Creato da Nekrophiliac il 21/02/2005

DARK REALMS V2

So, I've decided to take my work back underground. To stop it falling into the wrong hands.

 

 

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Post N° 62

Post n°62 pubblicato il 02 Settembre 2005 da Nekrophiliac
 
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TOBIAS SAMMET'S AVANTASIA: THE METAL OPERA PT. II (2002)

Napoli, cielo velato. Come quel giorno di settembre di tre anni fa. Quando la luce dell’ambizioso progetto »Avantasia« dissipò le tenebre. Complice un negoziante che mi lasciava ascoltare qualsiasi cosa gli proponessi - incluse obbligatoriamente le nuove uscite - ebbi fra le mani, e naturalmente in cuffia, il disco che non ti aspetti, o meglio una grossa fiaba, davvero bella nella sua semplicità, raccontata attraverso una sorta di grande musical fantasy. Così si concludeva ad un anno di distanza dall'uscita della prima parte, abilmente partorita dalla mente dell'eclettico Edguy, Tobias Sammet. Un eufemistico progetto solista. E si concludeva con grande classe, la stessa immancabile e cristallina classe che traspariva e trasudava proprio da The Metal Opera (2001). Forse definirla "opera" è un po' troppo, in quanto sono assenti alcuni elementi fondamentali del genere in questione - persino le parti orchestrali sono presenti in maggior numero in un qualsiasi album di symphonic metal - ma di fronte ad un concept di così ampio respiro, supportato da una storia interessante, curato nei minimi dettagli a livello di arrangiamenti e nobilitato dall'interpretazione dei vari personaggi affidata al gotha della musica metal internazionale non potevo che inchinarmi. Il “cast” d’eccezione della prima parte ricompare praticamente al completo, anche perché le registrazioni sono state effettuate praticamente nello stesso periodo, e annovera Michael Kiske e Kai Hansen (Helloween), André Matos (Angra, Shaman), David De Feis (Virgin Steele), Sharon Den Adel (Within Temptation), Oliver Hartmann (At Vance), Timo Tolkki (Stratovarius), Rob Rock (Metallica), Bob Catley (Magnum) ed Eric Singer (Kiss). Di certo non comparse, bensì sublimi interpreti metallici. Per quanto riguarda la formazione della band, guidata dalle potenti linee vocali di Tobias Sammet, questa presenta Henjo Richter alla chitarra, Markus Grosskopf al basso e Alex Holzwarth, batterista dei Rhapsody, alle pelli. Davvero niente male. Un connubio di potenza, melodia, danno vita a dieci potenziali capolavori. Il songwriting è straordinariamente complesso, ciò nonostante l'elemento portante della musica di Tobias Sammet & Co. rimane la melodicità e l'immediatezza dei brani. Dopo il breve e solito intro con tanto di cori e contro-cori, non si parte a raffica con Seven Angels, un mid-tempo assolutamente affascinante. Una strofa fantastica e un ritornello trascinante come pochi sono i punti forti della prima parte di questa canzone. Impossibile non cantare l'attacco delle strofe assieme ad Oliver Hartmann, o ad un sempre straordinario David DeFeis. Ed ovviamente c'è spazio sia per il redivivo Michael Kiske che per il patron del progetto, Tobias Sammet. La seconda parte, invece, dopo un interludio tirato, assume toni pacati, quasi un'altra canzone. In ogni caso, questo istante della canzone esprime a lettere cubitali il concetto di atmosfera teatrale, in cui si inseriscono magnificamente i due "folletti" Kai Hansen e André Matos. Quindici minuti che passano in piacevole fretta e che lasciano poi spazio alla seguente No Return e ai suoi tempi da classica speed-song. Stavolta entra in scena il grandissimo Bob Catley, straripando con The Looking Glass, che beneficia a pieno della sua presenza, e rimane uno dei momenti più belli e riusciti di tutto il disco, così come la seguente e robusta In Quest For. Con The Final Sacrifice si torna su ritmi più tirati e un riffing alquanto aggressivo. Qui a farla da padrone è nuovamente quel David DeFeis, perfettamente a proprio agio con le linee vocali scritte da Tobias Sammet. Costui è riuscito, come un provetto sarto, a cucire un abito perfettamente a misura per ogni suo ospite. Attento a non rovinare la stoffa. Piuttosto, per chi conosce uno degli ultimi lavori targati Edguy, Mandrake (2003), l'attacco di Neverland risulterà senza ombra di dubbio ben più che familiare. E' infatti stranamente identico a quello di All the clowns. Ciò nonostante, a seguito di un po' di ascolti la canzone riesce ugualmente ad entrare in testa, e magari la si può anche canticchiare mentre si passeggia. Anywhere, la traccia seguente, è la classica romantica ballata, unica cantata interamente da Tobias Sammet, che, suo malgrado, è riuscito a ritagliarsi un suo discreto spazio. Anywhere fa però il verso alla splendida Farewell. Non l’eguaglia, ma ne rinverdisce i fasti. Di sicuro. Ennesimo cambio completo di registro, sia dal punto di vista della velocità che della qualità, per Chalice Of Agony (click), una speed-song ma dotata di un coro imponente, per maestosità, pomposità e bellezza. Ritornello che fa il paio con quello di Memory, con un Ralf Zdiarstek scatenato. Un finale col botto, quindi, rasserenato solo un po' dall’outro della conclusiva Into The Unknown dove fa la sua seconda breve apparizione l'ammaliante Sharon Den Adel e la sua sognante voce. In conclusione, Tobias Sammet con il secondo capitolo della fantastica saga è riuscito ad affermare la sua capacità nel creare melodie di un certo tipo e nel curare in maniera sopraffina orchestrazioni e liriche, dando vita ad un disco fresco e originale. Da non perdere.

 
 
 
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