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Racconti: Una stazione con tanta gente in partenza per un viaggio, un avventura o semplicemente per andare incontro al destino.. E' come entrare in una libreria e decidere dove andare, con una valigia in mano, in partenza per dove si vuole.

 

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Dietro i miei occhiali neri

Post n°9 pubblicato il 18 Agosto 2008 da tukelele
Foto di tukelele

Sono a casa, quella nuova. Per scappare da questa città che mi sta stritolando. Sono con la mia metà. Insieme accendiamo il pc; siamo da poco entrati in casa, dopo un tranquillo pomeriggio terminato con un gelato ed un caffè, in un bar dove ti salutano anche gli uccellini che si posano per una manciata di briciole rubate.

Nessuna notizia sui soliti siti che frequento. Tutta normalità e notizie scritte solo per riempire una pagina web. Niente. Tutto normale; normalità allo stato puro. Chiudo il pc, ed insieme ad Antonietta ci mettiamo sul balconcino dell’ascolto (come lo definisco io) dove facciamo a gara ad elencare i rumori della natura che ci circonda. Dura poco questa mia terapia contro lo stress da cui sono fuggito; poche pillole di naturalezza che solo un paese può darti. Abbiamo deciso insieme di guarire il mio stato d’animo, con le cose più semplici del mondo: l’amore che Lei mi da, la naturalezza delle cose che solo le persone semplici da una vita sanno darti. Riflessioni e parole che entrano nel cuore e nella testa. Esercizi spirituali che sono più forti di qualsiasi palliativo chimico, che la medicina ti propone e che ti uccide ancora di più del malessere che hai dentro. Nietta mi saluta con la sua dolcezza di donna che mai nessuno ha capito. Io l’abbraccio e la bacio come se l’avessi fatto da sempre, sin da quando viveva nel suo inferno, insieme al suo diavolo di uomo che definire bestia è un insulto per gli animali. Lei ha disegnato nell’iride dei suoi occhi tutta la sofferenza del mondo. Quello che ha visto o fatto finta di non vedere per non impazzire.

Nei suoi occhi, nel suo sorriso, quando mi guarda, dal basso verso l’alto, visto i nostri venti centimetri di differenza in altezza, ci vedo la gioia e la felicità di una bambina, ragazza, innamorata, che sogna quello che sognava e che mai si poté avverare. Ora ci siamo Noi, insieme abbracciati, che quasi non vorremo mai lasciarci, neanche per un minuto. Le circostanze ed il rispetto di chi viene prima di Noi, i nostri figli, non ci permettono dolci egoismi. Un bacio, un dolce saluto e la notte si avvicina.

 

Penso a quello che sono adesso. Lei mi dice che ho avuto il coraggio di un guerriero nel venire a vivere in un tranquillo paese come questo, visto l’amore che provo per la mia città. Mi ammira per questo, ed io avviso nel mio amor proprio un senso di orgoglio verso me stesso che non ho mai avuto. Pensieri che affievoliscono con il nascere dei sogni. Di colpo, arriva un messaggio sul mio telefonino. Mia figlia che mi manda un saluto, come solo i figli sanno fare. Un saluto accompagnato da una notizia che proprio nessun sito poco prima consultato mi ha saputo dare “ Papà mi dispiace, lo sai che è morto Sensi?”. Come prima reazione ho pensato che avesse sentito da qualche parte, nel villaggio vacanze dove è, qualche chiacchiericcio del solito comare di turno. Per sicurezza, anche per dare credito alle parole della mia bimba gli ho risposto, chiedendogli di recitare  una preghiera per Franco Sensi, che sicuramente adesso sarà insieme a Nonna Adele, ed insieme faranno un tifo angelico per la loro Roma.

 

Invio il messaggio di risposta e proseguo nel sonno, che si è rivelato da subito molto agitato, ma ne conosco le ragioni: le forti emozioni e le intense riflessioni, sulla mia vita e sulla vita che sogno, non da solo, insieme alla mia Nietta. Oltre al dubbio della notizia sulla morte del mio Presidente; spero che non sia vero.

La mattina arriva prima con il canto del Gallo, che a finestre aperte si sente forte e chiaro, nella maestà di un richiamo al giorno di un Re ai suoi sudditi, quasi a volergli dire, “onorate tutti questo nuovo giorno che la vita ci offre”. Guardo l’orologio, sono le sei del mattino. Questo è il mio nuovo orario di vita nuova. Questo è anche il mio percorso per tornare a sperare di lasciare indietro la mia zingarità.

 

Dalle mie finestre si sente il richiamo del treno che da li a poco prenderò. In un paese è tutto così tranquillo. Tutto diventa familiare. Da subito ti senti osservato, ammirato. Tutti quelli che incontri non ti negano un sorriso di buon giorno, e tu quasi tramortito da tanta considerazione rispondi con la naturalezza che la tua città, che tanto ami, ti ha tolto. Mi sono imposto un rito mattutino: arrivo alla stazione, caffè e cornetto al bar della stessa. Una minuta signora ti accoglie con un sorrise di benvenuto illuminante, quasi a volerti dire “con questo caffè inizia la tua migliore giornata. Prendo il caffè, questa volta non decaffeinato, perché devo essere forte, quando arrivato alla stazione centrale di Roma Flaminio, comprando il giornale, avrò la certezza della notizia della morte del Presidente Franco Sensi.

Quasi nessuno dei passeggeri, miei compagni, pendolari di viaggio, hanno un giornale dove poter sbirciare. Quindi l’arrivo alla stazione mi toglie ogni dubbio. Dall’edicola due ragazzi ed una signora con gli occhi lucidi, posati sulla prima pagina del Romanista e del Corriere dello sport. Il Presidente non c’è più. Ci ha lasciato. Ha resistito fino a che ha potuto, poi come il più grande dei guerrieri ha chiuso gli occhi, imbracciando la nostra bandiera, che non è solo quella di una squadra di calcio, ma la bandiera della nostra vita, dei nostri sogni delle forti emozioni, che sono solo nostre; di chi non ritiene blasfemo vivere questa passione.

Vorrei non acquistare questo giornale, ma glielo devo al Presidente. Lo devo a me stesso; lo devo a mia Madre che non c’è più e che ora forse sta aspettando il suo amico Franco, per poter con Lui proseguire quello che sulla terra hanno fatto prima di tutto, prima di ogni cosa: amare questa loro Patria, questa nostra Patria. Non ce la faccio neanche a leggere la prima pagina. Una foto grande di Franco, che esulta ad uno dei tanto gol della sua Roma. Due articoli, uno di Tonino Cagnucci, redattore del Romanista, ed uno di Bruno Conti, che mi toglie il fiato e mi fa piangere come se all’improvviso fossi tornato indietro di  quindici anni prima, quando piangevo la morte di mio Padre e poi ancora la morte del Presidente Viola, e  poi la morte del grande Albertone Sordi, e poi la morte di  Mamma Adele.

 

Ieri sera a Nietta ricordavo come le ferite del passato e del futuro saranno sempre presenti nel nostro serbatoio delle esperienze di vita. Saranno delle cicatrici che magari si induriranno con il tempo, ma mai spariranno dalla quella parte del cervello che permette al cuore di dargli nuova vita. Questa notizia, ha ridato vita a queste cicatrici e ora mi trovo a piangere, con gli occhiali tirati giù perché questa emozione la devono vivere solo loro, i mei occhiali neri.

 

Mi fermo al centro di Piazza del Popolo. Sento la necessità di mandare un pensiero ai miei amici, che ora saranno come me, affranti e preoccupati solo di sapere come rendere onore a chi ha tenuto viva una delle nostre ragioni di vita. Gli mando un messaggio, che nasce con delle parole bagnate dall’emozione. Noto una città triste , spero che almeno oggi, la solita velenosità dei laziali, lasci il posto al Loro silenzio. Lo spero me ne dubito. Mi avvio in ufficio e mi arriva un messaggio di risposta al mio pensiero mediatico. Laura mi risponde, e sono sicuro che anche Lei ora starà scrivendo pensieri bagnati su qualche suo articolo che scriverà per Franco, il nostro grande, Padre, Presidente.

Silent Joe

 
 
 

Il sogno

Post n°8 pubblicato il 18 Agosto 2008 da nietta1965
 

Sto aspettando. E' una bellissima giornata. Il cielo è limpido e l'aria fresca del mattino rallegra il mio cuore. Mi sono alzata presto per finire lefaccende che la sera prima non avevo terminato. Il gatto ha appena mangiato e mi passa tra le gambe per farsi accarezzare. E' piccolo e mi fa tenerezza, sembra che gli manchi la mamma. Questi pensieri mi passano veloci nella mente e aspetto fremente l'arrivo di lui. Eccolo, è arrivato, sento il clacson della sua auto. Mi ha detto che andremo al mare ma con lui andrei anche in capo al mondo! Un bacio, un sorriso radioso e via, si va. Lontano da tutto e da tutti, almeno per un giorno. Per un giorno almenon non vorrei sentire nulla, non vorrei parlare di nulla e ascoltare solo le onde del mare e la sua voce. La sua voce mi piace, mi fa sentire bene. Lui sa tutto di me e per questo mi porta al mare. Veramente penso che mi porterebbe in qualsiasi posto io volessi andare, ma il mare ha un significato profondo per me. L'acqua è un elemento bellissimo: si muove, scivola, è sempre uguale eppure così diversa nelle sue forme. Mi paice bagnarmi, farmi accarezzare dall'acqua, farmi toccare e provare un brivido grande quando è fredda. Ma c'è un ma...Non riesco più ad aentrare nella mia amata acqua da quando solo stata male. Nessun male fisico, ma la mia mente si era persa, per un pò, per potersi ritrovare poi serena e tranquilla. Ho voluto prendermi un po di tempo per me, prepotentemente, e la mia malattia è servita rporpio a questo. Lui lo sa. Lui mi capisce e so che mi capisce veramente. E' difficile per chi non ha passato quello cho ho avuto io, ma lui comprende e condivide il mio dolore, la mia gioia e la mia rinascita. Ecco, è questo che voglio e forse per questo che non riesco ad entrare in acqua: non sono ancora pronta a rinascere. Ma con lui so che potrei. Non voglio qualcuno che mi prende per mano per aiutarmi. Voglio qualcuno che mi sia vicino, che mi comprenda, che condivida le mie difficoltà. Lui, ne sono sicura, mi prenderà per mano e mi accompagnerà in acqua, piano. Aspetterà le mie esitazioni, sarà pronto ad ascoltare le mie risate isteriche piene di paura e riderà con me. Ma piano, lentamente, serenamente, mi porterà in acqua. Mi porterà là dove iniziano i miei sogni. Dove rinascerò e sarò pronta ad affrontare il mondo con una nuova pelle. Il mio sogno si avvererà con lui, in acqua. Comincierò una vita nuova e bellissima. Lui è il mio sogno, la mia realtà, la mia fantasia e l'acqua mi legherà al sogno e alla sua mano che mi accompagnerà.

A te, amore mio.

 
 
 

RIFLESSIONI

Post n°7 pubblicato il 18 Agosto 2008 da nietta1965
 

Sono seduta in macchina e aspetto che lui mi raggiunga. Ferma ad un incrocio osservo il semaforo di fronte a me e rifletto. Lo guardo cambiare colore: Rosso, poi Verde, poi Giallo. Nuovamente Rosso e nuovamente ripete la routine. Routine della vita. Verde come la vita quando scorre tranquilla. Come un prato a primavera. Come quei rari momenti di quiete che passano via veloci e che non hai neanche il tempo di gustare. Verde come la menta fresca che si allunga dentro la gola e ti ghiaccia il corpo nelle afose serate estive. Come il fogliame della possente quercia che nasconde tra le fronde gli uccelli che fuggono dai predatori. Verde come i giardini delle ville antiche, come le persone che vi abitano. Come l'insalata del mio orto che è così buona da mangiare. Verde come gli occhi di mia figlia. Verdi come vorrei fossero i miei occhi così magari vedrei il mondo di un altro colore, di altre sfumature. Verde come il colore di via libera al semaforo che ci da la possibilità di andare per la nostra strada. Ma la strada che percorriamo non è solo Verde...non lo è quasi mai. Ma daltronde cosa può essere la felicità se non un attimo che fugge...come quei due minuti di lascia passare di un semaforo. Sto ancora aspettando e continuo a riflettere e a guardare il tran tran dei colori. Giallo. Il limbo. Il purgatorio. Il colore dell'incertezza. Non sai se passare. Non sai se fermarti. E' il momento in cui vorresti prendere il volo ma non senti di avere le ali. Come quando vedi la tua vita e la vorresti cambiare ma sai che non puoi. O a volte non vuoi. Vivere nel giallo a volte è più semplice che combattere per il tuo attimo di Verde. E' anche più facile che fare la guerra con il Rosso. Credo che ogniuno di noi dentro ha la propria bestia. Il nostro mostro giallo dell'indecisione. E non ci rendiamo conto che quel giallo ci mangia. Divora la nostra vita. E più ci mangia più noi ci facciamo mangiare. E cosi sopravviviamo alla vita. Alla vita che non è una vita ma solo un sopravvivere. Una continua lotta tra cosa fare, cosa dire, cosa pensare, dove andare. La maggior parte della nostra sopravvivenza è fatta di Giallo. E' strano, perchè se ci rifletto il sole è Giallo...la luce è Gialla...il calore è Giallo. Come può essere allora che il Giallo nel semaforo sia il colore dell'indecisione...delle incertezze. A questo, purtruppo, non so dare una risposta. Anche perchè mi hanno insegnato che non c'è sempre una risposta. Sono ferma e aspetto. E la vita mi scorre intorno. Ho come l'impressione di vivere in un altro spazio e tempo chiusa dentro la macchina. Fuori c'è il mondo che rotola. Siamo arrivati di nuovo al Rosso. Rosso. Come poterlo definire. Rosso è l'inferno. Rosso è il male che opprime. Rosso è il sangue che scorre impunemente nelle strade, fuori da corpi immobili dalla morte. Rosso è l'accecarsi gli occhi che non hanno più lacrime da piangere. Rosso è il cuore della gente. Ma la gente non lo vede, non ascolta il loro cuore. E allora il Rosso avvolge tutto come un mantello deforme che sconvolge le vite. Ma io amo la vita. La amo sopra ad ogni cosa. Ma rispetto chi della vita non sa che cosa farsene e se la toglie. Rispetto chi muore. Rispetto il Rosso, il Giallo e il Verde. E sopra ad ogni cosa rispetto chi amo. Per loro ho il Verde negli occhi e nel cuore Rosso. Per loro prego che la vita sia sempre un semaforo a luce spenta. E per te, amore mio. Che amo come non ho mai saputo amare nessuno. Per te auguro una vita sempre pronta a ricordarti che l'amore che ricevi sarà lì a sostenerti e avvolgerti di passione.

 
 
 

2 marzo 1981

Post n°6 pubblicato il 18 Agosto 2008 da nietta1965
 
Tag: amore

Vorrei dell'acqua pura

per lavarmi gli occhi e la bocca e le mie mani.

Vorrei del vino forte e rosso

che bevendolo ricordi al mio sangue di esser vivo.

Vorrei del pane bianco

che mi riempa lo stomaco e mi ristori.

Vorrei dell'erba fresca e fragole mature:

l'una per distendermi e l'altre per schiacciarle sulla pelle e far finta di esser morta.

Vorrei mio padre

perchè mi dica che l'acqua pura non esiste,

che il vino forte e rosso è ancora da invecchiare,

che il pane bianco è ormai ammuffito,

che l'erba fresca e le fragole sono buone da mangiare. 

 
 
 

ADDIO

Post n°5 pubblicato il 18 Agosto 2008 da nietta1965
 

Dopo un addio c'è sempre un momento di quiete.

Esiste quell'attimo sospeso in cui tutto esiste e tutto è fantasia.

Un tempo lungo quanto un battere di ciglia.

Dentro è tutto fermo.

Tutto è sospeso nella vita di ogni cosa.

Quell'attimo non arriva dolore, non arriva il vento, non arriva il vuoto.

Il vuoto che un addio riempe la tua vita.

A volte, dopo anni, non si riesce ancora a dire addio a qualcosa o a qualcuno.

A volte, dopo anni, non si è ancora vissuto il momento di quiete.

Ma come sopravvivere a quell'attimo di oblio?

Come dare sfogho al nulla?

Come sopportare il dolore di un addio?

E come si può non essere travolti dal dolore fisico che un addio ti da.

A oggi, sto cercando di dire addio.

Sto cercando di lasciare libera quella persona che per soli 16 anni mi ha dato vita, amore e capacita di ragionare.

Mi ha dato modo di essere la persona che sono.

A oggi, vorrei solo riuscire ad attraversare quell'attimo di vuoto e oblio.

So che ci riuscirò.

So che lo lascirò andare dove è giusto che vada.

E da li, sono certa, continuerà ad amarmi e sostenermi.

tvb papà

 
 
 
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Un blog di: tukelele
Data di creazione: 28/06/2008
 

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