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EduSphere - racconto arrabbiato in 6 puntate - cap. 4

Post n°31 pubblicato il 24 Novembre 2012 da duetalleri
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EduSfere

Capitolo 4.  Il Professor Enrico


Faceva freddo, davvero freddo quella mattina. Quando il Professor Enrico uscì di casa una folata di vento gelido entrò in casa e fece danzare le tende. Come uno spettro entrò in camera da letto e svegliò Simona, che con un brivido si alzò di colpo a sedere, tutti i sensi all’erta. Qualcosa non andava, questo era certo.

“Enrico?”

L’orologio a cifre rosse indicava le 06:35, ma dov’era Enrico? Possibile fosse già in piedi, la domenica all’alba? E perché non rispondeva? Infilandosi al volo una vestaglia, Simona scese dal letto e corse in sala e quindi all’ingresso. Nessuna traccia del professore e, ahimé, neppure della EduSfera.

Senza perdere tempo a cambiarsi, Simona infilò sopra al pigiama una tuta felpata e uscì in fretta da casa. Non nevicava, ma il vento del nord era teso e grigio. Attraversò di corsa tutto il giardino e si fermò all’angolo dell’isolato. Si guardò un poi intorno e, non vedendo il marito, prese decisa in direzione della scuola. Più avanti camminava un uomo dritto e impettito, con passo tranquillo ma preciso. Assomigliava vagamente a Enrico, ma l’andamento non era si sicuro il suo. La giovane donna rimase incerta un attimo, poi si ricordò che il suo Enrico aveva preso con sé la EduSfera e questo cambiava tutto. Allungò il passo e lo raggiunse, affiancandoglisi. Il Professor Enrico camminava con lo sguardo fisso davanti a sé, ruminando chissà quali pensieri dotti e non si accorse minimamente di lei. Simona lo chiamò, dapprima piano, poi sempre più forte. L’uomo non diede alcun segno di averla vista né sentita anche se inconsciamente allungò leggermente il passo. Sempre camminandogli appresso Simona cercò di far dei segni per attrarre l’attenzione, resistendo a stento alla tentazione di afferrarlo per le spalle e scuoterlo dall’evidente stato di trance in cui si trovava. Ma non poteva permettersi di toccarlo in alcun modo, una EduSfera attivata non perdona. Corse allora in avanti, superandolo di alcuni metri, quindi gli si parò innanzi a braccia aperte, con gli occhi imploranti gonfi di pianto. “Enrico, ti prego…”

Il Professor Enrico si fermò di botto, posando uno sguardo inquisitore sulla figura che gli si era improvvisamente- e alquanto maleducatamente- parata davanti, poi lo sguardo gli si addolcì e disse:

“Buongiorno bella bambina, perché piangi? Non trovi la mamma?”

 

...continua…

 

 
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