elaborando

Quanti chilometri con un litro di caffé?


La domanda potrebbe essere legittima tra qualche tempo, perché la raccolta di fondi è già cominciata. Il primo grosso contributore è stata la caffetteria Starbucks, a due passi dalla University of Nevada di Reno. Ed è stato tutt'altro che un sacrificio, alla Starbucks i fondi normalmente li buttavano via.Ecco, va chiarito che non si tratta di fondi in senso monetario, ma di fondi di caffé. Tutto è cominciato quando il prof. Manoranjan Misra, accanito bevitore di caffé, ha notato un sottile strato oleoso che ricopriva la superficie del caffé lasciato il giorno prima nella sua tazza. La folgorazione è stata immediata: il prof. e i suoi collaboratori lavorano sui bio-carburanti, la loro giornata trascorre a studiare procedimenti per ricavare carburanti dagli oli vegetali, e valutarne la resa e il costo; ovvio che quello strato oleoso sul caffé abbia acceso non una lampadina ma un faro nella mente del prof. Misra.Pare che la cosa funzioni, e che il fondo di caffé si presti molto meglio delle altre fonti di bio-carburanti finora studiate. Per la soia, ad esempio, occorre destinare la coltivazione alla trasformazione in carburante, mentre con il caffé si partirebbe da qualcosa che ognuno di noi (o quasi) butta via nella spazzatura ogni giorno. Perché il bello della scoperta del prof. Misra sta proprio in questo: si parte dai chicchi di caffé e ci si fa subito una bella tazza di caffé, dai fondi si ricava il carburante mediante la transesterificazione (nome terribile, ma il processo pare costi pochissimo), e quello che rimane può andare comunque ad alimentare il compost.Se funziona davvero, è un'idea grandiosa, perché il costo, partendo da una materia iniziale che costa zero (i fondi di caffé), pare che sia molto basso: 1 dollaro per gallone, che fanno 21 centesimi di euro a litro. Mi rimane il dubbio che sia una bufala, sembra troppo bello per essere vero, ma, pur cercando un bel po' su google, ho solo trovato conferme, la ricerca pare che sul serio sia in corso, e con risultati promettenti.Certo, nei commenti all'articolo dell'Economist qualcuno fa notare che lavorare sui residui di Starbucks è una cosa, far convergere sugli stabilimenti di produzione i fondi di caffé casalinghi avrebbe tutt'altro costo. Però occore considerare anche un'altra cosa: pare che dai tubi di scappamento si diffonderebbe profumo di caffé, non sarebbe niente male, se vi piace il caffé.Perplessità finale: conosco tre modi di fare il caffé, alla turca, all'americana e l'espresso. Chiaro che i residui delle tre preparazioni siano diversi. Mi domando se questo si traduce in costi di lavorazione differenti, oppure se ne escono anche tre tipi di carburante diverso. Insomma, una classificazione tipo normale e super, per intendersi.Buon 8 marzo a tutte le fanciulle che passano di qua e buona domenica a tutti.