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Il sogno della bambola

Post n°4 pubblicato il 20 Maggio 2008 da nightwish2002

Luca conosceva già parecchia gente a Mosca e non fu per nulla difficile per lui trovare in pochi giorni un appartamento. Era lontano dal centro, ma vicino ad una fermata della metro. Certo il quartiere non era dei più rinomati, ma l'appartamento era splendido e molto grande. Un grande salone con una parete tutta a specchi, due belle camere, una bellissima cucina italiana e un grande bagno con un enorme box doccia ed una vasca idromassaggio. Per terra tutto parquet e ovunque rifiniture all'europea; aria condizionata ed un bellissimo balcone chiuso da una loggia. Insomma un appartamento bello e confortevole ad un prezzo che, per Mosca, era più che ragionevole, 750 euro al mese.

L'ufficio era ormai aperto, il lavoro andava bene e Luca era felice. Era molto apprezzato dai colleghi, vivea in una delle città più belle del mondo e si era scrollato di dosso quel senso di vita sprecata che lo aveva accompagnato negli ultimi anni. Non pensava più alla causa che in Italia continuava a trascinarsi fra rinvii e tempi morti dovuti alla irreperibilità della sua ex compagna. A dire il vero, probabilmente in maniera inconsapevole, questa cosa lo turbava visto che dopo già alcune settimane di permanenza non aveva nemmeno tentato di avviare alcun rapporto affettivo serio. E si che un italiano a mosca di possibilità ne ha tante, ma Luca in qualche modo le rifuggiva. Si, qualche rapporto occasionale, qualche simpatia un po' più accentuata, ma nulla che potesse essere nemmeno lontanamente considerato un rapporto affettivo.

Quella sera Luca era particolarmente eccitato ed euforico; l' indomani avrebbe lasciato l'hotel per trasferirsi nel suo nuovo appartamento. Non che l'hotel non gli piacesse, un bell'hotel al centro di Mosca, con vista sulla Piazza Rossa, una camera ampia e spaziosa con una grande finestra, tutti i comforts, bar, discoteche.. addirittura una bellissima pista di karting al chiuso. Però gli mancava quella sensazione di libertà e di sicurezza che ti può dare solo la tua casa. Era quasi la fine di marzo e la sera su Mosca si rovesciò una morbida nevicata. Dalla sua finestra Luca vedeva i fiocchi di neve volteggiare in mezzo alla luce rossastra dei lampioni proiettata sulle mura del Cremlino... danzavano come minuscole ballerine...

Luca fu rapito da quella danza, quieta ed eccitata al tempo stesso; infilò il giaccone e gli stivali e in pochi minuti era lì, a camminare sulla Piazza Rossa. Vista dal basso la nevicata era ancora più bella; le mura di mattoncini del Cremlino e le cupole colorate di S. basilio si vedevano a malapena, mentre sulla destra la facciata del GUM illuminata da migliaia di piccole lampadine faceva risplendere i grandi fiocchi di neve. Luca si tolse il cappello e lasciò che i fiocchi di neve si adagiassero sui suoi capelli, poi alzò lo sguardo verso l'alto ed aprì la bocca...i fiocchi copiosi iniziarono a depositarsi sul suo viso...gli cadevano sugli occhi, sulla fronte, sul naso e anche in bocca... si guardò intorno: era incredibilmente solo. Uno spettacolo così dolce e romantico e lui era li, da solo su quella grandissima piazza...

Tornato in hotel, con i capelli bagnati ed il viso rigato dalla neve sentì l'aria diventare di colpo calda per i riscaldamenti accesi al massimo. Provò un attimo di malinconia al pensiero che da domani quell'hotel che lo aveva accolto dopo un emozione così bella ed intensa non sarebbe più stato "suo"... si trovò circondato da un via vai frettoloso e distratto di persone ed il suo sguardo si fermò su di una scala che scendeva al piano di sotto. Ai lati della scala due bellissime ragazze  vestite in manera provocante distribuvano dei volantini che invitavano all'ingresso in un locale sottostante su cui campeggiava la scritta (ma perché le fanno sempre rosse??) Night Club. Luca ci pensò un attimo poi scese la scala con passo deciso.

Valentina quel giorno era contenta. Si era fatta le extensions e le treccine. La pettinatura metteva in risalto i suoi grandi occhi verdi e quando ballava attaccata al palo della lap dance le lunghe treccine le facevano il solletico sulla schiena. Non aveva una gran voglia di andare a lavorare. La sera precedente aveva bevuto troppo e si sentiva ancora la testa pesante, ma, come tutti i russi, sapeva bene cosa fare. Seduta sul divano, davanti alla tv si faceva passare i postumi della sbornia bevendo birra e sgranocchiando patatine. Intanto la sua mente rotolava all'interno dei ricordi e delle delusioni.

In sei mesi aveva dato un solo esame. La laurea le sembrava sempre più irraggiungibile. La vita che faceva non le piaceva, ma era comoda. Guadagnava più di quanto avesse mai potuto immaginare senza bisogno di eccessive fatiche. Era libera ed indipendente. Poteva permettersi spese che le sue coetanee rimaste al paese non potevano nemmeno sognare. Ma quando ogni sera suonava il telefono sapeva che dall'altro capo del filo avrebbe trovato la voce di sua madre che le chiedeva come andassero le cose. E sapeva che come ogni sera avrebbe raccontato di ore di studio, di ore di esercitazioni in teatro, di amiche e professori, di gioie e delusioni. Le si velavano gli occhi ogni volta... amava la madre e detestava mentirle, ma mica poteva dire che faceva la puttana!!!

Mancavano pochi minuti alle 18:00 e sapeva che, visto che c'erano 4 ore di fuso orario fra Mosca e il suo paese natale, fra poco il telefono avrebbe squillato. Quella sera non se la sentiva di mentire, non ne aveva la forza e nemmeno la voglia. Prese il paltò ed il cappello ed uscì di casa. Vagabondò per il centro di Mosca fino a sera tardi e, quando sulla città iniziò a cadere copiosa la neve si trovava sulla Piazza del maneggio. Per arrivare al night dove lavorava doveva attraversare la Piazza Rossa a piedi oppure prendere un taxi; decise che un taxi, dovendo fare tutto il giro del Cremlino per sensi obbligati le avrebbe fatto perdere troppo tempo e quindi si avviò a piedi sotto la nevicata.

Erano quasi le dieci di sera e la piazza era deserta esclusa una persona; sicuramente, da come era vestito, era uno straniero che camminava sotto l'abbondante nevicata con un sorriso idiota sulla faccia. Con tre gradi sotto zero, andare in giro in jeans e giubbotto, con gli stivali da cow boy a punta, non è certo da russi!!! Valentina allungò il passo; Sergey, il direttore del night era un bravo uomo, ma non gli piaceva che si arrivasse in ritardo. In fondo alla piazza, un attimo prima di svoltare dietro a San basiliio si voltò per dare un' ultima occhiata alla piazza sotto la nevicata e vide in lontananza, al centro della piazza, proprio all'altezza del mausoleo di Lenin quel buffo straniero di prima che stava con la testa alzata, a bocca aperta che cercava di mangiare la neve...

Valentina si cambiò in fretta ed indossò il suo abito di pelle rossa e nera... beh abito... un corpetto ed un gonnellino cortissimo. Era venerdi sera ed il venerdi è sempre una serata in cui c'è tanta gente. Quando uscì dai camerinio rimase un po' delusa nel vedere che sui vari divanetti c'erano solo dei grassi signori stranieri e, messi intorno ad un tavolo riccamente imbandito degli uomini dalle regioni caucasiche. A Valentina non piacevano gli uomini dalle repubbliche caucasiche: erano violenti e sporchi e le facevano paura. Intorno ai grassi stranieri c'era già un nugolo di ragazze, così decise di prendersi qualcosa da bere. Il banco del bar terminava proprio alla destra della porta di ingresso del locale e Valentina si era appena seduta davanti ad un bel bicchiere di Martini quando la porta si aprì ed entrò un uomo, all'apparenza sulla trentina d'anni, col viso arrossato segno che era appena entrato da fuori...  la guardò e le sorrise. Valentina riconobbe subito il giaccone dell'uomo e quel sorriso le diede subito conferma che era lo stesso uomo che aveva incrociato sulla Piazza Rossa poco più di un'ora prima.

 
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