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« «Da Viadana a Manduria: ...Scajola: "Nuove centrali... »

"Impossibile l'atomo in cinque anniil nemico è il mercato, non i verdi"

Post n°686 pubblicato il 26 Maggio 2008 da giromapa

Da Repubblica.it
Silvestrini, ex consulente di Bersani, spiega perché non crede al piano Scajola
"Costi e problemi troppo grandi, il nucleare è destinato a diminuire di peso"
Il caso Usa: "Il bando indetto da Bush senza incentivi è andato deserto"
Resta aperta poi la questione scorie: "Nessun paese l'ha ancora risolto in via definitiva"
di VALERIO GUALERZI




B
ROMA - Da ambientalista è estremamente realista e pragmatico sul fatto che la lotta al riscaldamento globale non può essere fatta in punta di fioretto, ma altrettanta coerenza Gianni Silvestrini la pretende dai sostenitori del ritorno all'atomo. "Se la situazione climatica dovesse precipitare nei prossimi decenni l'umanità finirebbe con l'utilizzare tutte le armi disponibili incluso il nucleare, superando ogni preoccupazione", ammette l'ingegnere, ex consulente del ministro Bersani, che da anni coordina attraverso il Kyoto Club gli industriali che hanno sposato la validità e la filosofia del Protocollo internazionale per la riduzione dei gas serra.

Ingegner Silvestrini, malgrado la premessa, lei però sembra scettico sull'utilità del piano annunciato dal ministro Scajola.


"I cinque anni a cui fa riferimento Scajola mi sembrano improponibili,
le procedure in realtà sono lunghissime: si tratta di individuare il
sito, ottenere i permessi necessari, stringere accordi internazionali,
far approvare i progetti, senza parlare dell'indispensabile consenso
sociale. Ma oltre al metodo c'è un problema di merito. Penso che in
realtà si tratti di una risposta controproducente. Malgrado l'enfasi
data dai media al possibile rinascimento nucleare,
la percentuale di elettricità nucleare è destinata a ridursi, secondo
la Iea, dal 15 al 9% entro il 2030 a causa della chiusura delle vecchie
centrali".






Il ministro parla però di impianti di nuova generazione.



"Se effettivamente i reattori di quarta generazione daranno i risultati sperati in termine di
riduzione dei costi e dei rischi, il nucleare potrebbe dare un
contributo più significativo, ma solo nei decenni successivi".






Scajola, tra gli applausi di Confindustria, ne ha parlato invece come di una soluzione attuale.


"Resto dell'avviso che in Italia, anche in presenza di un improbabile
consenso politico e sociale, la produzione non potrebbe iniziare prima
del 2020, come del resto ammette la stessa Edison fissando la data al
2019. In effetti, il principale nemico dell'energia atomica non sono
gli ambientalisti ma la liberalizzazione dei mercati elettrici. In una
realtà concorrenziale, l'incertezza sui costi, sui tempi di costruzione
e sulle dinamiche della domanda penalizzano fortemente questa
tecnologia. Secondo un recente studio Usa condiviso dall'industria
atomica (il Nuclear Power Joint Fact-Finding)
l'elettricità di una nuova centrale nucleare è destinata a costare il
doppio (8-11 centesimi di dollaro per kWh) rispetto alla media.





Non a caso la gara per la costruzione di nuove centrali indetta da un
nuclearista convinto come Bush è andata deserta fino a quando
l'amministrazione non ha introdotto un incentivo di 1,8 centesimi di
dollaro al chilowattora, la stessa cifra prevista per l'eolico.
Sostenere che il ritorno al nucleare riduce la bolletta è falso, questo
lo ammettono anche sostenitori "seri" dell'atomo come Clò. In Europa
l'impianto in costruzione in Finlandia è in ritardo di due anni e
presenta extracosti per 1,5 miliardi di euro, tanto che la Siemens,
fornitrice della tecnologia, nel 2008 ha perso in Borsa un terzo del
suo valore. In sostanza, c'è un conflitto insanabile tra l'imperante
mercato liberalizzato dell'energia e la rinascita del nucleare".






Eppure continuiamo a guardare con una certa invidia alla Francia.


"La situazione è diversa in presenza di un forte ruolo dello Stato, ma
Scajola non ha precisato se pensa ad aiuti del Tesoro. Ci sono infatti
Paesi in cui il nucleare può essere considerato un successo come la
Francia appunto, anche se un bilancio completo potrà essere effettuato
solo tra qualche decina - o meglio migliaia - di anni. E altri, invece,
in cui il ricordo è negativo, come gli Usa dove aziende fallite e
decine di miliardi di dollari buttati al vento ne fanno il più grande
disastro industriale del Paese, senza parlare della Russia, dove
l'incidente di Chernobyl ha causato significativi danni sanitari ed
economici".






Scajola ha garantito che si terrà conto della questione sicurezza.


"Ma nessuno dei problemi connessi con il nucleare - sicurezza, scorie,
proliferazione - è stato ancora risolto. A 55 anni dall'inizio
dell'avventura nucleare i problemi aperti sono ancora molti. I lavori
per il deposito di Yucca Mountain negli Usa continuano a slittare nel
tempo e nessun paese ha attivato un cimitero definitivo per le scorie.
Lo smantellamento delle centrali esistenti è un'altra incognita. Le
previsioni di costo della chiusura del ciclo nucleare nel Regno Unito
sono in continua crescita e l'ultima stima è di 100 miliardi di euro".






Ma
se il risultato è la possibilità di avere energia ad emissioni zero a
tempo indeterminato si tratta di rischi e costi che si potrebbe
decidere di voler correre.




"In realtà un tema generalmente sottovalutato riguarda proprio la
disponibilità di materiale fissile. In effetti negli anni scorsi si era
in presenza di una sovrabbondanza di uranio anche per l'utilizzo del
materiale proveniente dal programma di disarmo nucleare. Questa
situazione è destinata a cambiare e le difficoltà ad aprire nuove
miniere stanno già facendo lievitare il prezzo, sestuplicato negli
ultimi 5 anni.






(22 maggio 2008)

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