Creato da ditantestelle il 31/05/2010

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Okashi Dozo

 

 

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Capodogli

Post n°296 pubblicato il 26 Settembre 2020 da ditantestelle

 

 

 

 

 

E poi, guardi verso l'esterno, fuori dalla tua finestra. In questo inizio autunno, come fossi seduto sotto un albero per trovare quell'ispirazione, il fresco respiro nell'andare avanti. Quel comporre. Quell'essere sospeso senza aver possibili scelte. Tutto così vicino, tutto così distante. Tutto così meravigliosamente sbagliato. Nessuna differenza, tutto è in un enorme uguale. Come cercarla, quella differenza col rischio poi di coprire sintonie. In fondo, non son che scuse, un modo ladro di fuggire, fallendo. Quelle differenze a far la diffidenza in quel credere in qualcosa. Basterebbe che il resto succeda, che il resto d'ogni storia ci resituisse il vero significato di quel che non capiamo mai. Quel poco di quel che è stato. E che ringrazi, e in un niente, quel che può accadere e scoprirlo, anche se tardi.

Lasciare molte più tracce del necessario, ti dissero. Ebbero ragione, ché se non permetti a nessuno di entrare, non correrai mai rischi: solo gente fuori della porta come passanti e la tua casa vuota. Questa, la preghiera. Questo pregarti e sorprenderti al mattino mentre ti prepari ad uscire, a recarti dove sai. Un nuovo giorno dove tutti conoscono tutti e nessuno conosce nessuno. Alcuni a trovarsi in silenzi ispirati o in quelle cose che non vanno dette dove non c'è alcun bisogno. E non aver voglia di dirle, solo di ascoltarle. Vedere dal proprio modesto punto di vista, capovolgendole. E rimetterle sottosopra, le cose .. dove tutto poi, cade come neve. Tutto in disordine e tutto poi che torna. Non per sempre e non in quel necessario a dover riempire il tanto.

Questa preghiera a chiedere aiuto nella sua concezione più sottovalutata, proprio dove il Tempo assegna le medaglie. Quelle sicurezze che non hai, quell'illudere di dimenticare, quei giorni e quelle sere a non chiedere niente e volere. Per un giorno, il più bello della tua vita, per quel metterti alla prova dove pensi non ne valga pena alcuna. Quel giorno qualunque. Quel briciolo di cattiveria chiamato ostinarsi e confusione tra le cose. Le tue, dove finiscono tra le pieghe di pagine ancora da scrivere. Questa, in una essenza del nulla, dove per qualche istante i tuoi occhi hanno raccolto quella strana luce che filtra, il grande inganno di rendere bello quello che non è. Quel dire, essere, sentire, rispondere. Quel volere una conquista, quella porta socchiusa, quel fine. Quel mondo. Anche quando, una volta compreso, non saprai più che fartene.

 

 

 

 

 

 

 

 
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Paytah
Paytah il 04/10/20 alle 12:11 via WEB
Robivecchi ***

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