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« per il bene comune il programma dei cittadini »

il controllo dei voti

Post n°64 pubblicato il 15 Marzo 2008 da p_i_a_n_o
 

“ Nessuno vincerà le elezioni in Italia. Nessuno. Perché finora tutti sembrano ignorare una questione fondamentale che si chiama "organizzazioni criminali" e ancor più "economia criminale". Non molto tempo fa il rapporto di Confesercenti valutò il fatturato delle mafie intorno a 90 miliardi di euro, pari al 7 per cento del Pil, l´equivalente di cinque manovre finanziarie. Il titolo "La mafia s.p.a. è la più grande impresa italiana" fece il
giro di tutti i giornali del mondo, eppure in campagna elettorale nessuno ne ha
parlato ancora. E nessuna parte politica sino a oggi è riuscita a prescindere
dalla relazione con il potere economico dei clan. Mettersi contro di loro
significa non solo perdere consenso e voti, ma anche avere difficoltà a
realizzare opere pubbliche. Non le vincerà nessuno, queste elezioni. Perché se
non si affronta subito la questione delle mafie le vinceranno sempre loro.
Indipendentemente da quale schieramento governerà il paese. Sono già pronte, hanno già individuato con quali politici accordarsi, in entrambi i
schieramenti. Non c´è elezione in Italia che non si vinca attraverso il voto di
scambio, un´arma formidabile al sud dove la disoccupazione è alta e dopo
decenni ricompare persino l´emigrazione verso l´estero. E´ cosa risaputa ma che
nessuno osa affrontare. Quando ero ragazzino il voto di scambio era più
redditizio. Un voto: un posto di lavoro. Alle poste, ai ministeri, ma anche a
scuola, negli ospedali, negli uffici comunali. Mentre crescevo il voto è stato
venduto per molto meno. Bollette del telefono e della luce pagate per i due
mesi precedenti alle elezioni e per il mese successivo. Nelle penultime la
novità era il cellulare. Ti regalavano un telefonino modificato per fotografare
la scheda in cabina senza far sentire il click. Solo i più fortunati ottenevano
un lavoro a tempo determinato. Alle ultime elezioni il valore del voto era
sceso a 50 euro. Quasi come al tempo di Achille Lauro, l´imprenditore sindaco
di Napoli che negli anni cinquanta regalava pacchi di pasta e la scarpa sinistra
di un paio nuovo di zecca, mentre la destra veniva recapitata dopo la vittoria.
Oggi si ottengono voti per poco, per pochissimo. La disperazione del meridione
che arriva a svendere il proprio voto per 50 euro sembra inversamente
proporzionale alla potenza della più grande impresa italiana che lo domina.Mai
come in questi anni la politica in Italia viene unanimemente disprezzata. Dagli
italiani è percepita come prosecuzione di affari privati nella sfera pubblica.
Ha perso la sua vocazione primaria: creare progetti, stabilire obiettivi,
mettere mano con determinazione alla risoluzione dei problemi. Nessuno pretende
che possa rigenerarsi nell´arco di una campagna elettorale. Ma nel vuoto di
potere in cui si è fatta serva di maneggi e interessate miopie prevalgono
poteri incompatibili con una democrazia avanzata. E´ una democrazia avanzata quella in cui 172 amministrazioni comunali negli ultimi anni sono stati sciolti
per infiltrazione mafiosa? O dove dal ´92 a oggi, le organizzazioni hanno
ucciso più di 3.100 persone? Più che a Beirut? Se vuole essere davvero nuovo,
il Partito Democratico di Walter Veltroni non abbia paura di cambiare. Non
scenda a compromessi per paura di perdere. Il governo Prodi è caduto in terra
di camorra. Ha forse sottovalutato non tanto Clemente Mastella, il leader del
piccolo partito Udeur, ma i rischi che comportava l´inserimento nelle liste di
una parte dei suoi uomini. Personaggi sconosciuti all´opinione pubblica, ma che
negli atti di alcuni magistrati vengono descritti come cerniera tra pubblica
amministrazione e criminalità organizzata. Nel frattempo il governo ha permesso
al governatore della Campania Bassolino di galleggiare nonostante il suo
fallimento nella gestione dell´emergenza rifiuti. E non ha capito che quella situazione
rappresenta solo l´esempio più clamoroso di quel che può accadere quando il
cedimento anche solo passivo della politica ad interessi criminali porta allo
scacco. Tutto questo mentre il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi
assisteva muto o giustificatorio ai festeggiamenti del governatore della
Sicilia Cuffaro per una condanna che confermava i suoi favori a vantaggio di un
boss, limitandosi a scagionarlo dall´accusa di essere lui stesso un mafioso
vero e proprio. La questione della trasparenza tocca tutti i partiti e il paese
intero. Inoltre molta militanza antimafiosa si forma nei gruppi di giovani
cattolici i cui voti non sempre vanno al centrosinistra. Anche questi elettori
dovrebbero pretendere che non siano candidate soubrette o personaggi capaci
solo di difendere il proprio interesse. Pretendano gli elettori di centrodestra
che non ci siano solo soubrette e a sud esponenti di consorterie
imprenditoriali. E mi vengono in mente le parole che Giovanni Paolo II il 9
maggio del 1993 rivolse dalla collina di Agrigento alla Sicilia e all´Italia
ferita dalle stragi di mafia: «Questo popolo… talmente attaccato alla vita, che
ama la vita, che dà la vita, non può vivere sempre sotto la pressione di una
civiltà contraria, civiltà della morte… Mi rivolgo ai responsabili... Un giorno
verrà il giudizio di Dio». Parole che avrebbero dovuto crescere nelle
coscienze.È tempo di rendersi conto che la richiesta di candidati non
compromessi va ben oltre la questione morale. Strappare la politica al suo
connubio con la criminalità organizzata non è una scelta etica, ma una necessità
di vitale autodifesa. Io non entrerò in politica. Il mio mestiere è quello di
scrittore. E fin quando riuscirò a scrivere, continuerò a considerare questo lo
strumento di impegno più forte che possiedo. Racconto il potere, ma non
riuscirei a gestirlo. Non si tratta di rinunciare ad assumersi la propria
responsabilità, ma considerarla parte del proprio lavoro. Tentare di impedire
che il chiasso delle polemiche distolga l´attenzione verso problemi che meno
fanno rumore, più fanno danno. O che le disquisizioni morali coprano le scelte
concrete a cui sono chiamati tutti i partiti. È questo il compito che a mio
avviso resta nelle mani di un intellettuale. Credo sia giunto il momento di non
permettere più che un voto sia comprabile con pochi spiccioli. Che futuri
ministri, assessori, sindaci, consiglieri comunali possano ottenere consenso
promettendo qualche misero favore. Forse è arrivato il momento di non
accontentarci. Nel 1793 la
Costituzione francese aveva previsto il diritto
all´insurrezione: forse è il momento di far valere in Italia il diritto alla
non sopportazione. A non svendere il proprio voto. A dare ancora un senso alla scelta democratica, scegliendo di non barattare il proprio destino con un
cellulare o la luce pagata per qualche mese.” (Roberto Saviano)

 
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