Creato da Nekrophiliac il 21/02/2005

DARK REALMS V2

So, I've decided to take my work back underground. To stop it falling into the wrong hands.

 

 

« Messaggio #56Messaggio #58 »

Post N° 57

Post n°57 pubblicato il 19 Giugno 2005 da Nekrophiliac
 
Foto di Nekrophiliac

SEX PISTOLS: NEVER MIND THE BOLLOCKS (1977)

Preambolo. A forza di cantare di folletti e boschi incantati, il rock degli anni ’70 si era sollevato tanto da terra da aver perso di vista la realtà delle cose. A forza di arabescare gli spartiti aveva finito per perdere la potenza e l’immediatezza che vent’anni prima l’avevano fatto nascere e diventare la “cosa” più amata dai giovani di tutto il mondo. Attorno alla metà del decennio in America come in Inghilterra una generazione di giovani musicisti decise che era il caso di tornare a terra e, vedendo quello che la nuda terra mostrava, di cantarlo. Non era un bello spettacolo, quello che si vedeva mettendo il naso fuori: città marce, disoccupazione, nessuna speranza e nessun futuro per i giovani, un panorama culturale agonizzante, alcol e droga come uniche vie di fuga. Quando vivi in una prigione, la prima cosa da fare è distruggerla e quello che fece il punk fu essenzialmente di distruggere. E quello che lasciarono al loro passaggio fu terra bruciata, e niente, dopo di loro fu più lo stesso. Musicalmente il punk era (ed è) poca cosa, ma rappresenta, nella sua energia (auto)distruttiva la vera essenza del rock, il cuore da cui ripartire e su cui costruire. Unico il credo: “sbattetevene le palle”.

La storia. Malcom McLaren, manager furbo e arrivista, messosi in luce sia in Inghilterra sia negli USA per alcuni happening provocatori, organizzò nel 1971 un centro per giovani anti-conformisti in una boutique londinese di sua proprietà. Fu lì che si costituì il nucleo originario dei Sex Pistols, con Glen Matlock al basso, Steve Jones alla chitarra e Paul Cook alla batteria. Al gruppo si unì verso la fine del 1975 un vero teppista di strada, Johnny "Rotten" Lydon, in qualità di cantante. McLaren, che aveva visto nascere la new wave a New York, portò in Inghilterra i Ramones, che avevano appena destato scandalo negli States. I Sex Pistols si ispiravano a quel nascente movimento, ma fin dall'inizio lo interpretarono in funzione del disastro sociale ed economico della Gran Bretagna: laddove i Ramones prendevano in giro la società raccontando le avventure di adolescenti borghesi con la stessa scipitezza con cui i Beach Boys cantavano i party in spiaggia, i Sex Pistols si misero a urlare a squarciagola il nichilismo e l'ostilità quasi animalesca dei giovani emarginati inglesi. Il complesso esordì dal vivo al 100 Club il 30 marzo 1976. Le loro selvagge esibizioni conquistarono loro subito una certa popolarità. Migliaia di ragazzi si riconobbero subito nelle fucilate violentissime delle loro canzoni. La loro esibizione oltraggiosa di analfabetismo musicale, di indifferenza asociale e di perversione maniacale si sposava a meraviglia con l'umore di una generazione dimenticata tanto dai loro genitori quanto dai governanti. I Sex Pistols divennero un simbolo di provocazione e sarcasmo nei confronti della decrepita e cadente Inghilterra, così come i Rolling Stones lo erano stati per la "swinging London" degli anni '60. Il 20 settembre 1976, al primo festival punk, il gruppo ebbe modo di sfoggiare la loro carica eversiva. Nonostante il biasimo dei giornali e delle autorità, i Sex Pistols ottennero un contratto favoloso dalla EMI e incisero il primo 45 giri, Anarchy In The UK, uscito nel novembre 1976, che comincia con l'urlo brutale, una delle poche liriche veramente significative dell'intera storia del rock. I Sex Pistols profetizzavano la fine della civiltà occidentale, offrendo di fatto a tutti i kid emarginati l'equivalente di una via di salvezza. La musica era una versione ancor più accelerata del punk-rock dei Ramones. Su tutto il fronte, i Sex Pistols significavano isteria, nevrosi, paranoia. Johnny Rotten fece di tutto per attirarsi le ire dei media con comportamenti (autenticamente) offensivi. Il gruppo fu protagonista di un incidente dietro l'altro. Nel giro di pochi giorni i Sex Pistols vennero banditi dalle radio e dai palcoscenici di mezzo Regno Uniti e il 30 marzo 1977, la EMI li licenziò. In giugno i Sex Pistols firmarono per la A&M. Nove giorni dopo anche la A&M li licenziò. Mentre il primo 45 giri, nonostante i boicottaggi, stazionava nelle charts, il complesso, che aveva espulso Glen Matlock per far posto a un altro teppista amico di Rotten, Sid "Vicious" Beverley, incise il secondo 45 giri, God Save The Queen (canzone “coverizzata” miliardi di volte da miliardi di gruppi), altrettanto oltraggioso e apocalittico, in coincidenza con i festeggiamenti per il giubileo della Regina Elizabeth. Nonostante il ferreo bando imposto da tutti i patrioti indignati, il brano, presentato su un battello che scese il Tamigi durante un party notturno, conquistò subito i primi posti nelle classifiche di vendita. Pretty vacant, terzo 45 giri, non solo ripetè la stessa imbarazzante scalata alle charts, non solo sferrò un'altra potente accusa/insulto all'establishment, ma è anche un brano molto più musicale, forse il migliore della loro carriera. Il gruppo però, indifferente alle ingenti somme guadagnate nell'arco di un anno, continua a imperversare come dei cani rabbiosi sguinzagliati per le strade di una Londra perbenista che assiste impotente all'avvento della barbarie punk.  Il loro unico album, Never Mind The Bollocks (Virgin, 1977), è una raccolta dei leggendari 45 giri e di altre canzoni-siluri al vetriolo, tutte basate sul canto frenetico e sconnesso del principe punk “Rotten” e sulla ritmica micidiale. Il 14 gennaio dell'anno dopo i Sex Pistols tengono l'ultimo spettacolo, nella San Francisco che fu la roccaforte degli hippie. Poi la crisi: velocemente com'erano saliti alla ribalta, i Sex Pistols si disintegrano, coscienti forse di essere stati sfruttati per biechi fini mercantili, di entrare pian piano a far parte di quel mondo che odiano così ferocemente. L'astuto Malcom McLaren li abbandona in tempo al loro destino. Johnny “Rotten”, il più intellettuale, torna in Inghilterra e si costruisce una nuova carriera, annunciando a gran voce le esequie del “Rotten” dei Sex Pistols. Vicious, già diventato nume carismatico del nichilismo punk per aver dimostrato un assoluto disprezzo della morale e della vita in generale, tossicodipendente continuamente sull'orlo del collasso finale, prima pugnala a morte la sua ragazza, e poi, rilasciato in libertà provvisoria, si suicida con una overdose di eroina. In quella Sid Vicious, primo martire del punk, corona in un certo senso l'esperienza dei Sex Pistols. Il mito dei Sex Pistols dilaga. Si moltiplicano in tutto il regno i complessi di punk-rock che li imitano, ma forse nessuno riesce a esprimere in maniera così sincera e radicale la filosofia di vita dei punk.

Il disco. Se qualcuno volesse sapere che cos'è il punk, ci sono alcuni dischi che dovrebbe assolutamente ascoltare e Never mind the bollocks dovrebbe essere il cima alla lista. Il merito principale dei Sex Pistols con il loro unico vero LP è stato, infatti, quello di fotografare perfettamente un'epoca, quella del "punk 1977", di rappresentare con grande lucidità - incredibile per un gruppo di ragazzi di strada - un momento preciso del rock e diventarne il fulcro, il momento in cui è stato definitivamente abbattuto quello che ormai era diventato un colosso d'argilla per ricostruire al suo posto il nulla o il tutto a seconda dei punti di vista. Never Mind The Bollocks, anche con la sua lunga e avventurosa genesi, ha reso evidente e innegabile che nulla sarebbe più stato lo stesso. Questo disco può essere contestato perché suonato in modo elementare, perché schifosamente nichilista e incosciente, oppure viceversa perché rappresenta anche (ma non solo) l'aspetto commerciale di un movimento che voleva essere anti-tutto per eccellenza, che comunque non può essere ignorato. Non si può negare che abbia definitivamente portato tutto ciò che il punk voleva dire e fare a un punto di non ritorno. Non c'è via di scampo, da questo disco bisogna passarci per forza. I Sex Pistols fecero tutto, compreso farsi manovrare da Malcom McLaren, con l'incoscienza dei vent'anni, con la furia cieca di chi non aveva niente da perdere, proprio come i giovani della Gran Bretagna in crisi nera, economica e morale, della seconda metà degli anni ‘70. I canoni rock consolidatisi a partire dalla fine degli anni 60 non avevano più niente da dire a chi si trovava disoccupato, senza prospettive, senza un soldo, senza una guida e dunque anche senza più miti illusori. Era il 1976, musicalmente c'era stata una calcificazione di stilemi precipitata in brevissimo tempo: nel progressive-rock, ormai salvo rare eccezioni in una fase d'agonia, fatta di masturbazioni strumentali e drammatica carenza di idee, sempre le stesse e ripetute all'infinito, nell'hard-rock, ormai pomposo, nel folk-rock arrivato alla vecchiaia, nella psichedelia ormai anch'essa integrata, nel pop ormai depotenziato in colonna sonora del sabato sera “in”. Le raffinatezze strumentali e liriche suonavano tanto vuote e irritanti per quella gioventù allo sbando come uno spruzzo d'acido negli occhi, e quindi cosa fare? L'abbattimento degli idoli, o meglio il loro totale rifiuto, il non-riconoscersi in essi in quanto ormai troppo sideralmente lontani, era quanto di più naturale potesse esservi. In ogni modo, cosa mettere al loro posto? La risposta fu il nulla, il puro e semplice rifiuto, disgusto, schifo e vomito per tutto ciò che i "grandi", ossia gli ex-giovani ormai imborghesiti (esattamente come coloro che un tempo avevano contestato) ascoltavano e veneravano. La perfetta colonna sonora di quel disgusto erano le nuove sonorità che venivano da oltreoceano: distorte, squadrate e veloci, dirette come un pugno quanto le altre erano ormai vuote e sfiancate. Rifiuto e disgusto, dunque, il punk era tutto questo e in una situazione simile lo sbocco naturale non poteva essere che questo. Gli hippy del “flower power” avevano clamorosamente fallito nel tentare di cambiare il sistema, non restava che abbatterlo, almeno in parole e musica. Chi poteva offrire una prospettiva di ribellione immediata sia pur velleitaria a chi si trovava a vivere in quartieri devastati dall'abbandono e dalla disoccupazione? Le rockstars che si rigiravano nei miliardi proponendo virtuosismi strumentali che nessuno di quei ragazzi avrebbe potuto riprodurre, se non con secoli di studio, e raccontavano di folletti e mondi di fantasia? Certamente no, l'urgenza di gridare la realtà e abbattere quello stato di cose era terribilmente immediata. Quindi, il punk fece quello che c'era da fare: rifiutare tutto il passato recente, tornare all'elementarità del ritmo, degli accordi e dello "sfogo" del rock and roll. Qualcosa che chiunque con il minimo del minimo di capacità potesse usare per urlare la propria rabbia. Il disco riassume in sé l'essenza di quello "sfogo": fondamentalmente fine a se stesso, insensato ma vivo e vibrante. Un grido infantile e anarchico frutto della presa di coscienza per l'assenza di prospettive, che si coglie nelle sue parole d'ordine: Nessun futuro! Nessun sentimento! Anarchia! La stessa voce di Johnny “Rotten” è isterica, bambinesca e canzonatoria, una vera caricatura. I potenti riff chitarristici sono elementari per il disgusto di chi invece ammirava le ricercatezze strumentali, la batteria è sbattuta più che suonata, il basso è puramente ritmico. In questo capolavoro giace il paradigma di un’epoca musicale, sintesi di quello che il punk andava non-predicando nel momento della sua massima esplosione, sia musicalmente che a livello di testi: “I am an Antichrist, I am an anarchist. Don't know what I want but I know how to get it” (Io sono un Anticristo, Io sono un anarchico. Non so cosa voglio ma so come ottenerlo). Anarchy In The UK (traccia n°8). Ho detto tutto. Una capacità di sintesi davvero rara nel dichiarare i propri intenti, che poi erano proprio quelli del punk in quel 1977 di rivoluzione musicale. Non solo, ma la rivoluzione, come detto, era anche sociale: si aveva davvero paura di questi anarchici incomprensibili e pazzoidi. Never Mind The Bollocks, già dalle sue prime due parole quali "I don't", grida il suo rifiuto e lo ripete lungo tutte le sue 12 tracce, si fa così portabandiera di un movimento senza più bandiere. I Sex Pistols sbattono in faccia al mondo il loro no a tutto, il loro essere elementari e volgari, il loro essere "la grande truffa del rock and roll", il loro "non saper suonare" e soprattutto di tutto questo se ne infischiavano. Come accennato, sebbene fosse sostanzialmente pronto fin da molto prima dell'uscita, il disco ebbe una gestazione estremamente travagliata. Il gruppo produceva singoli oltraggiosi per le istituzioni britanniche e per tutti i perbenisti, i quali regolarmente devastavano le classifiche a dispetto di tutti i boicottaggi e le censure, nell'anno del giubileo si prendevano gioco della Regina in God Save The Queen (traccia n°6) e rincaravano: “is not an human being”, girando per il quartiere ebraico di Londra esibendo magliette con la svastica, insultavano in diretta conduttori televisivi, facendosi arrestare e soprattutto odiare, e tutto ciò altro non era che acqua data a fiumi a una gioventù sottoproletaria inglese assetata di qualunque cosa fosse "anti". Erano di fatto ingestibili. Probabilmente, checché ne dica Malcom McLaren, sfuggirono di mano persino al loro creatore, che tentava disperatamente di imbrigliarli di nuovo; non per nulla “Rotten” gli dedicherà la schifata Liar (traccia n°4). Bugiardo. L'album sembrava non dover mai vedere la luce e invece fu la Virgin a prendersi coraggiosamente in carico quei pazzi e a pubblicare finalmente quella che ormai era poco più di una raccolta dei singoli fulminati e fulminanti che i Sex Pistols avevano sparato fino a quel momento, con qualche "perla" in più come la sarcastica E.M.I. Unlimited Edition (traccia n°12), dedicata a ovviamente all'etichetta che si meritava tutto il loro disgusto. Il disco, sebbene forse ripulito troppo in fase di missaggio, dal punto di vista musicale è duro e tagliente, perfettamente prodotto, tanto che sebbene abbia praticamente gli stessi suoni per tutta la sua durata, riesce a essere incredibilmente vivo dall'inizio alla fine. I riffs grandiosi e ignoranti si susseguono uno dopo l'altro come schiaffi in una rissa e sembra di avere “Rotten” davanti che ci spara in faccia la sua risata satanica all'inizio della suddetta Anarchy In The UK, che ci spernacchia o che, con gli occhi spalancati e l'aria di essere appena uscito da una seduta di elettroshock, gioca a fare il bambino che pesta i piedi. Gli assoli di chitarra sono ridotti al lumicino come si conviene a un disco punk della prima ora, sebbene la chitarra distorta e suonata con semplici accordi sventagli costantemente su tutto; le rullate di batteria sono rabbiose e brevi mitragliate d'avvertimento; il "canto" arrabbiato non ha pietà nemmeno per le regole linguistiche. Comunque, non è del tutto vero che i Sex Pistols non sapessero affatto suonare, questa è una leggenda diffusa dai loro nemici della sponda "raffinata" e da Malcom McLaren, nonché derivata dalla sciagurata assunzione di “Sid Vicious”. Il gruppo è perfettamente compatto e la sezione ritmica sa certamente il fatto suo; “Rotten” si incastra perfettamente nel gioco, la sua voce aspra e storpiata dallo slang e dai difetti di pronuncia è perfetta per la situazione. Certo, paragonato agli arpeggi delicati dei mastodonti rock del tempo tutto ciò sembrava orrendo ma… “We like noise, it's our choice/ If's what we wanna do/ We don't care about long hair” (Ci piace il rumore, è la nostra scelta/ Se è ciò che vogliamo /Ce ne freghiamo dei capelli lunghi). Non poteva che essere il testo di Seventeen (traccia n°7). Ci sono il livore, l'isteria rabbiosa ma anche una magnifica lucidità dei testi nel mettere alla berlina le artritiche vestigia inglesi, ma non solo, senza rispetto per niente e nessuno. A partire dalla ferale marcia militare con cui inizia l’apocalittica Holidays In The Sun (traccia n°1) non ci sono momenti di pausa in questa corsa a perdifiato verso il nulla. In mezzo a al delirio di materiale da pogo all'ultimo sangue attraverso l'invettiva sarcastica di No Feelings (traccia n°3), l’aggressività di Problems (traccia n°5) e il no-sense di Sub-mission (traccia n°9), i Sex Pistols si permettono anche un accenno di reggae-rock e di chitarra Keith Richards-oriented nella denuncia marziale di New York (traccia n°11), producono cori malati e scordati in un’oscena Bodies (traccia n°2), si fanno beffe persino della disoccupazione dilagante in Pretty Vacant (traccia n°10): “We're so pretty, oh so pretty!/ Vacant/ But now…/ And we don't care!” (Siamo così carinamente, oh così carinamente/ Disoccupati/ ma ora.../ Non ce ne importa!) o dell'aborto - prendendo però inaspettatamente posizione contro - nella stessa Bodies: “Body screaming, fucking bloody mess/ It's not an animal, it's an abortion” (Corpo urlante, fottuto schifo sanguinolento/ Non è un animale, è un aborto). Nonostante “Rotten” si sforzi di urlare come un ossesso e il resto del complesso si comporti come un gruppo di epilettici, la canzone ha un ritornello e un riff. Il ritmo mozzafiato ne aumenta in realtà l'impeto. Poi, naturalmente, non è possibile non citare l’epiteto "no future", divenuto addirittura sinonimo di "punk". E mucchi di amenità simili. Questo è il disco meno scontato e più antiretorico della storia della musica. 

Conclusione. Se un merito il punk l’ebbe, fu di ritrovare quel cuore e mostrare che ancora batteva. Per farlo, bruciare tutto quello che gli stava intorno era probabilmente necessario. Giusto quattro accordi, urla belluine, testi minimali, violenza verbale e musicale: qui non c’è altro, ma per i giovani di allora questo era più che sufficiente per tornare ad identificarsi con un cantante o un gruppo, per tornare a credere che gente come loro. Tutto ciò era, purtroppo, troppo fragile, troppo musicalmente povero perché potesse durare. Ciò nonostante, ebbe il merito di dare uno scossone violento ad un panorama musicale che realmente si stava addormentando di un sonno troppo simile alla morte. Scolastico.

 
 
 
Vai alla Home Page del blog

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963