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Post n°838 pubblicato il 25 Luglio 2011 da dammiltuoaiuto
 
Tag: cina

Cina: avvocato per i diritti umani rischia la torturaData di pubblicazione dell'appello: 28.06.2011Status dell'appello: attivo

Gao Zhisheng ©Hu Jia
Gao Zhisheng ©Hu Jia

Non è noto il luogo in cui si trova attualmente Gao Zhisheng, avvocato per i diritti umani. Amnesty International ritiene che sia trattenuto dalle autorità cinesi contro la sua volontà e lo considera un prigioniero di coscienza. Dal 2006 è stato più volte torturato, e dal 2007, detenuto spesso in isolamento. È ad alto rischio di torture e altri maltrattamenti.

Gao Zhisheng è uno degli avvocati per i diritti umani più rispettati in Cina. Nel 2001, il ministero della Giustizia lo ha nominato "uno dei migliori 10 avvocati della nazione" per il suo lavoro pro bono su casi di interesse pubblico. Ha rappresentato attivisti per i diritti umani e ha lavorato su casi politicamente sensibili, tra cui quelli che coinvolgono i praticanti del Falun Gong così come casi di pena di morte.
 
Alla fine del 2005, l'Ufficio di giustizia municipale di Pechino gli ha revocato la licenza d'avvocato e sospeso le operazioni del suo Studio legale Shengzhi, dopo che Gao Zhisheng aveva scritto lettere aperte al governo chiedendo di fermare la persecuzione religiosa, compresa quella dei praticanti del Falun Gong. Le sue lettere sono state pubblicate in cinese su numerosi siti web stranieri.
 
Gao Zhisheng è stato agli arresti domiciliari illegali dal dicembre 2006, quando è stata sospesa la pena a tre anni di carcere per "incitamento alla sovversione". Lo stretto controllo della autorità va ben oltre le limitazioni legittimamente previste nel caso di sospensione condizionale della pena. Il codice penale cinese prevede che chi è agli arresti domiciliari debba informare le autorità delle proprie attività quotidiane prima di attuarle, ma non autorizza la sorveglianza costante, le vessazioni o la detenzione arbitraria. Gao Zhisheng è stato picchiato con bastoni elettrici ed è stato costretto a mangiare cibo gettato a terra, in presenza dei figli, mentre era agli arresti domiciliari illegali.

 

 Il 4 febbraio 2009, mentre era illegalmente trattenuto nella sua abitazione, la polizia lo ha portato lontano dalla sua casa di famiglia nella provincia dello Shaanxi. Quattordici mesi dopo, alla fine di marzo 2010, quando sono cominciate a circolare voci sulla sua presunta morte per mano delle autorità, Gao Zhisheng è riapparso a Pechino, anche grazie alle pressioni nazionali e internazionali sulle autorità affinché divulgassero informazioni su di lui. Il 7 aprile 2010, Gao Zhisheng ha rilasciato un'intervista televisiva all'Associated Press da una sala da tè di Pechino. Nell'intervista, Gao Zhisheng ha detto: "Non ho la forza di continuare. Da un lato, ci sono le mie esperienze passate che hanno fatto soffrire i miei cari. La mia scelta finale, dopo una profonda e attenta riflessione, è quella di cercare pace e tranquillità."

Qualche giorno dopo, tra il 9 e il 12 aprile 2010, Gao Zhisheng è stato visto lasciare la sua abitazione di Pechino ed entrare in una macchina parcheggiata fuori il suo palazzo. Aveva solo uno zaino quando è andato via. Questa è stata l'ultima volta in cui è stato visto.
 
Secondo il rapporto dell' Associated Press, pubblicato nel dicembre 2010, nel corso di questi 14 mesi Gao Zhisheng è stato tenuto in ostelli, agriturismi, appartamenti e carceri di Pechino, nella sua provincia natale dello Shaanxi, e nella regione autonoma uigura dello Xinjiang, dove vivono i suoi suoceri. In diverse occasioni, è stato incappucciato, legato con cinghie, obbligato a stare immobile per 16 ore e gli è stato detto che i suoi figli avevano avuto un esaurimento nervoso. I poliziotti in borghese, che lo tenevano in custodia, hanno minacciato di ucciderlo e di gettare il suo corpo in un fiume.

La sua famiglia è fuggita dalla Cina a causa delle continue vessazioni da parte delle autorità ed è arrivata negli Stati Uniti l'11 marzo 2009. Le autorità avevano impedito ai suoi figli di frequentare la scuola dall'estate del 2008 e i conti bancari della sua famiglia sono stati congelati. Sua figlia aveva tentato il suicidio a causa della tensione. Nell'ottobre 2010, sua figlia ha scritto una lettera aperta al presidente degli Stati Uniti d'America, dicendo: "Presidente Obama, in quanto padre di due bambine, la prego di chiedere al presidente cinese Hu Jintao di svelare a questa figlia dove si trovi suo padre".

President of the People's Republic of China
HU Jintao Guojia Zhuxi
The State Council General Office
2 Fuyoujie
Xichengqu
Beijingshi 100017
People's Republic of China
+86 10 6238 1025
gov@govonline.cn

Eccellenza,

sono un simpatizzante di Amnesty International, l'Organizzazione internazionale che dal 1961 agisce in difesa dei diritti umani, ovunque nel mondo vengano violati.
 
Le chiediamo di rendere noto il luogo in cui si trova Gao Zhisheng, i motivi e le basi legali secondo le quali continua a essere trattenuto in custodia.

Le chiediamo il rilascio immediato e incondizionato di Gao Zhisheng.

La esortiamo a garantire a Gao Zhisheng l'accesso a qualsiasi trattamento medico di cui possa avere bisogno durante la custodia, accesso alla famiglia e a un rappresentante legale di sua scelta.

La ringrazio per l'attenzione.

 
 
 

AIUTIAMO Maryam Bahreman FIRMA ANCHE TU

Post n°837 pubblicato il 25 Luglio 2011 da dammiltuoaiuto
 

Iran: attivista detenuta nonostante l'ordine di scarcerazioneData di pubblicazione dell'appello: 21.07.2011

 

 
Campaign for Equality celebrate anniversary©Third Party
Campaign for Equality celebrate anniversary©Third Party

Maryam Bahreman, attivista per i diritti delle donne, rimane in carcere, nonostante il pubblico ministero di Shiraz abbia ordinato il suo rilascio su cauzione all'inizio di luglio. Amnesty International considera Maryam Bahreman prigioniera di coscienza, detenuta solo per aver esercitato pacificamente i suoi diritti alla libertà di espressione e di associazione.

Da quando è stata arrestata, l'11 maggio, fino al 5 luglio 2011 Maryam Bahreman è stata detenuta in isolamento nel centro di detenzione n. 100 di Shiraz, controllato dal ministero dell'Intelligence. La sua famiglia ha potuto farle visita diverse volte. Nella tarda notte del 5 luglio è stata trasferita alla sezione femminile di una prigione di Shiraz. Da allora, ha potuto sentire la famiglia solo al telefono.

Il 4 e 5 luglio 2011 Maryam Bahreman è stata interrogata, alla presenza dei suoi avvocati, da funzionari dell'ufficio del pubblico ministero in relazione a presunti "atti contro la sicurezza dello stato", e a nuovi "reati", tra i quali "propaganda contro il sistema", "diffusione di informazioni false", "partecipazione a proteste" e "offese al leader supremo". Dopo questi interrogatori, è stato firmato l'ordine per il suo rilascio su cauzione che, però, per motivi sconosciuti, non è stato ancora eseguito.

Amnesty International crede che le autorità iraniane stiano prendendo in considerazione la possibilità di produrre nuove accuse contro Maryam Bahreman per contrastare le critiche internazionali generate dal suo arresto. 

Poco prima che venisse arrestata, Maryam aveva criticato sul suo blog gli arresti domiciliari del leader dell'opposizione Mir Hossein Mousavi e della moglie, Zahra Rahnevard, attivista politico.

Maryam Bahreman è un' attivista  della Campagna per un milione di firme, conosciuta anche come la Campagna per l'uguaglianza, nella città di Shiraz, ed è stata anche segretario generale dell'Organizzazione per la parità delle donne (Sazman Pars Zanan-e), organizzazione non governativa chiusa nel 2007. Ha preso parte alla 55esima sessione della Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne a New York nel febbraio-marzo 2011, dove ha parlato pubblicamente del tema "Tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni in Iran da una prospettiva di genere". Poco prima del suo arresto, aveva scritto una lettera indirizzata al leader dell'opposizione Mir Hossein Mousavi, e sua moglie, Zahra Rahnevard, attivista politica, dal suo blog nella quale condannava il protrarsi dei loro arresti domiciliari.

La tortura o altri maltrattamenti dei detenuti in Iran è una pratica comune, ed è di frequente usata per estorcere "confessioni", spesso televisive, che possono essere usate come prova contro di loro in tribunale, in violazione del divieto di tortura e dell'articolo 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, di cui l'Iran è stato parte.

 

Leader della Repubblica Islamica
Ayatollah Sayed 'Ali Khamenei
The Office of the Supreme Leader
Islamic Republic Street - End of Shahid Keshvar Doust Street, Tehran, Islamic Republic of Iran
Email: info_leader@leader.ir
Twitter: "Call on #Iran leader @khamenei_ir to immediately and unconditionally release Maryam Bahreman"

Eccellenza,

sono un simpatizzante di Amnesty International, l'Organizzazione internazionale che dal 1961 lavora per difendere i diritti umani in ogni parte del mondo in cui vengono violati.


Le chiedo di rilasciare immediatamente e incondizionatamente Maryam Bahreman, e tutti gli altri attivisti della Campagna per un milione di firme, detenuti esclusivamente per aver esercitato pacificamente i loro diritti alla libertà di espressione, di riunione e di associazione.

Le ricordo che, essendo l'Iran stato parte del Patto internazionale sui diritti civili e politici, è obbligato a rispettare i diritti alla libertà di espressione e di associazione.

 
 
 

AIUTIAMO MAO HENGFENG FIRMA ANCHE TU

Post n°836 pubblicato il 25 Luglio 2011 da dammiltuoaiuto
 

Cina: Mao Hengfeng rischia di nuovo la tortura!Data di pubblicazione dell'appello: 22.07.2011Status dell'appello: attivo

Mao Hengfeng@ Archivio Privato
Mao Hengfeng@ Archivio Privato

Aggiornamento 22 luglio 2011
Mao Hengfeng, attivista cinese dei diritti umani, è detenuta in isolamento presso l'ospedale della prigione di Shanghai. Rischia tortura e maltrattamenti. Già in passato era stata trattenuta in questo stesso ospedale: era stata legata a un letto e ha subito diverse iniezioni contro la sua volontà.
 
Mao Hengfeng è stata rilasciata dal centro di rieducazione attraverso il lavoro (Rtl) grazie alla libertà condizionale per cure mediche, il 22 febbraio 2011. Due giorni dopo, agenti di polizia e funzionari dell'Rtl della provincia di Anhui, dove aveva scontato 12 dei 18 mesi a cui era stata condannata, sono arrivati a casa sua e le hanno detto che stava per essere rinviata all'Rtl per aver violato i termini della libertà condizionale per malattia.
 
Dopo che i poliziotti e funzionari dell'Rtl hanno portato via Mao Hengfeng, la sua famiglia ha contattato le autorità del centro della provincia di Anhui e ha scoperto che non era mai stata riportata lì. Solo a giugno i familiari sono venuta a conoscenza che Mao Hengfeng era detenuta nell'ospedale del prigione di Shanghai, ma non sono stati autorizzati a farle visita.
 
Temono che Mao Hengfeng posso subire tortura o altri maltrattamenti, come è già accaduto nello stesso ospedale nel 2008, dove è stata legata a un letto, obbligata a bere e a subire diverse iniezioni contro la sua volontà.
 
Mao Hengfeng sarebbe dovute essere liberata dall'Rtl il 24 agosto 2011.
----- ----- -----
Mao Hengfeng è stata ripetutamente arrestata per aver difeso i diritti riproduttivi delle donne e le vittime di sgomberi forzati. Sta scontando una condanna a 18 mesi in un centro di "rieducazione attraverso il lavoro",  nella provincia di Anhui. È già stata torturata diverse volte. Nel luglio 2010, durante un'udienza di riesame del ricorso amministrativo contro la pena, Mao Hengfeng ha dichiarato di essere stata spesso bastonata nel centro. Ha spiegato che i responsabili avevano ordinato agli altri detenuti di aggredirla. In un'occasione è stata colpita due volte alla testa con una sedia, provocandole una cicatrice sulla palpebra destra. Un'altra volta è stata sollevata, le hanno tirato e piegato in due braccia e gambe e spinta sul pavimento, provocandole forti dolori alla zona lombare, ai fianchi e ai reni. Mao Hengfeng sta scontando 18 mesi di "rieducazione attraverso il lavoro", con l'accusa di "disturbo dell'ordine pubblico" per aver partecipato alle proteste davanti la Corte intermedia municipale di Pechino, il 25 dicembre 2009, a sostegno di Liu Xiaobo, difensore dei diritti umani, il cui processo si svolgeva quel giorno. L'8 ottobre 2010, a Liu Xiaobo è stato assegnato il premio Nobel per la pace.

Mao Hengfeng è stata ripetutamente arrestata dal 2004 e spesso la sua famiglia non è stata autorizzata a farle visita. I familiari hanno appreso che la donna era stata torturata durante questi periodi.

 

 Mayor of the Shanghai Municipal People's Government
HAN Zheng Shizhang
Shanghaishi Renmin Zhengfu
200 Renmindadao
Huangpuqu
Shanghaishi 200003
People's Republic of China
Fax: +86 21 63216537
Email: webmaster@shanghai.gov.cn
 
Egregio sindaco,
 
Sono un simpatizzante di Amnesty International, l'Organizzazione internazionale che dal 1961 lavora per difendere i diritti umani in ogni parte del mondo in cui  vengono violati.
 
Le chiedo di rilasciare Mao Hengfeng immediatamente e senza condizioni.

La sollecito ad assicurarsi che le sia consentito l'accesso a un avvocato di sua scelta, alla sua famiglia e che sia visitata da medici indipendenti.

Le chiedo di garantire che non subisca torture o maltrattamenti durante la custodia.

La sollecito ad avviare un'indagine completa, indipendente e imparziale sulle accuse di torture o maltrattamenti nei suoi confronti e di garantire che i responsabili siano portati davanti alla giustizia in modo conforme agli standard internazionali. 
 
La ringrazio per l'attenzione.

 
 
 

10 ANNI DOPO IL G8 DI GENOVA CHIEDIAMO GIUSTIZIA E TRASPARENZA

Post n°835 pubblicato il 25 Luglio 2011 da dammiltuoaiuto
 

Operazione trasparenza - Diritti umani e polizia in ItaliaData di pubblicazione dell'appello: 19.07.2010Status dell'appello: aperto

Nel decimo anniversario del G8 2001, che ebbe luogo a Genova dal 19 al 21 luglio, Amnesty International constata con disappunto che le centinaia di vittime delle gravi violazioni dei diritti umani compiute in quei giorni da funzionari e agenti delle forze di polizia non hanno ottenuto piena giustizia, anche a causa della mancanza del reato di tortura nel codice penale e di misure di identificazione degli agenti durante le operazioni di ordine pubblico, come l'uso di codici alfanumerici sulle uniformi. 

Diversi casi emersi nei 10 anni trascorsi da quegli eventi hanno continuato a chiamare in causa le responsabilità delle forze di polizia, confermando l’urgenza di misure legislative e istituzionali per la prevenzione delle violazioni. La condanna in appello per omicidio colposo degli agenti ritenuti responsabili della morte di Federico Aldrovandi durante un fermo nel 2005; la sentenza per omicidio volontario dell’agente di polizia stradale che nel 2007 esplose il colpo di pistola che uccise Gabriele Sandri; i procedimenti in corso per la morte di Aldo Bianzino, Giuseppe Uva e Stefano Cucchi mentre si trovavano in stato di custodia; le accuse di lesioni, aggressione, sequestro di persona e calunnia agli agenti della polizia municipale che tennero in stato di fermo Emmanuel Bonsu; sono fatti che dovrebbero interrogare profondamente le istituzioni italiane e che confermano l’urgenza di misure legislative e istituzionali per la prevenzione degli abusi.

 

Le forze di polizia sono attori chiave nella protezione dei diritti umani in ogni paese: hanno, tra le proprie responsabilità, quelle di ricevere denunce su abusi dei diritti umani, svolgere le indagini e garantire il corretto svolgimento delle manifestazioni, proteggendo chi vi partecipa da minacce e violenze. Perché questo ruolo sia riconosciuto nella sua importanza e svolto nella piena fiducia di tutti, sono essenziali il rispetto dei diritti umani, la prevenzione degli abusi, il riconoscimento delle responsabilità e una complessiva trasparenza.

 

Amnesty International chiede agli stati di assicurare che le forze di polizia operino nel rispetto degli standard internazionali sull’uso della forza e delle armi, di prevenire violazioni dei diritti umani e di assicurare indagini rapide e approfondite e procedimenti equi per l’accertamento delle responsabilità, quando emergano denunce di violazioni.

 

In Italia mancano tuttora importanti strumenti per la prevenzione e la punizione degli abusi, quali organismi di monitoraggio sul rispetto dei diritti umani e sui luoghi di detenzione, misure di identificazione degli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico e la previsione del reato di tortura nel codice penale.

Silvio Berlusconi
Presidente del Consiglio
Palazzo Chigi
Piazza Colonna 370
00187 Roma
Gianfranco Fini
Presidente della Camera
Camera dei Deputati
Piazza San Claudio 166
00187 Roma
Renato Schifani
Presidente del Senato
Senato della Repubblica
Piazza Madama 00186
00186 Roma
 

Egregio Presidente del Consiglio
Egregio Presidente della Camera,
Egregio Presidente del Senato

sono un simpatizzante di Amnesty International, l'Organizzazione internazionale che dal 1961 agisce in difesa dei diritti umani, ovunque nel mondo vengano violati.

Le chiedo di esprimere pubblicamente, a nome dell'istituzione che rappresenta, una condanna esplicita e delle scuse verso le vittime, per le violazioni dei diritti umani perpetrate dalle forze di polizia a Genova nel luglio 2001. 
 
La sollecito ad adoperarsi affinché siano garantite indagini rapide e accurate e processi equi in tutti i casi in cui emergano denunce di violazioni dei diritti umani da parte delle forze di polizia.

La invito ad assicurare che venga creata un'Istituzione nazionale indipendente per il monitoraggio del rispetto dei diritti umani, in linea con i Principi di Parigi.
 
La sollecito a fare quanto nelle sue responsabilità perché sia introdotto il reato di tortura nel codice penale, in linea con la definizione della Convenzione Onu contro la tortura (Cat), sia ratificato il Protocollo Opzionale alla Cat e venga istituito un meccanismo nazionale di prevenzione della tortura e dei maltrattamenti.
 
Le chiedo di adoperarsi affinché sia avviata un'approfondita revisione delle prassi in uso presso le forze di polizia, garantendo che gli agenti siano adeguatamente equipaggiati e formati a impiegare metodi non violenti e non letali prima di ricorrere, quando strettamente necessario, a un uso legittimo e proporzionato della forza e delle armi.
 
La invito a far sì che siano previste misure di identificazione per gli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico assicurando che l'identità personale degli agenti di polizia sia tracciabile, ad esempio attraverso l'uso di codici alfanumerici sulle uniformi.
 
La ringrazio per l'attenzione.

 
 
 

PER UNA BIRMANIA LIBERA FIRMA ANCHE TU

Post n°834 pubblicato il 25 Luglio 2011 da dammiltuoaiuto
 

Dalla parte di Aung San Suu Kyi

Ai leader mondiali e al regime birmano:
Ci mettiamo dalla parte del popolo birmano e della loro richiesta di pace e di riconciliazione nazionale. Chiediamo ai leader mondiali di fare pressione sul regime birmano per il rilascio immediato e senza condizioni di tutti i prigionieri politici e per un immediato cessate il fuoco fra l'esercito birmano e i gruppi etnici armati. Chiediamo al regime birmano di tenere conto di quell'appello.
 
585,241 hanno firmato la petizione. Aiutaci ad arrivare a 600,000
Pubblicato il: 1 Luglio 2011
Il futuro di Aung San Suu Kyi e del suo incredibile movimento pro-democrazia in Birmania è ora a rischio: stanno usando internet per difendersi e noi potremmo fare la differenza.

Suu Kyi sta costruendo una petizione on-line con cui si è rivolta coraggiosamente al regime militare per chiedere la liberazione di migliaia di monaci e di attivisti pacifisti ancora detenuti in condizioni tremende, alcuni addirittura rinchiusi in gabbie per cani. Per la prima volta migliaia di birmani hanno messo a rischio la loro vita e si sono uniti a lei nel suo appello per la libertà attraverso una petizione on-line! Il regime non si è fatto attendere, e ieri ha rivolto pesanti minacce a Suu Kyi; i generali potrebbero decidere in queste ore se portare avanti il dialogo oppure un'altra brutale repressione.

E questo potrebbe dipendere anche da noi. Gli attivisti in Birmania hanno chiesto aiuto, dicendo che la pressione della comunità internazionale è cruciale per prevenire la violenza e per liberare i prigionieri politici. Mettiamoci dalla parte di Suu Kyi e dei coraggiosi birmani, firmando la loro petizione, e spediamola all'UE, all'India e ad altri governi chiave che potrebbero fare pressione sul regime.

Clicca qui per firmare la petizione!

La pressione internazionale, inclusa una campagna esplosiva di Avaaz, ha aiutato a liberare Aung San Suu Kyi, che ha trascorso 15 anni in galera. Ma sono oltre 2000 i prigionieri politici ancora rinchiusi in carcere, alcuni addirittura in canili invasi dai pidocchi normalmente utilizzati per i cani a uso militare. Dalla sua liberazione Suu Kyi si è consultata con la popolazione e ora sta chiedendo la liberazione dei prigionieri politici: il suo primo impegno per ottenere dal regime il cambiamento. Il futuro della Birmania potrebbe ora dipendere dalla loro risposta.

Suu Kyi ha guidato il partito che nel 1992 in Birmania ha vinto le ultime vere elezioni democratiche. Dopo il golpe i coraggiosi birmani hanno portato avanti un movimento pacifista e nonviolento per chiedere democrazia e diritti, e in tutta risposta hanno ricevuto torture, intimidazioni e assassinii. Sotto pressione dalle avversità economiche, le sanzioni internazionali e il dissenso interno, la giunta militare ha tentato di mettere in piedi una democrazia fasulla; tuttavia, il movimento di Suu Kyi è ancora vietato e la sua campagna per la liberazione dei prigionieri è un test cruciale per capire se i generali sono aperti davvero al cambiamento.

La Birmania ha già sofferto abbastanza. Mettiamoci dalla parte di questa donna incredibile e aiutiamola a instradare il suo paese verso la democrazia.

Clicca qui per firmare la petizione!

La nostra comunità si è messa dalla parte del popolo birmano più volte. La nostra petizione enorme e la nostra campagna pubblicitaria nel 2007 hanno aiutato a costruire una storica denuncia internazionale contro la repressione di allora. I membri di Avaaz hanno fatto donazioni per garantire agli attivisti birmani il supporto tecnico e l'addestramento per rispondere al blackout di internet e delle linee telefoniche. Abbiamo inviato milioni di euro per soccorrere la popolazione subito dopo un ciclone devastante. Ora i birmani ci stanno chiedendo nuovamente aiuto: rispondiamo in massa.

 
 
 

RICONOSCIAMO LO STATO DELLA PALESTINA FIRMA ANCHE TU

Post n°833 pubblicato il 25 Luglio 2011 da dammiltuoaiuto
 

Cari amici,



Il popolo palestinese ha chiesto al mondo intero di riconoscere lo stato della Palestina. Oltre 120 paesi hanno risposto all'appello, ma gli Stati Uniti e Israele si sono opposti e i leader europei non hanno ancora deciso da che parte stare. Se riusciremo a convincere l'Europa a sostenere questo processo nonviolento e legittimo ora, potremmo avere un cambio di rotta decisivo verso la pace. Clicca per firmare questa petizione urgente:

Fra quattro giorni si riunirà il Consiglio di Sicurezza dell'ONU, e il mondo intero avrà la possibilità di adottare una nuova proposta che potrebbe segnare il cambio di rotta di decenni di negoziati di pace fra israeliani e palestinesi: il riconoscimento da parte dell'ONU dello stato palestinese.

Oltre 120 nazioni del Medio Oriente, Africa, Asia e America Latina hanno già dato la loro adesione all'iniziativa, ma il governo di destra in Israele e gli Stati Uniti sono fortemente contrari. L'Italia e altri paesi chiave dell'Europa sono ancora indecisi, e un'enorme pressione da parte dell'opinione pubblica potrebbe convincerli a votare in favore di questa opportunità per mettere fine all'occupazione.

I negoziati di pace guidati dagli Stati Uniti, che vanno avanti ormai da decenni, hanno fallito, mentre Israele ha imprigionato il popolo palestinese, confiscato le sue terre e bloccato la Palestina dal diventare un'entità politica sovrana. Questa nuova coraggiosa iniziativa potrebbe liberare il popolo palestinese dalla prigionia, ma perché ciò avvenga l'Europa deve guidare l'operazione. Costruiamo una chiamata globale enorme rivolta all'Italia e ad altri leader europei per dichiarare il nuovo stato ora, e facciamo sì che il sostegno dei cittadini di tutto il mondo a questa proposta legittima, nonviolenta e diplomatica sia chiaro e forte. Clicca sotto per firmare la petizione e invia questa e-mail a tutti:

http://www.avaaz.org/it/independence_for_palestine_eu/?vl

Se tracciare le origini del conflitto israelo-palestinese è complicato, la maggioranza della popolazione da ambedue le parti è invece d'accordo su un punto: il modo migliore per raggiungere la pace ora è la creazione dei due stati. Tuttavia, i diversi negoziati di pace che si sono susseguiti sono stati indeboliti da episodi di violenza da ambedue le parti, i tanti insediamenti israeliani in Cisgiordania e il blocco umanitario di Gaza. L'occupazione di Israele ha ridotto e frammentato il territorio dello stato palestinese e reso la vita di tutti i giorni dei palestinesi un inferno. L'ONU, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno annunciato recentemente che i palestinesi sono pronti per avere uno stato indipendente, ma il più grande ostacolo alla sua riuscita è l'occupazione da parte d'Israele. Persino il Presidente degli Stati Uniti ha chiesto di mettere fine all'espansione dei territori e di ritornare invece ai confini del 1967 con accordi sugli scambi di terra, ma il Primo ministro Netanyahu ha reagito furiosamente: il messaggio di non cooperazione non poteva essere più chiaro di così.

E' arrivata l'ora di un cambiamento epocale e di passare da un futile processo di pace a un nuovo cammino verso il progresso. Mentre Isreale e il governo americano dicono che l'iniziativa palestinese è "unilaterale" e pericolosa, in realtà le nazioni di tutto il mondo appoggiano pienamente questa mossa diplomatica che rigetta la violenza. Il riconoscimento globale della Palestina potrebbe isolare gli estremisti e incoraggiare il crescente movimento nonviolento israelo-palestinese in corso insieme al vento pro-democrazia che sta soffiando nella regione. Ma più importante ancora, potrebbe salvare il cammino verso un negoziato sugli insediamenti, permettere ai palestinesi l'accesso a una serie di istituzioni internazionali che potrebbero aiutarli a raggiungere la libertà, e inviare un chiaro messaggio al governo in favore dell'occupazione dei territori che il mondo non è più disposto ad accettare l'impunità e l'intransigenza.

Per troppo a lungo ormai Israele ha messo a repentaglio la speranza della nascita dello stato palestinese. Per troppo a lungo gli Stati Uniti sono stati accondiscendenti e per troppo a lungo l'Europa si è nascosta dietro gli Stati Uniti. Ora Italia, Francia, Spagna, Germania, Regno Unito e l'Alto Rappresentante dell'Ue non hanno ancora deciso da che parte stare sulla costruzione dello stato palestinese. Appelliamoci a loro perché si mettano dalla parte giusta della storia e perché sostengano la dichiarazione della Palestina per la libertà e l'indipendenza, attraverso un forte sostegno e con il necessario aiuto economico. Firma ora la petizione urgente per chiedere all'Europa di sostenere l'iniziativa e appoggia questo passo decisivo per una pace di lungo termine fra Israele e Palestina:

http://www.avaaz.org/it/independence_for_palestine_eu/?vl

La costruzione dello stato palestinese non risolverà questo lungo conflitto di punto in bianco, ma il riconoscimento dell'ONU cambierà tutto e aprirà le porte alla libertà e alla pace. In tutta la Palestina il popolo si sta preparando con molte aspettative e speranze per riprendersi la libertà che questa generazione non ha mai conosciuto. Mettiamoci dalla sua parte e facciamo pressione sull'Europa perché faccia lo stesso, così com'è avvenuto quando ha sostenuto il popolo egiziano, siriano e libico.

Con speranza e determinazione,

Alice, Ricken, Stephanie, Morgan, Pascal, Rewan e il resto del team di Avaaz

PIU' INFORMAZIONI

Abbas esorta l'Onu a riconoscere lo stato palestinese
http://it.notizie.yahoo.com/medio-oriente-abbas-esorta-onu-riconoscere-stato-palestinese-085049476.html

La Lega Araba chiederà alle Nazioni Unite il riconoscimento dello Stato di Palestina
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/07/15/la-lega-araba-chiedera-alle-nazioni-uniteil-riconoscimento-dello-stato-di-palestina/145612/

Migliaia di israeliani e palestinesi marciano per chiedere l’indipendenza della Palestina
http://www.asianews.it/notizie-it/Migliaia-di-israeliani-e-palestinesi-marciano-per-chiedere-l%E2%80%99indipendenza-della-Palestina-22119.html

La campagna di Israele contro il voto all'ONU (in inglese)
http://www.guardian.co.uk/world/2011/jun/10/israel-plan-block-un-palestinian-state?INTCMP=SRCH

L'appello della Palestina per il riconoscimento dello stato (in inglese)
http://www.ft.com/intl/cms/s/0/47a391f6-b121-11e0-a43e-00144feab49a.html#axzz1SefO7Aor

Lo stato palestinese bypassando Israele (in inglese)
http://english.aljazeera.net/indepth/opinion/2011/06/20116168535227628.html

Onu pronta al riconoscimento della Palestina. Obama prepara il veto
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/finestrasullamerica/grubrica.asp?ID_blog=43&ID_articolo=2109&ID_sezione=&sezione=

Lista dei paesi che riconoscono la Palestina
http://www.avaaz.org/en/countries_recognizing_palestine/?info

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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