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Obama, il pifferaio (poco) magico

Post n°800 pubblicato il 23 Febbraio 2011 da dammiltuoaiuto
 
Tag: obama

Obama, il pifferaio (poco) magico

di Alessio Mannino - 16/02/2011

Fonte: il ribelle


La “missione impossibile” di risollevare gli Usa dalla crisi del 2008 si conferma impossibile. E quello che doveva essere il Presidente delle Meraviglie si conferma un bluff tragicomico


Obama si è risvegliato e ha annunciato un piano di austerità per andare incontro all’opinione pubblica americana sempre più delusa dal suo operato. Il messia democrat doveva salvare il mondo dall’ingiustizia universale, ricordate? A più di due anni dall’incoronazione elettorale, tuttavia, il suo bilancio è misero. Ora è facile dire “l’avevamo detto”. Resta difficile dirlo ancor oggi per gli illusi che non vogliono ammettere che era e si conferma un imbroglio annunciato. Un lifting nero fatto al Potere di Washington. Un Bush travestito.

L’evento centrale della storia americana e mondiale di questi anni, la crisi finanziaria, Barack ha finto di governarla con qualche ritocco alle regole ma ne ha buttato sotto il tappeto le cause, coprendone i colpevoli. Attorniato da uomini di quella Wall Street che ha puntato su di lui dopo aver disarcionato il predecessore, di fatto ha salvato il sistema speculativo che aveva causato la bolla e ha messo il sigillo presidenziale ai profitti stratosferici delle banche d’affari uscite vincitrici e ingrassate dal crollo delle rivali più deboli. L’onnipotente e intoccabile Goldman Sachs ne è l’esempio lampante. 

Nelle politiche sociali il solo risultato di rilievo che ha portato a casa è la cosiddetta riforma sanitaria. Presentata come lo spartiacque epocale fra l’America del far west e la nuova America solidale e anti-classista, al dunque è stata annacquata a tal punto che è lecito dubitare che resisterà a un’eventuale conquista della Casa Bianca da parte dei Repubblicani. Ma era una favoletta già di suo: l’estensione dell’assistenza pubblica a fasce più ampie di ceto medio non fa altro che rimpinguare le casse delle voraci case farmaceutiche nonché di quelle assicurazioni private, oggi pagate non più dal privato cittadino bensì dallo Stato, che costituivano il bersaglio propagandistico della riforma. 

Dice: meglio aprire una voragine nel debito pubblico per curare la classe media impoverita piuttosto che per finanziare l’industria bellica. Ma oggi Obama è costretto a decidere tagli per 1.100 miliardi di dollari in dieci anni, una cifra talmente astronomica e diluita nel tempo che è facile prevedere che resterà lettera morta. Nell’arco dei prossimi cinque anni – anche qui nell’ipotesi di essere rieletto nel 2012 - Barack vorrebbe togliere 78 miliardi al budget del Pentagono. Ci permettiamo di dubitarne. Le truppe d’occupazione a stelle e strisce non se ne sono ancora andate né dall’Irak né tanto meno se ne andranno a breve dall’Afghanistan. Gli assegni miliardari con cui gli Stati Uniti si comprano la stabilità e la fedeltà di paesi strategici come l’Egitto continuano ad essere generosamente staccati. La politica di potenza imperiale viene perseguita con un più accorto basso profilo rispetto alla tracotanza di Bush e dei suoi scherani neocon, ma resta il faro di un’America che percepisce il declino della propria egemonia contrastata dalla Cina in ascesa. Gli osanna delle anime belle che vedevano in Obama un pacifista figlio dei fiori sono ridicoli se messi a confronto con l’assoluta, pervicace, deliberata e tanto più odiosa quanto più occultata continuità di dominio americano sul mondo. 

Sì, Guantanamo è stata sostanzialmente svuotata. Ma se alcuni prigionieri sono stati rimessi in libertà, altri sono stati semplicemente spediti in altri luoghi di detenzione senza un processo e senza garanzie di non essere ancora torturati e trattati come bestie. La libertà è infatti un concetto assai flessibile per questo presidente amato da liberali e sinistre: la democratica America di Barack ha mantenuto il liberticida Patriot Act e pensa ad altre norme per dare un’ulteriore stretta alla libertà di comunicare e informare su internet. Una democrazia sempre più orwelliana, quella di mister Barack. 

Il fallimento completo di Obama sta però in un fatto economico nudo e crudo. La Federal Reserve, la banca centrale Usa, sta acquistando senza sosta titoli di Stato americani. In pratica la Fed acquisisce titoli di debito e in cambio dà dollari fruscianti, finanziando il deficit con l’inflazione. Se continua così, quelli in suo possesso supereranno la quota di proprietà della Cina, che ammonta a 2 mila miliardi di dollari. Questo dato dovrebbe terrorizzarci. La Fed stessa informa che il passivo totale degli Stati Uniti (pubblico e privato) è di 114.428 miliardi di dollari, contro un valore del Pil di 14.575 miliardi. Per restituire questa montagna di denaro l’economia americana dovrebbe correre come treno per otto anni senza consumare niente. Il che, come ognuno capisce, è impossibile. Perciò prima o poi, anzi molto prima che poi, chi ha bond americani si ritroverà in mano carta straccia. In queste condizioni, una crisi futura è inevitabile. Soprattutto perché Obama, il protettore degli oppressi, in politica economica sta cercando in tutti i modi di rincorrere la destra della deregulation e dell’egoismo bancario. Fa tirare la cinghia alle casse dello Stato per non imporre misure draconiane ai suoi burattinai della finanza e al popolo americano, provato dalla disoccupazione e dai debiti ma infantilmente attaccato al mito del benessere, cuore della civiltà americana. E questa deriva produce l’effetto di rendere gli Americani, consumisti forsennati, più irresponsabili di quanto già non siano. A Obama non basterà investire in banda larga e nell’assunzione di nuovi insegnanti per evitare di essere giudicato per quel che è: il pifferaio magico di un’America in decadenza che non intende fare i conti con i motivi profondi che l’hanno portata alla decadenza. 

 
 
 

PM ONORARI SFRUTTATI PART TIME A 77 EURO GIORNALIERE LA GIUSTIZIA CHE TI SFRUTTA E TI SOTTOPAGA

Post n°799 pubblicato il 23 Febbraio 2011 da dammiltuoaiuto
 

PM   ONORARI SFRUTTATI   PART   TIME    A  77  EURO GIORNALIERE   ECCO COME FUNZIONA   LA GIUSTIZIA  CHE TI SFRUTTA   E   TI SOTTOPAGA

Pubblici ministeri onorari 'Sfruttati, scioperiamo'

DA   REPUBBLICA

26 gennaio 2003 —   pagina 10   sezione: TORINO

Sono senza toga, ma sostengono l' accusa al dibattimento in quasi tutti i processi con giudice monocratico (l' ex pretore). Domani, i 50 vice procuratori onorari in forza al Tribunale di Torino si asterranno dal lavoro, nell' ambito di una manifestazione nazionale, costringendo i colleghi «togati» a sostituirli nei dibattimenti. Quasi nessuno sa chi siano, né in forza di quali requisiti chiedano condanne e assoluzioni dallo scranno del pubblico ministero. La figura del vice procuratore onorario è stata creata per togliere ai pm di carriera un lavoro enorme: sostenere la pubblica accusa al dibattimento per reati che prevedono pene fino a 4 anni, come truffa, furto, violazioni edilizie e ambientali. Per diventare pm onorario basta la laurea in legge, una domanda al procuratore e (se non si hanno condanne), l' autorizzazione del Csm. A Torino questi pubblici ministeri onorari hanno svolto, nel 2002, 2.842 udienze davanti al giudice monocratico (il 94 per cento), 580 davanti al giudice di pace e altre 646 considerate come «arretrato». Ma cosa ha scatenato la protesta di questi «anomali» pubblici ministeri, quasi tutti dottori in legge appena laureati? Innanzitutto, lo stipendio: 77 euro a udienza, indipendentemente dal numero dei fascicoli da discutere. Loro si considerano dei «pubblici ministeri a cottimo»: più chiedono condanne (o assoluzioni), più guadagnano. Ma lo stipendio resta esiguo, tenuto conto che hanno il divieto di svolgere l' attività forense nel Tribunale presso il quale svolgono il servizio. Vivono una situazione di frustrazione: i pubblici ministeri togati li considerano di serie «B», gli avvocati una sorta di «traditori». Ma il loro lavoro rischia di diventare quasi indispensabile, se si pensa che a Torino per ogni pubblico ministero uscito da concorso ce n' è uno onorario (per la precisione, 60 togati contro 50 onorari). «Svolgiamo un lavoro importante - ha spiegato Alessandro Mostaccio, rappresentante torinese della Feder.Mot, federazione dei magistrati onorari - ma non abbiamo un' adeguata formazione professionale. Siamo lasciati un po' in balia di noi stessi, al Tribunale di Torino, uno dei più organizzati, non abbiamo spazi, appena 8 sedie per 50 persone. Chiediamo di potere avere dei posti riservati a noi quando vengono banditi i concorsi in magistratura. E chiediamo anche di avere, oltre a formazione e aggiornamento, anche spazi e strumenti di lavoro idonei, come codici, toghe e postazioni computer per poter consultare gli archivi giuridici elettronici». - ALBERTO CUSTODERO

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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