Dina CuciniArtista senese e poetessa futurista |
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Post n°14 pubblicato il 26 Gennaio 2015 da joedg10
Tag: aeropoema delle Torri di Siena, concoso poesia bacchica, Dina Cucini, donne del futurismo, futurismo, futurist poetry, italian futurism, italian futurist poetry, italian poetry, Marinetti, palio di siena, poesia di dina cucini, poesia futurista, poesie dina cucini, poetess futuristic, poetesse futurismo Sii benedetto! Anche se amaro mi sembrasti allora. Ora io so che l'anima s'è intrisa tutta di quel pianto e s'è come forgiata molle così di sofferenza. Senza di te, dolore sarebbe muta ancora quest'anima canora viva così stupendamente. Accanto a me, ricordo fosti quasi da sempre e mi piegasti come lo stelo piega a troppo greve pioggia. Ma ogni stilla di pianto fu la goccia che il sasso incava e sopra vi ricanta. Sii benedetto mio dolor, che tanta ansia di gioia m'hai lasciato dentro che ora tutto m'è gioia e tutto godo come quel cieco che abbia luce a un tratto. Sii benedetto, ch'è per te che guardo alto così serenamente in cielo ed umile mi sento quasi che tu, dolore, soltanto amore avessi seminato. |
Post n°13 pubblicato il 26 Gennaio 2015 da joedg10
Tu che sei nato nella fumosa stalla Gesù Bambino, tutto chiaro di luce sei. Nella greppia l'asinello e il bue chinano il muso ad alitarti sopra dalle froge il tepore contro il gelo. Dal cielo cadde bianca la sfarfallata candida di neve che incappucciati gli alberi e le vette tutta si stese sopra il piano e lieve ne ricoprì la via. Oh, ben lo sa Maria quanto mai dura fu la strada bianca al passo doloroso appesa al braccio del vegliardo sposo con l'ansia tesa, intenta alla capanna. Or nella stalla in amorosa cura sta china la Madonna sul Bambino. -Gesù, Gesù,- sospira e con la mano timorosa discosta i musi chini intenti a ruminar dentro la greppia. C'è fuori, d'orme, sulla bianca via la scia lunga infinita del piccol piede stanco di Maria |
Post n°12 pubblicato il 26 Gennaio 2015 da joedg10
Lo so, io non ti so pregare Signore prona sul banco che sa di sudore e d'incenso, la fronte fra le mani confusa, cancellata tra le ombre della remota chiesa, io vo cercando la preghiera da unire alla prece comune e non la trovo. Così da sola tra le luci spente e tra le vaghe spire dell'incenso che ancor sale alla volta, io sento allora che si può pregare anche senza parola. E mi pa che Tu sia più presso e Tu mi veda Signore, come sono. Minima cosa, ma il mio amore è grande Lo raccolgo così ad un sospi di fronda ad ogni tremore della spiga bionda a ogni voce di vento al lento passo degli armenti aggio grati all'aratro, nella terra bruna e nel verde prato lungo la via d'abeti e di ginestre. E tutta mi riveste un gran manto d'amore ch'io ti pogo, Signore. Ed è per esso sol ch'io peccatrice posso trovar l'ardire d'accostarmi all'altare e di chiamar Te: Padre, Padre, Padre! L'unico nome, l'unica parola l'unica prece che Ti sappia dire.
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Post n°11 pubblicato il 19 Gennaio 2015 da joedg10
Tag: aeropoema delle Torri di Siena, concorso poesia bacchica, Dina Cucini, donne del futurismo, futurismo, futurist poetry, italian futurism, italian futurist poetry, italian poetry, Marinetti, palio di siena, poesia di dina cucini, poesia futurista, poesie dina cucini, poetess futuristic, poetesse futurismo Talora quando mi par più triste e vuoto il senso della vita sento quest'infinita stanchezza dentro l'anima. Ma più che stanca è ferma e sorda e muta e senza risonanza. Così ch'io bramo almen la sofferenza che mi distolga con la brusca mano a questa quiete immota. Niente. Più niente è in me. Gioia, speranza felicità, dolore, affanno tutto scivola via come sul vetro d'una gran campana In essa sono chiusa nel vuoto muto atono, di me stessa. Vedo la vita intorno a non la sento tento, ma invano di ridestar me stessa scuotere l'insensibile torpore vivere, vivere viva sia pure di sofferenza e di dolore. Come la rena dalla chiusa mano fugge senz'eco l'anima al richiamo.
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Post n°10 pubblicato il 19 Gennaio 2015 da joedg10
Sei tu, sei tu felicitàche batti sì piano alla mia porta? Sei fatta di speranza ed io t'ascolto che sgrovigli il mio cuore dai dubbi, dagli affanni, dal grigiore dei tristissimi giorni. Entra felicità, entra col vento che per l'ampie vetrate spalancate passa tutto cantando. Ora nel vaso sfogliano le rose ed i petali fuggono ridendo inseguiti dal vento che li sperde alitando. Quando felicità e tu speranza eri svanita era il grigiore intorno e sfiorito il balcone e fredda e triste e muta era la casa. Ed ecco ora tornate iridescenti amiche. Entrate, entrate! ho fiorito i balconi di gerani e le vetrate ho spalancate al sole. D'ogni passato giorno la tristezza è svanita dal cuore. Voi ritornate siete. Voglio che canti il vento e rida il sole gioiosamente nella chiara stanza per te felicità, per te speranza |