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Messaggi del 09/01/2012

 

LA CASTA E' CASTA LE PENSIONI CHE NON SI TOCCANO

Post n°927 pubblicato il 09 Gennaio 2012 da dammiltuoaiuto
 


Pensioni che resteranno.
Vittorio Sgarbi, ex parlamentare, in pensione a 54 anni, 8 mila e 500 euro al mese. Mauro Sentinelli, classe '47, ex manager Telecom, 3 mila euro al giorno, 90 mila euro al mese di pensione. Manuela Bossi, ex insegnante, moglie del Senatur, in pensione a 39 anni. Alfonso Pecoraro Scanio, ex parlamentare, in pensione a 49 anni, 9 mila euro al mese. Achille Serra, Senatore, stipendio da parlamentare più 22 mila euro al mese di pensione. Clemente Mastella, stipendio da Eurodeputato più pensione da 9 mila e 600 euro al mese: 397 giorni di lavoro per maturarla.

Eccetera eccetera, Presidente Monti.


[Clicca per ingrandire - Leggi l'articolo dell'Espresso]

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I 15 miliardi per i 131 cacciabombardieri F35 spendiamoli per mettere in sicurezza il territorio»

Post n°926 pubblicato il 09 Gennaio 2012 da dammiltuoaiuto
 

 

VIgni: «I 15 miliardi per i 131 cacciabombardieri F35 spendiamoli per mettere in sicurezza il territorio»

[ 5 gennaio 2012 ]

Il governo non molla e nonostante la pioggia di critiche e di proteste, sembra intenzionato a confermare, nell'ambito del programma Joint Strike Fighter, la spesa di 15 miliardi di euro per l'acquisto di 131 caccia bombardieri F35.

Il governo Monti continua a dire che non può stracciare quel contratto che, in tempi di crisi (ma non solo), è un vero e proprio insulto alla miseria e una presa in giro per i contribuenti ai quali si chiedono sacrifici, perché «Le penali sono troppo alte. "Impossibile -è la risposta più utilizzata. il prezzo delle penali sarebbe maggiore della fattura di acquisto», ma un'inchiesta di Altreconomia, accolta da un glaciale silenzio, ha dimostrato che le cose stanno molto diversamente.

Altraeconomia cita l'accordo fra i Paesi compartecipanti che ha sottoscritto l'Italia il 7 febbraio del 2007 (governo Prodi): «La sezione XIX del documento stabilisce che qualsiasi Stato partecipante possa "ritirarsi dall'accordo con un preavviso scritto di 90 giorni da notificarsi agli altri compartecipanti. In tale evenienza il Comitato esecutivo del Jsf deciderà i passi successivi e il Paese che ha deciso di lasciare il consorzio continuerà a fornire il proprio contributo, finanziario o di natura operativa, fino alla data effettiva di ritiro».

Secondo Altraeconomia «Il Memorandum mette comunque al riparo tale mossa da costi ulteriori. In caso di ritiro precedente alla sottoscrizione di qualsiasi contratto di acquisto finale degli aerei nemmeno i costi di chiusura della linea produttiva, altrimenti condivisi, potrebbero essere imputati e "in nessun caso il contributo finanziario totale di un Paese che si ritira - compresi eventuali costi imprevisti dovuti alla terminazione dei contratti - potrà superare il tetto massimo previsto nella sezione V del Memorandum of Understanding"».

Questa sezione del documento stabilisce che «I costi non-ricorrenti e condivisi di produzione, sostentamento e sviluppo del progetto siano distribuiti, secondo tabelle aggiornate a fine 2009, in base al grado di partecipazione al programma di ciascun Stato. Per l'Italia ciò significa, nell'attuale fase (denominata "PSFD": Production, Sustainment, Follow-on Development), una cifra massima totale, calcolata a valori costanti del dollaro, di 904 milioni». Un bel risparmio, non c'è che dire!

Il Government accountability office Usa, sostiene che l'aereo «Nasconde una serie infinita di problemi. Si tratta di un flop: costato tre volte più del previsto, l'F-35 non ha ancora dimostrato di essere affidabile».

Il Canada ha già scelto di ritirarsi. Francesco Vignarca su Altreconomia ricorda che «Norvegia, Canada, Australia e Turchia hanno di recente messo in discussione la loro partecipazione al programma» e rivela che «E' stato l'attuale ministro della Difesa Di Paola (allora Segretario generale per la Difesa e gli Armamenti) a firmare, con una cerimonia a Washington nel giugno 2002, il primo accordo da un miliardo di euro per la partecipazione italiana al programma».

Sulla vicenda interviene oggi il presidente nazionale degli Ecologisti Democratici Fabrizio Vigni, facendo una proposta: «Spendere quasi 15 miliardi di euro, circa 1,3 miliardi all'anno, per acquistare 131 cacciabombardieri è una scelta insensata, tanto più dentro una crisi economica così grave. Qualcuno dice: è per la sicurezza dell'Italia. Bene: allora, a proposito di sicurezza, si parta dal fatto che almeno 5 milioni di italiani vivono in condizioni di rischio perché esposti al rischio di frane e alluvioni».

«E' il caso di ricordare - prosegue Vigni - che i finanziamenti per il dissesto idrogeologico sono ormai drammaticamente al di sotto dei 300 milioni di euro l'anno. Vale a dire tre o quattro volte meno della spesa prevista annualmente per i cacciabombardieri. Per garantire la sicurezza degli italiani si parta dalle vere priorità, come la difesa del suolo, e si utilizzino a tal fine parte delle risorse accantonate per i programmi militari. Demagogia? No, pragmatico realismo».

Tavola della Pace, Sbilanciamoci, Unimondo e ControllArmi, hanno lanciato una petizione che può essere siottoscrittta anche su internet: «Mentre con le due manovre economiche estive, per pareggiare i conti dello Stato, si chiedono forti sacrifici agli italiani con tagli agli enti locali, alla sanità, alle pensioni, all'istruzione, il Governo mantiene l'intenzione di procedere all'acquisto di 131 cacciabombardieri d'attacco F35 "Joint Strike Fighter" al costo di circa 20 miliardi di euro (15 per il solo acquisto e altri 5 in parte già spesi per lo sviluppo e le strutture di assemblaggio).

Le manovre approvate porteranno gravi conseguenze sui cittadini: si stimano proprio in 20 miliardi i tagli agli Enti Locali e alle Regioni (che si tradurranno in minori servizi sociali o in aumento delle tariffe), ed altri 20 miliardi saranno i tagli alle prestazioni sociali previsti dalla legge delega in materia fiscale ed assistenziale, senza contare il blocco dei contratti e degli aumenti ai dipendenti pubblici e l'aumento dell'IVA che colpirà indiscriminatemante tutti i consumatori.

Il tutto per partecipare ad un progetto di aereo militare "faraonico" (il più costosto della storia) di cui non si conoscono ancora i costi complessivi (cresciuti al momento almeno del 50% rispetto alle previsioni iniziali) e che ha già registrato forti critiche in altri paesi partner (Norvegia, Paesi Bassi) e addirittura ipotesi di cancellazione di acquisti da parte della Gran Bretagna. Senza dimenticare che, contemporaneamente, il nostro paese partecipa anche allo sviluppo e ai costosi acquisti dell'aereo europeo EuroFighter Typhoon. Con i 15 miliardi che si potrebbero risparmiare cancellando l'acquisizione degli F-35 JSF si potrebbero fare molte cose: ad esempio costruire duemila nuovi asili nido pubblici, mettere in sicurezza le oltre diecimila scuole pubbliche che non rispettano la legge 626 e le normative antincendio, garantire un'indennità di disoccupazione di 700 euro per sei mesi ai lavoratori parasubordinati che perdono il posto di lavoro.

«Siamo convinti che in un momento di crisi economica per prima cosa siano da salvaguardare i diritti fondamentali dei cittadini, investendo i fondi pubblici per creare presupposti ad una crescita reale del Paese senza gettare i soldi in un inutile e costoso aereo da guerra. Per questo chiediamo al governo di non procedere all'acquisto dei 131 cacciabombardieri F35 e destinare i fondi risparmiati alla garanzia dei diritti dei più deboli ed allo sviluppo del Paese investendo sulla società, l'ambiente, il lavoro e la solidarietà internazionale».

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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