Un blog creato da dammiltuoaiuto il 19/08/2007

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Messaggi del 11/08/2008

 

CENTRO   OLI  ZORRO  IN LOTTA

Post n°441 pubblicato il 11 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

 ZORRO    VI INVITA   A   COMBATTERE  CONTRO  IL CENTRO OLI

 www.zorro.4000.it

 


ECCO   COME  L'ENI   VUOLE RIDURRE  IL   NOSTRO ABRUZZO


   http://www.youtube.com/watch?v=lyjcOWM8-M0&feature=related

 

http://www.youtube.com/watch?v=XWKgm3dmXLM&feature=related

 

 

http://www.youtube.com/watch?v=pHVAlN-s3X0&feature=related


LA   LOTTA  

http://www.youtube.com/watch?v=3nppGVoW7sg&feature=related

 

The petition
Gentile Giunta Comunale di Ortona,

i cittadini qui elencati chiedono a voce alta e ferma che la proposta raffineria di Ortona non venga realizzata.

Noi amiamo la nostra terra. Non esiste nessuna tecnologia moderna per creare raffiniere ad impatto ambientale zero e lo zolfo che dovra' essere separato dal poco petrolio che c'e' e' la sostanza piu' inquinante in assoluto che esista. Lo zolfo forma particelle fini che inevitabilmente respireremo, mangeremo e lasceremo ai nostri figli per gli anni a venire, anche dopo la fine del petrolio.

Qui ci sono di mezzo i nostri campi, l'acqua che beviamo, i nostri vini, il nostro turismo, la nostra pesca, i nostri mari e la vita di tutte le persone impiegate in questi settori. Non vogliamo diventare un'altra Gela, un'altra Falconara, un'altra Manfredonia, un'altra Viggiano.

Vi preghiamo di amare anche voi questo nostro Abruzzo e di pensare non con il portafoglio ma con la voce della coscienza, della mente e del cuore.

No alla raffineria!

PS: Per favore firmate con nome e cognome. Se non volete essere visibili, basta solo che clicchiate la voce "Display my name as anonymous". Le firme con il solo nome non sono valide. Alla fine se emerge una voce riguardante la donazione di denaro, ignoratela. Non bisogna pagare nulla.
Grazie di cuore per il vostro tempo!

Fermare la raffinieria di Ortona vuol dire anche porre seri limiti alle capacita' estrattive delle piattaforme marine abruzzesi che contano di usare il centro di Ortona per raffinare il petrolio del nostro mare sulla nostra terraferma. Maggiori informazioni sul blog www.dorsogna.blogspot.com

FIRMA   QUI
http://www.ipetitions.com/petition/noraffineria/


NO   AL CENTRO  OLI  DEI VELENI IN ABRUZZO 
NO  ALLA TRASFORMAZIONE  DELLAnostra regione
Nel  nostro  Abruzzo dove sono stati scoperti dei pozzi petroliferi di proprietà dell' ENI s.p.a.
L'ENI ha iniziato lo sviluppo del giacimento petrolifero.
Entro il 2010 andrà in produzione con un pozzo che darà 8.000 b/g di olio e 190.000 metri cubi al giorno di gas.
Il progetto prevede un investimento di 100 milioni di euro.
Nel cittadina di Ortona è in progetto la realizzazione di un centro OLi, cioè uno stabilimento di desolforazione del petrolio.
Il contratto per la realizzazione del Centro Olio è stato affidato alla Asean Brown Boveri (ABB). (da Assomin Notizie)
I pozzi ed il centro Oli inquinerebbero in modo irreparabile tutta la zona in cui vivo, distruggendo coltivazioni per un raggio di 40km...in una zona dove i prodotti vinicoli e dell'agricoltura in genere sono la forza dell'economia locale.
I danni economici sarebbero di gran lunga superiori al guadagno che si potrebbe avere costruendo una piccola raffineria, per non parlare dei danni alla nostra salute,...Tumori, leucemie ecc...e della desertificazione che avrebbe la zona, infatti molti sarebbero costretti a lasciare le proprie case.
Lo studio completo redatto dal Mario Negri, conferma quanto evidenziato nella prima sintesi, ovvero che le ricadute di anidride solforosa, di monossido di carbonio e di ossidi di azoto sono superiori rispettivamente fino a 5, 15 e 20 volte ai valori stimati nello studio d’impatto ambientale, ma che comunque rientrano nei limiti imposti dalle leggi relative alla protezione della salute. Tali valori però possono subire ulteriori aumenti, con ripercussioni negative sull’ecosistema e sull’agricoltura.
Scrivo per protestare contro una deturpazione ingiustificata e "stupida" incoerente con tutto ciò che è stato costruito, con molti anni di sacrifici, per la valorizzazione del territorio.
Non permettiamo che all'abruzzo, quindi all' Italia, venga dato l'ennesimo colpo di grazia con un progetto inefficente dal punto di vista economico e catastofico dal punto di vista della salute.
Per una volta cerchiamo di non apparire, noi Italiani, agli occhi delle altre nazioni come i soliti "stupidi" in balia di amministrazioni corrotte e interessi dei potenti di turno.
Difendiamo la nostra terra, la nostra aria, il nostro mare, la nostra salute, il principale inquinante dell'abruzzo è la politica. Ma che può fare un abruzzese
Strano, inoltre, che la popolazione di Ortona si sia mobilitata: un po' in tutta la regione un diffuso fatalismo, unito ad un generale senso di impotenza, demoralizza, spinge all'inazione e al contempo lava le coscienze: è sempre colpa dei poteri forti, mai di chi li elegge e poi li lascia fare  E QUESTO NON DEVE   ACCADERE
 
Il petrolio e' gia' sule nostre spiagge?




Sugli scogli di San Vito ci sono macchie oleose nere, se e' petrolio o no non lo so ma non assomiglia molto?

Giudicate voi:

blog: http://www.gliocchidelpopolo.splinder.com/
foto: http://picasaweb.google.it/occhidelpopolo/Petroli


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Eni: «Impatto trascurabile per in Centro oli»
Un sito di esplorazione Eni a Ortona
L'azienda fa sapere che è «consapevole delle preoccupazioni delle comunità locali» e le rassicura. E incassa l'apertura del governatore Del Turco
di MAURITA CARDONE

L'Eni è scesa in campo. Ripetute pressioni hanno costretto la multinazionale a esporsi e dire la sua sulla vicenda del centro petrolchimico sulla costa abruzzese. Il progetto era stato finora al centro di un acceso dibattito con posizioni trasversali e amministrazioni locali schierate su diversi fronti. Ma il cane a sei zampe era rimasto protagonista silenzioso. Presentato il progetto e la valutazione di impatto ambientale, aveva lasciato che fosse la politica, o almeno una parte di essa, a difendere le sue posizioni e i suoi interessi. Ora però si affaccia nel dibattito con l'intento di rassicurare la popolazione locale.

Nei giorni scorsi è stato reso pubblico lo studio che nel 2006 Eni aveva commissionato all'Università di Pisa, in collaborazione con il consorzio Pisa Ricerche di cui l'azienda petrolifera è da tempo partner. Dallo studio l'impatto ambientale del nuovo impianto risulterebbe «trascurabile». Tramite il suo rappresentante Walter Rizzi, la multinazionale ha fatto sapere che «l'azienda è del tutto consapevole delle preoccupazioni delle comunità locali. Vogliamo realizzare una struttura nel rispetto delle leggi, della salvaguardia dell'ambiente, del territorio e della salute come è proprio delle politiche dell'Eni».

L'azienda ha poi voluto marcare le distanze dal caso della Val d'Agri che costantemente viene portata a esempio dei possibili scempio su ambiente ed economia causati da impianti petrolchimici di quel genere. «Il Centro Oli che si intende realizzare a Ortona è ben lontano per dimensioni e tipologia d'impianto e di processo da quelli della mini raffineria di Viggiano». In ogni caso la questione Val d'Agri non sembra preoccupare tutti allo stesso modo. Il presidente della regione Abruzzo Ottaviano Del Turco ha infatti liquidato i timori degli agricoltori della costa teatina sostenendo che «in Val d'Agri c'è un'agricoltura fiorente, la più sviluppata della Basilicata».

La giunta regionale potrebbe essere l'ago della bilancia, ma il governatore ha scelto la linea della disponibilità nei confronti dell'Eni. Ben lontano dalle scelte radicali della Toscana, Del Turco vuole dialogare con la multinazionale del petrolio e per questo attende la conferenza dei servizi già convocata dalla regione e poi per ben due volte rimandata. La data di questo incontro, che potrebbe risultare decisivo, è ancora da definirsi. Quel che è certo è che nelle intenzioni dell'amministrazione regionale quella conferenza dovrebbe servire a scogliere i nodi più ostici della questione.

In particolare in quell'occasione, di fronte a dati e studi scientifici, verrà valutata la pericolosità dell'impianto per la salute umana. Infatti, come affermato in sede di Consiglio regionale, nel caso in cui venisse rilevato un reale rischio per i cittadini la Regione sarebbe pronta a porre il proprio veto. Insomma l'ente si dichiara competente solo in materia di emissioni, di qualità dell'aria e conseguentemente di ciò che attiene alla salute del cittadino. «Nessun consigliere regionale eletto da abruzzesi potrebbe mai votare a favore di un progetto che si rivelasse dannoso per la salute» ha proseguito Del Turco nel tentativo di rassicurare l'auditorio.

Nel corso di un precedente incontro tecnico rappresentanti della multinazionale hanno insisto sull'eccesso di preoccupazione intorno al progetto ortonese. «Le nostre scelte progettuali sono state modificate in base alle Via e i risultati dei nostri studi sono rasserenanti. Il nostro centro non è una bomba, non è una raffineria». Ma la popolazione della zona non è serena e secondo il fronte del no il rischio di incidenti è alto. Maria Rita D'Orsogna, fisico di origini abruzzesi, docente alla California University, che ha sposato la battaglia contro il centro oli si è documentata: «A Trecate, dove sorge un impianto del genere, si sono verificati 4 incidenti in 5 anni - racconta - mentre a Viggiano nel 2002 ci sono state fuoriuscite di idrogeno solforato e l'Eni non aveva pronti dei piani di evacuazione».

In molti sono poi preoccupati per le ripercussioni sull'economia agricola e turistica della zona. Le associazioni di categoria, le cantine, le aziende agricole, gli operatori turistici e le amministrazioni locali che da anni puntano su un'economia in simbiosi con il territorio non hanno intenzione cedere i frutti del proprio lavoro all'Eni. «La costa teatina da San Salvo a Francavilla al Mare costituisce un vero e proprio distretto vitivinicolo per creare il quale nel passato sono state investite grosse risorse – spiega carmine Rabbottini, presidente della Cantina di Tollo, una delle più rinomate della zona - Spero che la Regione non voglia trasformare un'economia diffusa che interessa molte aziende nell'economia di pochi». Anche l'assessore regionale all'Agricoltura ritiene un errore sottostimare il potenziale economico di quelle zone: «aspettiamo la conferenza dei servizi – ha detto – ma quel territorio ha il diritto di sviluppare forme di investimento che puntano sulla qualità».

19 febbraio 2008
 
 
 
 
Ortona, il Centro oli Eni è «pericoloso» I medici in municipio
ORTONA. «Ho ribadito il nostro fermo no, senza se e senza ma, a questo insediamento in un'area abitata». Parole di Fabio Di Stefano, portavoce di 88 dirigenti della Asl Chieti-Ortona, nel corso di un incontro avuto in municipio con il sindaco Nicola Fratino.
23 febbraio 2008
Fonte: Il Centro

- I medici hanno sottoscritto un documento in cui si esprime viva preoccupazione per l'impatto ambientale dell'insediamento Eni su un comprensorio di notevole pregio paesaggistico e vitivinicolo, a 800 metri in linea d'aria dal mare. Nel corso dell'incontro, Fratino ha ribadito che la salute pubblica resta al primo posto in ogni discorso e considerazione. Posizione condivisa da Di Stefano, il quale auspica un confronto con i tecnici che hanno dato parere favorevole al progetto.

ORTONA. Si è tenuto in municipio un incontro tra il sindaco Nicola Fratino e Fabio Di Stefano, portavoce degli 88 dirigenti medici della Asl Chieti-Ortona che hanno sottoscritto il documento in cui si esprime grande preoccupazione sull'impatto ambientale del Centro oli dell'Eni. «Ho ribadito il nostro fermo no, senza se e senza ma, a questo insediamento in un'area abitata, oltre che di notevole valore paesaggistico e vitivinicolo, a 800 metri in linea d'aria dal mare», dichiara Di Stefano, «tale insediamento pone, secondo noi, delle problematiche in termini di ricadute sulla salute, oltre che di impatto ambientale, sulla produzione agricola specializzata e sul turismo. Da medici, vogliamo soltanto considerare le ricadute sulla salute pubblica».

Durante l'incontro, Fratino ha ribadito che la salute pubblica resta al primo posto in ogni discorso e considerazione. «E' stato un incontro preliminare», dice il sindaco, «ma sui dubbi di natura ambientale e di salute il Comune può fare ben poco, nel senso che le autorizzazioni su questi aspetti sono state rilasciate da altri enti. Ho sottolineato che, in questo caso, il Comune non può essere l'interlocutore diretto, fermo restando che la salute dei cittadini resta al primo posto».

Secondo Di Stefano, questa visione della questione è condivisibile. «Un confronto deve essere aperto al più presto con i tecnici che hanno dato parere favorevole dal punto di vista sanitario in modo, a mio giudizio, generale e aspecifico, fissando una serie di condizioni e prescrizioni basandosi più su norme e regolamenti che su un approccio scientifico di un problema molto complesso», sottolinea, «per questo mi farò promotore di una serie di iniziative congressuali patrocinate dall'associazione medici per l'ambiente-Isde Italia, di cui faccio parte, a livello locale, regionale e nazionale circa la tutela dell'ambiente per il diritto alla salute».

Sul fronte politico, per Fratino l'unico modo per dare una risposta a chi protesta per il sì o per il no è quello di riportare il Centro oli in consiglio comunale, unica sede deputata a prendere decisioni per la città. «Qualora i consiglieri non se la sentissero, si ricorra al referendum», dice Fratino, «tornare in consiglio è comunque l'unico modo per rispondere a chi è contro il Centro oli senza se e senza ma». (s.f.)

Centro oli: opportuna la denuncia dei medici Asl

"Comprendo e condivido le motivazioni e i timori che hanno spinto tanti colleghi medici a pronunciarsi per chiedere rispetto per problematiche legate alla salute pubblica, prioritarie nei confronti di aspetti economici che a consuntivo non sarebbero affatto vantaggiosi per un territorio che ha saputo creare una vitivinicoltura di avanguardia in Italia e un turismo di eccellenza".

È quanto afferma il capogruppo IdV al Consiglio regionale, Bruno Evangelista, in merito alla denuncia dei medici della Asl Chieti-Ortona che si oppongono alla realizzazione del Centro Oli, unendosi alle altre categorie di agricoltori, ambientalisti e cittadini del territorio. "Il documento prodotto -spiega il capogruppo IdV - , corredato da una abbondante bibliografia puntuale ed aggiornata, può essere uno strumento di utile riflessione per tutti coloro che fino ad oggi tendono a minimizzare l'impatto di questo impianto per l'ambiente e la popolazione consequenziale alla emissione in atmosfera di agenti inquinanti.

"Se c'è convincimento politico - aggiunge Evangelista - per addivenire ad una soluzione concreta uno degli strumenti efficaci, torno a ribadire, è quello della istituzione in tempi rapidi della Riserva naturale; per la quale è già pronto un apposito progetto di legge. Ciò non esclude di adire tutte le opportunità utili a centrare l'obiettivo per scartare l'ipotesi della realizzazione di un impianto che andrebbe ad insediarsi in un'area, di fatto metropolitana, e di cui gli amministratori del territorio, con l'esclusione del sindaco Fratino, avvertono la piena drammaticità".

 
 
 

OSAMA   E' MORTO   le bugie di bush

Post n°440 pubblicato il 11 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

Osama Bin Laden è morto? Secondo Benazir Bhutto, ex primo ministro
pakistano uccisa in un attentato il 27 dicembre scorso, sì.
Lo aveva rivelato proprio lei in una intervista al canale Al Jazeera.
O meglio, nel corso di una intervista dello scorso 2 novembre ha detto
che Osama Bin Laden «è stato assassinato da Omar Sheikh», noto
ufficiale del servizio segreto militare pakistano ISI, considerato
vicino all'intelligence militare pachistana e già coinvolto
nell'inchiesta sul barbaro omicidio del giornalista Daniel Pearl.
Omar Sheikh, alias Mustafa Muhammad Ahmad, sarebbe anche lo stesso
uomo che nel 2001, qualche giorno prima dell'11 settembre, consegnò a
Mohammed Atta, il capo dei dirottatori delle Torri Gemelle, una
valigetta con 100 mila dollari e che, sempre secondo l'inchiesta
ufficiale del Congresso, si trovava proprio a Washington durante
l'attacco al Pentagono.
Ma la notizia dell'assassinio di Bin Laden (non esattamente una
notizia di secondo piano) non è mai stata nè confermata nè smentita da
alcuna fonte giornalistica o politica. In realtà nessun media sembra
essersene accorto. Fino a l’altro ieri.
E nemmeno il giornalista collegato con la Bhutto chiede lumi sulla
frase, come se fosse distratto, destinata a diventare un ennesimo
mistero mondiale.
Distratti come tutti gli altri che erano in studio o che hanno visto
l’intervista in questione…
La scoperta l'ha importata in Italia il giornalista Giulietto Chiesa
che ha aperto il video su You Tube dopo la segnalazione inviatagli via
email da un amico.
«L'intervistatore, David Frost», racconta Chiesa, «è un giornalista
esperto. Ma assorbe la notizia come se non l'avesse sentita. Non
chiede nemmeno «quando?». Passa oltre. Sbalorditivo. Guardo il
contatore delle persone che, nel frattempo, sono andate a vedere quel
filmato: in quel momento sono 292.364. Altre decine di siti web stanno
commentando quello che vedo io su You Tube».
E Chiesa si domanda come sia possibile che dal 2 novembre, giorno
dell'intervista,, ad oggi tutti i media abbiano taciuto la notizia.
Ma c'è anche chi, come la Bbc ritiene che quella frase sia frutto di
un lapsus della Bhutto e che in realtà la donna abbia confuso il nome
di Bin Laden con qualcun altro.
Secondo il canale inglese, infatti, la donna usa il termine
"murdered", assassinato, parola carica di condanna morale.
Perché dovrebbe condannare l'assassino di un terrorista della portata
di Bin Laden? Inoltre la Bhutto in quella parte di filmato sta
parlando di criminali efferati e a un certo punto elenca due di questi
criminali: il primo ha decapitato sei turisti occidentali, il
secondo... ha ucciso Bin Laden?
Potrebbe quindi trattarsi di un errore, ma è certo che il giornalista
in studio lascia correre e non chiede spiegazioni.
C'è un altro elemento che potrebbe far propendere per uno
strafalcione.
Negli stessi giorni anche la Cnn ha realizzato una intervista con la
Bhutto ma della morte di Bin Laden non c'è traccia.
Anzi, ci sono informazioni che direbbero il contrario.
La giornalista Whitfield domanda: «Do you Musharraf.... I'm sorry. Do
you think General Musharraf knows where Osama bin Laden
is?» (Musharraf...Scusi...Lei pensa che il generale Musharraf sappia
dov'è Bin Laden?). La risposta della Bhutto: «I don't think General
Musharraf personally knows where Osama bin Laden is» (No, non penso
che il generale Musharraf sappia personalmente dove si trovi Bin
Laden).

La risposta data non fa certo presumere che la donna sia a conoscenza
di dettagli circa l'assassinio del capo di Al Quaeda.
Sta di fatto che la Bhutto è rimasta uccisa in un attentato
sembrerebbe ad opera della stessa Al Quaeda.

17/01/2008 8.26

ECCO IL VIDEO DELL’INTERVISTA

http://www.youtube.com/watch?v=4TeYyHt3JZ4&feature=related

LA PAGINA DELL'FBI CHE DESCRIVE BIN LADEN COME UNO TRA I 10 RICERCATI
PIU' PERICOLOSI AL MONDO (MA NON SI FA MENZIONE DEGLI ATTACCHI DELL'11
SETTEMBRE

guantanamo     tragedia da 6 anni
Guantanamo, compie 6 anni la prigione piu' discussa
 La prigione militare di Guantanamo compie sei anni: è collocata sui
bordi di un'insenatura nella punta sud-est dell'isola di Cuba, lontana
13 mila km dall'Afghanistan, in una zona speciale chiamata 'Campo
Delta'. L'11 gennaio 2002, nella base della marina statunitense a
Guantanamo Bay a Cuba arrivarono i primi 20 'prigionieri di guerra',
condotti incappucciati, con le mani legate e i piedi incatenati.

Erano trascorsi esattamente quattro mesi dall'attacco all'America
dell'11 settembre 2001 e gli americani avevano ormai vinto la guerra
in Afghanistan, senza però catturare i leader di Al Qaida e taleban.
Da allora, poco meno di 800 prigionieri, ritenuti coinvolti in azioni
di terrorismo, sono passati da Camp Delta e dagli altri centri di
detenzione di Guantanamo. Per 380 di loro - di cui 114 nel corso del
2006 - c'é stata la possibilità del trasferimento ai paesi d'origine e
in molti casi la scarcerazione. Meno di 400 detenuti restano invece in
una condizione segnata da molte incertezze. Il Pentagono ha già
stabilito che 85 di loro non costituiscono più un pericolo, ma non è
riuscito al momento a trovare paesi disponibili ad accoglierli. Gli
altri dovrebbero essere processati ma il condizionale è d'obbligo
giacché sono proprio i processi l'aspetto più complesso della
questione Guantanamo. L'iter delle 'commissioni militari', i tribunali
speciali creati da Bush dopo l'11 settembre ha avuto vita
travagliata.

La Corte Suprema degli Stati Uniti li ha bloccati due volte sul
nascere. Il Pentagono da tempo sta mettendo a punto le procedure per
cominciare i processi. Bush, che più volte aveva ribadito di voler
chiudere Guantanamo, ha anche avvertito di non poter compiere passi
del genere prima che venga stabilito cosa fare con quelli che
l'America ritiene terroristi e 'combattenti nemici'. Il 29 giugno
2006, in occasione dell'appello di un detenuto yemenita, Salim Ahmed
Hamdan, presunto autista di Osama bin Laden, la Corte Suprema degli
Stati Uniti boccia le scelte del presidente sui tribunali militari
speciali (definendoli illegittimi) per i detenuti di Guantanamo.
Nell'agosto 2006, con una mossa a sorpresa, il presidente fa
trasferire a Guantanamo anche i 14 detenuti di Al Qaida di maggior
spessore custoditi dagli Usa, che si trovavano nelle prigioni segrete
della Cia. Il 17 ottobre 2006 George W. Bush firma la legge che crea
negli Usa un sistema giudiziario militare per i sospetti terroristi e
definisce le regole per interrogarli. Il 14 febbraio 2007 il
presidente americano firma un ordine esecutivo che avvicina il momento
in cui i sospetti terroristi detenuti a Guantanamo potranno essere
processati da speciali tribunali militari. Il documento autorizza la
creazione di commissioni militari incaricate di portare avanti i
processi contro i sospetti terroristi. Nel corso del 2007 viene creato
un tribunale smontabile, una tendopoli militare stile 'MASH',
all'interno della base, per processare i detenuti in attesa di
conoscere il proprio destino.

Guantanamo : 1200 parlamentari del mondo ne chiedono la chiusura
di Rico Guillermo
Oltre 1.200 parlamentari di tutto il mondo hanno sottoscritto
l'appello per la chiusura del carcere di Guantanamo nel sesto
anniversario del primo trasferimento di detenuti al centro americano
in territorio cubano.
L'inizitiva e' partita da Amesty International, che ha presentato al
governo USA un programma - costituito da 13 raccomandazioni - per
porre fine alle detenzioni illegali (a norma di diritto internazionale
e in teoriaa anche a norma della Costituzione USA) nella guerra al
terrore. Hanno sottoscritto parlamentari europei e nazionali, fra cui
quelli di Israele, Giappone, Gran Bretagna, con una mssiccia adesione
di Spagnoli (170).
Il piano d'azione chiede il ripristino dell'habeas corpus (il diritto
a sapere da un tribunale per quale motivo si sia detenuti), la
cessazione delle detenzioni segrete, il processo di tutti i detenuti
davanti a tribunali indipendenti e imparziali o, in alternativa, la
liberazione degli internati di Guantanamo.
"Le pratiche illegali adottate dal governo statunitense nella sua
guerra contro il terrore - che si sono manifestate a Guantánamo e con
il programma di detenzioni segrete della CIA - hanno promosso la
pericolosa idea che si possano mettere da parte i diritti umani
fondamentali nel nome della sicurezza nazionale", ha affermato Irene
Khan.
Peraltro, alcuni governi orientali, nordafricani o europei sono
divenuti complici di tale politica nel momento i cui hanno permesso
gli arresti illegali nel loro territorio, hanno chiuso un occhio
davanti allo scalo degli aerei CIA nei loro aeroporti o sono stati
teatro di torture per i prigionieri.
Speciale voli e prigioni CIA

LA TESTIMONIANZA  DI UNO DEI SOCCORRITORI
ECCO   LE VERITA' NASCOSTE   DA BUSH

http://www.youtube.com/watch?v=iwigvkxikbY

LA  PUNTATA DI RAI REPORT SULL  11/09
il  documentario   di report sull 11  di settembre
http://video.google.com/videoplay?docid=3220473705490576646&q=Confron...
LA  PUNTATA DI RAI REPORT SULL  11/09
http://www.media.rai.it/mpmedia/0,,report^10616,00.html
L'11 settembre è "un complotto USA", dice un ex alto ufficiale
dell'intelligence della CIA e della Marina

http://www.disinformazione.it/911_complotto_cia_e_marina.htm
Continuano le minacce ad uno degli avvocati delle famiglie dell'11
settembre 2001
http://www.disinformazione.it/avvocati11settembre.htm
ECCO  COME GLI USA  RICORDA ISUOI   EROI
http://www.youtube.com/watch?v=iwigvkxikbY
DEMOLIZIONI
http://www.youtube.com/watch?v=0l5uTImEebU
Il sito che mi ha fatto "aprire gli occhi" LUOGOCOMUNE.NET
altri siti di estremo interesse:
http://www.911truth.org/
http://www.loosechange911.com/
http://www.ae911truth.org/
http://www.9-11commission.gov/
http://www.coalitionof911families.org/
http://www.911blogger.com/
ecco le fonti parlano le vittime
http://www.coalitionof911families.org/
http://www.scholarsfor911truth.org/ ...

leggi tutto

 
 
 

LE BUGIE    DI BUSH  PINOCCHIO

Post n°439 pubblicato il 11 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

L'EROE DI GRAN ZERO    IL RAPPORTO   USA 11 SETTEMBRE
E' FALSO

William Rodriguez è il cittadino statunitense originario di Puerto
Rico, considerato il simbolo dell'eroismo dell'11 settembre 2001
perché salvò numerose persone dal World Trade Center in fiamme dove
era impiegato come operaio addetto alla manutenzione. Benché ferito,
Rodriguez penetrò per tre volte nella torre nord per prestare il suo
aiuto. All'ultimo tentativo venne quasi travolto dal crollo del
grattacielo, ma riuscì a salvarsi gettandosi sotto un camion dei
pompieri.
In seguito è stato ricevuto dal Presidente George W. Bush e nominato
eroe dal Congresso statunitense. Da allora ha perso il posto di
lavoro, dato che non esiste più, e di conseguenza ha perduto anche la
casa e ogni suo bene, come succede normalmente negli USA.
Nonostante la sua precaria situazione ha continuato ad occuparsi dei
familiari delle vittime, soprattutto di quelle di origine ispano-
americana, per aiutarli ad ottenere sussidi e riparazioni da uno stato
che da allora li ha completamente dimenticati. Come sopravvissuto e
rappresentante dei familiari delle vittime il 22 ottobre dello scorso
anno William Rodriguez, tramite il suo avvocato Philip Berg, ha
presentato presso la Corte Distrettuale di Philadelphia una denuncia
per complotto e strage nel confronti dei presidente degli Stati Uniti
George W. Bush e di tutti gli altri membri della sua amministrazione.
Nexus ha incontrato questo eroe e raccolto direttamente dalle sue
parole la tragica testimonianza che vi proponiamo.
Mi chiamo William Rodriguez, ho lavorato al World Trade Center di New
York per 20 anni della mia vita. Ero responsabile della manutenzione
nella torre nord. L'11 settembre avevo l'unico passe-partout per
aprire tutte le serrature delle porte degli edifici, anche se c'erano
altre quattro persone che avevano i passe-partout ed erano state
addestrate ad affrontare situazioni di emergenza e di soccorso, e che
furono le prime a fuggire dagli edifici. Guardate, questa è la
chiave.
Questo passe-partout era in grado di aprire tutto il complesso e quel
giorno, l'11 settembre, un'unità di circa 15 persone dei dipartimento
dei vigili dei fuoco mi doveva seguire mentre correvo da una parte
all'altra cercando di aprire le porte per aiutare le persone ad
uscire. Personalmente dopo l'11 settembre sono diventato il portavoce
delle famiglie delle vittime e sono andato a testimoniare davanti al
Congresso. A chiedere di creare una commissione, perché la commissione
che hanno fatto per l'11 settembre, come ricorderete, il Presidente
Bush non la voleva. Sosteneva che non ne avevamo bisogno ma noi ce
l'abbiamo messa tutta, abbiamo combattuto e siamo riusciti ad ottenere
la commissione».
«Questo che vedete è il rapporto finale ed io ho testimoniato, a porte
chiuse. Molte informazioni riferite provenivano dall'ultimo
superstite, una persona che conosceva bene gli edifici anche ad occhi
chiusi.
I membri della commissione sono stati molto turbati dalle informazioni
che ho fornito, ma in realtà non c'è traccia della mia testimonianza
nelle oltre 500 pagine di questo rapporto. Anche se sono stato
dichiarato eroe nazionale dal Congresso, loro non volevano che la mia
testimonianza potesse in qualche modo contrastare con la versione
ufficiale.
Ma permettetemi di parlare di quella giornata, l'11 settembre 2001,
una giornata bellissima con il cielo terso. Sono arrivato al lavoro
alle otto e mezza, stavo parlando con un supervisore, eravamo nel
sotterraneo, al primo livello dei sotterranei della torre nord che è
stata la prima ad essere colpita ma la seconda a crollare. Questo
edificio aveva sei sottolivelli, B1, B2, B3 e così via fino al B6,
ossia i livelli dei sotterranei dell'edificio. Il B1 aveva gli uffici
dei servizi di pulizia, di imbiancatura, di riparazioni meccaniche,
tutto ciò che aveva a che fare con la manutenzione dell'edificio.
Gli altri piani contenevano i magazzini, i generatori elettrici e così
via.
Alle ore 8:46 abbiamo sentito un bang, un'esplosione che proveniva dai
piani al di sotto di quello in cui mi trovavo, tra il B2 e il B3. E'
stata così violenta e l'edificio ha tremato così forte che le pareti
si sono crepate e il controsoffitto è crollato. Ho detto subito che
poteva essere un generatore elettrico che praticamente era esploso lì
nei sotterranei. Alcuni secondi dopo abbiamo sentito un impatto enorme
nella parte alta dell'edificio che ha iniziato subito a tremare così
forte che tutte le 40 persone che si trovavano con me in quell'ufficio
hanno iniziato a gridare tutte assieme, c'era una confusione e un caos
totale. Tutti gridavano: «E un'esplosione». Davanti a me è apparso un
uomo di colore che si guardava le braccia, mi sono accorto che c'era
qualcosa che pendeva dalle sue dita, mi sembravano pezzi di vestito ma
guardando più da vicino mi sono accorto che era la sua pelle. La pelle
era stata lacerata da sotto le ascelle fino alla punta delle dita e
gli stava pendendo come fossero dei guanti. Il suo nome è Felipe
David, lavoratore immigrato di origine honduregna, ed era in completo
stato di choc; ho guardato il suo volto che aveva delle parti
mancanti, gli ho chiesto che cosa fosse successo, e mi ha risposto:
«Gli ascensori, gli ascensori» Si trovava davanti agli ascensori ed
era stato ustionato, così ho cominciato a spingere tutti fuori
dall'ufficio.
A quel punto abbiamo sentito un'altra esplosione, siamo usciti fuori
dall'edificio, ho fermato un'ambulanza e ho fatto salire alcune
persone. Guardando verso l'alto dell'edificio ho avuto modo di vedere
l'incendio e tutte le macerie che cadevano, riuscivo a scorgere
l'antenna in cima all'edificio. Ho iniziato a pensare alle persone che
stavano a Windows on the World, il ristorante in cima, e mi sono molto
preoccupato perché avrei dovuto essere lì in quanto di norma, quando
iniziavo a pulire, cominciavo sempre da quei piani alti e ogni mattina
facevo colazione col personale del ristorante. Le conoscevo tutte bene
quelle 67 persone che sono morte nel ristorante; a quel punto ho
capito che dovevo ritornare indietro ma tutti mi gridavano: «Rodriguez
rimani qui, non rientrare» Ho preso una radio da una guardia della
sicurezza vicino a me e sono ritornato indietro entrando verso l'altro
edificio tramite un sotterraneo che collegava le torri 1 e 2.
Nel sotterraneo ho incontrato due persone che non sapevano che un
aereo si era schiantato sull'edificio, e questo vi può dare l'idea di
quante persone possono essere morte perché non si resero conto che
c'era stato questo attacco.
Nella torre 1 ho trovato una persona che lavorava in una squadra di
salvataggio, che mi ha detto: «Sento delle grida, sento gridare» C'era
acqua ovunque perché si era attivato immediatamente il sistema degli
sprinkler antincendio, tutto era inondato. A quel punto ho preso uno
degli ascensori, nella torre ce n'erano 150 di ascensori, e mi sono
avvicinato alle due persone che gridavano tra il B2 e il B3. Erano
disperate, nell'ascensore non c'era più luce né energia elettrica,
urlavano che stavano per annegare, io non riuscivo a capire, ma come?
Era perché l'acqua scendeva da tutti i piani e si accumulava in quelli
più bassi, entrava nel pozzo dell'ascensore con una tale forza che
quelli bloccati dentro rischiavano di annegare. Ho detto: «Dio
aiutami!». Non ero un credente: «Dios mio por favor aiudame! Mi sono
guardato attorno e ho trovato un pezzo di metallo, un rottame, ho
iniziato a dare colpi sulla porta per cercare di rompere il meccanismo
e la porta si è aperta. Ma c'era il vuoto perché, in realtà, la cabina
era molto più in basso. Ho cominciato a pregare Dio nella mia lingua.
Allora sono andato dove c'era il compattatore della spazzatura di
tutto l'edificio, dato che l'elettricista lasciava lì le scale che
però erano legate con delle catene. Fui fortunato: l'unica che non era
legata era la più lunga, circa sei metri. Ho preso quella scala, l'ho
inserita nel pozzo dell'ascensore e sono andato ad aprire la botola e
a far uscire le due persone, uno era un dipendente di colore di una
società che consegnava i pacchi, l'altro era Salvatore Giambanco, un
italiano che faceva l'imbianchino. Sono riuscito a farli uscire, a
caricarli su un'ambulanza e sono rientrato.
Ho incontrato degli agenti di polizia che mi hanno chiesto se avevo il
passe-partout, siamo andati nella hall e lì c'erano dei vigili dei
fuoco che aspettavano. Ho detto: «Seguitemi, so qual è la strada più
breve». Mentre salivamo le scale era difficile procedere, i pompieri
avevano un sacco di pesanti attrezzature con loro, attrezzi e
respiratori di 30 e 60 chilogrammi , inoltre c'erano tutte le persone
che correvano giù dalle scale. Al terzo piano siamo passati su
un'altra scala che era migliore, nella torre c'erano tre scale A, B e
C. Abbiamo preso la scala A, dopo un po' mi sono accorto che ero
sempre un paio di piani davanti a loro perché non avevo tutte quelle
attrezzature da portare, ero in condizioni fisiche migliori e per
quelle scale andavo su e giù ogni giorno. Mi ritrovavo ad aprire delle
porte ai vari piani, a far uscire molte persone che in molti casi non
riuscivano a capire che cosa stesse succedendo.
Mentre salivamo sentivamo delle esplosioni che continuavano a
verificarsi nei vari piani. Siamo arrivati al 27° piano, c'era una
persona disabile e la sua carrozzina che ostacolava la discesa degli
altri. A quel piano tutti i vigili del fuoco sono caduti al suolo, non
riuscivano più a salire, erano stanchi e distrutti dalla fatica di
salire con tutte le loro pesanti attrezzature. A quel punto ho
chiamato mia madre a Puerto Rico, lei stava guardano alla televisione
quello che stava succedendo, e le ho detto: «Mamma sono Willy, li devo
aiutare perché ho il passe-partout, non posso darlo a nessuno»
Ho continuato a salire e al 33° piano ho trovato una donna a terra che
non sapeva dov'era l'uscita; l'ho tirata su dicendo che dovevamo
uscire e l'ho affidata ad altre persone che scendevano. Mentre ero lì
ho distintamente sentito dal piano di sopra, il 34°, un rumore come di
spostamenti di attrezzature pesanti, mi sono stupito perché quel piano
era chiuso per ristrutturazione e in quel momento non ci doveva essere
nessuno all'interno. Sentivo invece come un qualcosa di pesante che
veniva trascinato. Ero spaventato, ero da solo ed ho oltrepassato
quella porta andando ai piani superiori. Devo dirvi che quello era un
edificio di classe A, ovvero una costruzione così alta ma dotata di
sistemi in grado di spegnere ogni tipo d'incendio e consentire i
soccorsi nei casi di emergenza, su ogni tre porte una deve aprirsi,
questo è il codice per quel tipo di edifici a New York.
Ad un certo punto ho incontrato alcuni agenti di polizia e stavamo
parlando quando abbiamo iniziato a sentire una serie di esplosioni in
rapida successione, bum... bum... bum... bum. Al radiotelefono
dicevano: «Abbiamo perso il 65, il 65° è crollato, dal 65° fino al
44°... » Tutti quei piani erano crollati. Abbiamo iniziato a scendere
raggiungendo il 27° piano, poi di corsa giù per le scale fino alla
hall e da qui sulla strada. Sentivamo le grida di tutte quelle persone
ancora bloccate negli ascensori, gridavano, chiedevano aiuto ma gli
ascensori erano bloccati, è stato orribile. Nella hall un vigile dei
fuoco mi ha detto: «Vai alla postazione delle ambulanze». Così ho
iniziato a camminare verso l'uscita e sentivo che mi gridavano: «Non
guardare indietro, non guardare». Era uno sbarramento di polizia che
aveva isolato l'area per sicurezza, guardando mi attorno ho visto i
corpi di tutti quelli che si erano buttati dall'edificio. Ho anche
riconosciuto il cadavere della signora dei 33° piano che avevo chiesto
di accompagnare giù, il suo corpo era stato tagliato a metà come da
una gigantesca ghigliottina, perché mentre usciva una lastra di vetro
le era caduta addosso precipitando dall'alto straziandola in quel modo
in una frazione di secondo. Ad un certo punto ho sentito tutti che mi
urlavano: «Corri, corri, correte». Ho sentito come un terremoto e
l'unica cosa che ho percepito è stato un autocarro dei vigili dei
fuoco di fronte a me, ho pensato che sarei rimasto ucciso e mi sono
ritrovato sotto questo automezzo con tutto che crollava attorno. Anche
l'autobotte sembrava dovesse crollarmi addosso, l'unica cosa che mi
sono detto è stata «Dio mio, spero che mia mamma non debba cercare il
mio corpo e che non debba identificarlo quando è a pezzi. Vorrei che
non debba riconoscere il mio cadavere».
Poi, tutto si è fermato, io mi sentivo come ustionato da quella strana
polvere che riempiva tutto. Dopo un po' sono riusciti a tirarmi fuori
dalle macerie e sono stato identificato dai vigili dei fuoco e dalla
polizia come l'ultima persona riuscita a salvarsi.
Da allora sono stato presente in vari programmi e ho raccontato sempre
ed esattamente questa storia. Se non mi credete andate a vedere su
internet, o guardatevi la registrazione delle mie interviste e vedrete
che fin dal primo momento la storia è stata questa.
Come superstite e come rappresentante delle famiglie delle vittime, ho
riscontrato che il rapporto ufficiale sui fatti dell'11 settembre 2001
è un rapporto falso e incompleto. Ma perché vi ho raccontato tutto
questo? Perché vogliamo darvi gli strumenti e gli elementi per capire
che questo potrebbe accadere anche a voi, e perché possiate
comprendere il modo in cui il nostro governo si è comportato con le
vittime. Sono molto grato di aver incontrato tutte queste persone che
non conoscevo prima, hanno cambiato la mia vita. Noi siamo animati da
una motivazione e dall'entusiasmo di arrivare alla verità per voi.

L'11 settembre è "un complotto USA", dice un ex alto ufficiale
dell'intelligence della CIA e della Marina

http://www.disinformazione.it/911_complotto_cia_e_marina.htm

Continuano le minacce ad uno degli avvocati delle famiglie dell'11
settembre 2001
http://www.disinformazione.it/avvocati11settembre.htm

ECCO  COME GLI USA  RICORDA ISUOI   EROI
http://www.youtube.com/watch?v=iwigvkxikbY

 
 
 

11  SETTEMBRE    E LE BUGIE DI  BUSH

Post n°438 pubblicato il 11 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 


LA  PUNTATA DI RAI REPORT SULL  11/09

il  documentario   di report sull 11  di settembre
http://video.google.com/videoplay?docid=3220473705490576646&q=Confron...

Loose Change 2nd Edition Recut

http://video.google.com/videoplay?docid=7866929448192753501&total=31&...

LOSE  CHANGE 2 DOPPIATO IN ITALIANO

http://video.google.com/videoplay?docid=6536713546859321156&total=35&...

ECCO  LE BUGIE  DE PENTAGONO
http://www.youtube.com/watch?v=6MMFCqHuYR4

ECCO  LE BUGIE
http://www.youtube.com/watch?v=K8uo6_a7yF4

ECCO   IL COMPLOTTO
11 settembre complotto evidente.

http://www.youtube.com/watch?v=z2TC_ZS8tSc

Rebus - 911 Inganno globale?
http://video.google.it/videoplay?docid=-6507546513762151026&q=11%2F09...

ECCO  COME GLI USA  RICORDA ISUOI   EROI

http://www.youtube.com/watch?v=iwigvkxikbY

inganno globale
http://video.google.com/videoplay?docid=3740667276211273172

inganno globale  11 settembre 11/09  FILMATO COMPLETO IN ITALIANO

http://video.google.com/videoplay?docid=-4707106427582061756

11/09/  filmato americano

http://video.google.com/videoplay?docid=8022452963439593148&total=35&...

9/11: Press for Truth   DOCUMENTARIO   IN INGLESE  DELLE FAMIGLIE
AMERICANE VITTIME  DEL 9/11

http://video.google.com/videoplay?docid=3979568779414136481&total=37&...

http://video.google.com/videoplay?docid=8797525979024486145&total=31&...

LOSE  CHANGE 2 DOPPIATO IN ITALIANO

http://video.google.com/videoplay?docid=6536713546859321156&total=35&...

September 11th Revisited: Were explosives used?

9-11 Press For Truth sottotitolato in italiano.avi

http://video.google.com/videoplay?docid=3228264304077323969

ECCO  CASO CI DICONO ALTRI  Webster Tarpley  SUL 11/09

http://www.youtube.com/watch?v=4ARFdZ3RVDA

mensogne globali  conferenza mondiale sull' 11/09

http://video.google.com/videoplay?docid=-8462333767560978506&total=38...

VERITA' DI CRISTALLO

http://www.youtube.com/watch?v=hhg0nht7NRc

INDAGINI SULL'11/09

http://video.google.com/videoplay?docid=-6662803466724618179&total=38...

CONFERENZA MONDIALE 11/09

http://video.google.com/videoplay?docid=-8462333767560978506&total=38...

11/09   ECCO  LA VERITA'

http://video.google.com/videoplay?docid=3316491948551597135&total=37&...

ECCO  COSA DICE IL PROF JONES AMERICANO

http://www.youtube.com/watch?v=0l5uTImEebU

http://www.911revisited.com

ATTENTATO AIUTATO CON GLI ESPOLOSIVI

http://video.google.com/videoplay?docid=4194796183168750014&total=31&...

 
11  SETTERMBE COLOSSALE INGANNO?

Sono passati 6 anni dalla tragica ed indimenticabile giornata che ha
cambiato la storia del mondo. Circa 3000 persone perirono nel crollo
delle Torri Gemelle, altre ancora nel Pentagono e negli aerei
dirottati.
Secondo la versione ufficiale, 4 aerei di linea vennero dirottati da
19 terroristi islamici la mattina dell'11 settembre 2001. Due di
questi aerei si schiantarono
contro le Torri Gemelle (uno nella Sud, uno nella Nord), uno al
Pentagono, uno si schiantò in Pennsylvania (forse venne abbattuto)
dopo che i passeggeri si erano rivoltati contro i dirottatori (?).
Bin Laden venne subito indicato come il mandante e l'organizzatore
degli attentati e, quasi subito, vennero resi noti i nomi e i volti
degli attenatori, fra i quali il celebre Mohamed Atta.
Questo è quello che ci hanno propinato per 5 anni le televisioni ed i
giornali e continuano a fare in questi giorni dell'anniversario.
Cerchiamo, dunque, di rispondere alla domanda del titolo: chi ha
organizzato gli attentati? Per il lettore medio questa domanda sarebbe
poco più che retorica e avrebbe come unica risposta quella indicata
qualche riga più in su. In realtà, le cose starebbero diversamente da
quanto affermato dalla versione ufficiale e vi sarebbero delle prove
schiaccianti a riguardo. Esaminiamo i punti controversi:

1) Il crollo delle Torri Gemelle (e della terza Torre, il WTC-7).

I telegiornali e gli speciali sul 11/9 ci hanno spiegato che le Torri
sarebbero cadute a causa dell'impatto degli aerei e del calore
sviluppato all'interno che avrebbe fatto sciogliere l'acciaio e,
quindi, fatto collassare gli edifici. Tuttavia, esistono alcune prove
contrarie a questa tesi. Innanzitutto, vi sono parecchie testimonianze
di vigili del fuoco che hanno affermato di aver udito espolosioni nei
piani sotterranei e nei piani intermedi della Torre prima del crollo.
Esistono addirittura delle conversazioni telefoniche registrate in cui
si sentono i vigili parlare fra di loro annunciando in diretta le
esplosioni. In secondo luogo, il progettatore delle Torri, Hyman
Brown, ha affermato che le Torri erano state progettate per resistere
a qualsiasi tipo di danno causato da uragani, tempeste, e impatti
aerei... La tesi non ufficiale parla di demolizioni controllate in tutti
e tre i casi di crollo delle Torri (le due Gemelle e la terza)
basandosi sulle considerazioni esposte sopra, su alcune considerazioni
fisico-matematiche
e su alcuni video che mostrano la similitudine fra il crollo delle
Torri e le demolizioni controllate, mostrando anche gli "sbuffi"
tipici delle demolizioni controllate e riscontrabili nei video sul
crollo delle Torri. (Vedi anche qui)
Qualcuno è in gradi di spiegare perché in televisione nessuno si
preoccupi di farci vedere queste cose? Mistero, resta il fatto che,
confrontando le due tesi contrapposte, quella della demolizione
controllata mi sembra essere quella più plausibile.

2) L'aereo del Penatagono.

Secondo la versione ufficiale, il volo 77 della American Airlines (un
boeing 757) si sarebbe schiantato su una parete del Penatagono non
lasciando alcuna traccia di sé, se non rottami di piccolissime
dimensioni. Tuttavia, le immagini documentate mostrano l'impossibilità
di un tale evento, negato anche da considerazioni di carattere
scientifico. Il buco riscontrato nella facciata del Pentagono (poco
più di 20 m) è chiaramente incompatibile con lo schianto di un boeing
757, la cui apertura alare supera i 40 m. Inoltre, come è possibile
che la maggior parte delle finestre del Pentagono siano potute
rimanere intatte in seguito all'impatto di un aereo che si è
completamente disintegrato? E come è possibile che siano stati trovati
resti umani tali da consentire l'identificazione del DNA quando anche
i motori (indistruttibili) si sono polverizzati? L'ipotesi più
probabile, suffragata anche da numerosi testimoni oculari, parla di un
missile o di un piccolo aereo militare o da turismo, non di un boeing
757. Mi chiedo come mai tutti i video relativi allo schianto sul
Pentagono siano stati sequestrati e mai resi noti, al contrario di
quelli relativi alle Torri.
Per approfondimenti leggete qui

3) Altre questioni.

a) Le liste ufficiali passeggeri dei 4 voli non contengono nessun nome
arabo. Come è possibile che i dirottatori siano stati individuati
quasi subito dall'FBI?

b) Ci sono state delle speculazioni molto evidenti sulle azioni di
borsa della United Airlines nei giorni precedenti l'attacco.
Per quanto si cerchino di smentire le tesi complottiste, ecco qui il
testo presentato dalla versione ufficiale a proposito delle
speculazioni. Presento il testo inglese con la traduzione (fatta da
me).

"The 9/11 Commission investigated this issue in detail, concluding,
"Some unusual trading did in fact occur, but each such trade proved to
have an innocuous explanation."
For example, it stated, "much of the seemingly suspicious trading in
American [Airlines stock] on September 10 was traced to a specific
U.S.-based options trading newsletter, faxed to its subscribers on
Sunday, September 9, which recommended these trades."

Traduzione: La commissione sull'11 settembre ha investigato su questo
punto concludendo che: "Alcune strane speculazioni sono state in
realtà fatte, ma ognuna di esse ha dimostrato di avere una spiegazione
innocua". Per esempio, (la Commissione) ha stabilito che "la maggior
parte delle operazioni commerciali avvenute il 10 settembre erano
dovute all'invio di una newsletter americana sulle azioni di borsa ai
sottoscrittori (della newsletter) nella giornata del 9 settembre, in
cui si raccomandavano quelle determinate operazioni di borsa".

Bene, questa è la spiegazione del perché ci furono delle speculazioni.
A me non sembra per niente convincente, perché si afferma,
sostanzialmente, che coloro che avevano eseguito alcune strane
operazioni di borsa il 10 settembre, lo avevano fatto perché gli era
stato "consigliato" di farlo da una semplice newsletter. Resta però il
dubbio: perché la newsletter lo aveva consigliato proprio il giorno
prima degli attentati? E' evidente che qualcuno sapesse in anticipo
gli avvenimenti. Dunque, la questione rimane intatta, neanche
minimamente scalfita dalla spiegazione ufficiale.

c) Perché il Sistema di difesa degli USA è rimasto immobile per 2 ore?

d) Perché è stato consentito alla famiglia Bin Laden di lasciare gli
USA dopo gli attentati, mentre tutto lo spazio aereo era stato chiuso?

e) Come hanno fatto i dirottatori, poco esperti (o per nulla) di volo
a pilotare 3 dei 4 aerei in modo impeccabile, eseguendo manovre al
limite della fantascienza e servendosi di semplici documenti cartacei
di volo? La tesi alternativa afferma che, in realtà, gli aerei delle
Torri sarebbero stati controllati a distanza attraverso dei sistemi
riscontrabili negli aerei militari. Solo in tal modo, infatti, sarebbe
stato possibile centrare in pieno le Torri ed il Pentagono.

Non mi vorrei dilungare troppo su tutti i dubbi riguardo all'11
settembre che, peraltro, non si esauriscono affatto nelle questioni da
me poste. Ho cercato di evidenziare quelle più clamorose alle quali,
come per tante altre domande, non è ancora stata data risposta.

Qui sotto presento una suddivisione delle tesi generali sull'11
settembre secondo tre linee principali:

1) La colpa è tutta di Bin Laden e Al qaeda che hanno organizzato dei
feroci attentati di cui nessuno sapeva nulla e che, quindi, hanno
colto tutti (Bush compreso) di sorpresa.

2) Al Qaeda ha organizzato tutto con il consenso degli USA che
avrebbero "favorito" gli attacchi da usare come pretesto per la guerra
in Afghanistan, in Iraq e...?.

3) Bin Laden e Al Qaeda non avrebbero organizzato nulla. Tutto sarebbe
frutto degli USA che avrebbero inscenato gli attacchi e organizzato il
tutto sempre per lo stesso pretesto della tesi precedente.

Una delle tesi più intriganti (appartenente alla numero 3) sostiene
che i tre aerei (2 delle Torri e 1 del Pentagono, peraltro finto)
sarebbero stati vuoti e telecomandati. I passeggeri dei voli reali
sarebbero stati fatti atterrare in basi militari segrete ed imbarcati
sul quarto volo (Pennsylvania) insieme ai passeggeri di quest'ultimo.
Infine, il quarto volo sarebbe stato abbattuto per eliminare tutti i
passeggeri-testimoni.

Chi sostiene la verità ufficiale parla di tesi complottiste
riferendosi a quelle che indicano gli USA come organizzatori degli
attentati. Proviamo a rovesciare la questione e vedremo che di
complotto si può parlare anche al contrario. In questo senso, potrei
affermare che il vero complotto lo hanno inventato gli USA parlando di
arabi, terrroristi e Bin Laden. Dipende semplicemente dai punti di
vista.

Al di là di ogni considerazione, rimangono dei punti oscuri anche
nelle versioni non ufficiali. In particolare:

1) Che fine hanno fatto i passeggeri del volo del Pentagono, assumendo
che nessun aereo si schiantò mai quel giorno? Sono spariti nel nulla?
E le famiglie, perché ne hanno denunciato la scomparsa?

2) Perché Bin Laden e tutti i Paesi Musulmani, vista l'evidenza delle
prove contrarie alla verità ufficiale, non sono insorti dimostrando la
loro innocenza invece che essere appellati come terroristi da tutto il
mondo?

3) E' possibile che nessuno riesca a dimostrare la ovvia falsità della
verità ufficiale in modo incontrovertibile?

4) Come la mettiamo con gli attacchi i Madrid e Londra? Eventi
indipendenti dall'11 settembre?

5) Si afferma che 13 dei 19 terroristi sarebbero vivi e vegeti. Ciò
però non dimostra nulla, perché i veri terroristi avrebbero potuto
rubare l'identità a quelli ancora vivi. Infatti, alcuni dei terroristi
ancora vivi hanno dichiarato che il loro passaporto era stato rubato
prima dell'attentato.

6) In una puntata del programma di Minoli andata in onda circa una
settimana fa, sono state fatte ascoltare le voci delle hostess che
chiamavano dal primo volo schiantatosi sulle Torri. La hostess
riferiva una frase del tipo: "vedo i palazzi stiamo volando basso,
troppo basso...". Come giustificano un fatto del genere coloro che
affermano che gli aerei erano vuoti?

7) Sempre nello stesso programma, nella ricostruzione dell'accaduto si
parlava delle conversazioni fra le hostess ed il personale di terra
della compagnia nelle quali la hostess comunicava i posti a sedere dei
dirottatori (già nella rinchiusi nella cabina di pilotaggio) e subito
il personale di terra individuava i nomi. In questo modo si
spiegherebbe la celerità nell'individuazione dei terroristi. Ciò,
però, contrasta col fatto che le liste passeggeri non contengano nomi
arabi...Chi ha ragione?

Ognuno, in base a ciò che vede e sente si farà un'opinione personale
dell'accaduto. Per quanto mi riguarda, penso che:

a) Bush, Rumsfeld, Cheney, Giuliani, FBI, CIA e molti altri sapessero
degli attentati in anticipo.

b) I sopraccitati non abbiano fatto nulla per impedirli

c) Le Torri sono crollate perchè demolite intenzionalmente.

d) Al Pentagono non si schiantò nessun aereo di linea.

e) La guerra in Afghanistan e Iraq (e poi?) erano preparate da tempo e
serviva un pretesto forte per entrare in guerra.

f) Al Qaeda, anche se non so in che misura, potrebbe aver aituato gli
americani nell'organizzazione.

g) Bin Laden avrebbe accettato di farsi incolpare a patto che non lo
si prendesse (vedremo...) ed in cambio di aiuti economici.

h) Ci sono troppi buchi nella spiegazione ufficiale.

i) Ci sono alcuni buchi anche nelle tesi alternative ma, nel
complesso, queste risulatno più convincenti in base a prove oggettive.

l) anche qui in Italia qualcuno (alti vertici politici) sapeva degli
attentati in anticipo.

In conclusione, per rispetto ai familiari delle vittime degli
attentati (forse autoprodotti), chiederei pubblicamente che a Bush e
compagnia bella sia impedito di commemorare le vittime così come è
accaduto negli anni passati (e anche stamattina), se non dopo aver
fornito dettagliatamente le risposte ai mille dubbi suscitati dalla
versione ufficiale. Si rischia, altrimenti, di far divenire la
commemorazione dell'11 settembre uno dei più grandi capolavori del
cinema moderno in cui Bush e gli altri protagonisti recitano alla
perfezione il ruolo da protagonisti. Tuttavia, molte persone sanno
che, in realtà, Bush e amici non sono altro che attori molto bravi ma
pur sempre attori. Siccome la produzione cinematografica di Hollywood
riesce ad andare avanti anche senza attori come Bush, Cheney e
Rumsfeld, speriamo che i suddetti si trasformino da attori in
protagonisti di un reality in cui la verità venga finalmente a galla.
ECCO  COSA  DICONO LE FAMIGLIE  DELLE VITTIME  DELL'11  DI SETTEMBRE

9/11 Press For Truth è la storia di alcuni dei familiari delle vittime
dell'11 Settembre, in particolare di coloro che guidarono il Comitato
Direttivo dei Familiari che portò, dopo tante pressioni e reticenze,
alla nascita della Commissione Indipendente 11/9, di cui essi ne
contestano l'operato sin da quando dovevano ancora iniziare i lavori
ed era stato inizialmente nominato alla loro direzione un certo Henry
Kissinger.
La situazione non cambiò poi di molto, in quanto venne nominato
coordinatore dei lavori, col potere quindi di decidere cosa
investigare e chi ascoltare - oltre a poter scegliere cosa infine
inserire nel rapporto definitivo - un vero e proprio insider
dell'Amministrazione Bush ed intimo di Condoleezza Rice, Philip
Zelikow, colui che tra le altre cose scrisse nel 2002 il National
Security Strategy in cui veniva enunciato, per la prima volta, il
concetto di "guerra preventiva".

Le famiglie chiesero anche le sue dimissioni, ma inutilmente.

Anche il Presidente Thomas Kean, come la maggior parte degli altri
Commissari, ed almeno metà dei membri dello staff avevano conflitti di
interesse, e non possono quindi stupire, con queste premesse, il modus
operandi ed i risultati della Commissione: interrogatori morbidi e
spesso senza neanche che venisse prestato giuramento, alcuni persino a
porte chiuse e incredibilmente "accompagnati dal genitore", come nel
caso del Presidente Bush. Un basso stanziamento di fondi e risorse,
innumerevoli ritardi o dinieghi per le richieste di documentazione,
specie se riservata, ed in generale i fatti omessi o distorti nella
compilazione del rapproto finale, evidenziati da David Ray Griffin nel
suo libro di critica, innominabile da tv e giornali.

Nonostante il Rapporto della Commissione 11/9 sia stato accolto in
modo pomposo ed acritico dai media ufficiali come verità
indiscutibile, sono in realtà secondo gli ultimi sondaggi di opinione
solo il 16% gli americani che credono che sia stata raccontata loro la
verità, in netto contrasto con la copertura mediatica che invece
converge piuttosto verso percentuali bulgare.

La nascita ed il lavoro della Commissione è il perno su cui ruota la
storia raccontata dai familiari che ne hanno vissuto con tenacia la
lotta per chiederne l'istutizione; con sempre meno speranza il corso
dei lavori; ed infine con delusione e rabbia i risultati, di fronte a
cui chiedono adesso con forza ed urgenza una nuova commissione,
realmente indipendente, e che operi per la ricerca della verità e non
per perpetrare pregiudizialmente, come purtroppo accade molto spesso
nelle investigazioni ufficiali, la versione gradita al potere
politico.

Gli argomenti trattati sono molti ed in gran parte si basano sulla
Cronologia Completa dell'11 Settembre di Paul Thompson: dalla
indiscutibile evidenza che l'Amministrazione sapesse a più livelli
degli attacchi imminenti e lo abbia poi nascosto, per arrivare al
curioso comportamento - in termini di alleanze quantomeno dubbie e di
"errori" solo apparenti - degli Stati Uniti nella cosiddetta "guerra
al terrore", passando per la mancata reazione aerea ed il sospetto
crollo delle torri e dell'edificio 7, argomenti questi ultimi ormai
stradibattuti ed a cui viene dedicato in questo film meno spazio del
solito, rendendolo particolarmente prezioso in quanto ricco di
informazioni complementari a quelle discusse più di frequente.

A fare da sfondo a tutti i dubbi e le critiche dei familiari, ci sono
le solite, costanti e diffuse reticenze governative ad investigare nel
modo dovuto, e quelle dei media ad affrontare le questioni importanti
ma scomode, da qui il gioco di parole del titolo del film: "Press For
Truth" significa "Pressione per la verità", ma il termine "Press"
indica appunto anche la stampa, i giornalisti, sottintendendo quindi
che tocca a delle persone comuni, per di più segnate da un dolore
indescrivibile, fare il lavoro di chi non vuole o fa finta di non
saperlo fare.

Il film dura quasi un'ora e mezza, per cui vi consigliamo di vederlo a
tutta pagina direttamente su Google Video al seguente link:
http://video.google.it/videoplay?docid=3228264304077323969&hl=it

Probabilmente siete a conoscenza del fatto che in passato alcuni dei
filmati sull'11 Settembre, come Loose Change, siano stati visti da
decine di milioni di persone poichè sono riusciti a scalare la TOP 100
dei più visti su Google Video, e quando lo hanno fatto ci sono poi
rimasti per lungo tempo, poichè una volta in classifica è difficile
uscirne se i contenuti sono tanto validi quanto poco conosciuti, e
crediamo che questo sia particolarmente il caso.
Grazie alla nascita di nuovi canali mediatici come quello di Google,
questo genere di film - ignorato dai mezzi di comunicazione mainstream
- sono infine riusciti a raggiungere il grande pubblico americano, e
ci auguriamo che avvenga lo stesso positivo fenomeno in Italia, dove
parimenti dai due mesi che Press For Truth è stato lanciato, nessun
giornalista di professione ha creduto opportuno parlarne.
Oltre a pregarvi di diffondere il link di Google Video ai vostri amici
e conoscenti e di segnalarlo ad esempio nel vostro sito personale,
potreste farne delle copie e/o organizzare proiezioni pubbliche per
cui potrebbe farvi comodo la locandina originale, che abbiamo

DA   DISNFOMAZIONE   IT
 
 

 
 
 

ECCO  COME  FUNZIONA  LA POLITICA AMERICANA

Post n°437 pubblicato il 11 Agosto 2008 da dammiltuoaiuto
 

“Confessioni di un sicario economico” – di John Perkins


Venivamo preparati per il nostro lavoro, che era quello di costruire
l’impero americano. Dovevamo creare delle situazioni in cui la maggior
parte possibile di risorse fluisse verso il nostro paese, verso le
nostre corporations, il nostro governo, e in questo abbiamo avuto un
grande successo.
Abbiamo costruito il più grande impero nella storia dell’umanità. Ciò
è accaduto negli ultimi cinquant’anni, a partire dalla seconda guerra
mondiale, e con un uso assolutamente minimo di forza militare.
Soltanto in casi eccezionali, come quello dell’Iraq, si utilizza
l’esercito come ultima risorsa.
Questo impero, a differenza di ogni altro impero nella storia, è stato
costruito prima di tutto attraverso la manipolazione economica,
attraverso l’inganno, attraverso la frode, attraverso la seduzione
degli altri verso il nostro modo di vita, e attraverso l’uso dei
sicari economici come me.
Fui reclutato in una scuola di economia, sul finire degli anni 60,
dalla NSA (National Security Agency), la più grande e meno compresa
organizzazione di spionaggio nazionale. Ma in ultima analisi lavoravo
per le corporations private.
Il primo vero sicario economico risale agli anni 50: era Kermit
Roosevelt, il nipote di Teddy, che rovesciò il governo dell’Iran - un
governo democraticamente eletto – di Mossadegh. Kermit fu così bravo
nell’ottenere quel risultato senza versare una goccia di sangue – beh,
un po’ di sangue fu versato, ma non vi fu un intervento militare – e
con una spesa di alcuni milioni di dollari rimpiazzammo Mossadegh con
lo Scià dell’Iran. A quel punto capimmo che questa idea del sicario
economico era ottima.
Quando agivamo in questo modo, non dovevamo preoccuparci della Russia.
Il problema è che Roosevelt era un agente della CIA, era un impiegato
del governo, e se fosse stato scoperto avrebbe causato notevoli
complicazioni. A quel punto si prese la decisione di utilizzare le
organizzazioni come la CIA e la NSA solo per reclutare potenziali
sicari economici come me, per poi mandarli a lavorare per compagnie
private di consulenza, società di ingegneria, compagnie di
costruzione, in modo che se fossimo stati scoperti non vi sarebbe
stato alcun collegamento con il governo
Io lavoravo per una compagnia chiamata Chas. T. Main di Boston, nel
Massachusetts. Eravamo circa 2 mila impiegati, e io ero il capo del
settore economico. Sono arrivato ad avere fino a 50 persone che
lavoravano per me. Ma il mio vero lavoro era quello di concludere
affari. Facevo dei prestiti ad altre nazioni, prestiti enormi, molto
più grandi di quelli che avrebbero mai potuto ripagare. Una delle
condizioni del prestito – diciamo ad esempio un miliardo di dollari,
ad un paese come l’Indonesia o l’Ecuador - era che il paese avrebbe
dovuto restituire il 90% del denaro a una società americana che
costruisse le sue infrastrutture, come la Halliburton o la Bechtel,
che erano le più grandi.
Queste società andavano nel paese e costruivano un sistema elettrico,
dei porti, o delle autostrade, che in realtà servivano solo alle poche
famiglie benestanti del paese, mentre la povera gente restava con un
debito sulla gobba che non avrebbe mai potuto ripagare. Un paese come
l’Ecuador oggi deve versare più del 50% per suo prodotto lordo
nazionale per pagare i suoi debiti, e in realtà non ce la può fare.
Con loro abbiamo quindi il coltello dalla parte del manico. Se un
giorno, ad esempio, vogliamo più petrolio, andiamo in Ecuador e
diciamo: “Voi non siete in grado di ripagare vostro debito, per cui
date alle nostre società le vostre foreste amazzoniche, che sono piene
di petrolio”. Dopodichè noi arriviamo, distruggiamo la foresta
dell’Amazzonia e obblighiamo l’Ecuador a darla noi, a causa del debito
che ha accumulato.
Quando facciamo questi grandi prestiti, la maggior parte dei soldi
torna comunque negli Stati Uniti, mentre il paese rimane con il
debito, più un interesse enorma da pagare, e questi diventano
praticamente i nostri servi, i nostri schiavi. È un impero, non c’è
altro modo di definirlo. È un impero enorme, e in questo noi abbiamo
avuto grande successo.
Quando mi hanno reclutato, quelli della NSA mi hanno sottoposto a una
lunga serie di test della verità. Hanno scoperto tutte le mie
debolezze, e mi hanno immediatamente sedotto. Hanno usato le droghe
più potenti della nostra cultura, il sesso il potere e i soldi, per
convincermi a passare dalla loro parte.
Se non avessi vissuto la vita di un sicario economico, farei molta
fatica a credere che queste cose accadano. Ora invece ho scritto
questo libro perché il nostro paese ha bisogno di capire: se la gente
di questa nazione capisce come funziona davvero la nostra politica
economica, che cosa è l’aiuto ai paesi poveri, come funzionano le
nostre corporations, dove vanno a finire i soldi delle nostre tasse,
so che esigerà un cambiamento.
Ricordate, quando all’inizio degli anni ‘70 l’OPEC faceva tutto quello
che voleva, e ci razionava le importazioni di petrolio? Noi facevamo
lunghe code in macchina alla stazione di servizio, e il paese aveva
paura di dover affrontare un'altra depressione come quella del ’29.
Questo per noi era inaccettabile, e a quel punto il Ministero del
Tesoro ha reclutato me e alcuni altri sicari economici, e siamo
partiti per l’Arabia Saudita.
Sapevamo che l'Arabia Saudita era la chiave di volta per uscire dalla
nostra schiavitù e prendere in mano la situazione. E così abbiamo
messo a punto un accordo, grazie al quale la Reale Casa saudita
avrebbe rispedito negli Stati Uniti la maggior parte dei
petroldollari, e li avrebbe investiti in titoli governativi. Il
Ministero del Tesoro avrebbe usato gli interessi di questi titoli per
finanziare società americane che costruissero in Arabia Saudita nuove
città e nuove infrastrutture -cosa che abbiamo fatto.
La Casa Reale saudita si impegnava a mantenere il prezzo del petrolio
entro limiti accettabili per noi - cosa che negli anni ha sempre fatto
- mentre noi ci impegnavamo a mantenere al potere la Reale Casa
saudita.
Questo è uno dei motivi principali per cui siamo scesi in guerra con
l’Iraq. In Iraq avevamo provato a implementare lo stesso tipo di
strategia che aveva avuto così tanto successo in Arabia Saudita, ma
Saddam Hussein non ci era cascato.
Quando i sicari economici falliscono nel loro obiettivo, entrano in
gioco gli sciacalli, ovvero gli agenti della CIA, che si infiltrano
nel paese e cercano di fomentare un colpo di stato, o una rivoluzione.
Se anche quello non funziona, provano con l’assassinio vero e proprio.
Ma nel caso dell’Iraq non riuscivano a colpire Saddam Hussein, che
aveva molti sosia e delle ottime guardie del corpo, e non si riusciva
a farlo fuori. A quel punto è subentrata la terza linea strategica,
nella quale i nostri giovani uomini e donne vengono mandati a uccidere
ed essere uccisi, che è quello che chiaramente è successo in Iraq.
Ho sempre lavorato molto, molto da vicino con la Banca Mondiale. La
Banca Mondiale fornisce la maggior parte dei soldi che vengono usati
dai sicari economici. Ma dopo l’11 settembre qualcosa è cambiato
dentro di me. Sapevo che questa storia andava raccontata, perché
quello che è accaduto l’11 settembre è il diretto risultato del lavoro
dei sicari economici. E l’unico modo in cui torneremo a sentirci
sicuri in questo paese, l’unico modo in cui torneremo a sentirci bene,
è usando i sistemi che abbiamo messo in atto per creare un cambiamento
positivo nel mondo. Sono profondamente convinto che questo sia
possibile. Io credo che la Banca Mondiale e altre istituzioni possano
essere re-indirizzate a fare quello che dovevano fare originariamente,
e cioè aiutare a ricostruire le parti più devastate del mondo. Aiutare
la povera gente. Ci sono 24 mila esseri umani che muoiono di fame ogni
giorno, e noi questo possiamo cambiarlo.
 
Il racconto di Robert Fisk, il celebre giornalista britannico inviato a
Bagdad

La guerra è una frode. Non mi riferisco all'inesistenza delle armi di
distruzione di massa e dei rapporti tra Saddam Hussein e Al Qaeda, né a
tutte le altre bugie che sono servite da casus belli. Penso piuttosto alle
nuove menzogne.
Infatti, se prima della guerra i governi ci avvertivano di minacce
inesistenti, oggi ci nascondono minacce che esistono davvero. Gran parte
dell'Iraq è ormai fuori dal controllo del governo fantoccio imposto dagli
Stati Uniti a Bagdad, eppure non ci viene detto. Le truppe statunitensi
subiscono centinaia di attacchi al mese, ma nessuno ci avverte, a meno che
non muoia un americano. Il mese scorso, il bilancio delle vittime nella sola
Bagdad è stato di oltre 700 morti, il mese peggiore dalla fine
dell'invasione. Eppure, non ce l'hanno detto.

La regia della catastrofe irachena è stata fin troppo evidente anche in
occasione del "processo" a Saddam. L'esercito degli Usa non si è limitato a
censurare le registrazioni cancellando le voci degli altri 11 imputati, ma
ha anche fatto credere a Saddam (fino al suo arrivo in aula) che sarebbe
stato giustiziato. Quando è entrato in aula, pensava che il giudice avrebbe
sentenziato la sua condanna a morte: del resto, i tribunali di Saddam
funzionavano così. Non c'è da meravigliarsi quindi se all'inizio sembrava
"disorientato" - tempestiva precisazione della Cnn - anche perché era
proprio così che lo si voleva rappresentare, e noi abbiamo fatto in modo che
le aspettative non andassero deluse. Ecco perché Saddam ha chiesto al
giudice Juhi: «Lei è un avvocato? . Siamo a un processo?». E subito, non
appena si è accorto che si trattava dell'udienza preliminare - e non dei
preliminari della sua impiccagione - ha assunto un atteggiamento bellicoso.

Ma non pensiate che ci verranno date molte altre informazioni in merito alle
prossime apparizioni di Saddam in tribunale. Salem Chalabi, il cui fratello
Ahmed è stato condannato per frode, nominato dagli americani a capo del
tribunale, ha informato la stampa irachena già due settimane fa che i
giornalisti non potranno assistere alle prossime udienze. Non mi è difficile
capire il perché. Se Saddam si comporterà come Slobodan Milosevic, vorrà
parlare dei reali rapporti che il suo regime intratteneva con eserciti e
intelligence, specialmente con quelli degli Stati Uniti.

Trascorrere queste settimane in Iraq è un'esperienza insolita e pericolosa.
Mi dirigo in macchina verso Najaf. L'autostrada 8 è uno dei luoghi peggiori
di tutto il paese, dove gli occidentali vengono trucidati e l'asfalto è
ingombro di auto della polizia e di camion americani bruciati. Tutti i posti
di polizia in 110 km sono stati abbandonati. Nonostante tutto, poche ore più
tardi, mi trovo nella mia stanza a Bagdad e alla televisione vedo Tony Blair
alla Camera dei Comuni con un sorrisetto da primo della classe: e il
rapporto Butler, dov'è finito?

In questi giorni, guardare qualunque rete televisiva occidentale da Bagdad è
come sintonizzarsi con Marte. Ma possibile che Blair non si accorga che
l'Iraq sta per implodere su sé stesso? E Bush, neanche lui se ne accorge? Il
"governo" nominato dagli americani controlla soltanto alcune zone di
Baghdad, dove pure ministri e funzionari cadono vittime di imboscate e
vengono assassinati. Le città di Baquba, Samara, Kut, Mahmoudiya, Hilla,
Fallujah e Ramadi sono tutte sfuggite al controllo dell'autorità. Ayad
Allawi, il "primo ministro", è poco più che un sindaco di Baghdad. «Qualche
giornalista - annuncia Blair - sembra quasi desiderare che in Iraq si
verifichi un disastro». Non vuole proprio capire che il disastro è già in
atto.

Quando i kamikaze vanno a schiantarsi in automobile contro centinaia di
reclute a pochi passi da una stazione di polizia, come si fa anche solo a
pensare di poter svolgere le elezioni in gennaio?

Anche la Conferenza nazionale per la nomina dei responsabili delle elezioni
è stata posticipata per ben due volte. E sfogliando i miei appunti delle
ultime cinque settimane, mi accorgo che nessuna delle tante persone con cui
ho parlato, né un iracheno, né un solo soldato americano, e nemmeno un
mercenario - americano, inglese o sudafricano - crede davvero che a gennaio
si terranno le elezioni. Tutti mi hanno detto che l'Iraq peggiora di giorno
in giorno e la maggioranza mi ha chiesto come mai noi giornalisti non lo
diciamo.

Ma a Bagdad, accendo la televisione e vedo Bush che arringa i Repubblicani
dicendo che in Iraq va sempre meglio, che gli iracheni stanno con la
"coalizione", che sosterranno il nuovo governo forgiato dagli Usa, che la
"guerra al terrorismo" è ormai vinta, che gli americani ora sono più sicuri.
Poi vado su Internet e vedo due uomini incappucciati che tagliano la testa a
un americano a Riad, che fendono con un coltello le vertebre di un altro
americano che si trovava in Iraq.

Ogni giorno, i giornali locali fanno il nome di qualche impresa edile che
abbandona il paese.

E io scendo a salutare i lavoratori dell'obitorio di Bagdad, così gentili e
tragicamente tristi: laggiù, ogni giorno, vedo decine di quegli iracheni che
in teoria siamo venuti a liberare, intenti a piangere, gemere e imprecare
mentre trasportano in spalla i loro cari rinchiusi in squallidi feretri.
Andare in guerra può essere una decisione terribile: anche Neville
Chamberlain la pensava così, ma per lui non è stata affatto una decisione
difficile, proprio perché quando i nazisti hanno invaso la Polonia, era la
cosa giusta da fare.

Guidando per le strade di Bagdad, osservando il terrore delle sentinelle
americane e avvertendo, all'alba, il fragore dell'ennesima esplosione che
squassa porte e finestre, capisco che cosa intende Blair. Entrare in guerra
contro l'Iraq con l'invasione dell'anno scorso è stata la sua decisione più
difficile perché pensava - non a torto - che potesse essere una scelta
sbagliata. Non dimenticherò mai quando, a Bassora, disse all'esercito
britannico che il sacrificio dei soldati inglesi non sarebbe stato un film
di Hollywood, ma «vera carne e vero sangue». Infatti, il sangue sparso e la
carne straziata erano veri, ma non lo erano le armi di distruzione di massa
per cui tutto questo è avvenuto.

«È ammesso l'uso della forza letale», si legge a tutti i checkpoint di
Baghdad. Ma "ammesso" da chi? Non è chiaro a chi si debba rendere conto.
Sempre più spesso, sulle grandi superstrade alle porte della città, i
soldati ì urlano contro gli automobilisti e aprono il fuoco al minimo
sospetto. «L'altro giorno sono venuti al nostro checkpoint degli uomini dei
corpi speciali della Marina», mi ha detto un sergente della prima divisione
di cavalleria. «Ci hanno chiesto se avevamo dei problemi, e io ho risposto
di sì, perché ci sparavano da una casa, e gli ho indicato la direzione. Uno
di loro mi ha chiesto: "Quella casa? ", e noi abbiamo detto di sì. Avevano
tre jeep e molte armi al titanio: hanno preso le macchine e si sono diretti
verso la casa. Più tardi sono ripassati e hanno detto: "Tutto a posto". Da
allora non ci hanno più sparato».

Che cosa vorrà dire? Gli americani si vantano per l'assedio di Najaf. Il
tenente colonnello Garry Bishop del primo battaglione della 37° divisione
corazzata la giudica una battaglia «ideale» (anche se non è riuscito a
uccidere né a catturare Moqtada al-Sadr). «Ideale», ha spiegato Bishop,
perché gli americani hanno evitato di danneggiare i luoghi sacri degli Imam
Ali e Hussein. Che idea dovrebbero farsene gli iracheni? Che cosa direbbero
gli inglesi se un esercito musulmano occupasse il Kent e bombardasse
Canterbury, per poi vantarsi di non aver danneggiato la cattedrale?
Dovrebbero ringraziare?

E che dire poi di una guerra descritta in modo fantasioso dai suoi stessi
autori? Mentre gli stranieri fuggono dall'Iraq per paura di morire, il
Segretario di Stato americano Colin Powell afferma in conferenza stampa che
la presenza degli ostaggi sta avendo un «effetto» sulla ricostruzione.
Quale? Le esplosioni degli oleodotti sono ormai all'ordine del giorno, non
meno delle interruzioni dell'elettricità. In alcuni quartieri di Bagdad,
l'elettricità funziona solo per quattro ore al giorno; le strade pullulano
di mercenari stranieri che esibiscono il fucile alla finestra lanciando
ultimatum a tutti gli iracheni che non spariscono subito dalla loro vista.
C'è da chiedersi se il governo britannico abiti su questo pianeta.

Prendiamo ad esempio il processo a Saddam. Tutta la stampa araba - compresa
quella di Bagdad - pubblica il nome del giudice, lo stesso che ha rilasciato
interviste dopo aver accolto le accuse di omicidio a carico di Moqtada
al-Sadr. Si è perfino fatto fotografare sui giornali, ma quando ho scritto
il suo nome sull'Indipendent, il portavoce del governo britannico mi ha
censurato formalmente. Salem Chalabi mi ha anche minacciato di querela.

Allora, ricapitoliamo: invadiamo illegalmente l'Iraq e uccidiamo 11mila
cittadini iracheni. A questo punto, entra in scena Chalabi, nominato dagli
americani, e mi comunica ufficialmente che sono reo di «incitazione
all'omicidio». Penso di aver detto tutto.

Robert Fisk

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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