THE FLOWER OF SIN

FARO...

Ho deciso di trovare un vecchio faro, di comprarlo, di sistemarlo, di fare una stanza che si affacci sul mare, che d'inverno soffra la furia del vento e la spuma di un mare folle di rabbia, che d'estate s'inchini alla brezza profumata da alberi d'arance e limoni, dev'essere piccolo, con una finestrella che dia verso le colline che cullano nella baia quel buffo cilindro bianco col cappello e una doppia porta a vetri che dalla cucina incornici il litorale sabbioso e le onde che lo bagnano. Lo voglio così, con uno spiazzo dove l'erba rimane corta ed estiva, fatta di foglioline sempre verdi, piccoli ciuffi e un muro fatto di mattoni rossi, antichi e sbiaditi dalla salsedine e dal tempo, fatto a U con minuscole feritoie che inquadrano una vallata colorata da piante e rocce, muschio ai bordi e all'interno di questo piccolo semicerchio fiori, che si arrampicano, che cercano, nella luce la loro voglia di arrivare al sole, colori tenui, vivaci che colpiscono, gli occhi, l'olfatto, l'immaginazione... La porta d'ingresso rossa, un legno vecchio e robusto, una maniglia d'orata come il campanello con il suo minuscolo filo legato ad un chiodo vicino all'uscio, quando il vento soffia forte il tintinnio sembra quasi una melodia, entrando la luce delle finestre da forma e colore all'ambiente, bianco, come la poltrona, come la cucina, come le sedie e il tavolo, azzurro come le tende spesse, le porte intagliate, le cornici dei quadretti che decorano le stanze, le mensole della cucina i pomelli delle finestre. Il soffitto è alto, la sensazione di libertà è stupenda, le tre camere divise e indipendenti, il bagno con una vasca rialzata grande, piastrelle verde muschio con striature bianche, marmo grezzo, ruvido, come gli infissi, uno specchio grande, un lavandino avorio. La cucina fatta a mano, è di un giallo tenue, un lavello smaltato, due fornelli, tante mensole, credenze e armadietti un orologio a cucù sulla parete. La stanza, il letto ampio in legno sulla spalliera aperture e intagli, materassi duri ma comodissimi, un vecchio armadio d'epoca, cassettoni ampi, spazi profondi, il legno sa ancora di legno... La finestra della camera è quella che guarda il mare, un tavolino in ferro battuto, due sedie, una donna appoggiata al parapetto grigio. I suoi capelli sono castani, il vento li muove, non mi sente arrivare, l'unico modo per giungere fin lì è con una bicicletta o a piedi, mi avvicino silenzioso, la mia mano si avvicina al suo fianco, ma lei si è accorta di me, fa finta di stirarsi cosìcchè possa entrare nella sua maglietta rossa, sembra accompagnare il movimento, mentre con la schiena si appoggia al mio petto, oso e insisto, carezze sul ventre, morbido, la sua pelle, seta, scivola, indugia su di un brivido, una curva, un seno, ora il viso si sposta appena verso di me, è un bacio quello che vuole, è quello che voglio, mentre il mare sembra fermare quell'attimo, una foto uno scatto, i suoi capelli, tra le dita, le sue labbra nelle mie, i suoi capezzoli impazziti addosso, li sento, la voglio, mentre un'onda s'infrange... Mentre il mio corpo la ama, mentre i miei tocchi si fanno più morbidi, indecenti e delicati, i miei pensieri s'inchinano a quel momento, forse sarebbe follia, ma quando la pelle è sulle lenzuola ci accorgiamo che... vivono quello che chiudendo gli occhi hanno sempre accarezzato.

Mi dispiaceva lasciare una storia sperduta tra i pensieri...