Un blog creato da dammiltuoaiuto il 19/08/2007

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Messaggi del 15/11/2008

 

ABOLIAMO LO SCATTO ALLA  RISPOSTA  AL TELEFONO

Post n°543 pubblicato il 15 Novembre 2008 da dammiltuoaiuto
 

COMMISSIONE EUROPEA - DIPARTIMENTO CONCORRENZA, MERCATO E CONSUMATORI - AUTORITA' ITALIANA GARANTE DEL MERCATO E DELLA CONCORRENZA

PER ABOLIRE I COSTI DI 'SCATTO ALLA RISPOSTA' DELLA TELEFONIA ITALIANA.

Il costo di SCATTO ALLA RISPOSTA e' assolutamente 'Italiano',ovunque in Europa si paga cio che si consuma secondo l'effettivo tempo di conversazione e SENZA IL COSTO FISSO DELLO SCATTO ALLA RISPOSTA che viene ADDEBITATO AL CHIAMANTE ALL'INIZIO DELLA CHIAMATA,INDIPENDENTEMENTE DALLA DURATA DELLA STESSA.

I FIRMATARI DELLA PETIZIONE RICHIEDONO L'ABOLIZIONE DI QUESTI COSSI FISSI CHE GRAVANO SU OGNI CHIAMATA.

FIRMA

http://www.petitiononline.com/ste11180/petition.html

 
 
 

LA  REAZIONE DI GRILLO

Post n°542 pubblicato il 15 Novembre 2008 da dammiltuoaiuto
 

La reazione di Grillo

da pietro ricca

Eravamo in attesa del commento di Beppe Grillo e del suo staff alla notizia della bocciatura dei quesiti referendari in Cassazione (vedi post precedente). E’ arrivato poco fa tramite comunicato sul suo blog. Il succo è questo:

“Mi rimetto alla decisione della Cassazione, non voglio neppure discuterla, ne prendo atto”.

In sostanza, a quanto si intuisce, il promotore dei tre referenda non andrà in Cassazione a contestare la decisione.
Non è una risposta che aiuta a capire. Sarebbe necessaria maggiore chiarezza dopo aver coinvolto migliaia di volontari e centinaia di migliaia di cittadini. Quel che sarebbe interessante verificare è:

perché la Cassazione ha ritenuto insufficienti le firme? In quali errori procedurali i promotori sarebbero incorsi? Sono errori interpretativi, dunque formalmente contestabili e politicamente discutibili, o materiali, quindi evitabili?

 
 
 

Post N° 541

Post n°541 pubblicato il 15 Novembre 2008 da dammiltuoaiuto

COMMISSIONE EUROPEA - DIPARTIMENTO CONCORRENZA, MERCATO E CONSUMATORI - AUTORITA' ITALIANA GARANTE DEL MERCATO E DELLA CONCORRENZA

PETIZIONE PER L'ABOLIZIONE DEL CANONE APPLICATO DA TELECOM ITALIA NELLA TELEFONIA FISSA(Ben 14,95€ al mese).
I punti salienti sono:
- Abolizione canone Telecom Italia
- Gestione dell'ultimo miglio affidata ad un'azienda creata appositamente diversa da telecom Italia e sotto il diretto controllo delle autorità così da evitare qualsiasi tipo di ostruzionismo (Sono gli utenti finali che ci rimettono sempre)!!! (Ad esempio: Creazione di una S.P.A controllata dai principali gestori telefonici italiani con il compito di gestire l'ultimo miglio e tutti gli annessi!!!)
- Eliminare dai contratti di qualsiasi gestore la clausola che ci lega al servizio richiesto per almeno un anno, che, se non rispettata ci obbliga al pagamento di penali ingiustificate!!! (odioso anche il fatto del "tacitamente rinnovato a meno di disdetta anticipata di tot giorni..."): Questo è il caso dell'ADSL!!!
-Inserimento di un tempo massimo REALE (e non Teorico e solo sulla carta!!!) per quanto riguarda la disattivazione dei servizi ADSL e maggiori controlli da parte delle autorità competenti che ciò avvenga in tempi celeri!!!
( è assurdo attendere 1-2-3 mesi dalla richiesta di disattivazione alla reale disattivazione!!!).
-Incentivi governativi a tutti i gestori non telecom così da favorire una più veloce copertura geografica del territorio. (punto fondamentale per una migliore concorrenza tra i gestori che va a favore di noi utenti!!!).
-Seguire il modello francese (vicini geograficamente all'Italia ma molto, molto distanti (ovviamente in meglio!!!) almeno per quanto riguarda la telefonia in genere!!!!.

Mi sembra di aver detto tutto!!!
Adesso sta a tutti voi far si che questa petizione venga messa in luce magari come il caso dei costi di ricarica!!!
SPERO NELLE VOSTRE FIRME!!!
Più siamo e più lontano possiamo arrivare!!!

Sincerely,

http://new.petitiononline.com/nocanone/petition.html

 
 
 

La beffa della sentenza Diaz

Post n°540 pubblicato il 15 Novembre 2008 da dammiltuoaiuto
 
Tag: G8, GENOVA

La beffa della sentenza Diaz

La sera del 13 novembre
è stata una nottata tragica: Grygera, Amaurì, Iaquinta ed il Genoa perde 4 a 1 contro la Juventus. Un intero paese rimane basito: dopo 915 giorni la squadra di Ranieri ritrova il primato in classifica. Un colpo per tutta una città, e con lei anche per il vicequestore aggiunto di Torino Spartaco Mortola che, raggiunto telefonicamente dal Secolo XIX per un commento alla sentenza per il processo Diaz, prima di ringraziare i suoi avvocati e di risottolineare la propria innocenza, dichiara: “sono alla partita e siamo sotto di tre gol”. Peccato non averlo visto in aula, a fianco del suo capelluto avvocato.

di Alberto Zoratti






Spartaco Mortola era ai tempi del G8 genovese dirigente della DIGOS di Genova, ed insieme agli alti gradi presenti in quella tragica notte è stato promosso di grado e successivamente assolto dalle accuse infamanti della Procura di Genova. Quindi Francesco Gratteri, direttore del dipartimento Anticrimine, già a capo dello Sco; Gilberto  Caldarozzi, a ora capo del Servizio centrale operativo; Giovanni Luperi, ora al vertice del servizio segreto civile, già vicedirettore dell’Ucigos, sono la dimostrazione che al vertice della Polizia di Stato, per dirla con le parole del leader UDC Casini, ci sono “autentici galantuomini”.

Tanti “ufficiale e gentiluomo” che nulla hanno potuto di fronte alla mattanza della scuola Diaz, nulla hanno saputo rispetto ai piani del reparto di Canterini, nulla hanno capito sulle molotov introdotte illegalmente nella scuola per giustificare il massacro, nulla hanno pensato rispetto alle prove di verbali falsificati e di arresti illegali.

Sicuramente dirigenti, certamente galantuomini, ma forse un po’ distratti. Come lo stesso Giovanni Luperi che, benché si sia rifiutato di farsi interrogare, nelle sue dichiarazioni spontanee senza contraddittorio ha ricordato di essere stato ai margini dell’operazione e soprattutto preoccupato di portare i colleghi a cena.

O come i dirigenti della DIGOS genovese, l’ufficio a cui venne affidata la custodia delle molotov corpo del reato, e che furono “accidentalmente” distrutte dagli stessi agenti.

Ma non tutti sono stati distratti. Anzi, qualcuno sapeva, eccome. Ed è così che Canterini ed i suoi uomini, quelli che con il manganello in mano hanno riverniciato di sangue le pareti della scuola, si sono ritrovati con condanne fino a 4 anni, indulto, prescrizioni e condizionale permettendo.

Lo stesso Michelangelo Fournier, allora vice questore aggiunto di Roma, l’unico ad aver ammesso della “macelleria messicana” della Diaz e l’unico a non essere stato promosso, è stato premiato con due anni per lesioni aggravate in concorso.

C’è un segnale inquietante, che esce dalle aule di giustizia di Genova. Che il più alto in grado non è responsabile di quello che il suo sottoposto combina.

Un teorema che farebbe tremare le gambe persino al Ministro Brunetta. E che ribalta completamente le strategie difensive degli apparati dello Stato coinvolti in situazioni quanto meno tragiche: chi non ricorda la legge approvata nell’Argentina di Menem conosciuta come Obediencia Debida, che sottolineava come i subalterni avessero commesso delitti durante la dittatura militare per il fatto che stavano ubbidendo a ordini, ai quali non potevano opporsi?

Ma la sentenza, se contestualizzata, ci dice qualcosa di più. Che esattamente come per Bolzaneto, molte delle dichiarazioni rese dalle vittime e molte delle prove mostrate sono sostanzialmente delle visioni. E che, a differenza di altri processi, non esiste in questo caso l’aggravante della “compartecipazione psichica” tra gli imputati, quella cioè usata nel processo per devastazione e saccheggio ai 25 manifestanti che indica come non occorra aver effettivamente “devastato”, ma sia sufficiente essere presenti mentre gli altri devastano.

Ma queste sono parole, quelle che contano sono le sentenze.





Noi c’eravamo e abbiamo visto.

Abbiamo visto la violenza inaudita di quelle giornate, la caccia indiscriminata a persone inermi, l’assoluto arbitrio nel gestire l’ordine pubblico. Siamo stati poi costretti a registrare con sconcerto la decisione della magistratura che ha deciso di non procedere nell'accertamento delle responsabilita' delle forze dell'ordine per le gravi violenze subite dai manifestanti che parteciparono al grande corteo dei 200 mila del 21 luglio 2001.

Bolzaneto, la scuola Diaz. Assieme ad altri nomi, come Alimonda, Manin, Tolemaide, rimarranno tra le pagine oscure di questo paese. Abbiamo aspettato sette anni per vedere scritto nero su bianco quello che abbiamo visto e a cui abbiamo assistito, per guardare finalmente in faccia i responsabili di quello scempio.

La sentenza dello scorso 13 novembre sul processo Diaz è un ulteriore insulto alla nostra richiesta di giustizia e trasparenza, alla fiducia che ancora avevamo che la verità potesse finalmente essere sancita.

Per la “macelleria messicana”, così definita dall’allora vicequestore aggiunto della Questura di Roma Michelangelo Fournier, i responsabili si trovano solamente tra la manovalanza di Canterini, allora comandante del I Reparto Mobile di Roma.

Nessun vertice della Polizia è stato incriminato: né Francesco Gratteri, promosso a direttore del dipartimento Anticrimine, già a capo dello Sco; né Gilberto  Caldarozzi, promosso a capo del Servizio centrale operativo; né Giovanni Luperi, promosso al vertice del servizio segreto civile, già vicedirettore dell’Ucigos; né Spartaco Mortola, già dirigente della Digos, ora promosso vicequestore aggiunto a Torino.

Tutti assolti.

Mentre l'allora capo della Polizia, Gianni De Gennaro, responsabile della piazza durante il G8 di Genova, e' diventato addirittura direttore del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Rimangono i verbali falsificati, gli arresti ingiustificati, le molotov introdotte illegalmente nella scuola per giustificare l’assalto, la loro sparizione dall’ufficio della Questura di Genova dove erano in custodia come corpo del reato, a fare da sfondo ad un’ulteriore brutta pagina della democrazia italiana.

Noi c’eravamo e per questo auspichiamo un sussulto democratico. Una reazione pubblica, pacifica e nonviolenta per dimostrare che in questo paese esiste ancora un tessuto democratico, e che la convivenza civile si deve basare sul principio di responsabilità, sul riconoscimento dei diritti di tutti e su una giustizia che sappia tutelare le vittime e applicare il principio che la legge è uguale per tutti.



Miriam Giovanzana, Lorenzo Guadagnucci, Monica Lanfranco, Stefano Lenzi, Deborah Lucchetti, Pietro Raitano, Felice Romagnoli, Riccardo Troisi, Alberto Zoratti



per aggiungere il tuo nome:
noiceravamo@gmail.com

 
 
 

METTIAMOLA FUORI LEGGE

Post n°539 pubblicato il 15 Novembre 2008 da dammiltuoaiuto
 

METTIAMOLA FUORI LEGGE
La pubblicità, non l’acqua in bottiglia

Oggi le acque minerali sono uno dei maggiori inserzionisti pubblicitari in Italia: per convincerci a comperare “l’acqua da bere” nel 2005 gli imbottigliatori hanno acquistato spazi pubblicitari per 379 milioni di euro.
Perché tanto sforzo? L’acqua in bottiglia ha un concorrente formidabile, che è l’acqua degli acquedotti: buona (poche le eccezioni), controllata (più dell’acqua in bottiglia, come hanno dimostrato diverse inchieste), comoda (arriva in casa), e poco costosa.
Se le acque minerali non fossero sostenute da una pubblicità martellante, nessuno o pochi sentirebbero il bisogno di comperarle.
Di fatto l’acqua in bottiglia fa concorrenza a un bene comune, lo ha riconosciuto anche l’Antitrust nel 2005 nel caso “Mineracqua contro Acea”. Solo che le forze in campo sono impari: contro i 379 milioni di euro che l’industria spende per sostenere l’acqua in bottiglia, gli acquedotti non investono una lira per pubblicizzare il proprio servizio.

Senza pensare di ridurre la libertà di produrre e vendere acqua minerale, non si potrebbe invece legittimamente pensare di limitarne l’invadenza pubblicitaria?

C’è già almeno un caso in cui non si può fare pubblicità di prodotti pur buoni: in quasi tutto il mondo è vietato promuovere latte in polvere per la prima infanzia (e ad altri prodotti di questo genere) perché fa concorrenza all’allattamento al seno, che è riconosciuto come “un bene primario”.
Ma non c’è solo questo: in 14 regioni su 20 le aziende non pagano alcun canone per la quantità di acqua effettivamente prelevata e imbottigliata, ma solo un “canone di coltivazione”, in pratica l’affitto del terreno all’interno del quale si estrae l’acqua.
E a fare affari d’oro sulla dabbenaggine dei nostri consumi sono i soliti noti: Nestlé, ad esempio, che vende nel mondo 19 miliardi di litri d’acqua e anche in Italia è leader del mercato. In Trentino imbottiglia tra i 90 e i 110 milioni di litri d’acqua (“Pejo fonte alpina”) ma paga al Comune di Peio meno di 30 mila euro l’anno. Uno scandalo.

Per difendere l’acqua degli acquedotti (buona, controllata, comoda e poco costosa) e garantirle un futuro forse è necessario limitare l’invadenza pubblicitaria delle acque minerali.

Mettiamola fuori legge. La pubblicità, non l’acqua minerale.
Voi che ne dite?

Se vi sembra un’ipotesi da approfondire e siete d'accordo con il nostro appello sostenetelo con il vostro nome.

firma qui

 http://www.altreconomia.it/acqua/aderisci.php

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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