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I Rockefeller contro la loro creatura Exxon

Post n°682 pubblicato il 26 Maggio 2008 da giromapa

Da Corriere.it


LA RIVOLUZIONE CREA SCALPORE IN USA

Un secolo e mezzo dopo gli eredi dei fondatori vogliono rifondare il colosso petrolifero: «Tuteli l’ambiente»

WASHINGTON – Sembra uno sceneggiato alla “Dinasty” o “Dallas”, le
saghe televisive delle grandi dinastie industriali americane. Vede i
Rockefeller scagliarsi contro una loro creatura, la Exxon, il colosso
petrolifero. Nel 1870, John Rockefeller fondò la Standard Oil, di cui
la Exxon è il successore. Ma quasi un secolo e mezzo dopo, i suoi
pronipoti e i loro congiunti, ben 73 persone, vogliono riformare la
compagnia. Capeggiati da Neva Goodwin Rockefeller, una economista di 63
anni, chiedono la rimozione del presidente Rex Tillerton e una
inversione di rotta: la Exxon, sostengono, deve aiutare i poveri,
cercare fonti alternative di energia e tutelare l’ambiente.

LA RIVOLUZIONE
- La rivoluzione promossa dal clan all’apice della crisi petrolifera ha
destato scalpore in America, soprattutto a Wall street. La Exxon è una
delle società più ricche del mondo, nel 2007 realizzò profitti di 40
miliardi di dollari, una cifra enorme. Ma i Rockefeller, tuttora una
potenza anche se frammentati, l’accusano di ignorare la volontà degli
azionisti, di cui fanno parte, e di non pensare a un “futuro diverso”.
Mercoledì a Dallas nel Texas, alla loro assemblea annuale,
presenteranno cinque mozioni per il totale cambiamento della politica
aziendale. Una battaglia campale che tiene l’industria e la finanza
americane con il fiato sospeso. Per Wall street, trovare i Rockefeller
compatti è una rarità. Da decenni, i membri della dinastia non vanno
d’accordo tra di loro. Ma lo sdegno contro quelle che considerano la
cecità e ingordigia della Exxon li ha cementati. Per la prima volta,
hanno scelto un portavoce, Peter O’ Neill, un cugino di Neva Goodwin
Rockefeller, e operato in pubblico, non in segreto.

«SERVE CAMBIAMENTO»
- Peter Johnson, lo storico della dinastia, sospetta che il loro
obbiettivo sia di riformare non solo la Exxon ma l’intera industria
petrolifera. «E’ gente con un impegno ambientale e sociale preciso»
spiega. «Mirano alla riduzione delle emissioni di gas nel mondo e al
sostegno delle comunità meno abbienti». I “rivoltosi Rockefeller”, come
li chiama il Wall Stret Journal, hanno
l’appoggio popolare. Ma il presidente e amministratore delegato della
Exxon, Rex Tillerton, non intende cedere: «Noi siamo una ditta
petrolifera e petrolchimica» ha dichiarato «e resteremo tale. Siamo la
più forte della storia come dimostra il nostro bilancio».

«FALLIRANNO» -
Secondo Tillerton, la rivoluzione dei Rockefeller fallirà «perché non
hanno nemmeno l’1 per cento delle azioni». Ma Peter O’ Neill ribatte
che il pacchetto azionario della dinastia è molto superiore, «difficile
a calcolarsi perché messo in vari trust», e che molti altri azionisti
si sono schierati con essa. La guerra dei Rockefeller contro la Exxon,
accusata dal pubblico americano, assieme alle altre compagnie, di
approfittare della crisi petrolifera a danno dei consumatori,
incominciò nel 2004, ma venne alla luce solo l’autunno scorso. Stando al Wall Street Journal,
la dinastia avrebbe il consenso del 40 per cento degli azionisti. E lo
storico Peter Johnson riferisce che la loro rivoluzione ha un grosso
precedente: nel 1896, la promosse lo stesso John Rockefeller, che
rinunciò a fare l’amministratore delegato. Rimase presidente fino al
1911, quando la Standard oil venne smembrata in seguito alle misure del
presidente Teddy Roosevelt contro i monopoli.

Ennio Caretto

 
 
 
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