione patrimoniale del ministro per le Politiche Agricole Mario Catania si legge che è proprietario dell'appartamento in cui vive a Roma (circa 120 mq.) e del 50% di una abitazione monofamiliare nel comune di Manciano, di circa 120 mq. Possiede una Volkswagen Golf 1600 del 2004. Non possiede barche nè aerei. Catania non possiede quote e azioni societarie, quote di fondi comuni, attività patrimoniali di cui sono titolari terzi, patrimoni destinati ad uno specifico affare, obbligazioni, gestioni patrimoniali, gestioni di portafogli di investimento. I risparmi sono investiti in titoli di stato (450.000 Euro). Non è titolare di imprese e non ha cariche di amministratore o sindaco di società, nè alcuna altra carica presso imprese pubbliche o private. Il reddito 2010 (dichiarazione 2011) ammontava a 213.700 Euro, interamente ascrivibili alla retribuzione da lavoro dipendente presso il ministero. La retribuzione annua lorda del 2011, precedente alla nomina quale ministro, ammontava a 280.600 euro. Per effetto della nomina a ministro la retribuzione annua lorda è scesa a 211.047,46 Euro


Gianpaolo di Paola (ministro della difesa):
Il ministro della Difesa Giampaolo di Paola dichiara un reddito di 199.778,25 euro, a decorrere dal 16.11.2011. Per il 2011 ha percepito 25.179,17 lordi. Non ha altri incarichi o rapporti di lavoro dipendente con pubbliche amministrazioni. Non sono in essere rapporti di lavoro dipendente, percepisce una pensione. Nell’anno 2011 ha percepito i seguenti emolumenti lordi: 314.522,64 euro di pensione provvisoria; 29.441,44 euro per servizio all’estero. Per quanto riguarda i beni immobili, l'abitazione principale è una casa di proprietà a Livorno di 130mq, con quota di titolarità del 50%. Ha due autovetture, una Mercedes Classe B 180 CDI del 2009, e una Volkswagen Polo CV Riguardo Strumenti finanziari, quote e azioni societarie, Attività patrimoniali di cui sono titolari interposte persone e fiduciari, il ministro ha 398 azioni Enel, 68 Finmeccanica, 14 quote Deutesche Telekom. Quote di fondi comuni di investimento: 1.468 quote di Pioneer Paesi Emergenti, pari a 15.000 euro, e 5.877 quote di Pioneer SSF Euro, pari a 30.000 euro. Altri depositi: Bot/Btp per un valore complessivo di 150.000 euro, una polizza assicurativa Generali di 85.000 euro e obbligazioni per 655.000 euro


Filippo Patroni Griffi (ministro della pubblica amministrazione):
Nel 2010 quando ancora non era ministro, Filippo Patroni Griffi ha guadagnato 504.367 Euro lordi e ha pagato un'imposta lorda di 209.657 Euro. Per il suo incarico. Patroni Griffi riceverà un compenso lordo annuo di 205.915,54 euro. Il ministro è proprietario della casa adibita ad abitazione principale e di quote in nuda proprietà in altre 4 abitazioni più un terreno. Ha una Bmw 320 del 2005, una Ford Fiesta del 2010, una Toyota Yaris del 2001 e una moto del 2005.


Mario Ciaccia (ministro delle infrastrutture):
 ha dichiarato nel 2010 un reddito di 1.600.701 euro, su cui ha pagato 680.922 euro di tasse, mentre ora il viceministro delle Infrastrutture percepisce 188.868,91 euro lordi. Risulta proprietario, o comproprietario, di nove immobili a Roma, Plaus (Bz), Roma e Budapest. E ha tre auto: una Wolkswagen Sharan del 2000, una Porsche Carrera del 2003 e una Fiat Cinquecento del 2007. Infine, ha dichiarato di avere investimenti in un portafoglio di Intesa Sanpaolo Private Banking per 1.446.139,79 euro.


Andrea Riccardi (ministro della cooperazione e integrazione):
Con l'incarico di ministro della Cooperazione e dell'integrazione, Andrea Riccardi guadagnerà circa 160mila euro in più dello scorso anno. Nel 2011, il fondatore della comunità di Sant'Egidio ha dichiarato un reddito complessivo di 120mila euro. Grazie all'incarico di governo, Riccardi percepirà 199.778 euro l'anno che si sommeranno alla sua pensione da professore universitario di 81.154 mila euro. Il ministro è anche proprietario di due appartamenti, uno a Trevi di 250mq più 180mq di cantine e uno a Roma di 210mq in usofrutto alla madre. Sempre a Trevi Riccardi possiede un terreno di 72 are e 90 centare di provenienza familiare. Riccardi possiede anche un deposito titoli presso l'Unicredit per un valore complessivo di 80mila euro circa ed è cointestatario per il 25% di un deposito titoli presso il Monte dei Paschi di Siena pari a 46mila euro.


Renato Balduzzi (ministro della salute):
Il ministro della Salute Renato Balduzzi dichiara 199.778,00 euro. Dispone di diversi terreni e fabbricati di cui è unico proprietario e in alcuni casi comproprietario. Il portafogli azionario è ricco e vario. Atlantia (controvalore 1.370,60 euro), Banca Carige (20.068,34 euro), Beni stabili (245,71), Enel (1.733,39), Eni (31.284,00), Fiat Industrial (1.610,70), Fiat (969,78), Finmeccanica (426,25), Generali Assicurazioni (4.771,02), Impregilo (1.265,00), Industria e innovazione (31,00), Intesa Sanpaolo (8.545.05), Iren (1.720,19), Reno De Medici (304,40), Seat Pagine Gialle (80,71), Fairpoint Communications (0,01), Frontier Communications (73,99), Idearc Inc. (0,04), Verizon Communications (2.888,60), Telecom Italia Media (25,58), Telecom Italia (971,00), Telecom Italia Risparmio (8.879,02), Tiscali (0,27)


Corrado Clini (Ministro dell'ambiente):
Il titolare del dicastero dell'Ambiente Corrado Clini ha dichiarato redditi per 173.383,00 euro. Dispone di un fabbricato in comproprietà a Mirano e una sola automobile, una Fiat 500 del 2010.

 
 
 

Fare una guerra per vendere caccia

Post n°979 pubblicato il 17 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Fare una guerra per vendere caccia

La francese Dassault sembra essersi aggiudicata la super-commessa dell'India, grazie anche alla "vetrina" fornita dai bombardamenti europei in Libia. La fornitura di 126 caccia militari dovrebbe valere circa 11 miliardi di dollari e ha subito fatto salire vertiginosamente in Borsa il valore delle azioni della compagnia francese.

 

di Francesco Vignarca - 12 febbraio 2012

Ma allora funziona! Ecco come i francesi (Sarkozy in testa che sfrutterà sicuramente l'affare in vista delle prossime elezioni) sono riusciti per la prima volta a vendere fuori dai propri confini il caccia Rafale: partecipando con profitto alla migliore "fiera" possibile, l'assalto alla Libia. Lo avevamo sottolineato ai tempi delle bombe su Tripoli e della caccia al rais Gheddafi e puntualmente qualcosa è avvenuto.

L'India ha infatti individuato come migliore offerta (in particolare per il prezzo propost) quella dell'azienda francese Dassault, che inizierà quindi le trattative esclusive per concludere il contratto. La fornitura di 126 caccia militari dovrebbe valere circa 11 miliardi di dollari e ha subito fatto salire vertiginosamente in borsa il valore delle azioni della compagnia francese. Che ha probabilmente dimostrato nei cieli dell'Africa del nord il "valore" del proprio aereo, non a caso fatto decollare prima della decisione ufficiale di bombardamento e protagonista di diverse manovre "sospette" proprio per mettersi in mostra.

Va anche detto che l'operazione, che ha definitivamente affossato il programma-consorzio europeo Eurofighter per cui non sono più previsti acquisti dagli Stati produttori (Italia, Spagna, Germania, Gran Bretagna) e che non vede più sbocchi all'esterno. Causando solo in Italia (secondo le parole del Generale De Bertolis) la perdita di circa 11.000 posti di lavoro e dimostrando quindi in pieno che investire sull'industria a produzione militare è la peggiore mosssa che si possa fare per preservare lavoro. Basta infatti perdere la commessa "sperata" e tutto sparisce... Lasciando anche qualche strasico di dubbi e polemiche sulla reale volontà del nostro governo di favorire un progetto europeo (mentre invece ci si butta sugli F-35 americani). Tanto che l'ex-sottosegretario alla Difesa On. Crosetto ha dichiarato: “Mi auguro solo che la sconfitta non sia stata guidata sacrificando una parte dell'industria della difesa italiana ad altre logiche ed altri interessi”.

Infine, non dimentichiamoci che il Governo Francese è famoso per annunciare accordi - a riguardo di vendite di prodotti militari - che poi non si concretizzano. L'interesse nel fare questo annuncio, oltre ovviamente al sostengo all'industria di stato Dassault e alla sua valorizzazione di borsa, sta tutto nelle prossime elezioni a cui Sarkozy vuole presentarsi con questo fiore all'occhiello. Tutta roba già vista: lo hanno fatto per il Brasile: acquisto ancora da confermare. Lo hanno fatto per gli Emirati Arabi, con vendita che deve essere riconsiderata.
Lo avevano fatto per la Libia, e non si deve discutere più a causa del decesso del compratore.... Altre sconfitte del Rafale (di cui ricordiamo non è stato mai venduto un singolo esemplare fuori dalla Francia) ci sono state con le gare per la Corea del Sud, Singapore, Marocco, Oman, Kuwait, Polonia, Svizzera.

 

 
 
 

L'ESERCITO CI COSTA 50MILA EURO AL MINUTO

Post n°978 pubblicato il 17 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

CASE DI LUSSO E MASERATI: COSI' L'ESERCITO CI COSTA 50MILA EURO AL MINUTO PDF Stampa E-mail
di: Redazione Nsd   

lunedì 14 novembre 2011

 

http://www.nsd.it/forze-armate/case-di-lusso-e-maserati-cosi-l-esercito-ci-costa-50mila-euro-al-minuto.html

(La Repubblica) - Ogni minuto che passa lo Stato brucia 50 mila euro in spese militari. Tre milioni l'ora, settantatré al giorno. L'orologio della Difesa non conosce soste, ignora gli allarmi della crisi, scandisce i tempi di un flusso finanziario continuo. Quello necessario a garantire un esercito di professionisti, gli armamenti, le missioni all'estero. E ad assicurare un ventaglio sempre più ampio di funzioni più o meno tradizionali: dalla vigilanza sulle discariche alle iniziative promozionali come feste e parate. Sono le cifre di un apparato di sicurezza interno ed internazionale di cui il governo può menar vanto, ma sono anche i numeri di un gigantesco business che alimenta sprechi e sperperi....







Tagliato il traguardo dei due lustri della leva volontaria, il nuovo modello di Difesa varato nel 2000 mostra tutte le sue crepe. Additate, allo stesso modo, da pacifisti e osservatori militari accreditati. Il totale delle spese per le forze armate e l'industria bellica, nel 2010, si è attestato sui 27 miliardi di euro. In questo comparto, per intenderci, lo Stato garantisce finanziamenti quattro volte superiori a quelli del fondo ordinario delle università. O, messa in un altro modo, appronta risorse più di tre volte superiori ai tagli deliberati per scuola e servizi. Come si arriva a questa cifra che fa a pugni con i propositi rigoristi dell'esecutivo?


LA RAGNATELA DELLA SPESA Ventisette miliardi è la somma indicata dal rapporto annuale del Sipri, un istituto internazionale indipendente che ha sede a Stoccolma. È un conto economico in crescita rispetto all'anno precedente, che tiene conto di una pluralità di voci che fanno lievitare il totale a una quota quasi doppia rispetto a quella, ufficiale, che compare nel bilancio della Difesa: il ministero guidato da Ignazio La Russa ha infatti una dotazione di 14,5 miliardi di euro, ai quali vanno aggiunti i 5,7 miliardi della funzione sicurezza garantita dai carabinieri e gli 1,5 miliardi delle missioni all'estero rifinanziate di sei mesi in sei mesi. Disseminati poi in mille altri capitoli ci sono le voci riconducibili alle spese militari ma che rientrano negli investimenti per la produzione di armi, mezzi e sofisticati congegni tecnologici a scopi bellici. Il solo ministero dello Sviluppo economico ha una quota di 3,5 miliardi per questa finalità ma nel settore della ricerca risorse sono destinate a fini collaterali anche nei capitoli del Miur. Allora, la domanda è: in che modo vengono utilizzati i fondi?


COMANDANTI E COMANDATI L'Italia è l'ottavo paese al mondo per spese militari, addirittura il quinto se si analizzano le uscite pro-capite, cioè divise per il numero di abitanti. Eppure il nostro Paese non è né la quinta né l'ottava potenza internazionale. Un dato di partenza su cui si interrogano in molti. Anche perché, lo Stato italiano, pur destinando solo lo 0,9 per cento del suo Pil alla difesa, ha un contingente militare che per dimensioni è secondo in Europa solo alla Francia. In realtà, le nostre forze armate presenti nei teatri dei conflitti, protagoniste dall'Aghanistan al Libano di missioni apprezzate a livello internazionale, non superano le 12 mila unità. Ma alle spalle di queste avanguardie d'eccellenza, c'è un apparato elefantiaco che conta 190 mila persone. Ed è la distribuzione di questo personale a suscitare qualche interrogativo.A partire dalla cifra dei graduati: 98 mila fra ufficiali e sottufficiali. In pratica, come rivelano Massimo Paolicelli e Francesco Vignarca nel libro "Il caro armato", oggi fra esercito, marina e aeronautica i comandanti sono più dei comandati. In Italia abbiamo seicento fra generali e ammiragli: gli Stati Uniti, che pure vantano un apparato militare da un milione 400 mila uomini, hanno appena 900 figure di questo tipo. Quanto risponde questa struttura a esigenze strategiche e logiche di bilancio?


PRECARI IN MARCIA In tempo di crisi sono in tanti a ragionare di tagli. Perché, a fronte di chi va a rischiare la vita su scenari di guerra delicati con un'indennità di rischio che al massimo raddoppia lo stipendio, c'è un contingente di retroguardia che è diventato una fabbrica di illusioni. Abolita la leva obbligatoria, nelle forze armate hanno fatto ingresso volontari che restano in servizio da uno a quattro anni, al termine dei quali dovrebbero rimanere nei ranghi o passare ad altri corpi con una corsia preferenziale. Nonostante i cospicui investimenti sulla loro formazione, il 75 per cento rimane fuori e lo Stato deve procedere a nuovi reclutamenti. Per fortuna, dicono gli esperti, non c'è una crisi di vocazione, soprattutto al Sud dove è forte la fame di lavoro. Al punto da determinare, ad esempio, una mutazione genetica del corpo degli alpini, che fino a qualche anno fa era composto quasi esclusivamente da "padani" e oggi per il 70 per cento è costituito da meridionali. Curiosità che può far sorridere. Ma un fatto è certo: la vita da caserma tira ancora. Come dimostrano i dati del 2009: 16.300 posti a concorso per la ferma annuale, 70.444 domande. E per i 5.992 posti di ferma quadriennale, i concorrenti furono 24.339. Voci in netta controtendenza rispetto agli anni precedenti.


LA MINI NAJA Eppure il governo, l'anno scorso, ha deciso di lanciare una campagna di avvicinamento all'esercito. L'ha chiamata mini-naja: inizialmente un progetto che prevedeva solo tre settimane di campus addestrativo riservato a 1.500 giovanissimi. Ma nel 2011 sono stati pubblicati già tre bandi da 2.500 posti. L'iniziativa ha avuto successo e andava incentivata, la tesi di La Russa. Ma c'è chi sospetta che dietro l'operazione ci siano motivi promozionali. È l'interrogativo sollevato dai Verdi ma anche dal sindacato di polizia Sap, che puntano l'indice su una spesa da 19,8 milioni di euro nel triennio 20102012. L'austerity avrebbe forse dovuto consigliare una destinazione diversa dei fondi. Soprattutto in un Paese che, specialmente ai vertici della sua struttura militare, continua ad avere un'organizzazione ponderosa. La fondazione Icsa, di cui è presidente Marco Minniti, nell'ultimo rapporto annuale si spinge oltre confini poco esplorati sinora. E attacca la proliferazione degli organismi di comando: oggi, scrive, «ci sono di fatto cinque stati maggiori, senza contare l'enorme staff del ministro, la cui organizzazione è stato oggetto di una riforma che tutto ha fatto tranne ridurne la consistenza a livelli di sobrietà. Occorre rivedere compiti, responsabilità e piani organici. Intervenire non con le forbici ma con la mannaia». Ma quali sono le sacche di privilegio che resistono nelle alte gerarchie militari?


STELLETTE D'ORO Fra gli ufficiali di rango elevato il turn-over è praticamente inesistente, con una progressione di carriera garantita dall'anzianità più che dal merito e con benefit inattaccabili: come gli alloggi riservati, fino a 600 metri quadrati di superficie, per 44 fra generali e ammiragli che possono beneficiare di servizio all-inclusive, comprensivo di battitura di tappeti e lucidatura dell'argenteria. Lo Stato, in pratica, paga pure la colf. Spesa:3 milioni e mezzo l'anno. Per sei di loro pure un'indennità speciale da 409 mila euro dopo il pensionamento. Un beneficio, quest'ultimo, che spetta al capo di stato maggiore della difesa, ai tre capi di stato maggiore delle forze armate, al segretario generale della difesa e al comandante generale dell'arma dei carabinieri. Lo Stato si garantisce inoltre la possibilità di una chiamata in servizio di ufficiali e sottufficiali fino a cinque anni dopo il pensionamento. Un'opzione retribuita con regolare compenso, a prescindere dall'effettivo impiego dei beneficiari. E l'eventuale apporto ausiliario - evidentemente non tanto eventuale - costa 326 milioni di euro. Senza considerare che molti degli ufficiali di punta in congedo transitano poi negli enti statali che si occupano di armamenti: da Finmeccanica all'Augusta, dalla Selex all'Oto Melara. C'è un'oligarchia militare tuttora ossequiata e ben remunerata. E che viaggia anche comoda. Sfidando il periodo di ristrettezze, la Difesa si è recentemente dotata di 19 Maserati blindate da 100 mila euro l'una. Costose, sì: «Ma si premia pur sempre un'azienda automobilistica italiana», si è schermito La Russa.


UNA MACCHINA CHE PERDE PEZZI Le spese per il personale portano via quasi i due terzi delle risorse destinate all'attività delle forze armate: 9,5 dei 14 miliardi presenti nel bilancio della Difesa. La dieta imposta dall'esecutivo? Più ostentata che reale. E, come rileva il generale Leonardo Tricarico (ex capo di stato maggiore dell'Aeronautica e socio della Fondazione Icsa), i tagli non hanno abolito gli sprechi ma hanno inciso «sugli stanziamenti per addestramento, manutenzione e infrastrutture»: il relativo capitolo è stato ridotto del 18,2 per cento. Solo per l'arma blu, la sforbiciata ai finanziamenti comporterà un dimezzamento nel 2013 delle ore di volo. A cascata, il colpo di forbice del governo inciderà su spese vive come benzina e pezzi di meccanica per i mezzi in servizio. Con il paradosso illustrato da Paolicelli e Vignarca: ci sono 180 autoblindo Lince (i veicoli più utilizzati nelle missioni all'estero) fermi in officina ma sono partiti ordinativi per altri 1.150 mezzi. Fra mille difficoltà quotidiane, alle forze armate viene però chiesto di garantire servizi "civili" cari ai politici: in dieci anni il governo ha maturato debiti per 250 milioni di euro solo nel capitolo voli di Stato. È pesante, sul piano finanziario, la gestione di 30 mezzi aerei a disposizione di ministri e sottosegretari per ogni capriccio, fra cui un «indispensabile» spostamento da Linate a Malpensa fatto di recente con un jet proveniente da Roma. Fra gli ultimi acquisti della flotta, i super-elicotteri Av 139 da 49,8 milioni di euro, prodotti dall'Agusta-Vestland (gruppo Finmeccanica) allestiti con ogni genere di comfort. D'altronde, l'industria militare non conosce crisi.


L'AFFARE DEI JET L'ultimo "affare" è la costruzione del nuovo velivolo F35, ovvero il Jsf, Joint Strike Fighter, fortemente sponsorizzato dal Pentagono. Il progetto del caccia made in Usa va avanti dal 2001 e i costi sono lievitati a dismisura fino a impensierire l'amministrazione Obama. L'Italia, che con Finmeccanica è uno dei partner privilegiati del progetto, secondo le ultime stime potrebbe arrivare a spendere 15 miliardi di euro per dotarsi di 131 caccia. Ma è un investimento che non spaventa Finmeccanica, l'azienda controllata al 30 per cento dal Tesoro e finita al centro dell'inchiesta sulla P4, un colosso che sfida la difficile congiuntura economica: ha un fatturato da 18,7 miliardi e un attivo da 500 milioni. Nel 2010 ha distribuito dividendi allo Stato per 71 milioni ma molto di più, evidentemente, ha incassato dallo Stato stesso per la realizzazione di mezzi e armamenti. Un impegno finanziario rilevante è quello messo in campo per la portaerei Cavour- 1,3 miliardi di euro-e per le 10 fregate Fremm per le quali occorreranno 5,6 miliardi di euro. Con una particolarità tutta italiana: la stessa fregata, annota Massimo Paolicelli dell'associazione "Sbilanciamoci", costa ai francesi 280 milioni, al nostro Paese 350. E il governo ha sottoscritto contratti per l'acquisto di 8 aerei senza pilota (1,3 miliardi) e di due sommergibili per un miliardo. Uscite a nove zeri. Ma esiste un piano per far cassa?


MAGISTRATI E GINNASTI È del 2008 il primo programma di dismissioni che dovrebbe portare alla vendita di 200 caserme, 3.000 alloggi militari e 1.000 installazioni considerate inutili. Il progetto non ha ancora sortito effetti significativi, visto che molte delle case da cedere sono occupate abusivamente ed esistono intoppi burocratici per le variazioni di destinazioni d'uso di aree estese che fuori dal circuito speculativo è difficile mettere a rendita. Rimangono intatti anche gli apparati di supporto all'attività delle forze armate, come la sanità militare che mantiene centinaia di posti letto e camici con le stellette sempre più dirottati sulla certificazione delle invalidità. In presenza di un carico di lavoro assottigliatosi enormemente negli anni, la giustizia militare conta ancora una sessantina di magistrati. Circoli e stabilimenti balneari sono in larga parte autofinanziati ma assorbono personale. In epoca di vacche magre, saltano agli occhi le spese per i gruppi sportivi, che fanno attività meritoria e spediscono pure atleti italiani alle Olimpiadi, ma che contribuiscono ad appesantire i bilanci. Non senza storture: «Proprio utile, ad esempio, finanziare la ginnastica ritmica?», chiede il generale Tricarico. Delineando l'ultimo paradosso di un esercito generoso nelle missioni all'estero e sciupone in patria.

di Enrico Bellavia ed Emanuele Lauria

 
 
 

Arabia Saudita, Hamza rischia la morte firma per opporci alla sua condanna a morte

Post n°977 pubblicato il 16 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Arabia Saudita, Hamza rischia la morte per un tweet. Firma l’appello

In alcune parti del mondo un semplice tweet può costarti la vita. E’ il caso di Hamza Kashgari, cittadino dell’Arabia Saudita, incriminato per apostasia, ovvero abbandono formale e volontario della propria religione. Legalmente protetta dal Patto internazionale sui diritti civili e politici, poichè la libertà di adottare una religione implica necessariamente la libertà di scelta e di conseguenza il diritto alla conversione ad un’altra fede oppure all’ateismo,  l’apostasia è ritenuta illecita, invece, per l’Islam. Al pari della stregoneria,  l’hadith non è ammessa nella religione musulmana e comporta l’applicazione di una delle pene previste dalla Shari’a (Legge di Dio). Solitamente al “colpevole” di turno viene imposto un periodo di riflessione da compiere in stato di reclusione dopo la quale o si torna alla primitiva condizione di musulmano o si affronta la pena di morte.

Il giovane Hamza, collaboratore per un giornale locale di Djeddah, è stato arrestato in Malesia il 9 febbraio 2012 e rimpatriato a forza nella sua Arabia Saudita. Era fuggito dalla sua terra in seguito alle minacce di morte ricevute. Il suo delitto? L’aver pubblicato su Twitter dei messaggi polemici nei confronti di Maometto in occasione dell’anniversario della sua nascita (4 febbraio).

“Il giorno del tuo compleanno (riferito a Maometto, ndr), ti ritrovo ovunque io vada. Ho amato alcune cose di te ma ne ho abbandonate altre, e non ho capito molte cose sul tuo conto”, ecco il tweet incriminato. Si apprende dal sito di Amnesty International che “poco dopo il suo arresto, un magistrato di Gedda ha chiesto al direttore dell’Ufficio per le indagini penali l’autorizzazione ad aprire un’inchiesta nei confronti dell’uomo, auspicando che venisse estesa anche ad altri utenti di Twitter che lo avevano incoraggiato o si erano congratulati con lui”.

“Temiamo che non benefici di un processo equo e che rischi la pena capitale se sarà processato per apostasia”, così, invece, l’avvocato del giovane saudita, Muhammad Afiq Mohamad Nour, ha manifestato la sua preoccupazione. Da qui sorge l’appello di Amnesty International che considera Hamza un prigioniero di coscienza, “arrestato solo per aver esercitato il suo diritto alla libertà d’espressione”.

Tali brutalità vanno in contrapposizione a tutti i diritti fondamentali sanciti dalle convenzioni internazionali. Non è una questione di religioni, di culture o di tradizioni. Qui parliamo di vìolazioni all’umanità. Fermiamo queste mostruosità. Firma anche tu l’appello di Amnesty International. Contribuisci anche tu a salvare il giovane Hamza. Chiedi anche tu al re e al ministro dell’Interno sauditi di prosciogliere Kashgari da ogni accusa e rilasciarlo immediatamente.

Ecco il link dove puoi firmare:

http://www.amnesty.it/flex/FixedPages/IT/appelliForm.php/L/IT/ca/188

 
 
 

Caccia F35 ridotti di 41 unità. Ma è solo un bluff?

Post n°976 pubblicato il 15 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Caccia F35 ridotti di 41 unità. Ma è solo un bluff?

 

Giampaolo Di Paola ha sciolto il nodo degli ormai celebri Caccia F-35. Il Ministro della Difesa stamattina ne ha annunciato la riduzione da 131 a 90: "La componente aerotattica - ha dichiarato Di Paola - è irrinunciabile: ora è assicurata da Tornado, Amx e Av-8B, che nell'arco di 15 anni usciranno per vetustà dalla linea operativa. Saranno sostituiti da Jsf (F-35, NdR), che è il miglior velivolo in linea di produzione, nei programmi di ben 10 Paesi". L'Italia" ha aggiunto, "ha già investito 2,5 miliardi di euro. Ci eravamo impegnati ad acquistarne 131, ora il riesame del programma ci porta a ritenere perseguibile l'obiettivo di 90 velivoli, un terzo in meno".

Delle qualità o, per meglio dire, dei difetti del Caccia F35 avevamo già parlato.  Il Gao (Government Accountability Office degli Stati Uniti d'America: un organo equiparabile alla nostra Corte dei Conti) riguardo gli F-35 dichiarò qualche mese fa: “Dopo oltre nove anni di progettazione e di sviluppo e altri quattro di produzione, il programma Jsf (Joint Strike Fighter, NdR) non ha ancora dimostrato di essere affidabile”. Acquisteremo 90 Caccia inaffidabili...

Il taglio, comunque, ci sarà e riguarderà 41 unità: ma la "forbice" del Ministro - cooerentemente con la linea di "lacrime e sangue" adottata dal Governo - si abbatterà anche sul personale: oggi in Italia ci sono 183mila militari e 30mila civili nella Difesa, ma "occorre - ha spiegato Di Paola - scendere progressivamente verso 150mila militari e 20mila civili, con una riduzione di 43mila unità". 

Insomma: in tempi di crisi apparentemente anche la Difesa si avvia a tagliare risorse. In realtà la guerra resta sempre un grande affare, come dimostrano gli investimenti in nuovi armamenti. Ad esempio, come ha rivelato L'Espresso "lo Stato Maggiore ha deciso in sordina l'acquisto dei nuovi 'semoventi da 155 millimetri' di Iveco e Finmeccanica. Pur avendone già 70 dello stesso calibro, mai usati". Perché mai utilizzati? Semplice: consumano troppo: si trovano fondi per costruirli, ma poi mancano per l'acquisto di carburante. 

Ma è interessante anche conoscere cosa accade all'estero: nel Regno Unito Cameron decise due anni fa di apportare tagli alla difesa analoghi ai nostri. Di colpo iniziarono a proliferare "come funghi" società di sicurezza privata: i celebri contractors (tradotto: mercenari), da ingaggiare al bisogno. Ebbene, anche in Italia sgomitano per farsi largo. Ad esempio la Security Consoulting Group di Carlo Biffani spinge per essere ingaggiata nel garantire la sicurezza alle navi italiane al largo della Somalia, spesso e volentieri attaccate dai pirati. E un dispaccio di Adnkronos del 27 novembre scorso rivela anche: "Sono una cinquantina gli italiani impegnati nelle scorte di manager in paesi ad alto rischio come l’Iraq o l’Afghanistan. Superaddestrati, in genere hanno nel loro curriculum alcuni anni nelle unità d’élite delle forze armate, Folgore, Gis, Tuscania, Col Moschin, Comsubin, San Marco e, lasciata la divisa, continuano a frequentare corsi di aggiornamento e specializzazione". La domanda al ministro dunque è questa: tagliamo sul personale militare per investire nelle società private?

Ma torniamo ai Caccia F-35. La Rete Disarmo, da anni impegnata in una campagna per l'annullamento dell'acquisto degli aerei da guerra, ha dichiarato:

Dopo la manovra 'Salva Italia', che ha chiesto pesanti sacrifici a tutto il Paese con tagli a pensioni, sanità e welfare ci saremmo aspettati un contributo anche dal comparto Difesa, specialmente con la soppressione di inutili e costosi sistemi d'arma come il cacciabombardiere F-35 Joint Strike Fighter. I soldi ricavati (ma non da subito) con il taglio di una parte del personale andranno invece solamente a coprire le maggiori spese previste per l'esercizio (formazione e manutenzione) ed investimento (sistemi d'arma).

Ma la Rete Disarmo continua: "Viene riproposta la solita lamentazione sui pochi fondi a disposizione (ieri il Ministro in conferenza stampa ha parlato dei “soli 90 centesimi” per ogni cento euro di ricchezza contro gli 1,6 del resto d'Europa) ma ancora una volta presentando dati palesemente falsi. Nel conteggio infatti non vengono mai considerati i fondi delle missioni all'estero e quelli messi a disposizione dell'industria militare da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, in questo modo fortemente sottostimando le spese complessive. Se non volete credere a noi disarmisti almeno credete alla NATO che in molti documenti ufficiali colloca la spesa militare italiana all'1.4% del PIL e non sotto l'uno percento come ostinatamente ribadisce il Ministero della Difesa ad ogni occasione”.

Insomma, questi tagli ci saranno oppure no? E la riduzioni da 131 a 90 Caccia non rischia di essere l'ennesimo specchietto per le allodole atto a rabbonire gli animi dei cittadini, infuriati per questa spesa esagerata?

Ps: Iran Radio Italia riporta oggi sul suo sito una dichiarazione del generale Nikolai Makarov, capo di Stato Maggiore dell'Esercito che avrebbe rivelato a Russia Today:

"Mosca sta osservando attentamente la situazione, e non esclude la possibilità che avvenga un attacco coordinato contro l'Iran. Penso che una decisione sarà presa entro l’estate".

Che ruolo avrà l'Italia?

 
 
 

Lo Stato fa l’editore: all’anno spende 150 milioni per i giornali e poi si frega l'indicizzazione della pensione ......

Post n°975 pubblicato il 15 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Lo Stato fa l’editore: all’anno spende 150 milioni

 

Infografica Carlo Manzo e Dario Ronzoni

Testo Simone Trebbi

 

Addio finanziamenti diretti all’editoria. La novità arriva con manovra Monti, all’articolo 29, comma 3. «Allo scopo di contribuire all’obiettivo del pareggio di bilancio», è scritto, «il sistema di contribuzione diretta cessa alla data del 31 dicembre 2014». Ancora due anni, e poi addio ai soldi per i giornali. O meglio, addio al vecchio sistema. Con quello nuovo si provvederà «alla ristrutturazione delle aziende già destinatarie della contribuzione diretta» con sguardi all’innovazione. Insomma, cambierà tutto. Per ricordare come funziona oggi, vi riproponiamo la nostra infografica.

 

E la notizia bella dove sta? La notizia bella sta nel fatto che verranno appunto eliminati i contributi diretti all’editoria … ma c’è un “ma”, infatti questo avverrà non prima della fine del 2014 … come recita l’ articolo 29, comma 3 della manovra finanziaria approvata domenica «Allo scopo di contribuire all’obiettivo del pareggio di bilancio, il sistema di contribuzione diretta cessa alla data del 31 dicembre 2014».

La casta come sempre non si smentisce, e qualunque sia il taglio, se è diretto ai cittadini, è immediato e senza ripensamenti … per la casta, tutto è in previsione futura … con la speranza che con qualche sotterfugio non si rimangino tutto prima di quella data!

 Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/contributi-diretti-editoria#ixzz1mT9uTYb0

Nei giorni scorsi ben 64 direttori hanno espresso le proprie preoccupazioni al presidente Giorgio Napolitano in merito al serio rischio di tagli al fondo per l’editoria con una lettera-appello. A motivare la protesta e la richiesta di interventi presso il Governo affinché i tagli siano revocati, la preoccupazione di tutelare il pluralismo dell’informazione. L’appello è stato subito raccolto da Napolitano, che con una missiva di risposta ha garantito una presa di posizione in materia chiara. A mancare è tuttavia una seria discussione in grado di riflettere su quanto accade oggi, in materia di finanziamenti pubblici per i giornali e riviste. Il vero problema, sostanzialmente, è che ogni tipologia di finanziamento statale vizia ed altera quelli che sono gli equilibri di mercato; facilmente comprensibile che chi ottiene risorse in più, parta avvantaggiato rispetto ad altre realtà editoriali che preferiscono rimanere sul mercato con le proprie forze e senza aiuti che non siano quelli legati alla pubblicità ed alla fedeltà dei lettori.

A pagare la sopravvivenza di buona parte dei quotidiani italiani, ça va sans dire, sono i contribuenti. La domanda di fondo è: perchè tutti i cittadini devono contribuire all’uscita di pubblicazioni delle quali, spesse volte, non condividono neppure in parte opinioni ed idee? Occorre precisare, anzitutto, che la stampa in toto gode, senza esclusione, di sostegni particolari. Si tratta tuttavia di agevolazioni sui servizi piuttosto modeste, spesso legate esclusivamente ai contratti d’affitto agevolati e rimborsi spese per i costi della luce e dell’utilizzo del telefono. Si tratta solamente della minuscola punta di un iceberg mastodontico, che ogni anno costa allo Stato cifre ragguardevoli che oscillano statisticamente (ogni anno è una storia a sè) tra i 450 ed i 700 milioni di euro.

Per capire come si è arrivati a queste cifre, occorre fare un passo indietro. La prima legge che stabilisce quote di finanziamenti pubblici per l’editoria risale al 1981, sotto la presidenza di Arnaldo Forlani, leader della Dc. Il testo, specifica che qualsiasi quotidiano faccia richiesta di finanziamenti statali debba avere come requisito imprescindibile quello di essere riconosciuto un giornale ufficiale di partito. La spesa annua, arriva subito a toccare l’equivalente di 28 milioni di euro, media che si protrae per sei anni. In data 25 febbraio 1987, la nuova legge sulla “Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria” introduce una novità che, di fatto, rende possibile a tutti o quasi di accedere ai finanziamenti pubblici, con conseguente impennata di costi.

La soglia minima dei deputati necessari per dichiarare che un foglio è organo di partito, infatti, si abbassa a due soli parlamentari. Cominciano così a nascere testate di ogni tipo, che si rifanno alle più improbabili formazioni istituzionali, con il solo scopo ultimo di attingere ai soldi messi a disposizione dallo Stato. Questo sistema, ha consentito non solo il fiorire di realtà editoriali inesistenti (introvabili nelle edicole e con attività di pura facciata), ma anche la costruzione di mentalità clientelari in grado di rapporti bidirezionali tra politica e carta stampata che hanno sempre più avvelenato l’editoria. Nel 2001, la legge cambia di nuovo: per poter continuare ad usufruire dei finanziamenti, è necessario diventare una cooperativa a tutti gli effetti ma senza obblighi di mutualità, contrariamente alle vere coop. come il quotidiano il manifesto. Con un decreto legge contenuto nella manovra finanziaria del 2001, la legge assume infatti connotati più restrittivi, lasciando però la scappatoia di cui sopra: le imprese editoriali che diventano legalmente cooperative, potranno seguitare a beneficiare dei contributi. Un escamotage che verrà utilizzato da ben 17 giornali su 31, seppure con modalità differenti.

Mentre tanti trasformano infatti la veste prettamente giuridica dell’impresa in cooperativa, molti altri cedono la testata ad una società cooperativa creata ad hoc. I primi beneficiari sono i giornali organi di partito o pseudo tali, che raggiungono quota 22. Tra i vari Il Riformista, L’Opinione delle Libertà e Il Denaro, oltre a Il Foglio e Libero. Quest’ultimo, nasce come Opinioni Nuove - Libero Quotidiano, fondato da Vittorio Feltri, e per ricevere i contributi statali viene stretto un accordo con il Movimento monarchico italiano (Mmi). Come riporta il sito del partito, “la testata Opinioni Nuove, di proprietà della Cooperativa Alberto Cavalletto (formata da esponenti dell’Mmi) viene affittata alla Vittorio Feltri Editrice srl per la durata di cinque anni. In cambio, la Direzione di Libero si “impegna a sostenere la linea politica del Movimento”. Il Foglio di Giuliano Ferrara, invece, è stato tra i primi - nel lontano 1997 - a sfruttare l’opportunità dei contributi statali, trasformando il giornale d’opinione (tra gli editori Veronica Lario, moglie di Berlusconi, e il deputato del Pdl Denis Verdini) in un organo stampa di partito.

Il minuto ma pungente Foglio, diventa “Organo della Convenzione per la Giustizia”, un gruppo composto dal senatore e filosofo di Forza Italia Marcello Pera e Marco Boato, Partito Radicale e Verdi. L’anno seguente alla fondazione del quotidiano, Boato interrompe il sodalizio con Pera e viene rimpiazzato da Sergio Fumagalli, esponente dei Socialisti Democratici Italiani. Con questi iter burocratici, lo Stato italiano è arrivato a spendere la bellezza di 667 milioni di euro all’anno. Un minimo cambio di rotta avviene nel 2008, quando il governo lavora su un decreto poi approvato il 25 giugno: viene effettuato un taglio abbastanza consistenti ai fondi dell’editoria definiti diretti, solitamente calcolati sull’entità delle tirature ed il numero di copie effettivamente vendute. Mentre i tagli ai finanziamenti indiretti (trasporto, carta e spese telefoniche) hanno quasi toccato l’osso, aggirare i regolamenti approssimativi dei fondi diretti è ancora semplice: il numero di tirature e di copie vendute di un quotidiano, determina anche l’ammontare della cifra complessiva destinata a coprirne le spese.

Questa consequenzialità logica fa sì che i quotidiani stampino in maniera spesso indiscriminata - salvo poi regalare numerose copie a scuole, alberghi, metropolitane - per raggiungere la soglia minima di vendite stabilite per poter poi usufruire dei fondi. L’effetto immediato dei tagli, che potrebbero essere messi in atto con intensità ancora maggiori entro i prossimi mesi, provocherà la chiusura di alcune testate importanti e che da sole faticosamente riescono a sostentarsi, uno su tutti il manifesto. Le cifre abnormi che i contribuenti destinano ogni anno alle più disparate pubblicazioni editoriali, serie o meno serie, rischiano però di diventare facile preda della mentalità antipolitica imperante. È vero che, adducendo come scusante il pur nobilissimo principio della garanzia alla pluralità d’informazione, sono stati elargiti finanziamenti a dir poco mostruoso; è altresì vero che ci sono squilibri interni al mondo tecnico dell’editoria che comportano sempre più l'apertura di una voragine poco incoraggiante.

Senza una legge adeguata in materia, lo Stato si trova ogni anno a dover sborsare soldi su soldi per mantenere le testate minori. Questo avviene a causa della sproporzione totale con la quale la pubblicità viene diluita: il 75% degli introiti pubblicitari, infatti, sono destinati alla televisione, ed in percentuale attorno al 25% esclusivamente ai grandi gruppi come Mondadori ed Rcs. Logico che testate minori restino escluse dal grande giro pubblicitario che di fatto, assieme al finanziamento statale, determina lo stato di salute di ogni giornale. Senza fondi, i posti di lavoro in bilico sono migliaia. Sarebbe sufficiente regolare e limare le norme in vigore, vigilando sull'operato effettivo dei quotidiani.

Alcune pubblicazioni, si veda L’Avanti! del latitante Valter Lavitola, hanno per anni ricevuto finanziamenti onerosi per senza essere neppure in edicola regolarmente come si conviene ad un quotidiano. Paradossalmente, azzardando un paragone rischioso, in Europa i quotidiani non ricevono alcuna sovvenzione, eppure godono di buona salute e le condizioni dei giornalisti sono nettamente migliori delle nostre. Un dato fondamentale da tenere presente, infatti, è che nonostante la fittissima pioggia di finanziamenti che cadono copiosi su giornali e giornaletti, la condizione reale dei giornalisti medi è sempre peggiore: collaborazioni mal retribuite, difficoltà nel trovare un lavoro stabile ed una pensione sicura.

 

Il mondo dell’editoria italiana, più che di tagli indiscriminati e che colpiscono alla cieca solo le piccole realtà del settore, necessiterebbe di una grande riforma strutturale: cominciando dall’abolizione dell’ordine dei giornalisti ed arrivando a considerare con serietà il futuro dell’informazione sul web. Internet è la cruna dell’ago dentro la quale passerà la storia del giornalismo di un futuro medio-breve, nel quale il suo utilizzo sarà assolutamente complementare alla classica edizione cartacea dei quotidiani. In definitiva, sforbiciare senza nuove proposte per modificare l’assetto editoriale e strutturale della stampa, significa dare una soddisfazione solamente simbolica agli iper-critici professionisti della piazza. Una magra vittoria per tutti, giornalisti e lettori compresi.

  Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/contributi-diretti-editoria#ixzz1mT9k16x8

 

 
 
 

F-35, oggi la decisione del governo Monti

Post n°974 pubblicato il 14 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 
Tag: F-35

F-35, oggi la decisione del governo Monti

14 febbraio 2012versione stampabile

Enrico Piovesana

Oggi il ministro della Difesa, ammiraglio Giampaolo Di Paola, illustra in Consiglio dei ministri i provvedimenti di risparmio riguardanti il suo dicastero. Gli occhi di tutti sono puntati sull’acquisto di centotrentuno cacciabombardieri F-35 ‘Joint Strike Fighter’, per il quale ci si aspetta una “rimodulazione”.

Circolano voci di una riduzione a cento velivoli, che, a spanne, dovrebbe comportare un risparmio di almeno 3 miliardi di euro sui 15 totali del programma. E online ha chiesto ieri a Fabrizio Ravoni, portavoce di Di Paola, se tali numeri sull’entità del taglio fossero rispondenti al vero. “I numeri riguardanti i programma F-35 li dirà il ministro della Difesa in Consiglio dei ministri”. Un’implicita conferma che qualche taglio, comunque, ci sarà.

Non si tratterà, in ogni caso, di una rinuncia totale al programma come chiedono due mozioni parlamentari, una dell’Idv e una di Udc e Pd, che verranno discusse e votate stasera alla Camera, secondo una calendarizzazione (decisa dai capigruppo) così tardiva da apparire quasi opportunistica. La mozione dell’Idv “Di Stanislao, Di Pietro” è del 7 dicembre scorso. Quella Udc-Pd “Pezzotta, Sarubbi” risale addirittura a un anno e mezzo fa: 8 luglio 2010.

La mozione dei dipietristi “impegna il governo ad assumere iniziative volte a bloccare, in via definitiva, il programma per la produzione e l’acquisto dei 131 cacciabombardieri joint strike fighter e a valutare la reale possibilità di utilizzare tali risorse per il rilancio dell’economia e il sostegno all’occupazione giovanile; ad assumere iniziative volte a cancellare i finanziamenti previsti per il 2012 per la produzione dei 4 sommergibili Fremm, dei cacciabombardieri F35, delle due fregate «Orizzonte» con un risparmio previsto intorno ai 783 milioni di euro; a bloccare in via definitiva il progetto della mini naja «Vivi le Forze armate» con un risparmio immediato da destinare alle politiche sociali, con particolare riferimento alle famiglie e ai minori che vivono in condizioni di povertà”.

La mozione di Udc e Pd “impegna i governo a sospendere la partecipazione al programma di realizzazione dell’aereo Joint Strike Fighter non sottoscrivendo alcun contratto di acquisto di questi stessi velivoli”, osservando che “dal punto di vista puramente strategico è difficile comprendere quali siano le motivazioni per l’acquisto di un cacciabombardiere di quarta generazione: le nostre attuali missioni militari all’estero hanno una caratteristica prevalentemente di peacekeeping, dove fondamentale deve essere la figura umana mentre risulta totalmente inutile, oltre che contraria al nostro dettato costituzionale, la presenza di cacciabombardieri. La possibile giustificazione della deterrenza ai fini difensivi non regge in quanto occorre ricordare che stiamo già acquistando il caccia Eurofighter Efa più adatto a compiti da intercettore e di difesa da attacchi aerei”.

Al di là dell’encomiabile passaggio sull’incostituzionalità dell’uso di cacciabombardieri in missioni di pace – che dovrebbe valere a maggior ragione quando si parla di armare di bombe gli aerei schierati in Afghanistan – e della confusione tra sommergibili e fregate Fremm, leggendo le argomentazioni e i toni decisi con cui queste forze politiche chiedono la rinuncia a questo “inutile” spesa militare, viene da chiedersi: ma perché non hanno alzato la voce prima? Perché hanno aspettato proprio la sera dopo la decisione del governo, a giochi ormai chiusi?

 
 
 

INTERVISTA NIGEL FARAGE

Post n°973 pubblicato il 14 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

ESCLUSIVO - NOCENSURA.COM INTERVISTA NIGEL FARAGE

A distanza di quasi due mesi dalla precedente intervista, abbiamo rivolto nuovamente alcune domande all'eurodeputato inglese Nigel Farage che come al solito si distingue per l'assoluta schiettezza e sincerità delle risposte; nessuna "frase di rito", nessun "convenevole" ma risposte ben circostanziate, pronunciate da un profondo conoscitore della realtà "euro-cratica".


a cura di Alessandro Raffa per nocensura.com

- Gli italiani guardano con apprensione gli accadimenti che stanno sconvolgendo il popolo greco: tagli al sociale, tasse, riduzione di stipendi e pensioni... misure molto più pesanti di quelle assunte fino ad ora in Italia dal governo BCE-Monti: SECONDO LEI ESISTE IL RISCHIO CONCRETO CHE UNO SCENARIO SIMILE AVVENGA ANCHE IN ITALIA?


- Si. Probabilmente la prossima nazione a dover assumere forti misure di austerity sarà il Portogallo, e forse anche Spagna e Irlanda; ma l'Italia, nonostante le sue immense riserve auree, (o forse per preservare la riserva aurea) diventerà certamente l'obbiettivo di un "attacco" della Troika. Questo se non succederà "molto presto", succederà "abbastanza presto".


- Monti si è presentato agli italiani con una manovra finanziaria "lacrime e sangue" dal valore di circa 60 milioni di Euro che si è sommata a quelle varate pochi mesi prima dal governo Berlusconi. Nonostante le rassicurazioni, noi sospettiamo che quando si saranno "calmate le acque" il governo interverrà nuovamente, mettendo di nuovo le mani "nelle tasche" degli italiani, magari con una campagna mediatica creata ad arte e con "l'arma dello spread" che manovrano a loro uso e consumo. COSA NE PENSA? SECONDO LEI GLI ITALIANI SARANNO VESSATI ULTERIORMENTE?


- Si. L'unica soluzione offerta da parte dell' UE per il debito pubblico è l'aumento delle tasse e la riduzione della spesa pubblica, senza alcun riguardo per promuovere la crescita economica, che è l'unica soluzione a lungo termine, e che le politiche dell'UE non solo hanno distrutto, ma cercano di eliminare in modo permanente. Possiamo valutare questo modo di operare in buona fede, come "panico ignorante" da parte della UE, oppure in modo più cupo, come l'intensificazione delle politiche destinate al drenaggio della periferia della UE, sia in termini economici che di risorse umane, in modo che tutti i paesi periferici diventino provincie sottomesse.


- L'Italia è scesa dal 50° al 61° posto nella classifica della "libertà di stampa" di "Reporter senza Frontiere": la situazione, che erà già grave quando governava Berlusconi, da quando ci è stato imposto Monti è ulteriormente peggiorata, in quanto egli ha il sostegno di "PD" e "PDL" i principali partiti italiani di "centrodestra" e "centrosinistra", che controllano il 90% dei mass media: fino ad oggi gli italiani si sono "difesi" con i blog liberi come il nostro, ma su internet aleggia lo spettro dell'ACTA: I BLOG LIBERI COME IL NOSTRO SONO DESTINATI A CHIUDERE?


- Il potere politico dell'UE e dei suoi sostenitori a livello mondiale, ovvero gli organi che fanno capo al "Council on foreign relations" (CFR) di New York dipende dal controllo di giornali e televisioni, utilizzati per controllare la popolazione e la politica nazionale. La  contrazione della varietà di opinioni disponibili sui mass media  non è certamente casuale, come non lo è che giornali e TV sono esclusi dalle pressioni che l'UE ed i suoi compagni di congiura intendono esercitare su internet tramite l'ACTA e con altre misure, mascherate come "protezione della privacy" che UE e soci stanno portando avanti. 


- Il governo italiano, che ha ripetuto fino alla nausea su tutti i mass media di regime che "è necessario fare dei sacrifici per salvare il paese" sta spendendo circa 15-16 miliardi di euro per acquistare 131 cacciabombardieri d'attacco F35; non contenti hanno acquistato anche altri cannoni semoventi, nonostante ne avessero a disposizione 70 che non sono mai stati utilizzati. Inoltre Monti nel silenzio assoluto, con il "silenzio-assenso" dei partiti di centrosinistra e di centrodestra, dopo aver partecipato attivamente ai bombardamenti in Libia, ha modificato le regole d'ingaggio del contingente italiano in Afganistan, autorizzando di fatto i bombardamenti. Siamo propensi a pensare che la militarizzazione in atto in Europa (non solo in Italia) sia dovuta alla volontà di avere, nel prossimo futuro, un ruolo più attivo nelle guerre che gli "esportatori di democrazia" USA hanno intenzione di combattere: questo permetterà agli USA di combattere su più fronti contemporaneamente. QUESTA "CHIAVE DI LETTURA" SECONDO LEI E' GIUSTA? QUALE CREDE POSSANO ESSERE I PROSSIMI OBIETTIVI MILITARI?


- Penso che queste osservazioni siano giuste. Attraverso il controllo dei media riescono a fare accettare le guerre al pubblico, e credo che il prossimo obiettivo sia forse l'Iran, che rappresenta un territorio strategico; oltre a far arricchire i produttori di armi e dare accesso a enormi risorse naturali, la guerra consentirebbe di accelerare l'assorbimento dei territori soggetti all'UE in un impero sotto il controllo centrale dell'UE, senza lasciare loro alcuna funzione se non quella di vacanza-resort e di base militare.


Alessandro Raffa per nocensura.com

ESCLUSIVO - Documento sull'ACTA a cura dell'Ufficio di Nigel Farage - clicca
qui

La redazione di nocensura.com ha rivolto alcune domande all'Eurodeputato inglese dell'UKIP, Mr. Nigel Farage, divenuto famoso anche in Italia per il suo duro intervento in europarlamento, a seguito della sostituzione dei governi italiano e greco con quelli che non ha esitato a definire "governi fantoccio". Gli abbiamo rivolto una serie di domande su temi molto importanti - dal "MES" alla democrazia in Europa - alla quale Mr. Farage ha risposto con grande schiettezza, mentre possiamo scommettere che i "nostri" cari onorevoli avrebbero replicato con i classici "convenevoli". Le sue risposte, sono veritiere quanto sconcertanti: il coraggio di quest'uomo - che in passato ha già subito un attentato alla propria vita - è incommensurabile: leggete le sue risposte! 
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Carissimo On. Nigel Farage, vorremmo proporLe alcune domande, alla quale i politici italiani non risponderebbero mai, oppure lo farebbero con i classici "discorsi di rito" e convenevoli. L'intervista sarà pubblicata sul libero blog nocensura.com e probabilmente sarà ripresa da molti altri blog liberi italiani.


- Domanda di nocensura.com - Entro la fine dell'anno sarà approvato il trattato del "Meccanismo Europeo di Stabilità" - "MES". Quali conseguenze comporterà questo nuovo organo sovranazionale per i cittadini e le nazioni europee? Perché, secondo lei, hanno protetto questo organo e i membri che ne faranno parte, con un trattato che consente loro di operare al di sopra delle leggi e di ogni controllo?
- Risposta di Mr. FarageIl MES consentirà a un piccolo gruppo di ministri delle finanze dell'UE di prendere decisioni per conto di governi eletti, riducendo così apertamente quei governi allo status di autorità locali. I Governi eletti sono stati in gran parte ridotti a tale status da molti anni, ma questa riduzione è sempre stata accuratamente nascosta. Da ora in poi, con la gestione centralizzata delle decisioni in ambito finanziario e fiscale, l'UE ha abbandonato ogni pretesa di legittimità democratica, proprio come ha fatto quando ha disposto il collocamento dei non eletti "eurocrati" a capo dei governi italiano e greco. L'immunità e l'esenzione dal controllo sono privilegi standard, conferiti a tutti gli "Eurocrati".


- Domanda di nocensura.com - Quali obiettivi cercherà di conseguire Mario Monti durante il suo mandato di governo? E' sbagliato credere che le manovre finanziarie che sono state imposte agli italiani negli ultimi tempi, siano finalizzate allo scopo di reperire i 125 miliardi necessari per versare la quota di adesione italiana al "MES"?
- Risposta di Mr. Farage - Ovviamente! La chiamano "integrazione". Suona bene, vero? Ma chiamiamola "centralizzazione" (che è molto più appropriato) e non suona così bene. E suona anche peggio, se si considera quanto costerà. La cosa "divertente" è che tutti i programmi dell'UE progettati per creare stabilità finanziaria - o qualsiasi altro tipo di "stabilità" o "integrazione" - risultano sempre più costosi rispetto agli accordi esistenti, e producono una maggiore instabilità. Le reali conseguenze non sono così difficili da capire: avremo un altro strato di irresponsabile, costosa, buro-euro-crazia, che comporterà  più corruzione, più sprechi - non è divertente da nessun punto di vista!

- Domanda di nocensura.com - Un numero crescente di italiani vedrebbe di buon occhio l'uscita dall'Euro, nonostante la pressione dei mass media, che sostengono che ciò avrebbe effetti disastrosi. Qual è la sua opinione?
- Risposta di Mr. Farage - Se questo è quello che pensano gli italiani, hanno ragione. L'intero concetto di "valuta multi-nazionale" è una follia. Ma il progetto degli eurocrati è un altro: loro sanno bene che la valuta multinazionale non funziona, l'obiettivo è abolire le nazioni per creare un impero, con una singola moneta imperiale, qualsiasi sia il prezzo da pagare per i comuni cittadini, in termini di disoccupazione, povertà e privazione dei diritti. In effetti, gli eurocrati pensano che il totale collasso sociale sia necessario, per imporre il proprio (glorioso) progetto per il futuro su di noi. Dal punto di vista degli eurocrati, sta andando tutto molto bene.


- domanda di nocensura.com - I cosiddetti "complottisti" sostengono che gli organi sovranazionali, non solo Europei ma addirittura mondiali, avranno sempre più influenza, e che il loro progetto vada verso una "moneta unica mondiale". Qual è la Vostra opinione?
- Risposta di Mr. Farage - Sì, penso che sia l'obiettivo della "cricca megalomane", che sta lavorando per creare una Unione Europea in stile dittatoriale, non solo in Europa, ma in tutto il mondo. Ciò comporterà la soppressione di tutti gli Stati-nazione, e quindi di tutte le valute nazionali.

Intervista concessa in esclusiva per nocensura.com - la diffusione è consigliata! Vi preghiamo però di non alterare nessuna parte del testo.


staff nocensura.com

Per approfondire la questione del "MES" - "Meccanismo Europeo di Stabilità" - vi suggeriamo di leggere i seguenti articoli: 

 
 
 

IL PETROLIO STA FINENDO ......

Post n°972 pubblicato il 14 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

“Il petrolio è molto meno di quanto si creda”

14 febbraio 2012versione stampabile

“La produzione di combustibili fossili di cui possiamo disporre è minore di quanto molti credano”, questo sostengono James Murray e David King sulla rivista scientifica Nature. “A partire dal 2005 – continuano i due studiosi -, la produzione convenzionale di petrolio greggio non è cresciuta di pari passo con la crescita della domanda. Noi sosteniamo che il mercato del petrolio è passato a un nuovo e diverso stato, in una di quelle che in fisica si chiamano transizioni di fase: oggi la produzione è ‘anelastica’, incapace cioè di seguire la crescita della domanda, e questo spinge i prezzi a oscillare in modo selvaggio. Le risorse degli altri combustibili fossili non sembrano in grado di colmare il buco”. Insomma, malgrado dal 1999 le importazioni di barili al giorno siano sensibilmente diminuite (si parla di meno 388mila barili), in Italia si spendono mediamente 55 miliardi di dollari ogni anno per importare petrolio, 43 miliardi in più di spesa rispetto a 13 anni fa. E qui si crea il problema, visto che la situazione italiana è molto simile a quella di molti altri paesi del mondo: presto l’offerta di petrolio non riuscirà a soddisfare la domanda che verrà a creare. Secondo Murray e King, comunque, l’allargamento della forbice tra domanda e offerta contribuirà alla ricerca sulle fonti energetiche alternative.

“Molti credono che il carbone sarà la soluzione ai nostri problemi energetici – spiegano ancora i ricercatori -, e che rimarrà a buon mercato ancora per decenni. Ma parecchi studi recenti suggeriscono invece che il carbone disponibile è meno abbondante di quanto si sia finora dato per assodato. Cosa vuol dire tutto questo per l’economia globale, così strettamente legata alle risorse fisiche? Delle 11 recessioni verificatesi negli Stati Uniti dopo la Seconda guerra mondiale, 10, fra cui la più recente, sono state precedute da un balzo improvviso dei prezzi del petrolio”.

La conclusione, a questo punto, per Murray e King è presto detta, anche se di non facile applicazione nel breve periodo: “Dobbiamo specificare degli obiettivi di conservazione per migliorare l’efficienza dell’uso dell’energia ricavata dai combustibili fossili. Di ciò fa parte tassare il petrolio per tenere alti i prezzi e incoraggiare riduzioni del suo impiego; incoraggiare l’energia nucleare; domandarsi se e come la crescita economica possa andare avanti senza aumenti della disponibilità di combustibili fossili; abbassare i limiti di velocità sulle strade e incoraggiare il trasporto pubblico; o rimodulare gli incentivi fiscali a favore dello sviluppo delle energie rinnovabili.
È una trasformazione che richiederà decenni, quindi bisogna cominciare il più presto possibile. Sottolineare gli imperativi economici a breve termine imposti dai prezzi del petrolio dovrebbe bastare a spingere i governi ad agire subito”.

mdv

 
 
 

Pensioni gratis agli stranieri, è boom

Post n°971 pubblicato il 14 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Pensioni gratis agli stranieri, è boom

Pier Luigi Salinaro

 

Senza aver mai versato contributi incassano 7.156 euro l?anno

Gli extracomunitari con carta di soggiorno fanno arrivare in città i genitori over 65 che all?Inps chiedono il ?vitalizio?

Tredici mensilità da 550,5 euro, mentre un modenese non ne incassa più di 500 pur avendo versato contributi per anni (21 maggio 2008)

 

Ci sarebbe una certa preoccupazione anche a Modena per il dilagare di richieste d' assegni sociali da parte di immigrati che, a quanto sembra, stanno mettendo in seria difficoltà l'Inps. Non esistono cifre precise del fenomeno a livello modenese (il fenomeno è nazionale), anche perchè i funzionari dell'ente di viale Reiter - contatti anche ieri - spiegano che dati e informazioni possono essere forniti solo dalla Direzione Generale di Roma. Dalla capitale ci spiegano che i dati, per singole province, possono rilasciarli solo dopo una richiesta scritta all'Inps di Modena, incaricata poi di inoltrarla alla stessa Direzione Generale. Insomma, forse fra qualche mese si potrà sapere qual'è la situazione modenese sul fronte assegni sociali agli immigrati.

Ma in che cosa consiste questa richiesta da parte degli immigrati degli assegni sociali?

Le cose stanno così: gli immigrati che hanno compiuto i 65 anni e non hanno redditi oppure sono sotto la soglia dei 5mila euro annui, hanno diritto a quella che una volta si chiamava "pensione sociale".

Quando gli extracomunitari regolari residenti in città o in provincia con tanto di carta di soggiorno in regola e residenza, si sono accorti delle normativa di legge - tutto deriva dalla legge 388 del 2000 (inserita nella finanziaria 2001 dell'allora governo Amato) che ha riconosciuto l'assegno sociale anche ai cittadini stranieri - non hanno fatto altro che presentare domanda di ricongiungimento familiare e far arrivare a Modena genitori o parenti anziani. Tra gli immigrati extracomunitari, pare che gli albanesi siano stati gli antesignani e maestri in materia.

Come funzione questa legge varata dal parlamento italiano?

L'extracomunitario regolare, dopo aver fatto venire a Modena i congiunti, manda i familiari o il familiare ultra- 65enne all'Inps. Qui l'interessato autocertifica l'assenza di reddito oppure dichiara la pensione minima nello Stato di provenienza - che deve essere certificata - e il gioco è fatto. L'Inps a quel punto eroga 395,6 euro al mese di assegno sociale, più 154,9 euro di importo aggiuntivo. In totale 550,5 euro per 13 mensilità quindi 7.156 euro l'anno, esentasse. In sostanza genitori, nonni e parenti tutti over 65 di lavoratori extracomunitari, percepiscono i 7.156 euro all'anno, senza aver mai versato alcun contributo all'Inps.

Tutto questo mentre una buona fetta di pensionati modenesi, percepisce pensioni di 500 euro al mese, meno dell'assegno agli anziani stranieri e tutto questo dopo aver versato contributi e pagato tasse per una vita.

C'è poi un altro particolare che sa tanto di "beffa": se il genitore, il nonno, il parente straniero a Modena non si trova bene, può tranquillamente tornare in patria, tanto l'assegno continua a decorrere. E nei paesi nordafricani con queste cifre si vive da "nababbi". Ultimamente comunque sono satte adottate restrizioni e gli stranieri che beneficiano dell'assegno sociale non devono lasciare il nostro paese. Le domande degli stranieri per l'assegno sociale sarebbero in costante aumento e vengono quasi sempre accolte dall'Inps, visto che la legge non prevede nè un minimo di versamenti e nemmeno un certo tempo di residenza.

FONTE  :  http://espresso.repubblica.it/dettaglio/pensioni-gratis-agli-stranieri-e-boom/2026432

 
 
 

SCOMMETTERE SULLA FAME GOLDMAN SACHS HA VINTO

Post n°970 pubblicato il 14 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 

Come Goldman Sachs ha scommesso sulla morte per fame dei poveri. E ha vinto

In Gran Bretagna e negli Usa sta facendo scalpore un editoriale apparso il 2 luglio su The Indipendent e firmato dal giornalista e critico d'arte Johan Hari, definito dal Daily Telegraph come una delle persone più influenti sulla sinistra in Gran Bretagna. L'articolo, intitolato "How Goldman gambled on starvation" è stato rilanciato da diversi giornali e dai siti di molte Ong ambientaliste ed umanitarie. Tratta un argomento terribile ed affrontato spesso anche da Greenreport, ma svela anche uno dei lati peggiori e praticamente genocidi della speculazione finanziaria internazionale, Vi proponiamo l'articolo di Johan Hari ripubblicato dal World Development Movement.

A questo punto, probabilmente pensate che la vostra opinione sulla Goldman Sachs e il suo sciame di alleati di Wall Street abbia toccato il fondo del disgusto. Vi sbagliate. C'è di più. E' venuto fuori che il più distruttivo di tutti i loro atti più recenti è stato discusso a malapena. Ecco il resto. Questa è la storia di come alcune delle persone più ricche del mondo, Goldman, Deutsche Bank, i traders della Merrill Lynch ed altri ancora, hanno provocato la morte per fame di alcune delle persone più povere del mondo, solo perché così hanno potuto fare un più grasso profitto.

Si inizia con un mistero apparente. Alla fine del 2006, i prezzi degli alimentari in tutto il mondo avevano cominciato ad aumentare, improvvisamente e stratosfericamente. Entro un anno, il prezzo del grano era schizzato in alto dell'80%, il mais del 90% e il riso del 320%. In un sussulto globale della fame, 200 milioni di persone, soprattutto bambini, non potevano più permettersi di avere cibo e sprofondarono nella malnutrizione o nella fame. Ci sono stati disordini in oltre 30 paesi e almeno un governo fu rovesciato violentemente. Poi, nella primavera del 2008, i prezzi altrettanto misteriosamente scesero al livello precedente. Jean Ziegler, il relatore speciale dell'Onu sul diritto all'alimentazione, lo ha definito «Un omicidio di massa silenzioso», causato interamente dalle «azioni dell'uomo».

All'inizio di quest'anno ero in Etiopia, uno dei paesi più colpiti, e la gente lì si ricorda la crisi alimentare come se fossero stati colpiti da uno tsunami. «E' stato molto doloroso - mi ha detto una donna della mia età che si chiama Abeba Getaneh - I miei figli avevano smesso di crescere. Da quanto avevo fame, mi sentivo come se dell'acido per batterie fosse stato riversato nel mio stomaco. Ho tolto le mie due figlie da scuola e fatto debiti. Se fosse andato avanti ancora a lungo, penso che il mio bambino sarebbe morto».

La maggior parte delle spiegazioni che vennero date allora si sono rivelate false. Non è successo perché l'offerta è diminuita: per esempio, l'International Grain Council dice che la produzione mondiale di grano era addirittura aumentata durante quel periodo. Non è stato nemmeno perché la domanda era cresciuta. Ci hanno detto che l'espansione delle classi medie cinesi e indiane stavano spingendo i prezzi verso l'alto, ma come ha dimostrato il professor Jayati Ghosh del Centre for Economic Studies di New Delhi, in realtà la domanda in tali Paesi in quel periodo è diminuita del 3%.

Ci sono alcune spiegazioni minori che spiegano qualcosa sugli aumenti dei prezzi, ma non tutto. È vero che la crescente domanda di biocombustibili stava divorando i terreni agricoli tanto necessari, ma questo è un processo graduale che non spiegherebbe un picco così violento. E' vero che l'aumento dei prezzi del petrolio, ha fatto salire i costi della coltivazione e della distribuzione di cibo, ma i dati dimostrano sempre più che questo non è stato il fattore maggiore.

Per capire la causa principale, si deve scavare attraverso alcuni concetti che vi faranno aumentare il mal di testa, ma non sarà nemmeno metà di quanto dolore hanno provocato allo stomaco dei poveri del mondo.

Per oltre un secolo, i contadini nei paesi ricchi sono stati in grado di impegnarsi in un processo in cui si proteggevano dai rischi. L'agricoltore Giles poteva mettersi d'accordo a gennaio a vendere il suo raccolto ad un commerciante in agosto a un prezzo fisso. Se c'era una grande estate e il prezzo globale era alto, lui perdeva po' di soldi, ma se c'era un'estate schifosa o il prezzo crollava, allora era lui ad aver fatto un buon accordo. Quando questo processo era strettamente regolamentato e solo le imprese con un interesse diretto nel settore potevano entrare in gioco, funzionava bene.

Poi, intorno agli anni ‘90, Goldman Sachs e altri lobbisti hanno fatto dure pressioni e le norme sono state abolite. Improvvisamente, questi contratti sono stati trasformati in ''derivati" che potevano essere comprati e venduti tra operatori che non avevano nulla a che fare con l'agricoltura. Era nato Il mercato della "food speculation" .

Così l'agricoltore Giles accetta ancora di vendere il suo raccolto in anticipo ad un trader per 10.000 sterline. Ma ora quel contratto può essere rivenduto a speculatori finanziari, che trattano il contratto stesso in quanto oggetto di potenziale ricchezza. Goldman Sachs può comprarlo e venderlo per 20.000 sterline a Deutschebank, che lo rivende per 30.000 sterline a Merryl Lynch e su e su, fino a che pensano che il prezzo possa essere spinto in alto, fino a quando non sembra più avere quasi alcun rapporto con i campi dell'agricoltore Giles e tutti gli altri.

Se questo vi sembra mistificante, lo è. John Lanchester, nella sua superba guida al mondo della finanza, "Whoops! Why Everybody Owes Everyone and No One Can Pay" spiega: «La finanza, come altre forme di comportamento umano, nel ventesimo secolo ha subito un cambiamento equivalente all'emergere del modernismo nelle arti, una rottura con il senso comune, un svoltare verso l'autoreferenzialità e l'astrazione e nozioni che non potevano essere spiegate nella lingua inglese di tutti i giorni».

La poesia ha trovato la sua rottura rompendo con la semplice rappresentazione della realtà quando T.S. Eliot scrisse "The Wasteland". La finanza ha trovato il suo Wasteland moment nel 1970, quando iniziò ad essere dominata da strumenti finanziari complessi che nemmeno le persone che li gestiscono non hanno pienamente capito. Come dice Lanchester: «Con i derivati ... c'è stata una rottura profonda tra il linguaggio della finanza e quello del senso comune».

Che cosa ha a che fare questo con il pane nel piatto di Abiba? Come potrebbe toccarla questo universo parallelo della speculazione Fino a quando è arrivata la deregulation, il prezzo dei generi alimentari è prodotta dalle stesse forze della domanda e dell'offerta di cibo. (anche queste si erano dimostrate profondamente imperfette: avevano lasciato un miliardo di persone affamate). Ma dopo la deregulation, non c'era più solo un mercato nei prodotti alimentari. È diventato, al tempo stesso, un mercato di contratti che hanno speculato sul cibo che sarebbe teoricamente aumentato in futuro e gli speculatori hanno guidato i prezzi verso il tetto.

Ecco come è successo. Nel 2006, gli speculatori finanziari come la Goldman si tirarono fuori dal collassato mercato immobiliare americano e stavano guardandosi intorno per rifare la loro scorta e gonfiarsi di contanti. Hanno cominciato a comprare grandi quantità di derivati basati sul cibo: il calcolo era che i prezzi degli alimenti sarebbe rimasto stabile o sarebbe aumentato, mentre il resto dell'economia si bloccava. Improvvisamente, gli investitori terrorizzati di tutto il mondo decisero di comprare, comprare , comprare. Così mentre la domanda e l'offerta di cibo rimanevano praticamente le stesse, l'offerta e la domanda per i contratti basati sul cibo crescevano in maniera massiccia, il che ha significato che l'all-rolled-into-one dei prezzi ha eroso massicciamente il cibo nei piatti della gente. E' cominciata la fame.

Il prezzo del cibo è stato ora fissato dalla speculazione, piuttosto che dal cibo reale. L'hedge fund manager Michael Masters stima che anche nelle borse regolamentate negli Usa, che occupano una piccola parte del business, il 64% di tutti i contratti sul grano sono gestiti da speculatori con nessun interesse reale nel grano. Hanno soltanto p un prezzo da gonfiare e da rivendere. Anche George Soros ha detto che questo è stato «Solo come accumulare segretamente del cibo durante una crisi di fame, in modo da fare profitti con l'aumento dei prezzi». La bolla scoppiò solo nel marzo 2008, quando la situazione negli Usa peggiorò a tal punto che gli speculatori dovettero tagliare le loro spese per coprire le loro perdite interne.

Quando ho chiesto loro di commentare l'accusa di avere causato la fame di massa, il portavoce della Merrill Lynch ha affermato:«Huh... Io non ero a conoscenza di questo». Poi mi ha inviato una e-mail per dirmi: «Preferisco non fare commenti». Anche la Deutsche Bank si è rifiutata di commentare. Alla Goldman Sachs sono stati un po' più dettagliati, nella loro risposta hanno detto: «Serie analisi... hanno concluso che gli index funds non hanno causato la bolla dei prezzi delle commodity futures», portando come prova un singolo statement dall'Ocse.

Come sappiamo che questo è sbagliato? Come sottolinea il professor Ghosh, alcune colture vitali, tra cui miglio, manioca e patate, non sono trattate nei futures markets. Il loro prezzo è aumentato un po' durante questo periodo, ma solo una frazione rispetto a quelle colpite dalla speculazione. La sua ricerca dimostra che questa speculazione è stata «la causa principale» dell'aumento.

Così si è giunti a tutto questo. I ricchi speculatori del mondo hanno realizzato un casinò dove la fiches sono stati gli stomaci di centinaia di milioni di persone innocenti. Hanno scommesso sull'aumento della fame ed hanno vinto. Questo è quel che accade quando si segue l'indicazione che i mercati non regolamentati sanno meglio di tutti quando è il momento di fermare la corsa. Il Wasteland moment del settore finanziario ha creato in davvero un deserto. Che cosa dire del nostro sistema politico ed economico se possiamo infliggere così casualmente tanta miseria, e quasi senza neanche rendersene conto?

Se non ri-regolamentiamo, è solo una questione di tempo prima che tutto questo accada di nuovo. Quanto tempo dovrà trascorre, allora? Quante persone saranno uccise la prossima volta? Le mosse per ripristinare le norme pre-‘90 sul commodities trading sono andate incredibilmente a rilento. Negli Usa, il Congresso ha approvato una regolamentazione, ma si teme il Senato, infiltrato di speculatori-finanziatori, possa annacquarne il senso. L'Ue è molto indietro anche in questo, mentre in Gran Bretagna, dove si svolge la maggior parte di questo "commercio", i gruppi di difesa dei diritti umani sono preoccupati che il governo di David Cameron possa bloccare del tutto la riforma per compiacere i suoi amici e finanziatori della City.

Solo una forza può fermare un altro rigonfiamento della bolla speculazione-fame, che ci sarà probabilmente presto. Il popolo dignitoso dei Paesi sviluppati deve gridare più forte dei lobbisti della Goldman Sachs. Nel Regno Unito, il World Development Movement sta per lanciare una settimana di azione per questa estate, perché vengano prese le decisioni necessarie per questo. (...) L'ultima volta che ho parlato con lei, Abiba mi ha detto: «Non possiamo passare attraverso a tutto questo un'altra volta. Vi prego, fate qualsiasi cosa per essere sicuri che mai e poi mai ci succeda ancora».

Elaborazione e traduzione di Umberto Mazzantini


 
 
 

POESIE PER SAN VALENTINO

Post n°969 pubblicato il 13 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
 




Non ho bisogno di tempo

Non ho bisogno di tempo
per sapere come sei:
conoscersi è luce improvvisa.
Chi ti potrà conoscere là dove taci
o nelle ore in cui tu taci?
Chi ti cerchi nella vita
che stai vivendo, non sa
di te che allusioni,
pretesti in cui ti nascondi...
 Io no.
Ti ho conosciuto nella tempesta.
Ti ho conosciuto, improvvisa,
in quello squarcio brutale
di tenebra e luce,
dove si rivela il fondo
che sfugge al giorno e alla notte.
Ti ho visto, mi hai visto ed ora...
sei così anticamente mia
da tanto tempo ti conosco
che nel tuo amore chiudo gli occhi
e procedo senza errare,
alla cieca, senza chiedere nulla
a quella luce lenta e sicura...

Pedro Salinas, da "La voce a te dovuta"





I ragazzi che si amano

I ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore.

 Jacques Prevert, da "Poesie d'Amore"





Paris at night

Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L'ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia.

 Jacques Prevert, da "Poesie d'Amore

La festa di S. Valentino infatti non può non portarci ad inneggiare alla bellezza ed alla dolcezza dell'amore… in poesia.
 
 
 
 
 
 
Le poesie d'amore sono in numero quasi infinito… ma noi ora non parleremo dell'amore come desiderio… speranza… dolore… lontananza… addio… etc… bensì solo come trionfo, gioia e magiche sensazioni.
 
Ciascuno di noi, penso, ricorda… conserva… ama… delle poesie di autori più o meno grandi dedicate al sentimento più importante che c'è e la cui incredibile ed universale forza Dante descriveva come… “L'amor che move il sole e l'altre stelle” (Paradiso XXXIII,145).
 
 
 
 
Quelle da me prescelte stavolta, tutte diverse da quelle selezionate l'anno scorso,  insieme a quelle che spero vorrete donarci voi, nell'Area Discussioni del Fantastico Mondo della Poesia penso che potranno regalar a noi tutti sognanti emozioni… 
 
Potremo così festeggiar tutti insieme in… poesia…
 
 
 
 

 

 
Nota
 
 
 
COS'E' L'AMORE
 ~ Alan Douar  ~
 

Quando ti chiedi cos'è l'amore,
immagina due mani ardenti
che si incontrano,
due sguardi perduti l'uno nell'altro,
due cuori che tremano
di fronte all'immensità di un sentimento,
e poche parole
per rendere eterno un istante.

 
Nota
 
 
 PRESENZA
 ~ W. Goethe  ~
 
Tutto è annuncio di te!
Appare il sole radioso, e tu dietro a lui, spero.
Esci fuori in giardino e sei rosa fra le rose,
e sei giglio fra i gigli.
Quando nel ballo ti muovi si muovono le stelle,
insieme e intorno a te.
Notte! E così sarebbe notte!
Tu superi lo splendore soave e seducente della luna.
Seducente e soave sei tu, e fiori,
luna e stelle a te s'inchinano, o sole!
Sole, sii anche per me artefice di giorni radiosi!
Questa è vita, è eternità.
 
 
Nota
 
 

COME T'AMO?
 ~ Elisabeth Barret Browning  ~
 
Come t'amo? Lascia che te ne conti i modi.
T'amo con la profondità, la vastità , l'altezza
che l'anima mia raggiunge quando smarrita tocca i confini
dell'Essere e della Grazia ideale.
Ti amo nelle più piccole cose d’ogni giorno e nelle più grandi,
alla luce del sole e a quella delle candele.
T’amo liberamente come chi lotta per la Giustizia;
T’amo puramente come gli uomini rifuggono la lode.
T’amo con la stessa passione che vedevo un tempo
nelle sofferenze e con la fede della fanciullezza.
T’amo con un amore che credetti perduto
Con i miei perduti cari.
T’amo con il respiro, le lacrime, i sorrisi, dell’intera mia vita!
E se Dio lo vorrà,
T’amerò infinitamente di più dopo la morte.
 
 
Nota
 
 
SENZA DI TE
~ John Keats ~
 
Non posso esistere senza di te.
Mi dimentico di tutto tranne che di rivederti:

la mia vita sembra che si arresti lì,
non vedo più avanti.
Mi hai assorbito.
In questo momento ho la sensazione
come di dissolvermi:
sarei estremamente triste
senza la speranza di rivederti presto.
Avrei paura a staccarmi da te.
Mi hai rapito via l'anima con un potere
cui non posso resistere;
eppure potei resistere finché non ti vidi;
e anche dopo averti veduta
mi sforzai spesso di ragionare
contro le ragioni del mio amore.
Ora non ne sono più capace.
Sarebbe una pena troppo grande.
Il mio amore è egoista.
Non posso respirare senza di te.
 
 
Nota
 
 
 
IL BACIO
 ~ Pablo Neruda  ~
 
Ti manderò un bacio con il vento
e so che lo sentirai,
ti volterai senza vedermi ma io sarò lì.
Siamo fatti della stessa materia
di cui sono fatti i sogni
Vorrei essere una nuvola bianca
in un cielo infinito
per seguirti ovunque e amarti ogni istante
Se sei un sogno non svegliarmi
Vorrei vivere nel tuo respiro
Mentre ti guardo muoio per te
Il tuo sogno sarà di sognare me
Ti amo perché ti vedo riflessa
in tutto quello che c’è di bello
Dimmi dove sei stanotte
ancora nei miei sogni?
Ho sentito una carezza sul viso
arrivare fino al cuore
Vorrei arrivare fino al cielo
e con i raggi del sole scriverti ti amo
Vorrei che il vento soffiasse ogni giorno
tra i tuoi capelli,
per poter sentire anche da lontano
il tuo profumo!
Vorrei fare con te quello
che la primavera fa con i ciliegi.
 

 

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