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Da l'Unità del 12 aprile 2005
«Ci hanno schiacciati come bestie in 200 in appena metà vagone e picchiati con i manganelli, usando a distanza ravvicinata perfino le bombolette spray di gas urticante». È il racconto di Alberto Benedetti, capogruppo di Rifondazione comunista nel comune di Collesalvetti (Livorno) nonché tifoso degli amaranto in trasferta a Roma per la gara con la Lazio. Il treno che riportava gli ultras in Toscana è stato fermato alla stazione romana di San Pietro e, subito dopo, sono scoppiati violenti incidenti. «Abbiamo tirato il freno d’emergenza per attendere i ragazzi che erano stati fermati prima della partita, per non lasciarli da soli a Roma - spiega Benedetti - poi è scoppiato il finimondo e gli scontri con la polizia, anche a causa dell'ingenuità di qualcuno di noi che è caduto nella trappola delle provocazioni degli agenti». «La polizia ha tenuto un atteggiamento indisponente fin dall'inizio - dice - e ci sono stati tifosi letteralmente spogliati durante le perquisizioni. Hanno tolto sciarpe e bandiere, perfino le scarpe. Quei quattro fermati si erano rifiutati di togliere le felpe per non assistere alla gara seminudi e sono stati fermati».
Infine, Benedetti parla anche delle ore trascorse nella sede della polizia scientifica. «Ci hanno ammassati in un salone in attesa delle identificazioni e siamo stati derisi e apostrofati. Ho visto personalmente un poliziotto prendere a calci un paio di ragazzi che si erano addormentati perché non avevano risposto all'appello. Per ore non ci hanno fatto usare il bagno e a qualcuno è stato tolto persino il telefonino. Alla stazione di San Pietro ho sentito il racconto di molti tifosi che avrebbero visto agenti di polizia estrarre persino la pistola e puntarla contro il volto dei livornesi». Per Marco Susini, deputato livornese Ds, questi sono «racconti ancora tutti da verificare. Ma sento odore di G8, in quello che è successo... ». Questo il bilancio della trasferta: per sei dei trecento ultras livornesi è scattato l’arresto e, a carico di altri 250, c’è la denuncia con conseguente diffida dall’assistere a spettacoli sportivi. Le pratiche d’identificazione sono andate per le lunghe: per affrettare i tempi del rientro a Livorno, il centravanti degli amaranto Cristiano Lucarelli - assieme allo stesso Susini - ha reperito i tre pullman e ha coperto di tasca sua le spese necessarie per riportare a casa i tifosi che ieri nel tardo pomeriggio si trovavano ancora a Roma.
Sul sequestro dello striscione «Moby Prince, 140 morti senza giustizia: e i colpevoli?» che i sostenitori del Livorno avrebbero voluto esporre all'Olimpico nel 14° anniversario della tragedia, ieri è intervenuto Loris Rispoli, presidente del Comitato Moby Prince 140. «Da una parte - ha scritto il rappresentante dei familiari delle vittime a Berlusconi - è stato impedito ai tifosi livornesi di compiere un alto gesto di solidarietà e dall’altra si è concesso ai tifosi laziali di far entrare ed esporre simboli che la legge italiana proibisce». In un’altra lettera inviata da Rispoli al Capo dello Stato è scritto: «Zelanti funzionari hanno sequestrato lo striscione e a nulla sono valse le proteste dei tifosi. Così, mentre il prefetto e il questore di Livorno, e le forze dell’ordine tutte, erano al mio fianco a rendere omaggio alle vittime, le forze dell’ordine romane impedivano che lo stesso potessero fare i tifosi livornesi».
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Inviato da: luisimariano
il 29/10/2012 alle 19:07
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il 02/06/2011 alle 19:12
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il 24/02/2011 alle 17:49
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il 25/03/2009 alle 06:05
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il 24/03/2009 alle 21:17