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Un blog creato da desio_5_stelle il 09/02/2010

desio 5 stelle

trasparenza & partecipazione per il bene comune

 
 

AREA PERSONALE

 

I CANDIDATI SI PRESENTANO

 

26 NOVEMBRE 2010 - TUTTI A CASA!!!

Le dimissioni del sindaco non sono arrivate, la mozione di sfiducia non è stata votata in consiglio, ma ciò che conta è l'ottimo risultato raggiunto oggi, 26 Novembre 2010: 17 CONSIGLIERI (PD, DESIO VIVA, IDV, LEGA, DESIO 5 STELLE) MEDIANTE DIMISSIONI CONTEMPORANEE QUESTA MATTINA HANNO RESPONSABILMENTE MESSO LA PAROLA FINE AL DISASTROSO MANDATO MARIANI BIS.

E' quello che aspettavamo dal 26 luglio, esattamente 4 mesi fa, quando abbiamo proposto la mozione di sfiducia.

Finalmente la parola torna ai cittadini.

 

DESIO 5 STELLE AL FORUM GIOVANI

MICOL CASTELLANI e DAVIDE TRIPIEDI al FORUM GIOVANI

 

 

GUARDA IL VIDEO: "LA MAFIA A DESIO"

 

 

INCENERITORE DI DESIO

In questo breve filmato la nostra battaglia per l'alternativa al nuovo (e al vecchio) inceneritore, in difesa di SALUTE, AMBIENTE e TASCHE dei CITTADINI!!! 

 

RICORSO AL TAR CONTRO PEDEMONTANA

I Comitati di cittadini di Bovisio Masciago, Cesano Maderno e Seveso fanno ricorso al TAR contro Pedemontana
 

E' NATO IL MOVIMENTO 5 STELLE!

fatto di cittadini, incensurati e lontani da tutti i partiti, che vogliono riappropriarsi della Politica per il bene comune contro gli interessi dei soliti noti!

 

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TALPE NEL PALAZZO

Post n°177 pubblicato il 18 Settembre 2011 da te.miti
 

Talpe nel palazzo

 

di Paolo Biondai,

L'Espresso - 16 settembre 2011

 

Talpe nel palazzo

 

La maxi-inchiesta sulla ’ndrangheta lombarda è ancora segretissima, quando una squadra di carabinieri dell’antimafia riesce a nascondere una telecamera di fronte alla villa di un capoclan. 

 

 

I pm milanesi vogliono scoprire (e poter documentare) chi incontra. La missione è difficile: l’inquisito per mafia, ufficialmente imprenditore, è molto guardingo, si circonda di collaboratori- sentinelle e abita in una via di Giussano, nella popolosissima Brianza, dove è difficile passare inosservati. 

Per giorni i militari si fingono operai al lavoro per strada e finalmente piazzano la telecamera in cima a un lampione. 

Il 20 gennaio 2009 le immagini cominciano ad essere registrate nella vicina stazione dell’Arma di Seregno. Ma appena sei giorni dopo, l’inchiesta è bruciata. Un complice avverte il mafioso di aver ricevuto «un’ambasciata dallo sbirro». Una soffiata precisissima: la descrizione esatta dell’inquadratura che arriva sul monitor dei militari. 

Un’immagine che può essere vista solo dall’interno della caserma. Da un traditore dello Stato. E dei tanti carabinieri onesti che rischiano la vita per poco più di mille euro al mese. Un anno e mezzo dopo, nel luglio 2010, quando scatta la storica retata con trecento arresti tra Milano e la Calabria, anche i presunti mafiosi brianzoli finiscono in manette, incastrati da altre microspie. 

Ma la talpa in divisa resta tuttora senza nome. Insieme a troppi altri uomini dello Stato passati al servizio dell’Antistato. Al Sud come nell’insospettato Nord. “L’Espresso” nello scorso numero ha raccontato come l’emissario della cosiddetta P3 si è presentato dal procuratore aggiunto di Milano, Nicola Cerrato, cercando di carpire informazioni sull’inchiesta contro la ’ndrangheta: Pasqualino Lombardi voleva sapere se fossero indagati cinque politici del Pdl lombardo e domandò (invano) di incontrare il pm Ilda Boccassini. 

L’emissario disse che lo mandava il governatore Roberto Formigoni, con cui aveva rapporti diretti. Dei cinque, il più vicino ai boss era l’allora assessore regionale Massimo Ponzoni (l’unico indagato, ma per altre corruzioni), però anche gli altri quattro erano citati nelle intercettazioni antimafia. 

Come faceva Lombardi a sapere così esattamente quali politici comparivano in atti giudiziari ancora top secret? Giudici come Giovanni Falcone hanno insegnato che la criminalità esiste in tutti i Paesi ed è contro lo Stato, ma in Italia la mafia è dentro lo Stato. Ora l’emergenza riguarda la ’ndrangheta, che è diventata l’organizzazione più ricca e potente. Esaminando solo le indagini più recenti sulle cosche in Lombardia, “l’Espresso” ha contato almeno 18 talpe: pubblici ufficiali che hanno svelato i segreti delle inchieste, ma sono rimasti in gran parte «non identificati», come denunciano i giudici sottolineando la «gravità », «pericolosità» ed «evidenza» dei loro tradimenti. Tra i tanti, c’è perfino un «militare in servizio alla Direzione distrettuale antimafia di Milano», ossia negli uffici della procura. Una talpa mai smascherata, ma attiva almeno fino al 2009, visto che a fine anno un mafioso del clan di Milano-Pioltello allertava i complici dicendo di aver «visto insieme a quello della Dda tutte le carte con i nostri nomi» e «le microspie in macchina». La certezza che la ’ndrangheta è riuscita a infiltrarsi perfino nella loro inchiesta, i pm milanesi la ricavano quando sentono gli stessi affiliati parlare di una seconda talpa, che a differenza della prima ha un nome: «Michele, il carabiniere di Rho che ci passava informazioni sulle intercettazioni in cambio della mancia». 

A Rho, il comune dell’Expo 2015, l’inchiesta travolge quattro carabinieri accusati di corruzione. L’appuntato Michele, al secolo Berlingieri, viene arrestato addirittura per concorso esterno in associazione mafiosa. A incastrarlo è il video di un omicidio. Il 25 gennaio 2010 il figlio di un boss calabrese ammazza a colpi di pistola un giovane albanese in un bar. L’appuntato Michele, ignaro che i colleghi di Monza lo stanno filmando, entra nel locale, raccoglie i bossoli e li risistema per truccare la scena del delitto. Quando il killer passa la pistola a un complice, lo lascia uscire indisturbato. Poi stringe la mano al padre dell’assassino. 

Commento dei mafiosi: «Michele lo sbirro si è comportato benissimo». Dalle stesse indagini saltano fuori storie di blitz antidroga organizzati tra Milano e Varese per togliere di mezzo gli spacciatori concorrenti della ’ndrangheta. Ignoti funzionari dell’Anas che, quando la procura deve farsi autorizzare una videoripresa sulla statale, avvisano in diretta un boss, che annulla un summit con decine di mafiosi. Cittadini derubati di auto o furgoni che, seguendo il loro Gps, guidano una pattuglia da uno sfasciacarrozze, che non viene controllato, ma salvato. E quando i carabinieri onesti arrestano tutti, si scopre che proprio lì c’era «un arsenale di armi da guerra della ’ndrangheta». Nelle ordinanze del 2011 spunta perfino “suor talpa”. 

Paolo Martino, boss reggino con ricchi interessi e molti amici tra politica e discoteche a Milano (il più famoso è Lele Mora), prima dell’arresto si ritrova una microspia in macchina. Al che si rivolge alla sorella, che è religiosa delle Paoline nonché vicedirettore sanitario dell’ospedale cattolico di Albano Laziale. «Informati dalla tua consorella », le dice furbescamente. Tre settimane dopo, la suora gli spiattella che c’è un pentito: «Ho sentito quella persona lì, mi ha detto di stare attenta... quel personaggio sta a cantà». Un aiuto alla mafia arriva pure dalle polizie municipali tanto amate dalla Lega: a Lurago d’Erba il comandante locale controlla le targhe delle auto dell’antimafia e avverte i boss (si spera ignorandone lo spessore criminale) riuniti nel loro maneggio. Intanto il direttore sanitario del carcere di Monza chiede voti e favori a un mafioso appena scarcerato (e poi ammazzato). 

Mentre un maresciallo «non identificato» avverte un padrino di Pioltello, in teoria ai domiciliari, di «non girare sulla sua Bmw», dove in effetti i carabinieri hanno piazzato una cimice. E non manca «un sottufficiale in servizio alla procura di Monza » che non denuncia due ricettatori, pur sentendosi dire che «nascondono armi» poi finite alla ’ndrangheta. Nei rapporti con le talpe, i mafiosi sembrano seguire un codice. 

Ogni boss protegge l’identità dei propri informatori: un tesoro da nascondere anche ai complici. Proprio le indagini di Milano e Reggio dimostrano però che la ’ndrangheta è un’organizzazione «unitaria e verticistica». Per cui la singola talpa rischia di favorire tutte la ’ndrine. E di manipolare anche le indagini più serie, come ha denunciato il procuratore Giuseppe Pignatone alla commissione Antimafia: il boss informato in anticipo ha il potere di decidere quali amici salvare e quali nemici far arrestare. Ora la scoperta di una rete di talpe così ramificata perfino a Milano rafforza i sospetti che la ’ndrangheta continui a beneficiare di un livello ancora segreto di complicità clamorose e inconfessabili. 

«La vicenda più inquietante», secondo i giudici antimafia, almeno per ora è l’arresto di Giovanni Zumbo, ex custode giudiziario di immobili e società sequestrate alla mafia calabrese, nonché collaboratore del Sismi dal 2004 al 2006, quando il servizio segreto militare era in mano al generale Nicolò Pollari e al suo uomo forte Marco Mancini. 

Nel marzo 2010 l’allora insospettabile Zumbo, accompagnato da un mafioso, Giovanni Ficara, viene intercettato mentre racconta a un superlatitante, Giuseppe Pelle, tutti i particolari della maxi-inchiesta ancora top secret di Milano e Reggio. Non lo fa «per soldi», ma perché, come spiega lui stesso ai boss, «ho fatto parte e faccio tuttora parte di un sistema molto vasto», formato da uomini dello Stato che in realtà sono «i peggiori criminali»: «Hanno fatto cose che solo a sentirle, a me viene freddo». 

Dopo l’arresto per mafia, Zumbo è stato rinviato a giudizio, con il boss Ficara e due complici, anche per le armi e l’esplosivo fatti ritrovare a Reggio nel gennaio 2010, nel giorno della visita del presidente della Repubblica. Un depistaggio spettacolare, inscenato per accreditarsi come confidente con i magistrati della nuova guardia. 

E rubare altre soffiate. Ordinandone la cattura, i giudici avvertono che Zumbo si era messo a disposizione dei mafiosi «perché incaricato da qualcuno, interessato a entrare in rapporto con i boss a costo di vanificare le più importanti indagini dei carabinieri contro la ’ndrangheta». 

Qualcuno «alla cui volontà non poteva sottrarsi». Il procuratore Pignatone lo ha definito «il puparo». 

Il suo nome resta un mistero: le indagini documentano solo che i due boss dei clan Pelle e Ficara- Latella «convocarono» la loro talpa, dopo aver avuto una prima soffiata da un agente segreto, ex militare, in contatto con altri tre 007, con un passato nel Ros. 

Dopo un anno di carcere duro, Zumbo ha parlato una sola volta con i magistrati, ripetendo lo sfogo che aveva confidato a un ufficiale dei carabinieri fin dal giorno dell’arresto: «I servizi mi avevano lasciato in pace per un po’, ma all’inizio del 2010 sono tornati a inquietarmi per collaborare. Se mi pento io, succede un terremoto». «Dal boss Pelle, io sono stato mandato », aveva aggiunto Zumbo, che si rifiuta però di fare il nome del suo «puparo» in divisa. 

Tra Milano e Reggio non si escludono sorprese esplosive sui complici eccellenti della ’ndrangheta.

 
 
 
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IL CONSIGLIO COMUNALE E' ON-LINE

Lo chiedevamo da 2 anni noi del MoVimento 5 stelle: finalmente, grazie alla decisione del sindaco Roberto Corti e della giunta del Comune di Desio, da Luglio 2011 è possibile vedere da casa il consiglio comunale in diretta streaming tramite Internet e rivedere la registrazione anche a distanza di tempo attraverso il sito istituzionale del comune (accedi alla web tv).

Inizialmente avevamo cercato di riprendere le sedute consiliari - pubbliche - come semplici cittadini, ma ci è sempre stato vietato dall'ex presidente del consiglio Nicola Mazzacuva; dal 2010, tramite il nostro consigliere Di Carlo, abbiamo portato la questione in commissione Statuto e Regolamenti, ma l'iter si era fermato nel novembre 2010 con l'auto-scioglimento del consiglio comunale. Nel luglio 2011 la svolta, grazie all'intervento rapido ed efficace del neo-sindaco.

 

 

CHI SIAMO

Siamo cittadini delusi dai partiti, dai quali non ci sentiamo rappresentati. Ci impegnamo in prima persona perché l'amministrazione della città di Desio sia intesa in modo nuovo, trasparente e aperto alla partecipazione di tutti: con questo spirito abbiamo presentato alle elezioni comunali 2010 la lista civica "DESIO 5 STELLE". Essere residenti a Desio, non avere condanne penali, non essere iscritti a partiti e non aver ricoperto cariche politiche per più di un mandato sono caratteristiche di tutti i candidati che ne fanno parte: semplici cittadini, fuori dai partiti e lontani dai centri di potere, convinti che il riscatto della città possa arrivare solo lavorando per il bene comune. 

Nonostante ci presentassimo per la prima volta, e nonostante i "gufi" che ci davano sconfitti al 2%, alle scorse elezioni abbiamo ricevuto un ottimo sostegno: quasi il 5% e un seggio ampiamente guadagnato in consiglio comunale. Un risultato migliore di quelli ottenuti da UDC e IDV.

In seguito alla sospensione e al successivo scioglimento del consiglio comunale (v. box a sinistra) la città di Desio è stata giudata dal Commissario dott.ssa Nuzzi fino alle elezioni amministrative (maggio 2011). Mentre tutti i partiti hanno visto scendere il numero di voti, il MoVimento a Desio è cresciuto fino al 6,17% ottenendo un seggio di minoranza.

 

 
 

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PAOLO DI CARLO, CONSIGLIERE DESIO 5 STELLE

Dal 2007 faccio parte del Meetup degli Amici di Beppe Grillo di Desio, mentre dal 2008 sono attivo all'interno del Comitato per l'Alternativa al nuovo inceneritore di Desio per dimostrare che vivere senza inceneritore (e senza l'inquinamento e le malattie che ne conseguono) è possibile. Nel 2010, candidato sindaco per Desio 5 Stelle, sono stato eletto consigliere comunale, risultato confermato nel 2011 nonostante la riduzione del numero dei consiglieri da 30 a 24.

 

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