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beatitudineecastigo

Blog per pochi. Sono gradite menti elastiche ed eleganti. Eleganti … di chi è capace di umiltà (non solo intellettuale). Elastiche … di chi ama il confronto. Non è quindi gradito chi ama autoincensarsi.

 

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Sulla "dote"

Post n°50 pubblicato il 17 Giugno 2007 da amoildeserto

Ho promesso questo post a Lilith



Mia madre comprava cose per me, per quando mi sarei sposata, anche se,  in casa, nessuno era così certo che questo sarebbe accaduto.
Avevo  una testa stramba, facevo una vita libera … impossibile, pensavamo tutti, che potessi sopportare a lungo un uomo al mio fianco.
La “dote”, la chiama Lilith, il “corredo” l’ho sempre sentito definire io.
Meglio non inoltrarsi sul significato della parola che aprirebbe lunghi discorsi sul ruolo della donna o meglio sul non ruolo … un pacco, insomma, che passa da una mano all’altra, ma il pacco non è sufficiente, ci vuole qualcosa di più ad accompagnarlo … un’aggiunta, un corredo, qualcosa che serva a completare, appunto.
Ma ho sempre voluto pensare il corredo, come un insieme di deliziosi tessuti con merletti e ricami.
Mia madre, dicevo, comprava o faceva fare cose per me.
Comprava, perché a lei nulla era rimasto.
Come ogni ragazza del suo tempo, aveva trascorso molti dei suoi giorni dalle suore a ricamare lenzuola, asciugamani, tovaglie, coperte che avrebbero reso accogliente la sua casa.
Poi l’incendio, le mine, la casa che non c’era più e quel suo sogno sparito tra le fiamme.
Niente era rimasto, solo quel vestito che aveva indosso.
Il fuoco si era portato con sé, oltre ai ricami fatti nei pomeriggi nevosi, anche quelli della sua mamma e della sua nonna.
Da quel momento non ha più voluto ricamare, si è sempre rifiutata, per non pensare al fuoco e a quel nulla che era rimasto …
Ecco perché comprava. Ecco perché faceva fare.
Anche della casa di mio padre erano rimaste solo macerie, distrutta anch’essa, come del resto, la quasi totalità delle case del paese.
Mia nonna fece fare, poi, rotoli di tela e mia madre li fece ricamare … era forse un po’ come ricostruire quel qualcosa che, di loro, se n’era andato.
Ed ora sono qua ad abbellire la mia casa, diventati lenzuola, tovaglie, asciugamani.
 … E un giorno mi chiamò mia zia, la sorella di mio padre.
“Ho pensato di darle a te. Erano della zia, tu porti il suo nome e devono essere tue.”
Due federe, le uniche cose rimaste. Chissà come si erano salvate!

E’ stato poi l’uomo al mio fianco ad aver deciso di non sopportare più me.
Gli uomini, si sa, ti scelgono, ti ammirano, ti adorano per quel che sei … preferiscono, infine, solcare strade più facili.

 
 
 
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Quel luogo incantato ...
Solenne città coloniale, splendida nella sua decadenza, atmosfera rarefatta, trasognata, aerea … il luogo dell’anima.
Camminare fra le stradine di ciottoli, ammirare la magnifica architettura delle case giallo-ocra, le splendide chiese, l’affascinante visione dei tre imponenti vulcani, Agua, Fuego e Acatenango, ha rappresentato per me la realizzazione di un sogno, neppur sognato.
Antigua il luogo dove vorrei vivere, non so se questo mai accadrà, mi sono però fatta la promessa di trascorrervi almeno un anno dei miei giorni.

 

LEI. FRIDA KAHLO

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In un articolo su Leon Trotskij, comparso su Frigidaire nei primi anni ‘80, venni per la prima volta a contatto con la figura di Frida Kahlo.
Mi parve da subito una donna di grande coraggio e intelligenza e decisi di approfondire attraverso alcune letture.
Moglie del più grande muralista messicano, Diego Rivera, ebbe, oltre la poliomelite, due gravi incidenti: il primo a 18 anni quando, in uno scontro fra un tram e l’autobus su cui viaggiava, rimase trafitta e ciò le comporterà nel corso degli anni la non possibilità di vivere la maternità e il dover subire un gran numero di interventi, fino all’amputazione di un piede prima, della gamba poi … il secondo … l’incontro con Diego, che lei soleva dire, a volte per scherzo, a volte per rabbia, essere stato un incidente decisamente più grave del primo!
Frida dipinse nelle opere, in modo crudo e aspro, ma al contempo dolce e delicato, la parte dolorosa della sua realtà.
Nonostante l’handicap e le grandi sofferenze è riuscita a vivere coraggiosamente, anche in modo estremo, giorni pieni di ideali, di passioni, di amori, di incontri.
E’ stata adorata da Diego e lo ha adorato nonostante i ripetuti tradimenti: non era, di questi, il rapporto fisico che la distruggeva, ma il tradimento mentale, la mancanza di lealtà e, in quelle sue ferite, penso ci si possano riconoscere e ritrovare molte donne.
Divorzieranno, si cercheranno di nuovo e si sposeranno ancora … fa venire alla mente i tanti rapporti indefiniti, a volte conflittuali, così difficili da recidere, coppie addomesticate, in cui nessuno riesce a fare a meno dell’altro, forse, per amore.
E’ stata amata da tanti per quella vivacità, trasparenza, duttilità e finezza mentale, che le hanno permesso di vivere e coltivare, nei momenti in cui tutto luccicava, i fiori del giardino della sua vita e di sostenere, con grande forza, la solitudine nei tanti momenti bui.
Fosse lo stesso per tutte quelle donne che, da regine, si ritrovano un giorno, non più accolte!
Nella sua casa, Casa Azul, ora museo, fra le sue cose, i suoi colori, le sue opere, si respira un’aria tersa, linda, che ti entra dentro e ti riempie l’anima .
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(scritto nel giorno del 50° della sua morte 13 luglio 1954 - 2004)


 

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