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Messaggi del 29/12/2008
Post n°563 pubblicato il 29 Dicembre 2008 da dammiltuoaiuto
La censura morbida di Google Italia
Inviate una mail a: press@google.com con il seguente testo Ho appena inviato a Google la seguente mail: Ho appena notato che sul sito www.google.it, quando scrivo Beppe G vengono suggeriti Beppe Gambetta e Beppe Gabbiani e non Beppe Grillo! Anche su You Tube c'è sempre più censura. Vi confermo tutto quello che ha detto Beppe. Da New York City, quindi rete Americana, si vedono gli stessi risultati. Con "google.it" zero risultati. Ricerca fatta 10 minuti fa, ore 22:30 Italiane, ore 16:30 New York. Non e' allora un problema di rete (Italiana o Estera). CHE SCHIFO GOOGLE!!!!! La denuncia dell'organizzazione per i diritti umani è l'ultima di una serie Le tre aziende accusate di essersi piegate ai voleri del governo di PechinoAmnesty contro Google, Yahoo!, Microsoft "Collaborano con la censura cinese"di ALESSANDRO LONGO La Cina sta per diventare il Paese con il maggior numero di utenti della Rete: oggi ne ha 123 milioni ed è al secondo posto, dopo gli Usa, ma il sorpasso è dato per inevitabile. La "fedina penale" delle tre aziende, quanto a violazione dei diritti umani, secondo Amnesty è lunga. Tra l'altro, Google ha acconsentito a filtrare i risultati del proprio motore di ricerca in Cina, adeguandosi alle richieste della censura. Microsoft ha chiuso un blog di un utente cinese su richiesta del governo. Più serio è il peccato di Yahoo!: ha aiutato la polizia a rintracciare il giornalista dissidente Shi Tao, permettendone la condanna a dieci anni di reclusione, nel 2005. Shi Tao era reo di avere divulgato al mondo via e-mail le direttive segrete del governo, che aveva ordinato a tutte le testate nazionali di non commemorare il quindicesimo anniversario della rivolta di Piazza Tiananmen. La condanna di Amnesty è l'ultimo capitolo di una polemica che di mese in mese sembra sempre più sul punto di esplodere, stretta come è nella morsa di una paradosso: società occidentali, che hanno fondato la propria filosofia aziendale su concetti come "l'essere buoni" (Google) o note per le donazioni in beneficenza (Microsoft), si piegano alle richieste antidemocratiche di Pechino per continuare i propri affari in quell'immenso Paese. Ne ha parlato anche Vittorio Zambardino, su Repubblica.it. In passato, si sono difese dicendo che erano obbligate a ubbidire alle leggi cinesi e che comunque la vita degli utenti traeva beneficio dai loro servizi. Ma il mese scorso questa linea ha cominciato a scricchiolare: Sergey Brin, fondatore di Google, ha riconosciuto di avere disubbidito ai propri valori etici aziendali piegandosi alla censura. Due giorni fa, a confermare il proprio impegno umanitario, Google ha lanciato il primo motore di ricerca ottimizzato per non vedenti. Il paradosso riguarda anche la strategia del governo cinese, adesso intento in un gioco da equilibrista: da una parte, vuole incentivare il mercato internet nazionale; dall'altra, bloccarne il potenziale eversivo. E' notizia di qualche giorno fa il lancio di una nuova campagna per censurare i blog cinesi, ormai superiori a quota 35 milioni. La situazione è quindi forse prossima alla rottura, alla svolta: la denuncia di Amnesty potrebbe essere la goccia che fa traboccare un vaso dove già da tempo si accumulavano proteste contro le tre aziende e in particolare contro Yahoo!, che a giugno si è beccata una doppia accusa. Reporters Sans Frontiers l'ha eletta "censore numero uno". Non solo per la brutta vicenda di Shi Tao: la denuncia è di avere aiutato il governo a condannare altri dissidenti politici, quest'anno, e di avere il motore di ricerca più censurato (anche più di Google Cina). Negli stessi giorni, la Nation Union of Journalists (il sindacato che raccoglie giornalisti britannici e irlandesi) ha invocato il boicottaggio del motore di ricerca di Yahoo!, per l'aiuto offerto nel catturare i dissidenti. (20 luglio 2006) |
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CINA
Yahoo responsabile dell'arresto di un altro cyber-dissidente
Il colosso internet americano collabora con le autorità cinesi nella censura di siti "pericolosi" e nella consegna dei dati dei dissidenti di rete. Li Zhi: 8 anni di carcere, accusato dalle autorità di essere un dissidente grazie ai dati forniti da Yahoo.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) L'organizzazione Reporters sans frontières (Rsf) accusa Yahoo di aver aiutato ancora una volta la Cina ad arrestare un cyber-dissidente.
Il gruppo accusa Yahoo di aver consegnato alle autorità cinesi i dati del dissidente Li Zhi, un abbonato in Cina, che è stato poi arrestato e imprigionato. Il colosso internet americano ha detto di essere all'oscuro del caso e respinge le accuse.
Rsf afferma di aver trovato nuove informazioni e prove sul caso Li, rinchiuso in prigione per aver dibattuto di politica on line.
Li, 35 anni, ex impiegato statale di Dazhou, sta scontando una pena di 8 anni da quando nel 2003 è stato accusato di sovversione, con prove elettroniche fornite da Yahoo alle autorità. " Yahoo collabora con regolarità ed efficienza con la polizia cinese", ha detto l'organizzazione. Già nel settembre scorso Rsf aveva accusato Yahoo di essere la causa dell'arresto di Shi Tao, giornalista di Hong Kong, condannato dalla Cina a10 anni di prigione.
Rsf ha domandato perciò al provider di rendere pubblica la lista di tutti i cyber-dissidenti per i quali il governo ha chiesto informazioni, a partire da 81 personalità per i quali l'organizzazione ha lanciato una campagna di sostegno.
Mary Osako, portavoce di Yahoo, ha detto che da ottobre il servizio di Yahoo nel territorio è gestito dalla compagnia cinese Alibaba. "Quando Yahoo operava in Cina [in modo diretto] - ha aggiunto - abbiamo sempre informato solo su ciò a cui eravamo obbligati, niente di più". "Siamo stati rigorosi nelle procedure e abbiamo fornito solo dati necessari" continua Osako. "Il governo cinese non è obbligato a dare informazioni al provider sulle motivazioni per cui vengono richiesti certi dati, e nella maggior parte dei casi non ne danno".
In pratica il provider declina ogni responsabilità, rivendicando di aver solo ubbidito alle richieste del governo. Ma i giornalisti di Reporters sans frontières sottolineano che consegnare dati privati è una violazione dei diritti e che nascondersi dietro l'apparente ubbidienza alle leggi cinesi è un argomento che "fa acqua da tutte le parti".
Le nuove accuse seguono di poco le denunce di politici americani e gruppi per i diritti umani verso i giganti della tecnologia Google, Microsoft, Cisco e Yahoo, accusati di collaborare con Pechino nella censura di Internet. In un incontro informativo di un comitato per i diritti umani, le quattro compagnie erano accusate di mettere i profitti prima delle norme morali per entrare nel mercato cinese. I quattro si sono piegati a Pechino che vuole la censura di internet per evitare che i cittadini visitino siti di libera informazione definita dalle autorità cinesi "sgradevole".