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Messaggi del 04/02/2012
Post n°953 pubblicato il 04 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
Bilderberg 2011:
Nonostante nel corso di ogni edizione del misterioso meeting, siano sempre stati banditi i mezzi di comunicazione, per evitare la copertura mediatica dell’evento e la conseguente diffusione d’informazioni, immagini e video, alcuni reporter storici come Jim Tucker stanno comunicando in diretta da St.Moritz, per informare l’opinione pubblica su cosa stia avvenendo attorno all’hotel svizzero, in cui sono riuniti i rappresentanti di quella che è considerata la più famosa società segreta contemporanea: il gruppo Bilderberg (cliccando qui potrete sfogliare lo scarno, quanto auto-censurato, sito ufficiale del gruppo). La riunione Bilderberg, che prende il nome dal primo incontro svoltosi nel 1954 nell’omonimo hotel olandese, è un conclave che riunisce, oggi anno, l’élite economica, politica e militare del mondo occidentale, per discutere, a porte rigorosamente chiuse, la situazione globale mondiale del momento e le politiche da promuovere nelle sedi internazionali ufficiali, quali l’Unione Europea, il Fondo Monetario Internazionale, la NATO, il G8, il G20 e così via.
Invece non è così, il gruppo Bilderberg è un incontro riservato e le decisioni che prende l’élite sono le decisioni a cui noi tutti cittadini dovremo, semplicemente, conformarci. “I media sono il quarto potere in una democrazia, dovrebbero avere la responsabilità di occuparsi di eventi come la riunione segreta Bilderberg – ha detto Andrew Müller , attivista del movimento We Are Change – se i direttori dei mass-media si riuniscono in segreto con i nostri politici, allora la democrazia è in pericolo”.
Il fatto che quest’anno è stata permessa la presenza di più mass-media attorno all’albergo dove si sta svolgendo la riunione del gruppo Bilderberge e che ci si sia potuti avvicinare qualche metro di più alle porte della sede della riunione, non basta, è solo uno specchio per le allodole ed una debole consolazione: il gruppo Bilderberg continua a non rispettare, come sempre, il diritto d’informazione del cittadino e la necessità di rendere pubblici i contenuti che si discuteranno durante l’incontro. L’agenda Bilderberg proseguirà come previsto e tutti noi potremo solo restare a guardare, come sempre, gli effetti delle decisioni dei potenti.
Se dal 1954, anno della prima riunione Bilderberg, si fossero prese buone decisioni, oggi il mondo non soffrirebbe la fame e non ci sarebbe nessuna crisi finanziaria da affrontare. Un esempio: si possono costruire serre in Africa per sfamare tutta la popolazione e costruire impianti di irrigazione per rendere fertili i terreni più aridi. Questo solo per parlare dell’Africa. Per quanto riguarda l’Europa: la crisi finanziaria non avrebbe avuto ragione d’esistere, perché se l’interesse fosse stato quello di costruire l’Unione Europea per il benessere collettivo di tutti i cittadini europei, oggi tutti godremmo di una buona salute finanziaria. Invece, l’UE è stata creata solo per rendere più facile l’illecito economico dei potenti dei vari Paesi europei.
Se fossero state prese decisioni sagge e rivolte allo sviluppo di uno stato di benessere collettivo mondiale, il mondo, certo, sarebbe un luogo decisamente migliore oggi: la gente starebbe meglio e non ci sarebbe bisogno di rinchiudersi in un hotel svizzero per decidere in segretezza come ingannare i cittadini, cosa raccontare, cosa fare con la guerra e la pace, la ricchezza e la povertà, la vita e la morte di milioni di persone. Il gruppo Bilderberg sta portando avanti la propria agenda 2011 proprio in queste ore a St. Moritz. Tutti quanti noi siamo tagliati fuori, non abbiamo voce in capitolo, possiamo solo restare ad aspettare le conseguenze che le decisioni prese dai potenti avranno sulle nostre vite. Matteo Vitiello ECCO L'ELENCO DETTAGLIATO
http://www.slideshare.net/BUENOBUONOGOOD/lista-partecipanti |
Post n°952 pubblicato il 04 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
La Massoneria appoggia Monti. Esclusivo: parla il Gran Maestro http://affaritaliani.libero.it/politica/la-massoneria-appoggia-monti251111.html?refresh_ce Venerdì, 25 novembre 2011 - 12:01:04 Di Tommaso Cinquemani ![]() "Il curriculum di Mario Monti è di alto profilo. Spero vivamente che possa traghettarci fuori da questa crisi". Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, la principale loggia massonica, con una intervista ad Affaritaliani.it appoggia il nuovo governo. E sull'esecutivo Berlusconi ha un giudizio poco lusinghiero: "Quando sento dire da Tremonti che con la cultura non si campa... c'è qualche cosa di sbagliato". Un buon punto di partenza è il ritorno alla meritocrazia: "Se vado a vedere le teste pensanti che erano presenti in tutti i partiti del primo Parlamento e poi vado a vedere quelle di oggi... l'Aula non può essere il rifugio di quelli che non possono fare altro".
Che cosa ne pensa di Mario Monti? |
Post n°951 pubblicato il 04 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
Di Pasquale Di Bello http://www.infiltrato.it/notizie/italia/governo-monti-l-ombra-del-bilderberg
Monti e il Bilderberg, un colpo alla nuca della democrazia Giorgio Napolitano, il comunista migliorista che approvò (pentendosene solo molti anni dopo) l’ingresso dei carri armati L’ex comunista migliorista ha deciso quindi di puntare su un uomo che è, nella migliore ipotesi, espressione del Gotha finanziario mondiale, mentre nella peggiore è parte integrante di un club di framassoni che decidono i destini del mondo. Invitiamo, tra coloro che ne volessero sapere di più, alla lettura dell’illuminante volume “Il club Bilderberg – La storia segreta dei padroni del mondo” del giornalista spagnolo Daniel Estulin. Un’inchiesta rigorosa e inquietante dove i lettori italiani potranno conoscere un aspetto segreto del prossimo premier. E’ chiara, almeno ai nostri occhi, la deriva verso la quale ci stiamo avviando, quella di un esproprio progressivo della democrazia. La parabola berlusconiana ha fatto credere agli italiani che, contrariamente all’adagio popolare, al peggio vi fosse un limite. Invece non è così: il peggio deve ancora venire. Stiamo finendo nelle mani della più grande macchina di macelleria sociale che il mondo conosca, quella di una camarilla di plutocrati manovrati dalla più grande centrale di potere al mondo: il Bilderberg, appunto. Sorprende, in tutto questo, il ruolo di Giorgio Napolitano, levatrice di quello che si annuncia il più grande infarto della democrazia italiana. Il Capo dello Stato, dinanzi al crollo del berlusconismo, finito nel nulla come dal nulla era nato, aveva un solo dovere, che non è quello imposto dalla prassi, cioè di esplorare la possibilità di governi alternativi, ma quello imposto dalla realtà dei fatti: restituire la parola agli elettori e consentire l’insediamento di un governo legittimato dal consenso popolare. Il governo Monti, eterodiretto dai marescialloni del Bilderberg, è il colpo di nuca alla democrazia italiana. |
di Andrea Succi http://www.infiltrato.it/inchieste/italia/crisi-italia-ecco-la-manovra-che-ci-salvera-ma-non-e-quella-di-monti
Qualcuno dirà: oh, e la Patrimoniale? Specchietto per quelle allodole che credono ancora alla Befana e festeggiano la fine di Berlusconi come se dovesse arrivare una nuova era, guidata dal Messia Monti. E invece la tragedia, come più di qualche osservatore ha avuto modo di sottolineare – da Paolo Barnard a Massimo Fini, da Marco Travaglio a Giulietto Chiesa – riguarda proprio la fine della democrazia e la perdita di sovranità che accompagnano un premier imposto dai mercati.
Ma veniamo al punto: possibile che l’unico modo per uscire dalla crisi sia la manovra “lacrime e sangue” che sta per pioverci addosso? Noi crediamo di no e ci permettiamo di suggerire ai signorotti che dovranno decidere le nostre sorti una via alternativa, che colpisce in modo definitivo il debito pubblico senza mettere sul lastrico milioni di italiani.
Partiamo da un’equazione molto semplice: il debito pubblico è costituito dalla somma dei deficit annuali – perché lo Stato spende sempre più di quanto incassa – su cui gravano, per la maggior parte, un insieme di spese inutili e deleterie che non producono alcun vantaggio per la comunità. Vediamo quali sono queste voci, che divideremo in tre categorie.
La prima comprende gli investimenti diretti – grandi opere, fondi per appalti, infrastrutture superflue, copertura di debiti contratti dai privati (ad esempio Alitalia) – che in un Paese come l’Italia non generano sviluppo e arrivano a costare cento volte il prezzo iniziale. Parola chiave: corruzione.
La seconda include tutti gli investimenti indiretti –finanziamenti pubblici ai partiti, costi del Parlamento e degli enti locali – che determinano la spaccatura del Paese tra clientes e cittadini normali. Parola chiave: casta.
La terza abbraccia le spese militari per quelle guerre – o meglio, operazioni di pace – che l’Italia è in qualche modo costretta a portare avanti, soggiogata dai diktat della lobby delle armi, la più importante e influente del mondo. Parola chiave: guerra.
Corruzione, casta e guerra: basterebbe tagliare, del tutto o in parte, queste tre macro voci per ridurre in maniera sostanziale la spesa annuale dello Stato e ottenere quindi un duplice risultato: l’annullamento del deficit e l’erosione continuata del debito pubblico.
Partiamo dalla corruzione, voce che comprende la corruzione in quanto tale (tangenti e reati contro la PA), l’operato delle mafie e l’evasione fiscale. Nell’ultima relazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, presentata al Parlamento il 12 maggio 2011 (e relativa all’anno 2010), si fa riferimento al “Corruption Percetion Index” (più noto come CPI) di Transparency International, secondo cui “l’Italia ha segnato un ulteriore peggioramento del punteggio attribuito, così da collocare il nostro Paese dopo il Rwanda: dopo la retrocessione dal punteggio di 4,8 del 2008 al 4,3 del 2009, nel 2010, infatti, il risultato conseguito dal nostro Paese è pari a 3,9.”
Ora, nonostante il Dipartimento di Funzione Pubblica cerchi costantemente, all’interno della relazione, di sminuire, smontare e distorcere questo dato, andando contro ogni evidenza (si noti che il Dipartimento autore della Relazione dipende dal Ministero del “fannullone” Brunetta), la Corte dei Conti e persino la Banca Mondiale concordano sul costo annuale dei meccanismi corruttivi. Quanto? 60 miliardi di euro. All’anno. Con una stima di incremento del 10%. Sempre all’anno.
Passiamo al circuito mafioso, il cui fatturato (e quindi costo per lo Stato) si aggira – secondo la Commissione Parlamentare Antimafia – sui 150 miliardi di euro all’anno. Senza contare i circa 180 mila posti di lavoro persi a causa di un fenomeno che “frena lo sviluppo di vaste aree del Paese,comprime le prospettive di crescita dell'economia legale,alimentando una economia parallela illegale e determina assuefazione alla stessa illegalità”.
Per quanto concerne invece l’evasione fiscale, l’ultimo rapporto della Guardia di Finanza denuncia mancati introiti per 120 miliardi di euro all’anno, di cui 60 di sola IVA.
Non c’è bisogno della calcolatrice per stimare il costo della sola voce corruzione (quindi corruzione in quanto tale, fenomeno mafioso ed evasione fiscale) in 330 miliardi di euro all’anno. Soldi che lo Stato incasserebbe di colpo, senza bisogno di alzare le tasse, tagliare pensioni, stipendi e posti di lavoro, senza bisogno di svendere la propria sovranità agli sciacalli del Governo tecnico. I bocconiani li chiamano. Alieni venuti dal nulla per depauperare quel poco che rimane.
Basterebbe, da parte del Sistema Stato, una seria autotutela contro la Corruzione per riscuotere di colpo una cifra enorme: stiamo parlando di oltre il 10% del Pil, che nel 2010 ammontava 2 mila miliardi di €.
Passiamo ora alla parola chiave Casta: che cosa si può tagliare, senza stravolgere l’assetto istituzionale e senza (ulteriormente) svilire il rapporto tra cittadini e politica? Quattro voci: le province, il finanziamento pubblico ai partiti, la metà dei costi parlamentari, privilegi degli enti locali.
Partiamo dalle province: secondo il rapporto 2011 dell’Unione Province Italiane, l’associazione che rappresenta tutte le province escluse quelle autonome di Trento, Bolzano e Aosta, il costo totale degli enti provinciali relativo all’anno 2010 ammonta a 12 miliardi di euro, che possono essere risparmiati quasi in toto, partendo dal presupposto che la stragrande maggioranza della spesa riguarda il mantenimento stesso dell’ente e immaginando di delocalizzare altrove, e con altre funzioni magari più redditizie, parte del personale impiegato, che costa invece una minima parte, vale a dire 2 miliardi e rotti l’anno (dato 2010). Se la matematica non è un’opinione, tagliando le province otteniamo un ulteriore risparmio di 10 miliardi l’anno.
Il finanziamento pubblico ai partiti, o rimborso elettorale che dir si voglia, è l’ennesima spesa-truffa che grava sulle spalle dei cittadini e che dovrebbe subire una netta sforbiciata. Qui il calcolo è piuttosto semplice: dal 1994 al 2008, considerando le 11 tornate elettorali (regionali, politiche ed europee) svolte in questo periodo, il costo supera i 2 miliardi di euro. Che il Professore Monti si attivi per farsi restituire questi soldi.
E veniamo al Parlamento, il luogo dove la Casta eccelle nel suo spreco costante da una parte e vessazione aggressiva dall’altra. Quanto costa il Parlamento? Per capirlo basta leggere uno studio dell’Istituto Bruno Leoni, una sorta di think tank anglosassone che “vuole rappresentare un pungolo ed una risorsa per la classe politica, stimolando nel contempo una maggiore attenzione e consapevolezza dei privati cittadini verso tutte le questioni che attengono le politiche pubbliche e il ruolo dello Stato nell’economia.”
Il dossier dell’IBL, pubblicato nel luglio 2011 a firma di Emilio Rocca, è piuttosto chiaro: “Il Parlamento italiano spende ogni anno circa 1 miliardo e mezzo di euro. Le Camere presentano i rendiconti della loro gestione economica che sono pubblicati sui loro siti istituzionali; ad oggi, è possibile leggere il rendiconto relativo all’esercizio dell’anno 2009. La due Camere hanno speso, in quell’anno, 1.581.158.419 euro, per la precisione..”
Volendo mantenere intatto il numero dei parlamentari e tagliando di netto la metà di tutte le spese – se Tremonti può tagliare in maniera orizzontale ciò che gli pare, va da sé che questo sistema è possibile applicarlo anche con i costi della politica – si ottiene un ulteriore risparmio di circa 750 milioni di euro annui. E siamo stati generosi.
Viriamo ora sui costi degli amministratori locali, soffermandoci solo sulle indennità dei politici regionali e comunali, che nel 2010 ammontavano a 1,5 miliardi di euro. Con un taglio netto dell’80%, per cui se un consigliere regionale prende oggi 10.000 euro al mese ne dovrà prendere al massimo 2.000 - che in ogni caso è un ottimo stipendio - si ottiene un ulteriore risparmio di spesa pari ai 1,2 miliardi di euro.
Anche per la parola chiave Casta non serve essere Odifreddi per convincersi di come si possa risparmiare, ogni anno, pur evitando ai politicanti la gogna della paghetta da 3/400 euro al mese, la bellezza di quasi 12 miliardi di euro (11,950 per la precisione), cui si va ad aggiungere l’una tantum dei 2 miliardi del finanziamento pubblico. Il tutto in maniera semplice e colpendo solo le province, i rimborsi elettorali e i costi di Parlamento, Regioni e Comuni.
E arriviamo, infine, all’ultima parola chiave.
Forse siamo in guerra e nessuno ci aveva avvisato, visto che l’Italia è l’ottavo Paese al mondo per spese militari (ecco uno dei motivi per cui non potrà mai fallire, nonostante le dicerie mediatiche) e nel 2011 ha stanziato un budget che supera i 20 miliardi di €. Le missioni all’estero? Partecipiamo a 8 operazioni, sulle 15 che ci sono in atto nel mondo, per cui spendiamo la bellezza di 1 miliardo e mezzo di €.
Ancora: secondo il libro inchiesta “Il Carro Armato” (Bur-Rizzoli), di Massimo Paolicelli e Francesco Vignarca, le missioni all’estero dell’Italia sarebbero molte di più, 30 (con evidenti ricadute sui costi) ma l’aspetto più sorprendente riguarda il numero dei comandati, inferiore rispetto a quello dei comandanti. Cosa significa? “Che, nonostante le riforme, il nostro esercito professionale conta ancora 190mila uomini, tra i quali il numero dei comandanti - 600 generali e ammiragli, 2.660 colonnelli e decine di migliaia di altri ufficiali- supera quello dei comandati.” Pazzesco. Come se il numero dei politici superasse quello dei cittadini.
Senza contare gli acquisti, inutili, di portaerei Cavour e fregate Fremm (5 miliardi e rotti di €) e i cacciabombardieri Joint Srike Fighter (13 miliardi di €). Facciamo un po’ di conti: se tagliamo della metà le spese militari, abbandoniamo le missioni all’estero ed evitiamo di comprare armamenti superflui, il risparmio netto ammonta a quasi 30 miliardi di €. Non male, vero?
Se il Professor Monti, bocconiano ed economista, dovesse mai avere difficoltà a seguire i nostri semplici ragionamenti, sarà sicuramente felice di trovarsi lo schemetto bello e pronto. Eccola, quindi, la maxi-manovra per raggiungere la divina gloria:
Totale: 372 miliardi annui risparmiati. Considerando che il debito pubblico attuale ammonta a poco meno di 2 mila miliardi, potremmo azzerarlo nel giro di 7 anni. Senza lacrime nè sangue. |
Post n°949 pubblicato il 04 Febbraio 2012 da dammiltuoaiuto
di Carmine Gazzanni http://www.infiltrato.it/inchieste/italia/finanziamento-ai-partiti-la-pi-grande-truffa-della-mala-politica-italianaCirca 13 milioni di euro. A tanto ammonterebbero i soldi pubblici sottratti da Luigi Lusi alla Margherita. Pare che le indagini si stiano allargando e non è da escludere la possibilità che anche nomi di punta dell’ex partito di centrosinistra vengano coinvolti. Ma il problema, in realtà, è di fondo e risponde al nome di “rimborsi elettorali”. La più grande truffa (perché di questo si tratta) della malapolitica italiana, costata, fino ad oggi, più di 2 miliardi di euro. A dirlo è la Corte dei Conti.
Era il 1993. Tramite un referendum, con ben il 90,3% dei voti favorevoli, gli italiani abrogarono il finanziamento pubblico ai partiti. Eppure è noto che i partiti godono ancora di grosse entrate pubbliche. Cosa ha permesso ai partiti di sopravvivere in questi 12 anni? Una serie di leggi nel tempo che, sotto il falso nome di “rimborso elettorale”, garantiscono in realtà veri e propri finanziamenti (e non rimborsi). Per altro spropositati. Ma andiamo con ordine. Il finanziamento pubblico ai partiti venne introdotto dalla legge 195/1974, dietro la proposta di Flaminio Piccoli (DC). All’epoca la norma venne giustificata come la soluzione per evitare collusioni con i grandi poteri (legali e illegali) del tempo. Ma dopo il referendum del ’93 il Parlamento, che in questi casi è più che mai attivo, corse al riparo. Già nel dicembre dello stesso anno, infatti, venne rivista una legge preesistente sui rimborsi elettorali (legge 515/1993), facendo passare come “rimborsi” veri e propri finanziamenti. Infatti, da allora, l’erogazione dei fondi è assolutamente indipendente dai costi sostenuti: “le spese per la campagna elettorale di ciascun partito, movimento, lista o gruppo di candidati che partecipa all’elezione – si leggeva all’articolo 10 - non possono superare la somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di lire 200 per il numero complessivo degli abitanti delle circoscrizioni per la Camera dei deputati e dei collegi per il Senato della Repubblica”. Era fissato per giunta anche un tetto, chiaramente tutt’altro che basso: “le spese per la campagna elettorale di ciascun candidato – si leggeva in quella legge - non possono superare l’importo massimo derivante dalla somma della cifra fissa di lire 80 milioni e della cifra ulteriore pari al prodotto di 100 lire per ogni cittadino residente nel collegio uninominale”. In numeri: già nel 1994, i partiti poterono contare su un “rimborso” di circa 47 milioni di euro. Ma non bastava. Più e più volte i governi, ora di destra ora di sinistra, sono intervenuti in materia. Il Governo Prodi, con la legge n.157 del 1999, cambiò, e di molto, le carte in tavole: istituì quattro fondi - esistenti ancora oggi – per le elezioni alla Camera, al Senato, al Parlamento europeo e ai Consigli regionali. Non solo. Si legge all’articolo 2 comma 2: “All’articolo 9, comma 3, primo periodo, della legge 10 dicembre 1993, n. 515, le parole: "almeno il 3 per cento" sono sostituite dalle seguenti: almeno l'1 per cento”. In pratica, se prima il quorum per sedersi al tavolo dei finanziamenti era fissato al 3%, ora veniva abbassato all’1. Conseguenza: tutti, anche partiti ininfluenti, da allora in poi godono di finanziamenti pubblici. In più le 200 lire previste nel 1993 passarono a 800. Anche il tetto si alzò drasticamente: “l’ammontare di ciascuno dei quattro fondi […] è pari alla somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di lire 4.000 (e non più 100, ndr) per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati”. Poi arrivò Berlusconi e, ancora una volta, i lauti finanziamenti diventarono sempre più lauti. Se infatti nel 1999 era previsto un rimborso di “lire 800” per “ogni cittadino della Repubblica iscritto nelle liste elettorali”, il Cavaliere lo alzò a “euro 1”. Non solo: “all’articolo 1, comma 5, dopo le parole: «è pari» sono inserite le seguenti: «per ciascun anno di legislatura degli organi stessi»”. In pratica, la legge del 2002 ha moltiplicato il rimborso per ciascun anno di legislatura (cinque anni), che equivale a quintuplicarlo. È finita qui? Certo che no: nella legge si specifica anche che i soldi, per quell’anno, non devono essere più corrisposti con cadenza annuale, ma devono essere versati ai partiti in un’unica soluzione. Ma ancora non bastava. Ed ecco un codicillo, inserito, nel decreto milleproroghe del 2006: l’erogazione è dovuta per tutti e cinque gli anni. Anche in caso di fine anticipata della legislatura. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che lo Stato continua a versare i soldi ai partiti per tutti e cinque gli anni, anche se il parlamento è stato sciolto. In altre parole, dal 2006 al 2010 (il decreto legge 98/2011 ha, per fortuna, ripristinato l’estinzione dei fondi in caso di cambio legislatura) noi abbiamo pagato anche “partiti fantasma“, partiti, per dirla in altri termini, presenti nella scorsa legislatura e scomparsi nella vigente. Ecco un’interessante tabella di partiti “scomparsi”, che nel 2010 hanno percepito sostanziosi rimborsi:
È evidente, dunque, come questi non siano rimborsi, ma veri e propri finanziamenti occulti (dato che il referendum del ’93 parlava chiaro), garantiti da una serie di leggi che assicurano grossi capitali (pubblici) ai partiti. I numeri sono da capogiro. In definitiva oggi ad ogni fondo dei quattro previsti (Camera, Senato, Europarlamento e consigli regionali) viene erogato 1 euro per ogni iscritto alle liste elettorali per la Camera dei Deputati. Ogni candidato, in più, può accumulare fino a 52 mila di euro di rimborso più 0,01 euro per ogni cittadino residente nella circoscrizione. Per i partiti, invece, il limite massimo di finanziamento è dato dal numero di iscritti alle liste elettorali di Camera e Senato per ciascuna circoscrizione dove il partito si presenta. Il tutto, chiaramente, viene ripartito percentualmente in base ai seggi ottenuti (“Il fondo per il rimborso delle spese elettorali per il rinnovo della Camera dei deputati è ripartito in proporzione ai voti conseguiti per l’attribuzione della quota di seggi da assegnare in ragione proporzionale, tra i partiti e i movimenti che abbiano superato la soglia dell’1 per cento dei voti validamente espressi in ambito nazionale”). Non solo. Un rapido calcolo ci permette anche di comprendere come alcuni anni siano stati letteralmente d’oro per i partiti. Come lo è stato, ad esempio, il 2008: nelle loro casse sono finite la terza rata del rimborso per le politiche del 2006 (99,9 milioni di euro), la prima rata del rimborso per le politiche del 2008 (100,6 milioni di euro), 41,6 milioni di euro della quarta rata per le regionali del 2005 e la quinta rata del rimborso per le europee del 2004 (49,4 milioni di euro). Totale: 291,5 milioni di euro. In un solo anno. E i partiti presenti in questa legislatura? Ecco gli ultimi dati disponibili, relativi ai contributi per il solo 2010:
Ma, in definitiva, a questo punto, una domanda sorge spontanea. A quanto ammontano i soldi pubblici di cui i partiti continuano a godere ininterrottamente dal ’94? I numeri sono impressionanti. È la Corte dei Conti a rivelarli. Sommando le spese dichiarate dal 1994 al 2008 dai partiti e quanto hanno ricevuto, le cose stanno così: 579 milioni spesi e 2.253.612.233 ricevuti. Una cifra decisamente sproporzionata: una differenza del 389%. E poi si offendono se qualcuno osa chiamarla casta. LEGGI ANCHE |
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Pubblicato il9 giugno 2011
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