Creato da hachi.7 il 24/03/2007

Il Demone Celeste

Eam... non so ancora che scriverci...

 

 

Altra sede

Post n°36 pubblicato il 22 Ottobre 2007 da hachi.7

Causa grave pigrizia e visto che nessuno commenta in questa sede, sto continuando ad aggiornare solo Schloss Laufen http://schlosslaufen.spaces.live.com/

Se siete interessati leggetemi lì

Kiss

 
 
 

Cosa si prova a leggere di sé?

Post n°35 pubblicato il 17 Settembre 2007 da hachi.7

Capita spesso, nel vasto mondo dei blog (con la G dolce), di leggere di sè qua e là, quando meno ce lo aspettiamo.
Uno dei motivi per cui ho smesso di parlare dei miei amici e delle mie conosceze nel blog è che un ragazzo s'è lamentato della caratterizzazione che gli avevo dato in certuni miei post. Era un tipo bizzarro ed estremamente divertente, ma non ho difficoltà a capire cosa possa averlo urtato (tra le altre, ho anche affermato che era "troppo gay per essere vero" eh eh eh). Non era previsto che passasse per qua e non avevo certo addolcito la pillola. Anzi, se non fosse stato di per sé già tanto pieno di aspetti... diciamo folkloristici, avrei potuto persino calcare la mano per rendere l'idea al lettore che non avesse avuto la fortuna di trovarselo di fronte da vero.
Lui cercava resoconti sul suo spettacolo lirico e s'è trovato una sorpresa non troppo gradita.
 
Anche a me è capitato di leggermi. E' stato dopo la riappacificazione con un'amica. Sfogliando all'indietro il suo blog ho trovato acune riflessioni su di me. E' stato come minimo strano, sopratutto perché era ciò che aveva scritto dopo il nostro litigio. C'erano persino i commenti di ignoti sulla situazione. Strnaiante, veramente straniante. C'era, in quelle righe, un personaggio con un suo nome e un suo carattere che aveva compiuto le mie stesse azioni, ma mosso da motivazioni in gran parte diverse. Shockava l'accostamento tra gli aspetti in cui mi riconoscevo (dopotutto era una persona a cui ero molto legata!) e quelli che mi risultavano estranei.
Ho provato un mix di soddisfazione, frustrazione e divertimento e chissà quali altri sentimenti, ben consapevole di avere, sparso in diari cartacei, qualcosa di vagamente speculare.
 
A voi è mai capitato?
Vi è capitato nel mio blog?
Cosa avete provato?
 
Collaborate please!!!

 
 
 

Il punto

Post n°33 pubblicato il 24 Agosto 2007 da hachi.7

Visto che mi rimproverano di non aggiornare il blog, scriverò qualcosa.
Dunque dunque, da qualche tempo è tornata un città una mia amica di vecchia data che nessuno di voi conosce <__<.
Questa certa signorina M, ha finalmente un po' di vacanze, cosa che sembrava non avvenire da anni e perciò ha una gran voglia di uscire e con la testardaggine propria del suo segno zodiacale è stranamente riuscita a stanarmi varie sere di fila, cosa che è decisamente insolita per noi Holly domestiche. Le serate che passo con M sono spesso molto divertenti e per certi aspetti le adoro, mentre ad altri aspetti devo, diciamo, familiarizzarmi. Mi piace la compagnia che si riunisce in tali occasioni e il fatto che non sia raro finire a casa di qualcuno o che tutto l'evento sia costituito da una cena. Magari sono più restia a passare il tempo con giochi da tavola, carte o... caraoke. Non credevo, ma il karaoke fatto in certo clima rilassato e tra persone che, pur essendo molto più intonate di me, non si sdegnano di steccare, mugolare le parole, incespicare qua e là, non è male. Non è il trauma che è di solito. Mi infastidisce molto di più dover mostrare le mie lacune musicali. Mi mette molto a disagio rendermi conto di non sapere l'autore famosissimo della canzone famosissima. Un po' la stessa questione per cui detesto i quiz tipo trivial. Ho un colabrodo di memoria. Non so... dettagli insignificanti come la data della scoperta dell'America o quali battaglie ha combattuto Napoleone o chi ha composto Viaggio a Reims non mi si vogliono proprio fissare in zucca. Entrano ed escono alla velocità della luce cosa che mi fa spesso chiedere a cosa serva studiarli. E dire che a scuola sono sempre andata benino. Se le ricordassi saprei un sacco di cose. Sarei moderatamente colta.
Parentesi a parte... Il Karaoke di cui sopra è per Play2 e da quanto M l'ha scoperto ne va pazza. Io ho tentato persino di cantare in inglese (avete notato il tempo, negli ultimi giorni?).
 
Domani invece vedrò di nuovo un po' dei Ragazzi di Campiglia (potrebbe essere una serie televisiva!).
Attendo con ansia il momento. Pensarci ha allietato la mia settimana. Sono sempre restia a chiudere le belle esperienze, eppure so che è difficile mantenere i contatti. E' difficile per me, almeno... Sono un po' asociale, nonostante poi mi senta sola, qualche volta. Però... Poi... il contesto fa la sua parte.
Ovviamente non saremo tutti. E chi non c'è mi mancherà, ma avremo forse qualche altra occasione. Ora vado a guardare se posso mettere un po' di ordine almeno al piano di sotto, anche se l'impresa è disperata. Domani infatti sarà una cena a casa mia e sono in apprensione perché non ne ho mai organizzate seriamente.
 
Una notina: ieri ho tolto alcuni poster vecchissimi dall'armadio e ancora non li ho sostituiti. Quando sono rientrata in camera vedere l'armadio così bianco mi ha dato una sensazione orrenda. E' così spoglio. Lo sento così distante e poi sembra meno mio. Come se mi preparassi ad abbandonarlo. Devo decidere al più presto cosa metterci su. Vorrei mettere delle foto, però così tanto skotch lo sciuperebbe definitivamente... mouble...

 
 
 

Campiglia 2007

Post n°32 pubblicato il 24 Agosto 2007 da hachi.7

E' un intervento lunghissimo... Mi dispiace...

Campiglia 2007 – Official vertion

 

Cap.1 La Finta Schiava

 

Comincio a scrivere sapendo che sarà un racconto lungo o almeno riproponendomi di raccontare la mia esperienza col maggior numero di dettagli possibile, dato che la mia memoria è un colabrodo e invece ci sono molte piccole, insignificanti cose di cui vorrei far tesoro.

So che ogni esperienza è unica in sé stessa e che raramente, anche quando si vengano a riproporre situazioni simili, il risultato è soddisfacente. Per questo motivo sono un po’ triste ora che, di ritorno, mi rendo conto che non sarò mai più a Campiglia per l’ABC festival Apriti Borgo con quelle stesse persone in quella stessa casa. E se anche capitasse non sarebbe più la prima volta.

 

Sono arrivata a Venturina in treno quasi alle 14. Mi è venuto a prendere Massimo che doveva ritirare anche un suo collega in arrivo da Roma (tale Vecchiotti). Alla casa che ci era stata assegnata dal comune mi ha accolta A* un ragazzo bassino (molto bassino) che avevo già visto transitare per il teatro di Tavarnuzze, un aspirante scenografo allievo di Massimo che era sempre stato sulle sue (più ancora di quanto io solitamente stia sulle mie). Fortunatamente ha insistito per portarmi la valigia perché Campiglia Marittima, in barba all’idea che darebbe il nome, è su un discreto promontorio e le strade sono tutte salite e discese lastricate di pietra scivolosa. Così… ai miei primi due passi ero già per terra!!!

I primi giorni i miei coinquilini erano tutti scenografi e ne conoscevo soltanto un altro, poco più di quanto conoscessi il primo, M*. I restanti erano due ragazzi, G* e S* ed una ragazza Y° che sembrava orientale, ma affermava di non esserlo affatto. La casa (che tutti ricordano per essere stata occupata per un breve periodo dalla Cucinotta) aveva un vasto spazio rettangolare diviso tra salottino con divano-letto e camera da pranzo. Poi c’erano due camere da letto, di cui una abbastanza più grande dell’altra, il bagno (grandino, con doccia e vasca, anche se il tappo della vasca non funzionava) ed una piccola stanzetta con la lavatrice e lo stendino.

Una sistemazione davvero comoda, proprio in centro al paese.

Gli altri erano arrivati da circa una settimana, ma si erano appena trasferiti lì da un’altra casa meno bella. Qualche problemino, intendiamoci, l’aveva anche la casa della Cucinotta: non era proprio pulitissima, soprattutto le stoviglie e la doccia era guasta. I primi due giorni c’è toccata lavarci con l’acqua fredda. Poi il divano-letto puzzava di muffa in maniera insopportabile e il materasso matrimoniale sottile faceva conca nel mezzo. Fortunatamente Massimo ha risolto il problema trovando due ex porte di legno (normalmente usate come tavoli di fortuna nelle feste e con un vago sentore di pesce) e mettendole tra le molle e il materasso. Pare che il risultato non fosse troppo scomodo anche se un paio di persone che, non sapendolo, si son lasciate cadere su di peso hanno avvertito un bel colpo! Io e Y°, cmq, eravamo sistemate nella stanza più grande che aveva due comò con specchi giganteschi (utilissimi se ti vuoi truccare e a disposizione c’è un solo bagno!).

Eravamo vicinissimi ad un campanile. Le campane suonavano l’ora e la mezz’ora. L’ora veniva riecheggiata da un campanile n.2 che partiva in differita. Ce n’è voluta ad abituarsi…

I ragazzi, aiutati occasionalmente da qualche altro studente che gravitava (tra cui T° e A°) stavano seguendo la messa in scena di un’opera comica intitolata la Finta Schiava che era stata intermezzo della rappresentazione della Locandiera di Goldoni nel 1754 e poi era caduta nell’oblio fin tanto che uno studente del DAMS (credo) appassionato di lirica non l’aveva rispolverata per la tesi. Non so bene per che strade il suddetto studente (Paolo, detto Paolino Ugola Benedetta dal Signore) si era fatto affidare la regia per rimetterla in piedi e gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Firenze erano stati sollecitati a disegnarne le scenografie. Paolino aveva scelto quella disegnata da G*. Massimo (che è docente, appunto, di scenografia) aveva poi invitato gli studenti a partecipare alla realizzazione. M*, S* e G*, oltretutto, erano stati sfruttati anche come comparse mute e incarnavano la parte più spassosa dello spettacolo. A* si era tenuto fuori dal palco, come addetto alle luci e comunque per trascinarlo sul palco l’avrebbero dovuto chiudere in un sacco.

In quella casa in via della Posta 1 ero l’unica che non aveva quasi nulla da fare. Paola mi aveva consegnato la novella da imparare (una totalmente diversa da quella su cui fin ad allora mi ero esercitata). Dopo averne riadattato le rime ed averla imparata a memoria però avevo finito. Al mare non potevo andare perché non avevo la macchina. Così passeggiavo per il paese, sbirciavo i lavori in corso e le prove e… pulivo la casa. Nonostante in genere io non sia ordinata e non ami i lavori domestici ero veramente soddisfatta di aver trovato qualcosa di utile da fare. Se pensate che il bagno (di cui fruivamo in 6!) aveva le mattonelle bianche, potete capire che tutti erano contenti della mia decisione.

Y°, al primo anno di accademia, mi era simpatica. S* e G* facevano un po’ di colore, di casino. A* e M* … A* e M* andrebbero ripresi costantemente perché insieme sono una forza. L’uno è tutto fighetto (tanto da lavorare completamente vestito di bianco, scarpe comprese), l’altro artista dai sandali di pelle, i vestiti di tela e il cappello di paglia. Uno sempre nervoso, l’altro sempre calmo.

Due parole su Paolino. Quando l’ho intravisto per la prima volta ho pensato che era un bel ragazzo. Capelli scuri, occhi verdi. Poco dopo però ho scoperto che era troppo gay per essere vero. Un gay da stereotipo pieno di paranoie e che non dava tregua agli scenografi con richieste assurde come cambiare il rivestimento di una poltrona di scena prendendo quello di un’altra di forma diversa (ciò il giorno stesso della prima). Il pervasivo Paolino sembrava avere una predilezione per A* che, ahi ahi, è pure particolarmente insofferente sul tema. In questi giorni a Campiglia abbiamo incontrato una quantità di Personaggi. Paolino era certamente tra questi. Un giorno, per dirci che non avrebbe cantato perché non aveva molta voce, ha riferito che sarebbe stato sostituito dato che la sua ugola benedetta dal Signore (ipse dixit) era fuori uso.

In questi primi giorni mi ha colpito il fatto che nessuno beveva! La sera della prima della Schiava siamo usciti “a bere”. Io stavo pensando a che cocktail prendere. Poi passano ad ordinare loro e chiedono “un’orzata”, “una sprite”, “un caffè”, “un cappuccino” ?!?! Io quasi pensavo che scherzassero… La frase “andiamo a bere qualcosa” detta la sera credevo che escludesse tutte le loro ordinazioni. Non si finisce mai di imparare…

 

Cap.2 Pre Festival

Il 7 sono ripartiti S*, G* ed Y° e sono arrivati gli altri “attori”, Mr*, B* e G*. Visto che diventavo l’unica ragazza hanno deciso di assegnarmi la stanzina ad uso esclusivo mentre un altro letto è stato messo nel salotto. Mi sentivo un po’ in colpa, ma visto che era un’idea loro e che la presenza di un unico bagno mi dava pensiero per i vari cambi ho accettato ben volentieri. Inoltre… tutti si erano accusati l’un l’altro di russare. Un valido motivo per apprezzare la privacy notturna.

Già la prima sera col nuovo set di coinquilini ero completamente sbronza (e tuttavia li ho stracciati a texas holden o qualcosa dal nome simile a cui non sapevo giocare manco per idea ;°__°) (evidentemente avvinazzata ho più fortuna).

Dal 7 all’11 proprio tantissimo da fare io non l’ho mai avuto. Anche in questo caso si trattava di dipingere, inchiodare, tagliare, limare e (non a torto) mi sa che non si fidavano troppo di me. Ho fatto piccole cose come scartavetrare qualche cantinella, lavare i pennelli, passare lo stufex e, soprattutto andare da questo a quello e da quello a questo a portare viti, seghe, morsetti. Cmq ho continuato a tenere la casa in condizioni decenti il che mi sembrava poco, vista la mole di lavoro che si sobbarcavano gli altri (soprattutto M* ed A*), ma che continuava ad essere molto apprezzato.

Oltre a sistemare i nostri “oggetti di scena” (diciamo così) i ragazzi stavano preparando delle cornici e dei piedistalli per i pittori e gli scultori che avrebbero esposto (tra cui il capo dei vigili locali, che spesso veniva a controllare i lavori in corso, vagheggiando di iscriversi tardivamente all’Accademia). Non si può dire che tirassero via, nonostante dovessero produrre in poco tempo un numero elevato di oggetti (mi pare che le “cornici” fossero una trentina). Ogni cosa si componeva di un complesso (e gradevole) incastro di pezzi di legno. Se passavo la mattina e poi nel tardo pomeriggio trovavo cataste di compensato completamente trasformate. Purtroppo non era tanto divertente stare là… tanta efficienza limitava le chiacchiere. E poi c’erano sempre almeno due che martellavano.

Ho notato che tanto più li vedevo impegnati nella costruzione delle strutture per il festival più mi sentivo motivata a tenere tutto a posto a casa. Quando la mole di lavoro è calata ed anche io ho avuto da fare qualcosa, cioè dall’11 in poi, la verve casalinga mi era un pochino calata.

 

Cap 3. Personaggi

Ho detto che a Campiglia ho incontrato una gran quantità di Personaggi, soggetti tanto particolari in sé stessi da risultare interessanti. Paolino è stato il primo che ho identificato, ma poi se ne sono affacciati molti altri. Uno era l’assessore alla Cultura, Angelo Fedeli, che ha il mio voto virtuale, ma di cui accennerò qualcosa dopo (sto scrivendo questa parentesi nel mezzo di un racconto già incominciato). Poi c’era in blocco tutta la famiglia della PizzOsteria i Quattro Gatti, che ci foraggiava. Quando sono arrivata, per qualche infelice congiunzione astrale, sono incappata in un paio di giorni di pasti orribili (tanto da valutare l’idea di cucinare in casa, nonostante mangiare da loro fosse gratis), ma dopo, generalmente, ho sempre mangiato bene. Pesante (pasta e carne a pranzo e cena, spesso senza contorno o cmq senza verdura né frutta), ma buono.

Se avevano molta gente prendevamo la roba e la mangiavamo a casa. Era sempre tremendamente abbondante e sono rimasta allibita notando come, con tante bocche maschili a disposizione, spesso toccasse a me ed A° (da non confondere con A* che mangiava meno di tutti) finire, aiutate da G*.

Finire qualcosa era in ogni caso piuttosto raro. Avevamo sempre qualche avanzo in frigo. Nonostante ordinassimo per una persona in meno arrivavano pozioni sufficienti a tre persone in più!

Ma tornando ai Personaggi: i 4 gatti sono una famiglia di 4 persone. Ora il negozio è guidato dal figlio, la madre fa da cuoca, il padre si occupa delle consegne a domicilio e di pulire i tavoli e la figlia non lo so perché è stata un vacanza per quasi tutto il periodo. La signora è una donna stagionata dai capelli corti visibilmente tinti di biondo, il trucco piuttosto pesante e scolli pronunciati che lasciavano intravedere un tatuaggio di una rosa sul seno. Una delle nostre prime conversazioni è stata inerenti alla comune passione per i gatti. Dopo un paio di commenti generici sui meravigliosi felini  si è abbandonata alla descrizione del proprio, riportandomi un classico scambio di effusioni “glielo dico sempre: amorino, mostrami il pisello!”. Avrei voluto vedere la mia faccia perché devo essere sbiancata. In ogni caso ho perso il filo del discorso, col cervello impallato nel tentativo di conciliare la tenera immagine di un micione con quelle parole. Come se non avessi capito bene mi ha pure ripetuto la frase due o tre volte. Ma lei è bella per questo, non certo perché brilli di raffinatezza. Il marito ha un’aria svagata, preso in un suo mondo bello placido. Se provi a chiedergli qualcosa ti risponde che non sa nulla e che devi chiedere al “capo”. I primi giorni non avevo capito bene se lavorasse o meno nel piccolo ristorante.

Spesso là si aggirava un ragazzino che doveva avere una decina di anni, tondino, con gli occhi azzurri ed i capelli rasati con tre strisce più rade. Lo chiamavamo “il pescatore” perché la prima volta ci aveva raccontato alcune avventure di pesca. Era un fenomeno. Parlava come un adulto. Scherzava come il più acuto dei paesani, brusco e sicuro di sé.

Poi c’era il Generale, il dipendente fisso della Pubblica Assistenza, che sulla tuta gialla e arancione indossava un baschettino azzurro, portava un anello per dito e faceva il cascamorto con tutte.

Massimo stesso è un personaggio non indifferente visto come si annoda mentre lavora o balbetta quando parla (notavamo che sta migliorando, ultimamente). L’amico cantastorie, direttore artistico della manifestazione, era notevole pure lui: un po’ strabico, col look da Mangiafuoco, una gestualità accentuata ed una gran voglia d’essere al centro dell’attenzione. Temevamo molto il suo giudizio sulle nostre performance. Per lui narrare fiabe per strada è un’arte affinata in una vita, mentre noi eravamo assai poco convinti delle nostre capacità. Tuttavia alla fine è sembrato soddisfatto.

 

Cap. 4

Gli scenografi erano tutti apprendisti in qualcosa che intendevano fare nella vita a differenza di noi “attori”. Io beh… sono dottoressa in nonsocosa, Mr* si sta laureando in ingegneria, B* in architettura e G* nel DAMS. Ecco… di tutti G* forse è quello più “del campo”. Credo che sia più interessato alla regia che alla recitazione, ma ha continuato a collaborare a qualche spettacolo o filmetto anche al di fuori del nostro teatrino. Anni fa ebbe una piccola parte nel film su Don Milani dei fratelli Frazzi (detto per inciso, il Frazzi superstite si aggirava per Campiglia in questi giorni, anche se io non l’ho visto e se l’avessi visto non l’avrei riconosciuto). Nelle parti comiche è insuperabile e questa volta gli era stato affidato l’arduo compito di fare da imbonitore.

B*, io, Mr*, la Paola e Gl° (un’altra ragazza che ha fatto teatro con me e che a Campiglia ha una casa… perciò stava con noi solo dalle 20 alle 22:30) avevamo delle postazioni fisse lungo una viuzza ripida chiamata via delle Scuole, che portava alla piazza del Poggiame (e perciò è conosciuta anche come via del Poggiame). Gli studenti dell’Accademia di una certa classe, per l’esame di scenografia avevano dovuto progettare delle istallazioni sul tema “le Fiabe Italiane di Italo Calvino”. Credo che per l’esame fosse previsto solo il progetto perché solo la ragazza della mia istallazione e T° sembravano aver materialmente curato la realizzazione delle loro opere. Le altre erano state approntate da studenti volenterosi e dagli infaticabili M* & A*. Almeno così m’è parso di capire. La mia, ispirata alla novella Bene come il Sale era una scatola nera di forma esagonale di cui ogni faccia si poteva aprire e rivelava una scena della storia. I personaggi andavano inseriti in piccole guide di cartoncino e la cosa era piuttosto lunga e delicata. Già la prima sera un pezzo si era scollato ed io maledicevo Gio°, la creatrice.

Per colmare le pause durante le quali aprivo e montavo le scene, A° suonava un carillon.

A° è anche lei una laureanda di Massimo. Lei e T° stanno entrambe a Venturina  (che potrebbe essere la Campiglia Bassa, per intenderci) perciò vengono coinvolte nel festival ogni anno.

Sulla strada, la mia era la seconda istallazione. In cima in cima stava G* con un organetto e spingeva le persone su per la salita.

[Quanto al lavoro di imbonitore di G* voglio raccontarvi un aneddoto che mi è stato raccontato, dato che non potevo lasciare la postazione:

mentre si muoveva tra la folla un ometto aveva toccato il suo strumento musicale. Lui ha colto l’occasione e gli ha chiesto se volesse provare a suonarlo. Questi, ben contento, aveva cominciato a girare la maniglia, ma non usciva suono perché G* aveva azzerato l’audio. Ogni volta che riprendeva lui l’organetto G° rialzava l’audio senza farsene accorgere e dava all’uomo consigli assurdi come tirare una certa leva inutile. Alla fine è riuscito a convincerlo ad alzare e abbassare un orsacchiotto e solo allora ha rialzato l’audio e quello, tutto felice, aveva esultato “Funziona!”]

Poi si incontrava B* che raccontava “Gallo Cristallo” (la fiaba sulla quale mi ero preparata io, salvo che alla fine Paola aveva reputato Bene come il Sale più femminile) con due ruote di legno su cui poter piazzare i personaggi ritagliati nel legno ed attaccati a delle mollette. B*, anche se non è interessato alla carriera d’attore, ha notevoli doti istrioniche e sentivo arrivare delle grasse risate dalla sua parte. Tuttavia quello che riesce a B* in maniera sopraffina sono le imitazioni. La sua migliore imitazione era quella dell’assessore alla cultura di Campiglia, tal Angelo Fedeli, un buon compagno, molto “del popolo”, con fortissimo accento livornese e che si dava un gran da fare (da litigare coi vecchini irritati dai rumori notturni della festa a spostare pannelli a spazzare per terra) e non aveva idea di come fare un discorso pubblico decente (d’altra parte sono i fatti che contano, no?). La sua altra imitazione fantastica era quella del nostro A*, con il suo accento che mi avevano presentato come napoletano (sono stata convinta che fosse napoletano fin tanto che non mi ha detto esplicitamente di non essere proprio di Napoli - comunque mi sembrava un accento diverso da quello di S* che invece sta molto più vicino alla città).

Dopo di me c’era il buon Mr* che sicuramente è meno portato degli altri due a gestire le “folle” ma con l’impegno riesce egregiamente. La sua istallazione prevedeva un sacco di piccole scenette raffigurate da personaggi realizzati mirabilmente in fil di ferro da una studentessa erasmus. Era la storia del “Principe che sposò una rana”.

Ad orari prestabiliti la Paola rappresentava la Prezzemolina nella terrazza del Mancino (dove spesso andavamo a mangiare tutti insieme). Aveva un baule con tutti i folletti sia dentro che intorno e se ti affacciavi al buco della toppa vedevi tantissimi uccellini colorati. Un bel lavoro, molto preciso, realizzato da T°.

L’istallazione della Gl°, La testa della Maga, che chiudeva il percorso, era un castello con delle finestrine che aprendosi rivelavano alcune scene.

Nessuno di noi aveva mai fatto teatro di strada e per inciso ci eravamo trovati invischiati per caso… nel senso che quando ci avevano chiesto di partecipare sembrava che avremmo recitato su un minimo di palco, ad orari prestabiliti, che è tutta un’altra cosa dal dover placcare il pubblico e gestire quello che ti capita, dal tipo che ci prova, al telefono che squilla, ai pischelli cretini che ridacchiano e commentano. Anche se ce la siamo cavata bene (dico con un certo personale orgoglio) non mi è piaciuto particolarmente. Non c’era abbastanza tempo per istaurare un rapporto col pubblico né per calarsi in un personaggio e godersi la trasmutazione. La prima sera è stato un tormento. La seconda pure. La terza era meglio… peccato che cominciasse a serpeggiare il mal di gola. Non faceva caldo ed avevamo vestiti leggeri. Poi, da bravi disgraziati, uscivamo la sera e facevamo tardi (staccavamo alle 22:30, avevamo da cambiarci, mangiare e uscire… fare le 2 era automatico!). Insomma… io ancora al terzo giorno non stavo malaccio. Almeno ero in buone condizioni quando è passata Rai 3. Il servizio è andato in onda nel TGR della mattina e della sera e pare che mi si vedesse parecchio sia nell’uno che nell’altro. Ci hanno detto che poi è passato anche su RAI 1 della mattina. In realtà sono stati in molti a fare video e foto con attrezzature più o meno professionali e sarei veramente curiosa di sapere dove è andato a finire tutto questo materiale. Mi diverte pensare che qualcuno si porterà le mie foto in Germania o chissàdove perché molti erano certamente turisti. Il quarto giorno il mal di gola mi devastava, avevo la morsa alla testa… una vera schifezza. La notte immagino di aver avuto la febbre. L’ultima sera, tuttavia, a parte un po’ di raffreddore, stavo benino.

 

Di tutto il resto di Apriti Borgo abbiamo goduto ben poco. Quando cominciava noi ci vestivamo (tutti di bianco) ed alle 20 facevamo una piccola sfilata per poi piazzarci alle nostre postazioni, dalle quali non ci staccavamo prima delle 22:30, se non dopo. A quel punto la fame e la necessità di cambiarci ci portava a casa. Arrivavamo appena in tempo per vedere dalle finestre (in una posizione molto privilegiata) il suggestivo spettacolo dei messicani (la Compagnia Itzaes). Era un gruppo abbastanza numeroso. Facevano evoluzioni varie col fuoco al ritmo incalzante dei tamburi. Un gran baccano e un gran fumo, però ci invidiavano tutti perché tra i vari show era uno dei più gremiti.

Una volta scoperta la nostra posizione abbiamo cominciato a trovarci in casa via via la gente più assurda. Massimo e la Paola avevano da prima incitato l’assessore e noi i nostri amici Gatti, ma poi sono passati: la sindaca (che non avevo mai visto, quindi non ho riconosciuto), un cameraman di RTV38 con una tipa sexy in rosso che non so come avesse fatto a muoversi coi tacchi che si ritrovava, tutte le amiche della sorella gatta, senza contare i nostri amici o parenti in visita.

Finito quello era finito anche il resto. Non ho mai visto la via degli artisti (pittori, poeti e scultori), per dire, anche se non ne sono del tutto dispiaciuta perché con gli artisti avevamo un contenzioso (in cui non ero, ma mi sentivo coinvolta): alcuni tra loro, dopo aver fatto costruire la cornice e il piedistallo, avevano deciso poi di non usarli!!! Avevo partecipato in modo infinitesimale alla loro costruzione, tuttavia sapevo il lavoro richiesto e questo bastava per farmi desiderare di spaccarli loro in testa. Invece avrei bazzicato volentieri la via del gusto visto che me ne avevano parlato bene e poi bisogna dire che il cibo dei 4 Gatti aveva un po’ stuccato. Ma insomma…

Da quello che dicono i miei (che sono venuti gli ultimi giorni) era davvero una bella festa, con bancherelle gradevoli (una buona volta, tutte di artigianato locale) e molti spettacoli di buon livello.

Oltre a noi e ai messicani c’erano gli indiani, che pare fossero suggestivi, molti acrobati, musicisti, giocolieri etc.

 

Cap.5 Il Mare

 

Inizialmente sembrava un sogno proibito. Mi ci hanno portata per una scappata veloce la prima volta l’8, ma c’era “il Libeccio, dè, Bimbi! Stronca tedeschi e fiorentini!” Libeccio o meno, c’era mare mosso. Ci siamo tornati dopo qualche giorno ed era bel tempo. Baratti è un bel golfo. Poi pranzavamo al paninaro là vicino, che fa tante cosine belle leggerine come l’ottimo panino salsiccia e scamorza o il mitico (che io non ho assaggiato) Cavatore con lardo e acciughe verdi o l’appetitoso Appetitoso, che non ricordo cosa contenesse ma era ottimo. Uno un po’ più soft, ma stuzzicante era con pecorino e miele, avvolto da pane integrale. Stare tutti in pineta a mangiare panini “porchissimi” era un bel momento. Ad un certo punto avevano cominciato ad unirsi anche altri amici dei miei coinquilini, perciò eravamo un notevole gruppone, quasi tutto al maschile (esperienza più unica che rara nella mia vita O.o).

Non siamo mai andati al mare da nessun’altra parte.

 
 
 

Hol(l)yday

Post n°31 pubblicato il 29 Luglio 2007 da hachi.7

Questo è un accurato resoconto delle mie vacanze (21-28 Luglio 2007)

Ho trascurato ben pochi dettagli. Tornando a leggermi capisco che un tale papiro non sia adatto a costituire un unico post ma ora che l’ho scritto sono impaziennte di pubblicarlo, perciò non mi metterò a sminuzzarlo… Magari leggetelo a tappe…

 

 

Sembra incredibile rimettere le dita sulla tastiera dopo una settimana.  Ho passato l'anno talmente attaccata al mio computer che non sapevo se avrei resistito ad una settimana di astinenza. D'altra parte, proprio per questo ne sentivo il bisogno. Una settimana senza tanti media è disintossicante. Mi piace molto anche sospendere quasi totalmente i contatti con tutti quelli con cui mi relaziono abitualmente. Quando sono a casa se non sento questo o quello per uno o due giorni non mi sento così libera. In fondo penso sempre che avrei voluto-dovuto-potuto chiamare, messaggiare, mailare, vedere o viceversa ricevere chiamate, messaggini, mail…
Normalmente, quando mi distacco dalle sicurezze di sempre (senza rinnegarle ovviamente!!!), riesco a socializzare un po' di più. Ma non è stato questo il caso.


In realtà una parte di me voleva esattamente una vacanza così (non potendo andare ad amatupirmi servita e riverita in un villaggio all included a Sharm). Una sistemazione comoda, il mare a portata e un paio di romanzi.
Avevamo prenotato all'ultimo un bungalow in offerta, vicino a Lido di Metaponto, in Basilicata. Grazie al last minute lo abbiamo trovato relativamente conveniente, nonostante fosse una struttura prevista per quattro persone. Però del posto non sapevamo più di quanto diceva il sito internet.
Dovevamo partire io e mia sorella ed eravamo un po' preoccupate perché a lei non piace stare in spazi stretti (dev'essere un po' claustrofobica) e il viaggio in treno sarebbe durato otto ore. Avevamo già prenotato quando abbiamo scoperto che per il ritorno non c'erano, fino a Napoli, Eurostar. L'idea di passare quattro ore su un treno interregionale senza aria condizionata ad uno sputo da agosto le aveva fatto completamente passare la voglia di partire ed io cominciavo a chiedermi se si sarebbe mai rilassata.

 

Fortunatamente, superata l'andata, la situazione è migliorata velocemente. Il viaggio, ad ogni modo, è stato piuttosto stressante. Sebbene la prenotazione sia obbligatoria per gli Eurostar, capita spessissimo di trovare già qualcuno al proprio posto. In genere ci si siede nel posto più vicino, causando una reazione a catena  fintanto che non si incappa nell'incastro giusto. Nei pochi viaggi che ho fatto ho notato che sono pochi quelli che si impuntano per avere il LORO posto. C'è chi non sopporta di viaggiare al contrario ma al momento della prenotazione è impossibile capire come andrà (ogni volta che si passa da Roma, per esempio, il treno riparte al contrario e chi andava 'dritto' fin lì si trova all'improvviso al contrario. Credo che sia il principale motivo che porta a mescolare tutte le prenotazioni. Anche a me da’ fastidio viaggiare 'di schiena', e se posso evito, ma preferisco insediarmi in un posto che nessuno possa reclamare. Spostarsi dopo aver sistemato il bagaglio è frustrante. Gli Eurostar sono fatti male, da questo punto di vista. Non sono in grado di accogliere bagagli pesanti o un po' spessi. Salendo sul secondo treno dell'andata non trovavamo dove mettere la valigia: avrebbe trovato posto soltanto sotto all'incrocio tra i sedili, ma non c'erano spazi del genere liberi vicino a noi e sono stata in tensione finché non ho potuto riavvicinarla. Sul supporto bagagli di quel treno non c'era neanche posto per uno zaino!


Siamo arrivate al villaggio con un taxi perché non c'erano più autobus a quell'ora (erano quasi le 22), diversamente da quanto ci avevano detto dal Camping. Successivamente abbiamo appreso che quel bus non si sa quando passi, dove passi e se esista realmente. Cmq. Fortunatamente il bungalow si è subito rivelato piacevole. Era in finto legno, composto da due corpi staccati messi ad L. Nel lato più lungo, alle estremità, c'erano le due camere, in mezzo c'era il bagno con doccia (relativamente spazioso). Una delle sue camere aveva il letto matrimoniale ed era decisamente migliore dell'altra (il letto era più comodo e là c'era il condizionatore). Abbiamo messo i bagagli nell'altra stanza e siamo rimaste abbastanza comode anche se oltre al letto ed un armadio non restavano che pochi centimetri nella camera. Io sono stata in campeggio con una tendina, sebbene adesso mi sembri impossibile essere sopravvissuta in condizioni simili!, e apprezzavo moltissimo le pareti, il bagno, il condizionatore... e poi c'era il lato piccolo della L che era tutto cucina. Avevamo un frigorifero di tutto rispetto, con tanto di surgelatore (molto più di quello che mi aspettavo), diversi fornelli di varie dimensioni e un discreto assortimento di pentole, padelle, posate (tranne i cucchiaini che abbiamo dovuto chiedere esplicitamente), piatti e co. C'era persino un enorme passino .
Lo spazio tra i due bracci della L era coperto e dotato di tavolo e sedie. Sicuramente eravamo ben sistemate.
Appena arrivate, dopo una capatina allo spettacolo dell'animazione (che mi è sembrato abbastanza scadente), siamo collassate sul letto.
La mattina successiva (domenica) ci siamo alzate con una certa calma e siamo andate a fare un po' di spesa al market... sale, olio, zucchero, sapone per i piatti e qualcosa per tener pulita la cucina... Devo dire che dopo aver sistemato quelle prime cose mi sono sentita molto più "a casa".
Quel giorno poi è venuto un amico di mia sorella, che è originario di un paese vicino a Matera. Ero un po' in apprensione perché, nonostante lei gli sia molto affezionata, non avevo avuto un'ottima impressione quelle poche volte che ci eravamo visti. Principalmente aveva fatto una serie di allusioni a raffica che speravo appartenessero esclusivamente ai liceali. Una o due battute sono divertenti, ma dover esaminare ogni termine che pronuncio temendo di causare uno scroscio di risate è troppo. Avevo dimenticato quanto fosse fastidioso!
In ogni caso questa volta sono rimasta piacevolmente sorpresa. Nonostante fosse con alcuni amici (col pericolo dell'effetto "branco") sia lui che gli altri sono stati socievoli e molto educati. Nonostante un po' di imbarazzo costituito dal fatto generico che fossero quattro ragazzi ed io fossi alla mia prima apparizione in costume (prima e non premeditata!!!), mi sono divertita. Mi hanno anche lanciata in vari tipi di tuffo, cosa che non facevo dall’infanzia. Però non sono stata affogata di soppiatto (essere buttata sott'acqua all'improvviso mi terrorizza perché non sono capace di non bere se non mi tappo il naso ).
Alla fine speravo che si sarebbero fatti rivedere durante la settimana, ma poi non è stato possibile. Loro avevano impegni vari e il paese distava un'oretta di macchina (credo). Avevamo pensato di andare noi ma non avevamo mezzi e presto ci siamo rese conto che non era il caso di far conto su quelli pubblici, quindi nulla.
Così si sono chiusi i nostri contatti umani. Il villaggio Riva dei Greci, oltre che più isolato di quanto pensavamo, era anche popolato esclusivamente da famiglie. Non c'era un cane tra i 18 e i 40. Anche il piccolo team di animazione non faceva eccezione. Le due ragazze sembravano non superare i 15 anni (anche se suppongo dovessero averne almeno 18) e giù di lì due dei ragazzi. Il capo-animatore era l'unico che poteva aggirarsi sui 30.
In realtà quel campeggio ad una seconda occhiata aveva qualcosa di strano: non c'era un tendina che fosse una! L'abbiamo esplorato tutto alla ricerca di giovani vacanzieri squattrinati, ma le uniche tende erano enormi, con le quattro pareti verticali. Spesso si appoggiavano ad un camper e si prolungavano con una pergolina e un capannino per bagagli o attrezzi. Quasi tutte avevano al televisione. Alcune pergoline erano dotate di ventilatore e decorate da vasi di fiori .
Era più rustico il nostro bungalow! Tra l'altro molti dei bungalow sono privati e quelli sì che hanno piante in vaso, ventilatori e persino piccoli giardinetti.
Ci hanno assicurato che ad agosto arrivano anche i giovani (con le tendine), ma, questa settimana non sembrava neanche immaginabile.


Il lunedì avevo identificato un'attività che non veniva pubblicizzata molto, ma che mi attirava e dove ho trascinato la Piccola Sorella [ho appena finito un libro dove due fratelli si chiamavano tra loro Grande Fratello e Piccolo Fratello ^__- ]. Era "tiro con l'arco".

Mentre guardavamo le offerte di viaggio avevamo notato con stupore che il tiro con l'arco era quasi sempre presente.
Non eravamo molti. All'inizio solo noi due e due ragazzi della società del maestro (ignoro il nome sia della società che del maestro... lo chiamavano "Professore", ma forse si chiamava Rocco o qualcosa del genere). Io sono rimasta entusiasta nel vedere come in un paio d'ore già si vedevano dei miglioramenti. La Piccola Sorella invece si è stancata, dopo un po' e alle successive due lezioni sono andata da sola (erano un giorno sì ed uno no). Conoscendomi dubito che darò seguito all'interesse che questo sport mi ha suscitato (a meno che non scopra una società a pochi passi da casa...), ma mi esaltava. Mi immaginavo nelle praterie di uno dei miei fantasy e quanto più mi astraevo dalla realtà tanto più andava dritta la freccia. Sono arrivata a fare 29/30, che credo essere un buon risultato anche se avevo un'attrezzatura da principiante e un bersaglio piuttosto vicino. Dalla seconda volta il Professore mi ha fatto molti complimenti che non sapevo veramente come accogliere (una parte di me esultava, l'altra mi ricordava che stavo provando in una condizione molto semplificata e non era il caso di sentirsi subito Robin Hood eh eh eh ^///^).


Martedì abbiamo avuto la “meravigliosa” idea di spingerci fuori dal Camping. Volevo semplicemente visitare un vero centro abitato con negozi veri dove reperire qualcosa di tipico. Inoltre ci mancavano cartoline e francobolli. Pensavamo a Lido di Metaponto, che volevamo raggiungere in bus. Nessuno però conosceva né gli orari né la fermata. Tale Massimiliano (credo fosse il figlio –adulto- dei proprietari del camping, ma è un’ipotesi, cmq era spesso in reception) doveva andare a Bernalda, il comune a cui fa capo Metaponto, perciò si è offerto di accompagnarci là. Poi avremmo preso il pulman per tornare.
Il paese era un po’ lontano, in cima ad un colle da cui non si vedeva assolutamente il mare. Era mezzogiorno e si bolliva. Io, nonostante l’analgesico preso dopo colazione e le migliori speranze, cominciavo a sentirmi malissimo per il ciclo (un’altra cosa a cui non avevamo pensato fissando così all’improvviso!). C’era un vento caldo. Le case erano prevalentemente bianche e non c’era quasi nessuno in giro. Un’atmosfera irreale. A parte svariate chiese (chiuse), un castellotto diroccato in ristrutturazione, una statua di un santo in una posa assurda che lo faceva somigliare ad un ninja, e una villa appena comprata da Coppola (pare) non c’è sembrato ci fosse nulla da vedere. Prima delle una eravamo già rifugiate in una locanda che ci aveva consigliato Massimiliano, dove avremmo potuto assaggiare cibi tipici. La Locandiera è segnalato su varie guide, tra cui quella dello Slow Food che abbiamo anche a casa. Ci avevano detto che a Bernalda erano specializzati in piatti di terra perciò ci siamo affidate al una serie di assaggi (il pesce non mi piace particolarmente perciò non l’avrei preso a scatola chiusa). Purtroppo il cibo di Bernalda non è stato di mio gusto più della città stessa. In un piatto di funghi con chissà cosa avevano messo molti semi di finocchio e ho dovuto lottare per ingoiarne pochi bocconi (il finocchio è tra le poche cose che rende il cibo non commestibile, per i miei gusti!). In un piattino di melanzane e zucchine sott’olio c’erano davvero troppi capperi. Un piatto esclusivamente di acciughe mi ha decisamente sconfortata. Oltre ad essere pesce era orrendamente pregno d’olio. La Piccola Sorella s’è mangiata i funghi al finocchio e io ho ingollato le acciughe per non lasciare tutto là, ma senza gradirle affatto. E’ arrivato anche uno sformato di patate, cozze e riso, piuttosto buono, ma con il riso più scotto che abbia mai visto (faceva parte della ricetta?). Una frittata con pomodorini e una sorta di bruschetta hanno rappresentato la parte più gradevole degli antipasti. Quasi sazie, abbiamo ordinato un primo in due, costituito da pasta fatta a mano e verdurine. Buona, ma non esaltante. Mi sono goduta il dessert: un semifreddo su torrone con un laghetto di cremina al limone.
A pancia piena e dopo una seconda pasticca, mi sentivo un po’ meglio. Peccato che nessuno ci avesse detto che fino a sera il paese sarebbe diventato ufficialmente una città fantasma alla quale non mancavano che le palle di arbusti che ruzzolano e qualche teschio di bufalo sparpagliato qua e là…

Non avevamo speranze di comprare francobolli, cartoline o specialità che ci facessero rivalutare la cucina Batialdese. Così abbiamo pensato di andarcene. Facile a dirsi. Intanto abbiamo dovuto cerare qualcuno in grado di indicarci un’infrattata fermata dove col cavolo che c’erano scritti gli orari.
Erano le 14. Una signora aveva detto che doveva passare un bus che faceva al nostro caso alle 14:30. Ci siamo accoccolate su un bollente scalino e disposte ad attendere mezz’ora. Alle 14:30 abbiamo fermato un bus ma non andava dove volevamo. Secondo lui il nostro passava alle 15. Alle 15 ci hanno rimandato alle 16. Le poche persone che passavano in macchina ci guardavano con aria interrogativa. Un vecchietto (l’unico passante che ci sia capitato di vedere) ci ha chiesto cosa facevamo là e poi ha commentato con compassione “Ma dovete soffrire così tanto???”. Alle 16, finalmente, è passato il nostro salvatore. Ormai sapevamo che saremmo sopravvissute al più caldo dei treni interregionali. Il vento di Batialda era l’alito di un drago e secondo l’autista quel giorno faceva più caldo del precedente, quando avevano fatto 43 gradi…


Quel bus non ci portava a Riva dei Greci. Portava a Lido di Metaponto e lì avremmo dovuto prendere un altro autobussino che passava dopo un’oretta e mezzo. Abbiamo approfittato per vedere la spiaggia (più larga ed affollata che nel nostro pezzetto) e quel che aveva alle spalle: niente. Un paio di negozi di ciambelle, braccioli e co.
A ben cercare c’era un alimentari chiuso per lavori e ad insistere uno, più piccolo del market del campeggio, aperto. Abbiamo comunque comprato qualche orrenda cartolina, delle brioscine e della ricotta. Francobolli no. Non abbiamo trovato chi ne vendesse. Così alla fine non ho scritto quasi nessuna cartolina. Poi abbiamo aspettato l’autobus. Abbiamo aspettato l’autobus. Abbiamo aspettato l’autobus. Aspettato. Aspettato. Aspettato. Appartenendo alla stessa linea dell’altro, davamo per scontato che la fermata fosse la stessa dove eravamo state lasciate. Ne ero totalmente convinta. E’ stato uno shock scoprire che così non era. Nessuno sapeva dire con precisione dove avremmo dovuto aspettare. Alla fine ho deciso che altri 10 secondi di attesa mi avrebbe comunque dato l’esaurimento nervoso perciò, ricordando che ci avevano detto che la passeggiata da Riva dei Greci a Lido era una cosa ragionevole… che di buon passo si faceva in 20 minuti - abbiamo deciso di metterci in cammino.

L’unica strada che abbiamo avuto modo di identificare non era bella. Una lunga strada dritta e senza marciapiedi, in pieno sole (ma ormai era tardo pomeriggio). L’ultima parte era un po’ meglio.

Era la strada che avrebbe fatto il bus, ma in tutto il tragitto non siamo state superate da nessun autobus. Una volta ‘a casa’ ho apprezzato particolarmente ogni dettaglio del mio bungalow e, dopo una doccia tiepida, mi sono buttata a leggere sotto il condizionatore. Di comune accordo abbiamo cancellato ogni velleità di allontanarci nuovamente.

 

Le altre giornate sono state abbastanza routinarie. Ci svegliavamo tardi e preparavamo il pranzo da mangiare in spiaggia. Là leggevamo un po’, facevamo un bagno, poi mangiavamo, leggevamo, facevamo un altro bagno, leggevamo ancora. Mercoledì e venerdì io sono tornata alla base alle 16 per il tiro con l’arco, mentre il giovedì ci siamo spinte in una piccola passeggiata sulla riva, come avevamo fatto anche lunedì. Il nostro bagno (“Nausica”, mi pare) aveva solo quattro file di ombrelloni perché la spiaggia era veramente sottile. Noi eravamo in seconda fila e il mare sembrava a un passo. Alla sinistra dal Nausica c’era un altro gruppetto di ombrelloni. Poi, di qua e di là si estendevano lunghe fasce di spiaggia libera. Tanto libera che non c’era veramente nessuno! Spesso era anche molto più larga di dove eravamo noi. La cosa mi ha stupito e continuo a ignorare il perché. Sulla sinistra non c’erano ombrelloni a perdita d’occhio ed abbiamo dovuto camminare molto prima di trovare un insieme di ombrelloni fatti di paglia. A vederli in lontananza, immersi nel nulla, sembrava d’essere finiti fuori dal tempo, in un villaggio primitivo! Dopo di questi c’era di nuovo spiaggia libera ed anche alle spalle della spiaggia non si vedevano edifici di sorta.

Quando abbiamo camminato verso destra (verso Lido), invece, abbiamo trovato più zone organizzate, ma intervallate da ampi spazi vuoti.
Una cosa notevole e inquietante era il gran numero di meduse morte che abbiamo avvistato nelle nostre passeggiate. Una medusa morta ogni due, tre metri. Alcune erano abbandonate sulla riva, trafitte con bastoni appuntiti, ma spesso ne vedevamo ondeggiare esanimi nelle ondine e questo mi ha fatto pensare che fossero morte prima di essere infilzate. Ancora più inquietante era il fatto che se ne trovassero ancora più spesso dei pezzi. I bambini del Nausica si erano assunti il compito di spazzini delle meduse e spesso gridavano “un altro pezzo di medusa!”. Come “un PEZZO”? Non ho nessuna simpatia per le meduse e nessuna compassione. Però il fenomeno era piuttosto strano!!!
Secondo Massimiliano ci sono pescatori che, contro la legge, usano delle esplosioni per intontire i pesci e potevano essere queste a uccidere le meduse. Può darsi che gli effetti delle esplosioni siano più forti sul corpo acquoso delle meduse. Pesci morti però non ne ho visti (per fortuna! Già c’erano le meduse che puzzavano, seccandosi al sole – fortunatamente non troppo vicino a noi).


La sera ero sempre stanca e spesso ho preferito leggere che avventurarmi a dar un occhio all’animazione. Una volta mi sono trovata coinvolta in un quiz in cui si scontravano maggiorenni e minorenni. Con imbarazzo ho scoperto che i maggiorenni (quelli oltre i 40, ricordo) non dimostravano maggior sportività dei minorenni (molti dei quali non superavano i 13 anni!). Ho contribuito un’unica volta, riconoscendo la sigla di Pippi Calzelunghe, per il resto mi sono tenuta in disparte ed alla fine me la sono filata alla chetichella.

Una serata era organizzata tipo Bravo Bravissimo, coi piccoli campeggiatori che si esibivano, ed è stata gradevole (una bambinetta di cinque anni ballava meglio di tutti gli altri e di quanto io farò mai… non sgarrava un passo!). L’ultima sera c’era un palyback di Grease, coi villegginati adolescenti. E’ stata una piacevole sorpresa perché alcuni ragazzi erano in grado di fare notevoli acrobazie ed avevano un bel ritmo.

 

Il ritorno è andato bene a parte un piccolo dettaglio che ci ha indotto ad una riflessione antropologica.
Avevano chiamato il taxi il giorno prima (non fidandoci affatto del bus). L’abbiamo richiamato la mattina per sicurezza e… Aveva avuto un contrattempo che lo bloccava. Aveva chiamato lui stesso il camping per assicurarsi che ci accompagnassero loro. Andava benissimo. Però… noi ci eravamo trattenute dal chiedere passaggi per non disturbare. Insomma: arrangiarsi da sé al sud sembra impossibile. Questo ha portato l’Alle a decidere che la maggior socievolezza degli italiani del Sud dev’essere legata al fatto che se non chiedi, patteggi, ti relazioni sei destinato a sostituire il teschio di bisonte sul ciglio della strada!


Il treno interregionale mi è addirittura piaciuto. Era molto ampio rispetto all’Eurostar. Aveva i sedili su un solo lato, in file di tre. Non c’era aria condizionata ma tutti i finestrini erano spalancati e quando il treno si muoveva faceva un bel fresco. Ogni seggiolino era particolarmente ampio e non c’era molta gente così abbiamo potuto tenere la valigia a terra, accanto a noi. In realtà non ci ha messo più dell’Eurostar, che pure faceva tantissime fermate (3 solo a Napoli!!!). Costava anche quanto un Eurostar. Abbiamo speso 63 euro all’andata e 65 al ritorno.

A Napoli, durante il cambio di treno (un’ora) ho potuto mettere in atto il piano su cui ragionavo già prima della partenza: uscire di corsa dalla stazione e comprarmi qualche sfogliatella. Mi sono azzardata solo perché ero passata da quella stazione solo poco tempo prima (i cambi di treno mi danno una grandissima tensione e preferisco piantonare la posizione tutto il tempo). Ero davvero soddisfatta della sfogliatella conquistata nella mia piccola impresa!!! Chissà perché dei tanti mendìchi che salgono sul treno cercando di vendere questo e quello non ce n’è uno che porti su le specialità della zona. So che una sfogliatella si trova anche a 80 centesimi e sul treno l’avrei comprata volentieri anche a 1.50€ o due (a Firenze sarebbe un prezzo normale ).
Però non funziona tanto questa cosa di salire sul treno a mendicare perché i corridoi sono stretti e la gente deve piazzare i bagagli o trovare il posto. Personalmente sono irritabile e poco disponibile in quei momenti, anche se avrei fatto un’eccezione per la sfogliatella.

 

Infine siamo arrivate alla vera ed unica Casa dove i genitori, supponendo (erroneamente, ma meglio così) che avessimo mangiato poco e male ci avevano preparato una coccolosa cenetta con tanto di dolce finale.

 

 

 
 
 
Successivi »
 

AREA PERSONALE

 

TAG

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

ULTIME VISITE AL BLOG

zenitsunsupremamenteFayawayfaunoeroticuspoieticohachi.7nicholascage2Magi18SteffffCircusAngellamateraspetra.69lacata1987
 

ULTIMI COMMENTI

Auguri per una serena e felice Pasqua...Kemper Boyd
Inviato da: Anonimo
il 23/03/2008 alle 15:38
 
Auguri di un felice, sereno e splendido Natale dal blog...
Inviato da: Anonimo
il 25/12/2007 alle 21:48
 
E io ti seguo ;)
Inviato da: Fayaway
il 16/11/2007 alle 15:57
 
Grazie! Chi sei?
Inviato da: hachi.7
il 30/09/2007 alle 20:34
 
Buongiorno e buona domenica!
Inviato da: Anonimo
il 30/09/2007 alle 15:51
 
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

NICK ANCESTRALE

immagine
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963