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Sacrifici per tutti … e il Vaticano?

Post n°865 pubblicato il 15 Agosto 2011 da dammiltuoaiuto
 

Sacrifici per tutti … e il Vaticano?

Il Vaticano risparmia 2 MILIARDI DI EURO l'anno dall'esenzione dell'ICI, e intasca 1 MILIARDO DI EURO l'anno dall' 8 x mille

Leggo di sacrifici per tutti, si parla di rimettere mani sulle pensioni, sui redditi, sulle tredicesime, tagli alle province, per certi versi qualche piccola riduzione anche dalla casta (in minimissima parte) … e mi chiedevo, e il Vaticano?

No perchè vorrei ricordare che attualmente regaliamo allo stato Vaticano l’8 per mille, che come dichiarato nel maggio dello scorso anno nel comunicato della Conferenza episcopale italiana diffuso a conclusione dei lavori della 61/a assemblea generale dei vescovi italiani , ammonta per il solo 2010 a 1.067.032.535,28 euro (1 MILIARDO DI EURO), al quale va aggiunta l’esenzione totale dell’ICI e del 50% sull' Ires che permette loro di risparmiare ulteriori 2 MILIARDI (circa) di euro l’anno … senza poi dimenticare tutte le altre esenzioni di cui godono, donazioni dalle Regioni, dalle Province, ristrutturazioni di Chiese spesso a conto dello Stato, migliaia e migliaia di professori di Religione pagati dallo Stato (Laico, come c’è scritto sulla Costituzione, se non erro) ect ect …

Ma gli unici stronzi a pagare dobbiamo essere sempre noi?

 
 
 

VOGLIONO TOGLIERCI LA NOSTRA STORIA

Post n°864 pubblicato il 15 Agosto 2011 da dammiltuoaiuto
 

 A chi fa comodo lo spostamento delle feste?
Non ci sono commenti
di Gennaro Carotenuto, domenica 14 agosto 2011, 20:11
 

La manovra economica decapita le feste civili del 25 aprile, primo maggio e 2 giugno (sono troppe?) ma salva (strano ma vero) tutte le concordatarie che sono ben di più. Detto della pervicace volontà politica di cancellare feste scomode come il 25 aprile e il primo maggio, vanno fatti tre altri brevi ragionamenti che smontano e dimostrano come intempestiva e perfino economicamente dannosa sia la misura inserita dal governo nel pacchetto ferragostano.

1) Un giorno perso di lavoro vale solo in teoria lo 0.3% del PIL. Questo quando l’economia tira. Quando non tira le conseguenze sono più limitate, vogliamo dire lo 0.2%? Ciò sottolinea che spostare le feste (la cosa incide ben meno che abolendole) non risolve assolutamente nulla, stiamo parlando di centesimi di punto del PIL. Di conseguenza il vero obbiettivo, insieme ai contratti nazionali è puntare ad abbattere il valore simbolico delle feste civili. Così, quello che non si è ottenuto politicamente, si prende sotto l’imperio dell’economia e con la scusa della BCE che però non ha mai chiesto di spostare il 25 aprile come mai chiederebbe alla Francia di abolire il 14 luglio. Non essendo stati capaci in questi anni di darci una festa unificante che celebrasse la Nazione e la cittadinanza come fondamento della convivenza civile, la politica pensa cos[i di poterne fare a meno. Tra la meschinità antinazionale della Lega, i conti della serva di Confindustria e l’incapacità della sinistra di difendere i simboli (povero Ciampi) quello tremontiano è un calcolo miope come pochi che vuole una società sempre più frammentata, balcanizzata e pertanto incapace di riconoscersi come insieme. Riecheggia il mito thatcheriano per il quale la società stessa non esisterebbe sovrastata dall’individualismo.

2) Si salvano le cosiddette feste concordatarie (la CEI è di un cinismo spietato nel trarre sempre il massimo vantaggio dalla crisi della Repubblica) ma vale la pena ricordare che le feste religiose in Italia sono un guazzabuglio senza senso perfino per altri paesi cattolici. Nel 1977 furono aboliti, spostati alla domenica, il 2 giugno (poi ripristinato) e il 4 novembre come feste civili. Inoltre furono abolite Epifania, S. Giuseppe, Ascensione, Corpus Domini, SS. Apostoli Pietro e Paolo. Solo la prima fu ripristinata nel 1985 e contribuisce in maniera insensata a far ricominciare l’anno (scolastico e non solo) almeno una settimana dopo il suo naturale inizio. Inoltre Santo Stefano e Pasquetta, il cosiddetto lunedì dell’Angelo (introdotto peraltro solo nel dopoguerra) sono feste di relativa importanza liturgica –che quasi nessun paese cristiano osserva come tali- che servono solo ad allungare il brodo di Natale e Pasqua. La stessa Chiesa cattolica stessa sa che giovedì e venerdì santo hanno ben altra importanza ma lascia le cose così, in un ribasso liturgico che privilegia la festa sul rito e la fede. Dal punto di vista civile poi, se si volesse incidere davvero sulla produttività, le vacanze natalizie, almeno dal Po verso Sud, potrebbero durare dal 24 al primo compreso per iniziare con piena lena la vita del paese dal due gennaio. Infine c’è un’ultima festa del tutto slegata da un senso civile e storico. E’ quella dell’8 dicembre introdotta solo da Pio IX e che celebra la controversa immacolata concezione di Maria. Forse è tra Pasquette, immacolate e Befane che va cercato come aumentare la produttività oggettivamente bassa di un paese che oramai, se va bene, lavora 4 giorni e mezzo a settimana.

3) Tuttavia va fatto un altro ragionamento per certi versi contrastante con quanto detto finora. Un paese moderno necessità la ricerca di equilibri tra interessi contrastanti. Siamo sicuri che quelle feste civili (in particolare 25/4 e 1/5), così ben collocate nel mezzo della primavera, ma in genere sufficientemente lontane dalla Pasqua, non siano uno slancio irrinunciabile per la stagione turistica alle porte? Siamo sicuri che il paese ci perda? In un contesto nel quale la vecchia “villeggiatura” non esiste più, proprio i cosiddetti ponti (ferie regolari non assenteismo) sono una fonte fondamentale. Federalberghi calcola che tra 25 aprile e primo maggio si fatturano in media 3.5 miliardi di Euro e per il 2 giugno più di due. Ecco allora che lo spostamento tremontiano delle feste civili diviene una follia economica e si ricolloca in una sfera politica antinazionale tipica del governo Berlusconi e della finanza che da sempre tiene la borsa aperta il 25 aprile: una follia in odio ai simboli della nostra convivenza civile.

Gennaro Carotenuto su http://www.gennarocarotenuto.it

 
 
 

PRESIDENTI EMERITI A VITA

Post n°863 pubblicato il 15 Agosto 2011 da dammiltuoaiuto
 

Tagliamo la Kasta dei presidenti a vita"

Sabato 13.08.2011 13:01


Mariella Alberini

Gentile Mariella Alberini,

la Sua opinione sulla Magistratura e sul sindacato è una forte denuncia di una  realtà che pochi hanno il coraggio di segnalare mentre molti la negano perché ne sono beneficiari. Inutile ricordare che la storia della politica italiana è segnata dagli interventi della Magistratura che ha condizionato e continua a condizionare l'attività legislativa e la leadership dei partiti. La loro associazione svolge, in modo palese e quasi arrogante, il ruolo di componente del panorama politico nazionale. I loro stipendi sono i più alti d'Europa ed il sistema giudiziario italiano il peggiore. Ma allora mi chiedo perché non è stata appoggiata l'iniziativa del governo in merito alla riforma della giustizia? E noi cittadini, che subiamo i ritardi dei processi e l'onere dei costi eccessivi, perchè non utilizziamo i canali costituzionali per imprimere una svolta seria a questa vicenda? Forse perchè mettere una firma per proporre un referendum contro la kasta è pericoloso? E cosa dire dei sindacati che hanno, ha scritto bene Lei, sconquassato  l'economia del nostro Paese determinando la situazione della irreparabilità. Ed ora hanno la faccia tosta di proporre la loro ricetta per salvare l'Italia. Mi chiedo come è possibile che tutto ciò non sia chiaro, come è possibile che esistano persone allineate alla demagogia di questi pseudo leaders che predicano bene e razzolano malissimo… '
                                                                  Lettera ricevuta via e-mail

Caro amico,
come ormai migliaia dei lettori di questa rubrica, lei ha recepito e commentato in modo esatto le magagne del SISTEMA di cui sopra scrive. In Italia, il SISTEMA è infinito quanto il cosmo poiché in ogni occasione l'occhio cade sempre su nuovi derivati della Kasta. Adesso che stanno per mettere in atto la famosa manovra, prima di tutto riducano i parlamentari a 500 unità con tagli del 20% sugli emolumenti e limitino i benefici ai viaggi aerei e ferroviari. Dopo si rivolgano al comune cittadino per chiedergli il minimo delle misure di austerità. E ora rivolgiamo la sopra citata austerità ad un'ennesima Kasta: quella dei PRESIDENTI A VITA. Se è vero che esistono parlamentari da sempre alle Camere poiché vengono reiteratamente eletti, la categoria dei Presidenti a vita subisce solo un incremento nel numero. Ma rimangono in auge sempre gli stessi. Spostano le auree chiappe da un TRONO all'altro a prescindere dalle loro competenze specifiche. Infatti vediamo personaggi di dubbia caratura saltare con disinvoltura dall'Energia alle F.S., dalle Banche ai Cantieri Navali, dalla RAI all'Alitalia, dalle Municipalizzate alle Autority. E via così con i nuovi carrozzoni creati ad personam (mi risulta che la Regione Calabria, la più povera d'Italia, si sia inventata un Reparto Cinema con relativi Presidenti, Direttori Generali e quant'altro.) Nascere PRESIDENTI è un dono di PARTITO, rimanerlo è la sana abitudine di indossare brache d'acciaio al niche-cromo-tungsteno. Ricordiamo anche famosi Capi di Sindacato che hanno trovato pronti TRONI nell'ambito di Ministeri e Organizzazioni statali sempre  con super prebende per tutti. Ciò avviene in virtù dello strapotere dei Partiti che dilaga in tutti i gangli della vita pubblica e delega ai loro fiduciari il mantenimento in toto della premiata Kasta. Figuratevi, cari lettori, la mongolfiera di spesa generata da questa ulteriore Kasta, utile solo a far lievitare il debito pubblico.  Nel Settecento, in vari Paesi europei i debitori venivano puniti con la prigione. Oggi purtroppo non esistono Case Circondariali in numero sufficiente ad accogliere la Kasta che ha generato il nostro enorme debito pubblico.  A questo punto sarebbe utile alla Kasta, e ai suoi derivati, leggere "Prediche inutili" dell'emerito Professor Luigi Einaudi.

m.alberini@iol.it                                             www.mariellaalberini.it 

 
 
 

UNA BATTAGLIA E UNA GUERRA PERSA

Post n°862 pubblicato il 15 Agosto 2011 da dammiltuoaiuto
 

Vinta la battaglia ma persa la guerra. E Berlusconi diventò l'uomo della Bce

Lunedí 15.08.2011 09:20


 

Berlusconi voto Milano

Vincere la battaglia ma perdere la guerra. Non è un Ferragosto facile per Silvio Berlusconi, costretto dalla crisi a varare una manovra lacrime e sangue da 45 miliardi di euro. Nel Pdl cresce la voglia di intervenire in Parlamento per modificare il provvedimento e lo stesso premier sembra già pentito del super-prelievo tanto da volerlo cancellare. Le opposizioni sono sul piede di guerra, con Bersani che torna a chiedere un esecutivo di emergenza e Casini che si dice pronto a votare la Finanziaria solo se ci saranno profondi cambiamenti. Senza contare la minaccia di sciopero generale della Cgil.

Il quadro non è certo dei migliori. Il Cavaliere ha accontentato le richieste dell'Europa, della Bce di oggi (Trichet) e di quella di domani (Draghi), portando a casa il plauso della Merkel e di Sarkozy. In questo senso ha vinto la battaglia, ovvero ha messo in ordine i conti in pochi giorni. Ma il problema politico rimane. Fin da quando è sceso in politica, nel lontano 1994, Berlusconi ha fatto del 'meno tasse per tutti' il suo cavallo di battaglia. Ed ora si è trovato a colpire proprio quel ceto medio che gli ha fatto vincere molte elezioni. Tartassate le partite Iva, i piccoli e medi imprenditori, gli artigiani. Un colpo durissimo all'immagine del Centrodestra.

Il presidente del Consiglio ha dovuto perfino subire l'onta della lezione di Luca Cordero di Montezemolo, secondo il quale il governo avrebbe dovuto tassare di più i veri ricchi (che questa volta sarebbero stati pronti ad accettare il sacrificio). Così facendo il premier ha consegnato alla sinistra le chiavi di Palazzo Chigi. Quando si voterà, nel 2013 o forse prima, nemmeno un miracolo può salvare il Popolo della Libertà. Che cosa diranno nei comizi Berlusconi e/o Alfano? Che hanno rispetto i paramentri di Maastricht? Che hanno agito su input della Bce? E le promesse di tagliare la burocrazia e ridurre la pressione fiscale? Svanite.

In questo senso il Cavaliere ha perso la guerra e ormai si vede costretto a cercare di rimediare al danno fatto. Umberto Bossi, che ha ancora il fiuto di una volta, ha capito il problema e per questo è tornato a rispolverare la bandiera della secessione, forse a corto di argomento dopo aver colpito con questa manovra proprio il ceto produttivo del Nord. Per Berlusconi, salvo miracoli, non c'è più spazio per recuperare. Verrà ricordato come l'uomo delle tasse. Proprio lui che era scenso in campo con lo slogan dello Stato più leggero.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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