Creato da pcltorino il 13/05/2007
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I QUATTRO PUNTI PER ADERIRE AL McPCL

 
I QUATTRO PUNTI PROGRAMMATICI DEL MOVIMENTO COSTITUTIVO DEL PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

(23 giugno 2006)

Il Movimento costitutivo del Partito Comunista dei Lavoratori intende recuperare e attualizzare il patrimonio programmatico del marxismo rivoluzionario riscattandolo dalla lunga rimozione teorica e pratica di cui è stato oggetto da parte della socialdemocrazia e dello stalinismo.
Questo recupero e attualizzazione si concentra su quattro assi di fondo che indichiamo come base politica di principio del nuovo movimento.

1 – RIVENDICHIAMO L’ INDIPENDENZA POLITICA DEL MOVIMENTO OPERAIO E DEI MOVIMENTI DI LOTTA DALLE FORZE DELLA BORGHESIA: dai suoi interessi, dai suoi partiti, dai suoi governi.
I marxisti rivoluzionari hanno sempre contrastato le politiche di collaborazione con le classi dominanti collocandosi all’ opposizione dei loro governi. Questo principio di indipendenza della classe lavoratrice dalla borghesia è, se possibile, ancor più attuale nell’odierna situazione storica. La crisi del capitalismo e il crollo dell’URSS hanno chiuso lo spazio storico del riformismo. Ogni coalizione di governo delle sinistre e dei “comunisti” con le forze della borghesia significa la loro corresponsabilizzazione alle politiche controriformatrici della classe dominante. Tutta l’ esperienza internazionale degli ultimi quindici anni lo riprova in forma inequivocabile: i governi di centrosinistra in Italia, il governo Jospin in Francia, il governo Lula in Brasile, hanno tutti amministrato e amministrano , in forme diverse, gli interessi della borghesia contro gli interessi dei lavoratori e delle grandi masse. Il nuovo governo Prodi-Padoa Schioppa, i suoi programmi annunciati in politica estera e politica sociale, si pongono sullo stesso terreno. Ed anzi riflettono una diretta investitura nel centrosinistra dei settori più significativi del grande padronato.
Intendiamo combattere questa politica nel nome di una linea alternativa. Siamo certo favorevoli all’ unità di classe dei lavoratori e dei movimenti di lotta delle classi subalterne, ma per una loro piena autonomia dalle forze avversarie e in funzione di un’alternativa vera. Solo l’ opposizione ai governi della borghesia può preparare le condizioni di un’ alternativa anticapitalistica. Solo l’ opposizione radicale ai governi della borghesia può strappare risultati concreti e conquiste parziali com’ è dimostrato dalla recente vittoria della rivolta sociale dei giovani e lavoratori francesi contro le misure di precarizzazione del lavoro.
Vogliamo dunque batterci per l’ unità di lotta di tutte le espressioni del movimento operaio e dei movimenti di massa attorno ad un autonomo polo di classe anticapitalistico.



 

I QUATTRO PUNTI II

 
2 – CI BATTIAMO PER LA CONQUISTA DEL POTERE POLITICO DA PARTE DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI, BASATO SULL’ AUTORGANIZZAZIONE DI MASSA, come leva della trasformazione socialista.
La prospettiva socialista è la ragione d’ essere del comunismo. I comunisti si battono contro un’ organizzazione capitalistica della società che concentra nelle mani di una piccola minoranza privilegiata tutte le leve decisive dell’ economia e il grosso della ricchezza sociale: un’ organizzazione capitalistica che si basa sullo sfruttamento del lavoro, sul saccheggio dell’ ambiente, sull’oppressione dei popoli; e che oggi conosce il prepotente ritorno delle politiche di potenza dell’ imperialismo e degli imperialismi per una nuova spartizione delle zone di influenza, per la conquista dei mercati, delle materie prime, della manodopera a basso costo. Solo il rovesciamento del capitalismo e dell’ imperialismo può liberare un futuro diverso per l’ umanità. Solo la proprietà sociale dei mezzi di produzione e delle leve della finanza può consentire la riorganizzazione radicale della società umana attorno al primato dei bisogni e delle esigenze collettive, e non del profitto di pochi.
La conquista del potere politico da parte delle classi lavoratrici è un passaggio decisivo di questa prospettiva di liberazione. Il potere dei lavoratori e delle lavoratrici non ha niente a che vedere né con la cosiddetta “democrazia partecipativa”, né con la dittatura burocratica di caste privilegiate. Esso si basa – come voleva Marx – sull’ autorganizzazione democratica dei lavoratori stessi, sulla revocabilità permanente degli eletti, sull’ assenza di ogni privilegio sociale degli eletti rispetto ai loro elettori come nei grandi esempi della Comune di Parigi e della rivoluzione russa delle origini. Contro l’ attuale dittatura degli industriali e dei banchieri – che si fa chiamare”democrazia” – si tratta di lottare per la democrazia autentica: il potere dei lavoratori e della maggioranza della società quale leva di riorganizzazione della società stessa.

 

I QUATTRO PUNTI III

 
3 – RIVENDICHIAMO IL LEGAME NECESSARIO TRA GLI OBIETTIVI IMMEDIATI E GLI SCOPI FINALI.
Come scriveva Marx, i comunisti difendono nel presente il futuro del movimento operaio e della prospettiva socialista. La coesione coerente tra rivendicazioni immediate e conquista del potere politico è un carattere decisivo della politica rivoluzionaria: contro ogni separazione tra minimalismo dell’ azione quotidiana e propaganda astratta del socialismo. Questa connessione – che fu alla base dei partiti comunisti delle origini – è tanto più attuale nel contesto odierno della crisi del capitalismo e del riformismo, laddove ogni seria lotta di massa per le esigenze immediate dei lavoratori tende a cozzare con le compatibilità sempre più strette del regime capitalistico, e viceversa ogni rinuncia alla prospettiva anticapitalista conduce in un vicolo cieco le stesse lotte immediate.
La necessità di ricondurre gli obiettivi immediati ad una prospettiva anticapitalista non riguarda solamente le rivendicazioni sociali della classe lavoratrice ma tutte le domande di emancipazione e liberazione: le domande di tutela della natura e dell’ ambiente, le rivendicazioni “pacifiste”, le domande di liberazione della donna, le stesse rivendicazioni anticlericali e per i diritti civili. Ognuna di queste domande cozza, direttamente o indirettamente con un’organizzazione capitalistica della società che fa del profitto l’unica sua religione e che si basa sulla violenza quotidiana dell’oppressione, della segregazione, dell’ ipocrisia, verso la maggioranza dell’ umanità. Ognuna di queste domande esige una risposta anticapitalistica.
Per questi il Movimento del Partito Comunista dei Lavoratori si impegna nella classe operaia e in ogni movimento di lotta dei settori oppressi della società per sviluppare la coscienza delle masse in senso anticapitalistico, per ricondurre ogni loro obiettivo alla necessità di un’ alternativa di sistema.
 

I QUATTRO PUNTI IV

 
4 – RIVENDICHIAMO LA NECESSITA’ DI UN’ ORGANIZZAZIONE RIVOLUZIONARIA DEI COMUNISTI.
Il movimento comunista nacque come movimento internazionale. Perché la prospettiva socialista è realizzabile compiutamente solo su scala internazionale, solo rovesciando la realtà internazionale del capitalismo e dell’ imperialismo.
Tanto più oggi il recupero di un’ organizzazione rivoluzionaria dell’avanguardia di classe internazionale è condizione indispensabile di un’ autentico rilancio di una prospettiva comunista. Tanto più oggi dopo il crollo dell’ URSS il quadro capitalistico è profondamente integrato sul piano mondiale. La realtà della cosiddetta “globalizzazione” capitalistica acuisce la concorrenza e le divisioni nella classe lavoratrice internazionale, tra diversi paesi e continenti. Ogni seria lotta di classe sul piano nazionale, persino al livello di singole categorie o grandi aziende, pone l’ esigenza di un raccordo internazionale con i lavoratori e le lotte degli altri paesi. Così ogni movimento di liberazione nazionale dei popoli oppressi contro l’ imperialismo – a partire dal popolo palestinese e dal popolo arabo in generale – indica l’ obiettiva necessità di una convergenza di lotta con la classe operaia dei paesi imperialisti: così come quest’ultima può e deve porsi nel proprio stesso interesse, l’ esigenza di un pieno e incondizionato sostegno ai movimenti di liberazione dei popoli oppressi, al loro diritto di autodeterminazione, alla loro azione di resistenza.
I comunisti, tanto più oggi, devono sviluppare in ogni lotta nazionale la consapevolezza della necessità di una prospettiva internazionale di liberazione. E al tempo stesso devono lavorare ad unire, su scala mondiale, tutte le rivendicazioni e domande delle classi oppresse per ricondurle ad una prospettiva socialista. Ciò implica il raggruppamento organizzato su scala internazionale dei comunisti rivoluzionari e dei settori più avanzati dell’ avanguardia di classe, al di là delle diverse provenienze e collocazioni attuali, sulle basi programmatiche e sui principi del marxismo.
Il Movimento Costitutivo per il Partito Comunista dei Lavoratori si impegna in questa direzione con tutte le proprie forze.
 
 
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Post N° 50

Post n°50 pubblicato il 29 Ottobre 2008 da pcltorino

Contro la riforma Moratti e la Gelmini

Contro Rettori e baroni, che difendono i loro interessi

PER UN UNIVERSITA’ STATALE, PUBBLICA E DI MASSA

OCCUPIAMO TUTTE LE FACOLTA’

 

Il governo Berlusconi ha ripreso in questi mesi la controriforma dell’Università italiana.

 

Nel 2005 aveva approvato la riforma Moratti (riforma dei concorsi e dello statuto giuridico dei docenti), sospesa ma intoccata dal governo Prodi, che reintroduce modelli piramidali di governo delle Facoltà (pochi Ordinari), accentra i meccanismi di reclutamento a livello di ateneo rafforzando i poli dominanti, introduce un sistema di precarietà strutturale nella ricerca e nella didattica universitaria.

 

Quella riforma, silente fino ad ora in quanto non sono mai stati approvati i decreti attuativi, si prepara ad essere applicata pienamente dalla Gelmini nei prossimi mesi.

Nel frattempo il nuovo governo Berlusconi ha:

 

-       tagliato 600 milioni di euro dal finanziamento di funzionamento normale degli atenei, rendendo difficile se non impossibile l’erogazione nei prossimi anni della normale attività

-       incluso l’Università nel blocco del turn over, assumendo dal 1 gennaio 2009 un docente ogni 5 posizioni che si liberano (per pensionamento o passaggio di carriera)

-       prospettato la trasformazione degli atenei in fondazioni, che lungi dal garantire un entrata di fondi privati nell’università (scarsa è la spesa in ricerca e sviluppo nell’industria italiana, già presente e incidente l’influenza in alcuni Dipartimenti e progetti di ricerca delle grandi aziende), permette semplicemente di “scaricare” la pubblica amministrazione dal dovere di garantire il funzionamento minimo ed essenziale delle Università.

 

Contro questi ultimi provvedimenti, che si aggiungono i tagli e alle controriforme nella scuola, stanno manifestandosi e mobilitandosi in queste settimane studenti, docenti, ricercatori, dottorandi, lavoratori dell’università ed anche i rettori.

 

Ma l’unità di tutte questi diversi soggetti contro scelte e provvedimenti che bloccano e destrutturano le università italiane non può, e non deve, occultare le diverse responsabilità ed i diversi interessi.

 

Ormai da vent’anni è in corso una lenta e progressiva controriforma dell’università italiana, che garantendo prima l’autonomia gestionale (1989) e poi quella didattica (1997) ai diversi Atenei, ha inseguito tenacemente il progetto di importare il modello anglosassone nel nostro paese:

 

-       una forte differenziazione e gerarchizzazione tra atenei (serie A, serie B, ma anche serie Z)

 

-       una differenziazione dei titoli di studio, per livelli (Diplomi, Specialistica, Master), sedi dove si conseguono e piani di studio, per spezzare il mercato del lavoro “intellettuale” e la forza contrattuale dei lavoratori in nicchie fra di loro isolate

 

-       una piramidalizzazione del corpo docenti (pochi ordinari di ruolo, molti precari nella ricerca e nella docenza),

 

-       una professionalizzazione dei curricula e della ricerca, piegati agli immediati interessi del sistema produttivo, creando corsi estremamente specifici per singole imprese o settori e centri di ricerca che lavorano su commessa industriale (i parchi scientifici e tecnologici).

 

Questo progetto nel corso degli anni ha trovato infiniti ostacoli e problemi di realizzazione.

L’Italia non sono gli Stati Uniti.

 

Non ci sono le centinaia di miliardi di dollari riversati sul sistema universitario dal governo americano, per sostenere aziendalizzazione e professionalizzazione degli atenei (vedi il programma “guerre stellari” e quello “biotech” negli anni ’80): i parchi scientifici e tecnologici languono, le grandi imprese italiane che investono in Ricerca e sviluppo si sono ridotte in questi anni.

 

Non c’è una politica industriale di lungo periodo, tale per cui abbia senso costruire consoliate filiere formative specifiche: vedi il destino dei corsi di laurea in specifiche tecnologie per i distretti industriali, che hanno iniziato a sfornare laureati quando i distretti hanno iniziato a migrare altrove (è la formazione continua, bellezza. Ricomincia da capo, al limite senza passare dal Via – ti riconosco qualche credito, qualche esame).

 

Il baronato accademico ed i tanti interessi politici territoriali hanno utilizzato i margini dell’autonomia didattica ed amministrativa per costruire atenei, corsi di laurea e sedi distaccate che spesso rispondono più ad interessi locali e di docenti e ricercatori, più che a sensate esigenze formative.

 

La CRUI e i Rettori italiani sono stati conniventi e compartecipi ha questo processo di progressiva disgregazione e disfacimento, di una controriforma pensata per piegare gli Atenei al servizio del mondo produttivo ideologica, velleitaria e per di più rimasta incompiuta. Chi per ritagliarsi spazi di potere e clientele locali (anche personali, come dimostrato dalle gestioni decennali di molti Rettori in diversi Atenei), chi per perseguire con determinazione e convinzione un modello “produttivista” e americano di università.

 

I NOSTRI INTERESSI NON SONO I LORO. LA NOSTRA UNIVERSITA’ NON E’ LA LORO.

 

Dopo il 3+2, il proliferare dei corsi di laurea, la differenziazione e la contemporanea rigidità dei piani di studi, la ricerca di una professionalizzazione al servizio di un mercato del lavoro segmentato e diviso (spesso più immaginario che reale), gli aumenti delle tasse di iscrizione e la disgregazione del diritto allo studio (principio del “costo pieno” dei servizi, dalle mense alle case dello studente) è evidente che il movimento degli studenti non può battersi solo contro la Gelmini. Non può battersi semplicemente a fianco dei Rettori e dei docenti universitari.

 

E tanto meno può permettersi di delegare a docenti e Rettori la gestione della lotta, affidando a questi soggetti il blocco della didattica, la sospensione degli anni accademici o la trattativa con il Ministero e la Gelmini.

 

I BLOCCHI DELLA DIDATTICA SI FANNO, NON SI CHIEDONO.

LE UNIVERSITÀ SI OCCUPANO, NON SI CHIEDE AI RETTORI DI CHIUDERLE.

 

Riprendiamoci uno spazio di riflessione e di progettazione nelle università, ricostruiamo una soggettività studentesca, costruiamo una vertenza generale del movimento degli studenti, elaborando piattaforme e metodi di lotta non subordinati ad altri soggetti.

 

CONTRO LA GELMINI, IL TAGLIO DEL FONDI, IL BLOCCO DEL TURN OVER E LA PROPOSTA DELLE FONDAZIONI

 

CONTRO L’AUTONOMIA DEGLI ATENEI, CHE PRODUCE PICCOLI E GRANDI BARONI

 

CONTRO UN UNIVERSITA’ PROFESSIONALE AL SERVIZIO DELLE IMPRESE

 

OCCUPIAMO LE FACOLTÀ

 

COSTRUIAMO COORDINAMENTI CITTADINI E NAZIONALI

DEGLI STUDENTI

 

COSTRUIAMO UNA NOSTRA PIATTAFORMA PER UN UNIVERSITÀ STATALE, PUBBLICA E DI MASSA

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