Creato da ditantestelle il 31/05/2010

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Okashi Dozo

 

 

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Acuti

Post n°294 pubblicato il 11 Settembre 2020 da ditantestelle

 

 

 

 

 

 

Si scrive quando si ha poco o non più niente da dire. Perché il troppo da dire sarebbe solo sostanza granitica, non migliorerà lo status, non si livellano le differenze dove basterebbe solo alzare lo sguardo verso l'altro.

Crediamo nel privilegio, nei gorghi della moda, nel vincere le logiche complesse. E siamo stanchi. Esausti. Pezzi di vita in bianco e nero, pezzi spessi di coriandoli in cornici di vite avvelenate dalla paura di non farcela, di essere il prossimo preso di mira, di tanti inutili spirali, di inutili perdite di tempo dove c'è solo da sfinirsi.

Non è più tempo dei ragionamenti, delle stanche pretese di esser ascoltati. Non ne puoi più. Dei limiti, delle persone, dei modi, pensieri che hanno la pretesa di radicarsi a lungo. Non è più possibile tollerare l'infinità di bugie, i troppi grumi di antica, radicata malafede. Non è più possibile soddisfare chi si ciba d'odio, del dominio esclusivo di chi pretende. Di chi rileva i difetti nascondendo in gran segreto i propri.

Certi impicci adulanti. Certi impiccati. Basta. Non ci sono più parti preziose, c'è solo amarezza che provi nel marcio che zampilla dagli schermi, dagli sguardi, dalle mani che stringono i destini delle botole dove ti cacciano dentro. Ciò che non ti uccide ti dà il coraggio, si dice. Trovi insulto, il tuo prossimo. Non troverai mai puro, il tuo prossimo. L'unica innocenza compete alla Natura, non a chi prevarica la triste realtà di questo tempo. Lasciamo ad altri, le schiere festanti, lasciamo ad altri, gli stili dominanti.

Troppi urti prospettici da schivare via, troppi sfasamenti. Troppe irrinunciabili ipocrisie. Le proporzioni non son più quelle, gli ultimi ricordi felici forse a restarci. Forse, prima che qualcosa te li distrugga. E forse, resisterà più il salvare se stessi, non si sceglierà la miglior saggezza, si scaglierà ancora quella penultima pietra.

Quanti tranelli ha la contraddizione e quanta dimenticanza in quelle emozioni dove non c'è spavento, noia. Quello stesso mondo che pensiamo uguale al nostro. Siamo mutilati e non lo sappiamo. Sappiamo come non darla a vedere. Emerge l'equivoco del doppio, così. Il senso, in quanto tale, si fa impersonale. L'Impersonale: il farmaco più capace di chi ha già compreso come fare, come agire, come togliersi dalle spine.

 

Sterzare. Non resta altro.

 

 

 

 

 

 

 
Rispondi al commento:
ditantestelle
ditantestelle il 26/09/20 alle 21:46 via WEB
Sì, ma che noia.. Si legge che nella 'versione premium' ci passano gli annunci pubblicitari in mezzo. Oh, ma dappertutto si infilano.
 
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