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Messaggi del 18/09/2011

 

UN FUTURO DI MERDA SENZA PENSIONE PER I PRECARI

Post n°881 pubblicato il 18 Settembre 2011 da dammiltuoaiuto
 

di

Inps, è ufficiale: i precari saranno senza pensione. Silenzio dei media o scatta la

inpsff.jpg

UPDATEMastrapasqua, è una bufala quella sui precari? Risposte sulle pensioni non garantite

Generazione senza futuro, precari senza pensione: il silenzio imbarazzante dei sindacati (da Il Fatto quotidiano) 

Pensioni censurate: precari e partite Iva, l'Inps ruba il futuro in busta paga. Parla Anna Soru (Acta)

La notizia è arrivata e conferma la peggiore delle ipotesi. Rimarrà sotto traccia per ovvi motivi, anche se in Rete possiamo farla circolare. Se siete precari sappiate che non riceverete la pensione. I contributi che state versando servono soltanto a pagare chi la pensione ce l'ha garantita. Il nostro futuro, invece, non è assicurato. Perché l'Inps debba nascondere questa verità è evidente: per evitare la rivolta. Ad affermarlo non sono degli analisti rivoluzionari e di sinistra ma lo stesso presidente dell'istituto di previdenza, Antonio Mastrapasqua che, come scrive Agoravox, ha finalmente risposto a chi gli chiedeva perché l'INPS non fornisce ai precari la simulazione della loro pensione futura come fa con gli altri lavoratori: "Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale".

Intrage scrive che l'annuncio è stato dato nel corso di un convegno: la notizia principale sarebbe dovuta essere quella che l'Inps invierà, la prossima settimana, circa 4 milioni di lettere ai parasubordinati, dopo quelle spedite a luglio ai lavoratori dipendenti, per spiegare come consultare on line la posizione previdenziale personale. Per verificare, cioè, i contributi che risultano versati.

La seconda notizia è che non sarà possibile, per il lavoratore parasubordinato, simulare sullo stesso sito quella che dovrebbe essere la sua pensione, come invece possono già fare i lavoratori dipendenti. Il motivo di questa differenza pare sia stato spiegato da Mastrapasqua proprio con quella battuta. Per dire, in altre parole, che se i vari collaboratori, consulenti, lavoratori a progetto, co.co.co., iscritti alla gestione separata Inps, cioè i parasubordinati, venissero a conoscenza della verità, potrebbero arrabbiarsi sul serio. E la verità è che col sistema contributivo, i trattamenti maturati da collaboratori e consulenti spesso non arrivano alla pensione minima.

precari, i lavoratori parasubordinati come si chiamano per l'INPS gli "imprenditori di loro stessi" creati dalle politiche neoliberiste, non avranno la pensione. Pagano contributi inutilmente o meglio: li pagano perché l'INPS possa pagare la pensione a chi la maturerà. Per i parasubordinati la pensione non arriverà alla minima, nemmeno se il parasubordinato riuscirà, nella sua carriera lavorativa, a non perdere neppure un anno di contribuzione.

L'unico sistema che l'INPS ha trovato per affrontare l'amara verità, è stato quello di nascondere ai lavoratori che nel loro futuro la pensione non ci sarà, sperando che se ne accorgano il più tardi possibile e che facciano meno casino possibile.

Quindi paghiamo i nostri contributi che non rivedremo sotto forma di pensione. Se reagiamo adesso, forse, abbiamo ancora la speranza di una pensione minima.

 
 
 

E DICONO DI AVER RIDOTTO I COSTI DELLA POLITICA....

 

boberLuca Telese -Fonte: Il Fatto Quotidiano


Dal regale e imperioso “lei non sa chi sono io”, all’emergenziale e clandestino “Lei non sa chi non sono io”. Ci voleva la penna arguta e l’occhio da esperto raccontatore di Palazzo di una firma della Stampa come Fabio Martini, per fotografare l’immagine che racconta il passaggio
di epoca: quella dell’onorevole della Seconda Repubblica e mezzo che per strada nega la sua funzione, la sua identità, la sua immagine, nei tempi della grande crisi. Abbiamo visto passare due Repubbliche in cui i parlamentari esibivano il proprio orgoglio, ci prepariamo a una terza in cui aspirano alla clandestinità. Un motivo, un motivo brutale, matematico, immediato, per spiegare questa repentina mutazione di status, in effetti c’è.

La manovra più pazza del mondo, quella che balla ogni giorno la sua danza tra Camera e Senato annunciando nuovi balzelli e variando i propri totali, annunciava sfracelli, e ha partorito un topolino. La Casta ha annunciato e propagandato i propri sacrifici, ha raccontato il senso responsabile del martirio autoimposto e dei tagli di bilancio. E ha partorito l’ennesima piccola grande truffa, un balletto di cifre taroccate, che nascondono l’invarianza dei saldi. Un esempio? Il contributo di solidarietà raddoppiato che preoccupava tanto l’onorevole Paniz (“Se va bene prenderò solo 300 euro!”), in realtà si applicherà solo ai parlamentari che guadagnano di più (presidenti, vicepresidenti e presidenti di commissione). Quanti? Su quasi mille, secondo i calcoli dei due inchiestisti anti-Casta, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, si applica sì e no a trenta persone.

Tutti coloro che vogliono leggere una fotografia vivida, impietosa e persino feroce di questa ennesima operazione gattopardistica, non devono fare altro che leggere l’ultimo libro della premiata ditta Stella-Rizzo. Si intitola Licenziare i padreterni (Rizzoli, 180 pagine 9 euro), ed è un instant book che documenta in diretta i conti fallimentari dello Stato e la velleità dei tanto sbandierati tentativi di (auto)riforma. “Padreterni”, non è una recente ingiuria tratta dall’arsenale di qualche profeta dell’antipolitica, ma una definizione ironica tratta dalla penna alata di un padre della Repubblica come Luigi Einaudi: “A Roma spadroneggia un piccolo gruppo di padreterni, i quali si sono persuasi, insieme con qualche ministro, di avere la sapienza infusa nel vasto cervello. Bisogna licenziare questi padreterni orgogliosi, persuasi di avere il dono divino di guidare i popoli nel procacciarsi il pane quotidiano. Troppo a lungo li abbiamo sopportati.

Volete scaldarvi con una raffica di numeri emblematici tratti dal breve e caustico saggio ? Eccone alcuni che fanno riflettere. Stella e Rizzo hanno passato allo scanner i conti della politica. Per scoprire, ad esempio, che sulle donazioni che hanno prodotto sconti fiscali, ogni 100 mila euro, 392 euro vanno a enti benefici e ben 19 mila vanno ai partiti politici. Hanno riaggregato le fumose voci di bilancio del Palazzo per scoprire che la Camera dei deputati è passata da 291 milioni di euro del 1983 a un miliardo e 59 milioni del 2011. Totale dell’aumento, attualizzando il calcolo? La percentuale calcolata da Stella e Rizzo fa fare un salto sulla sedia: più 41,28% di spesa, alla faccia dei proclami moralizzatori e degli inviti all’austerità. E il Quirinale? Nel 2001 spendeva 140.476 milioni di euro. Nel 2011 ne spende 228 milioni, con un aumento del 62% (!). E che dire del Senato? Passa da 154,7 milioni del 1983 a 574 milioni del 2011. Totale dell’aumento di bilancio? Una cifra mostruosa, più 65%. Ma messi in rapporto al Pil i numeri si fanno ancora più inquietanti: l’aumento delle spese correnti della Camera è pari al 367%. D’altra parte, si fa presto ad aumentare le spese, se è vero che, solo per gli affitti dei Palazzi di Montecitorio spende 411 milioni di euro. Tutto è cresciuto: gli immobili, i dipendenti, i budget. E che dire del 31esimo stormo della Presidenza del Consiglio, quello che assicura i cosiddetti voli di Stato? Stella e Rizzo raccontano il piccolo capolavoro di tenacia che è costato mettere insieme quei dati.

Nel 2005, gli autori de La Casta avevano elaborato una media inquietante secondo cui la flotta dei voli blu aveva volato – in media – per 37 ore al giorno (!). Quest’anno, bombardando Palazzo Chigi per tre mesi di seguito, i due autori hanno finalmente ottenuto una risposta. Rielaborando i numeri esce fuori che oggi le ore sono addirittura aumentate del 20%. Stella e Rizzo sono andati a caccia delle singole cifre. Lo stipendio medio di un dipendente pubblico è 36.135. Quello di un dipendente della Camera 131.586 euro. E che dire delle piccole grandi vergogne? Che dire di Giuseppe Bova, ex vicepresidente (diessino) del consiglio regionale calabrese che si vantava dicendo: “Io non uso l’autoblu!”. Stella e Rizzo hanno trovato la cifra che Bova ha ottenuto come rimborso per l’uso dell’auto privata: 211 mila euro per quattro anni. Vogliamo aprire la piaga del finanziamento pubblico? E che dire del pugliese Giovanni Copertino, ex democristiano ed ex berlusconiano, esponente di punta delle giunte Fitto? Dopo venti anni di assemblea regionale ha incassato 492 mila euro di liquidazione. Qui le piccole storie si riverberano in quelle grandi, e le cifre ballano. Stella e Rizzo hanno calcolato quanto hanno percepito i partiti di finanziamento pubblico in 36 anni: 5 miliardi e mezzo di euro. Licenziare i padreterni è un racconto godibile e indignato, ma anche un libro di autodifesa. Finché quel frammento di società politica che viene definito Casta non ridurrà la sproporzione fra gli annunci e la realtà, la rabbia della società civile sarà difficile da placare.

10 settembre 2011
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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