BIODIESEL Testimonianza di Andrea alias Belinassu

Che cosa è

La prima volta che ho sentito parlare del biodiesel è stato qualche anno fa alla televisione.
Era uno di quei documentari in cui si presentano fonti di energia alternative pulite; si parlava di combustibile ricavato dai semi di girasole e di sperimentazione sui mezzi pubblici.
Avevano fatto anche cenno alla possibilità di coltivare terreni poco redditizi a piante oleaginose da cui estrarre l’olio da cui ottenere il carburante.
La cosa che più mi aveva stupito era stato un gesto dimostrativo del personaggio intervistato:
aveva messo due dita nel barattolo di biodiesel, in primo piano, e se le era portate alla bocca!
“Se lo avessi fatto con del gasolio comune avrei tossito per un bel po” erano state le sue parole.
Poi non ne ho più saputo nulla per diversi anni; evidentemente certe cose non vengono pubblicizzate troppo, forse per questioni di interessi economici o perché era meno radicata e presente nelle amministrazioni pubbliche l’idea di usare fonti di energia meno inquinanti.

Facciamolo in casa!

Qualcuno oltreoceano si fa il biodiesel in casa, seguendo proprio questa reazione e magari usando come materia prima, i trigliceridi che provengono da qualsiasi fonte, olio vegetale nuovo, olio fritto di cucina, grassi animali…
Insomma la cosa è sempre più interessante, oltre ad essere una fonte economica e pulita di energia, questo biodiesel permette di riciclare gli scarti alimentari grassi di cucina per fare del combustibile!

Siccome sono pigro e non volevo rispolverare le mie nozioni di chimica ho seguito pari pari le “ricette” trovate su un ottimo sito web che vi consiglio caldamente (è in inglese ma anche ha molte immagini chiare www.journeytoforever.org).
In concreto per la razione occorrono 3 molecole di alcool metilico (o etilico) per ogni molecola di trigliceride da trasformare e un po’ di catalizzatore (soda caustica) per promuovere la reazione.
Tradotto in misure a noi più familiari ci vorrebbe 0,1 litro di metanolo e circa 3,5g di soda caustica (NaOH) per ogni litro di olio fresco.
Ma siccome ogni reazione tende ad un equilibrio e noi vogliamo che tutto l’olio sia trasformato e non solo una parte si usa un eccesso di alcool per spingere la reazione verso la totale conversione.
Quindi la ricetta è :
- X litri di olio fresco
- 0,2*X litri di metanolo
- 3,5*X grammi di soda caustica

Volendo si può usare anche l’olio usato in cucina dopo la frittura, ma in tal caso va aggiunta una aliquota in più di catalizzatore per neutralizzare gli acidi grassi liberi,e va eliminata l’acqua e le scorie di cibo eventualmente presenti.
Tale aliquota si calcola con un metodo detto titolazione, per il quale vi rimando sempre al sito che vi ho segnalato sopra.
In linea di massima con olii non troppo usati la dose totale di NaOH è circa 6,25g per litro.
Siccome il metanolo non è facile da reperire, ed è soggetto a controlli, dopo gli avvelenamenti del vino di alcuni anni fa (il metanolo è un composto tossico per contatto e ingestione e va usato con le dovute cautele e precauzioni!), ho pensato che la cosa poteva essere più semplice usando il comune etanolo (il classico alcool rosa che usiamo tutti per disinfettare e pulire).
L’etanolo è inoltre di origine biologica e non è tossico come il metanolo, si trova ovunque e non ha particolari precauzioni d’uso, se non quelle che già conosciamo per esperienza comune.
Come al solito però c’è un rovescio della medaglia: l’alcool deve essere assolutamente anidro (quindi quello a 90° e 95° gradi non vanno bene, pena l’insuccesso) perché l’acqua parassita la reazione, bloccandola, e promuovendo una reazione di saponificazione manda tutto a monte.
Quindi bisogna procurarsi dell’alcool etilico assoluto (99,9%) che è più difficile da trovare e costa
più caro.Una volta trovato bisogna usare più catalizzatore (7g/litro di olio contro i 3,5g/litro per il metanolo); ci vuole anche una maggiore quantità di alcool (27,5% contro il 20% dell’olio con il metanolo).
Le modalità di processo prevedono che prima si mescoli l’alcool con il catalizzatore, avviando la reazione tra i due, che forma un intermedio reattivo (il metossido di sodio, o l’etossido a seconda dell’alcool). Successivamente si uniscono il metossido e l’olio, a una temperatura tra i 35 e i 60°C (optimum a 45-50°C) agitando il tutto per circa un’ora.


I miei esperimenti in cucina per la gioia della nonna

Per cominciare, mi sono procurato gli ingredienti: olio di semi del discount, alcool etilico al 99,9 % e soda caustica granulare da un colorificio.
Ho comprato un fornelletto elettrico, una bilancetta da cucina precisa al grammo, e ho recuperato una vecchia pentola in disuso della capienza si circa 3 litri e un trapano.
Ho effettuato prove su un litro alla volta per non fare inutili e scoraggianti sprechi, quindi ho mescolato circa 275cc di alcool etilico (CH3-CH2-OH) con 7g di NaOH fino a completa dissoluzione.
A parte ho messo la pentola a scaldare sul fornelletto con un litro di olio di semi, e raggiunti i 50°C (ossia la temperatura di un termosifone più o meno) ho aggiunto l’etossido.



agitazione della miscela
Subito la miscela si intorbidisce e diventa di colore scuro, bisogna tenerla agitata per un’ora (ho usato un trapano su una colonnina, con un perno e una rondella saldata come agitatore).
Alla fine ho spento fornelletto e agitatore, e dopo poco si poteva già constatare la sedimentazione della glicerina densa e scura sul fondo, mentre la fase superiore era molto più chiara e liquida.
Insomma la reazione è riuscita! Basta lasciare riposare qualche ora per la completa separazione.
Se si dispone di un recipiente con un rubinetto in fondo si può far defluire prima la glicerina, e dopo l’estere prodotto.
A questo punto basta effettuare un lavaggio con acqua (meglio in tre cicli) per asportare saponi,


separazione glicerina-biodiesel
residui di alcool e soda dall’estere, e dopo una decantazione di alcune ore il biodiesel diventa limpido e “pulito” e si può usare come combustibile.
Ho effettuato prove con quantità maggiori di reagenti, usando sia metanolo che etanolo, sia olio nuovo che olio usato per friggere. Bisogna essere precisi e attenti nelle varie fasi, o si rischia di
ottenere degli insuccessi, reazioni che non avvengono, o si fermano a metà (mono e di gliceridi)
o attendere invano la separazione di glicerina che non avviene mai(= qualcosa non ha funzionato).
Tenete presente che usando alcool etilico tutta l’operazione è più impegnativa, sia in termini economici, che in termini di cura dei particolari e tempo dedicato, per contro vi ripaga con una minore probabilità di successo (è proprio un ingrato!).
Per i lavaggi con acqua ho usato una botticella con una pompetta per acquari che soffia aria nell’acqua mischiata all’estere da lavare (rapporto acqua/estere ¼).

L’importanza del lavaggio

Ci tengo a precisare che il lavaggio del biodiesel prodotto è una fase che potrebbe sembrare superflua ma è invece essenziale.
Questo perché alla fine della reazione rimangono disciolte tracce di sostanze poco raccomandabili per la salute del motore (acidi grassi liberi, mono e di gliceridi, saponi, metanolo e soda caustica…).
Ci sono probabilmente diversi modo per farlo, io ho provato con successo quello che qui descrivo.
Mi sono procurato una botticella di plastica (HDPE) da 50litri con un rubinetto in fondo, una pompetta da acquari per soffiare aria, e relativa tubazione e erogatore.
Ho messo il biodiesel da lavare nella botticella 30 litri alla volta e ho aggiunto 10 litri di acqua.
A questo punto ho lasciato gorgogliare l’aria nell’acqua (che si trova in fondo, essendo più pesante) in modo da creare un continuo rimescolio tra acqua tirata su dall’aria e biodiesel da lavare.
Dopo qualche ora ho lasciato decantare l’acqua (che diventava biancastra) per circa 8 ore e la facevo defluire a sedimentazione completata.
Ho ripetuto il trattamento 3 vote, fino ad ottenere che l’acqua di lavaggio rimanesse pulita, quindi lasciavo riposare il biodiesel lavato per qualche giorno (subito è torbido, poi torna limpido).
In questo modo il prodotto è pronto, si potrebbe misurare il pH per essere sicuri che non ci siano più residui di soda, ma io non l’ho fatto, non avendo gli strumenti.

La prova del nove, la mia macchinina TDI

Alla fine mi sono fatto coraggio e ho buttato nel serbatoio la “pozione magica”.
Prima pochi litri nella riserva di gasolio rimasta, tanto per abituare il sistema, poi biodiesel puro al 100%.
Che dire, dopo lo stupore di sentire girare il motore perfettamente, e in modo più silenzioso e rotondo, ho provato la soddisfazione di constatare che le prestazioni erano allineate con quelle ottenute a gasolio, ma con un motore più fluido e piacevole. La cosa più entusiasmante è stato andare dietro l’auto col motore acceso e constatare che dallo scarico usciva “aria calda”, senza odore, e che nelle accelerate più profonde in 3° marcia era completamente assente la classica fumatina del turbodiesel (particolarmente evidente di notte con i fari delle altre vetture dietro).
Sono riuscito a produrre una 60ina di litri di metilestere e etilestere, sia di olio usato che nuovo,
con cui ho percorso più di 1000 chilometri senza inconvenienti di alcun tipo in percorsi di ogni tipo.
I consumi sono stati ottimi, la mia auto ha reso circa 20km/litro di biodiesel (motore VW 1.4 TDI 3 cilindri)

Il rovescio della medaglia

In tutto questo panorama idilliaco c’è però un rovescio della medaglia.
L’operazione non è così economica come potrebbe sembrare, per cui il biodiesel viene a costare
come il gasolio della pompa o poco meno. Ho fatto questo esperimento spinto dalla voglia di inquinare meno, provando una fonte di energia alternativa e rinnovabile. Se l’unica motivazione fosse stata di natura economica avrei fatto meglio a lasciare perdere in partenza.
La cosa più grave è che usando un carburante “fai da te” di qualsivoglia natura non ci si pagano le accise (che sarebbero le tasse sui carburanti), per cui, anche se animati dai migliori propositi,
si è a tutti gli effetti degli evasori fiscali, che è un reato perseguibile e quindi questa pratica è illegale.
Inutile dire che se solo fosse possibile reperire il biodiesel alle pompe il problema sarebbe risolto,
e siccome dopo averlo provato è avvilente riabituarsi al fetido gasolio e al motore più “ruvido”,
spero vivamente che qualcosa si muova per promuovere una via lecita e percorribile per questa
pregevole e sostenibile risorsa energetica.

 
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Come funziona il "MEG"

Post n°2 pubblicato il 26 Febbraio 2007 da MrPlank
 
Foto di MrPlank

Ora vi spiego un po' come funziona il progetto MEG.
Il MEG produce energia elettrica, apparentemente dal nulla, intercettando le onde elettromagnetiche longitudinali presenti in abbondanza nel vuoto dello spazio. Il Dr. Bearden ha quindi iniziato numerosi esperimenti per "sfruttare" queste onde che vengono chiamate "longitudinali" per distinguerle da quelle ordinarie, le "trasversali". E dove c'è un campo elettromagnetico c'è un flusso di onde longitudinali che oscilla nel vuoto locale.
Per i meno ferrati in Fisica, ricordiamo prima in parole molto semplici un fenomeno ben noto.  Prendiamo ad esempio una bobina alimentata da una batteria. Finchè il circuito è chiuso, la corrente passa generando un campo magnetico nella bobina e nello spazio attorno.  Se però apriamo improvvisamente il circuito, per la cosiddetta reazione di Lenz, la tensione e la corrente circolante hanno entrambe un picco improvviso, prima di interrompersi, superiore ai valori iniziali.  Questo comportamento costituisce una evidente asimmetria nel comportamento del campo elettromagnetico e, come già detto, è un fenomeno ben noto anche se, di fatto, non spiegato.
Immaginiamo un pendolo:  per metterlo in moto dovremo fare un certo sforzo per dare una serie di spinte sincronizzate col suo periodo finché, raggiunta l'oscillazione voluta, basterà uno sforzo piccolissimo - teoricamente nullo - per mantenerla.
E fin qui ci siamo, l'analogia fra un pendolo e qualunque circuito oscillante è evidente:  diamo energia (spingiamo) finché il circuito oscilla, teoricamente all'infinito.  Ora però dobbiamo inserire nell'esempio la asimmetria ...
Il pendolo è sempre là, che attende la nostra spinta.  Stavolta però proprio vicino al pendolo c'è un muro, dietro il quale tira un forte vento.  Quando l'ampiezza dell'oscillazione raggiungerà e supererà il muro, il pendolo riceverà una forte spinta dal vento, tornando indietro con più forza di prima, e quindi noi a quel punto potremo pure smettere di spingere perché continuerà ad andare da solo, risospinto ogni volta indietro dal colpo di vento.  Di più:  dal suo moto potremmo anche, con una piccola dinamo, prelevare una certa quantità di energia, la quale sarebbe automaticamente rimpiazzata dal colpo di vento.
Come funziona
Beh, l'esempio del pendolo al vento è un bel pò approssimativo, ma aiuta a rendere l'idea di una inerzia da superare e una soglia oltre la quale c'è un apporto extra di energia dall'esterno che vince gli attriti  (dissipazioni) e mantiene il moto.
Quindi, sia chiaro, la 1ª legge della Termodinamica è sempre valida:  tanto il nostro "pendolo dietro il muro" quanto il MEG, infatti, non creano energia dal nulla, ma trasformano quella di una fonte naturale (il vento o un campo di forza  sinora sconosciuto).  Pertanto il fantomatico moto perpetuo non ha nulla a che vedere col MEG, e bisogna che questo sia ben chiaro al lettore.
Adesso identifichiamo le parti del MEG servendoci dell'esempio del pendolo dietro il muro:il pendolo è un nucleo ferromagnetico con avvolgimenti (come in un trasformatore), la massa in movimento è il campo magnetico, chi dà la spinta iniziale è il circuito di controllo, la dinamo è l'avvolgimento di uscita, e il "vento oltre il muro" è il flusso elettromagnetico longitudinale nel vuoto locale.
Come è fatto il MEG
Potrebbe anche sembrare una specie di trasformatore, ma non lo è.
Essenzialmente si compone di un nucleo magnetico rettangolare microcristallino, con interposto un forte magnete permanente, due piccoli avvolgimenti attuatori (input) detti di controllo e due avvolgimenti collettori di uscita (output).  Agli avvolgimenti di controllo va collegata una fonte di impulsi ad una frequenza determinata, e a quelli di uscita il carico.
A dispositivo spento, il flusso magnetico prodotto dalla presenza del magnete permanente
centrale si suddivide equamente entro la sezione delle due "C" laterali del nucleo ferromagnetico.
Alla attivazione del dispositivo, un impulso ad uno solo dei circuiti di controllo devia il flusso in una sola metà, poi l'impulso cessa e - mentre il campo tende a ridistribuirsi - arriva l'impulso all'altro controllo, che forza il flusso nell'altra metà, e così via.
In breve, il flusso viene fatto rimbalzare da una metà all'altra del nucleo ferromagnetico, per mezzo di impulsi sincronizzati inviati dai circuiti di controllo.  Questi inizialmente innescano il processo sincronizzando il ritmo, per così dire, della saturazione e svuotamento
del campo magnetico che così inizia ad oscillare fra una metà e l'altra del nucleo, in un ciclo continuo detto ping-pong.
Dopo qualche ciclo per così dire di pompaggio, si ha la saturazione, ed è possibile cominciare ad attingere energia dal picco di tensione e di corrente prodotto dalla reazione di Lenz, tramite i circuiti collettori.  L'alimentazione e il sincronismo degli impulsi di controllo viene mantenuto tramite un adeguato feedback positivo con l'uscita.  Abbastanza semplice, come tutte le cose davvero geniali.

(da www.progettomeg.it/tecnica.html )

 
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La soluzione c'è

Post n°1 pubblicato il 22 Febbraio 2007 da MrPlank

Benvenuti in questo nuovo blog...
Sappiamo tutti cosa sta succedendo al pianeta Terra, cos'è l'effetto serra, il riscaldamento globale, l'inquinamento da polveri sottili, anidride carbonica che provoca piogge acide, metano...
Forse conosciamo meno le conseguenze che ci vengono si presentate dai "media" ma come eventi che avverranno in un futuro lontanissimo. Non è così purtroppo.
Ecco le vere conseguenze nel giro di una trentina d'anni ... (se saremo fortunati)
Il riscaldamento del globo scioglierà le calotte polari, innalzerà il livello dei mari, e la temperature dell'acqua marina aumenterà modificando il moto ondoso, le correnti oceaniche, la salinità, cambiamento radicale degli ecosistemi, prima marini poi terrestri. In Italia il mare si innalzerà di 30cm, le superfici coperte da ghiacciai si ridurranno fornendo meno acqua dolce, quindi potabile, il ciclo dell'acqua risulterà accelerato, creando precipitazioni concentrate in brevi periodi che causeranno alluvioni.
Ma a cosa serve parlare dei problemi, delle conseguenze catastrofiche iperpessimistiche (come abbiamo fatto fino ad ora) se non si trovano dei metodi per tentare perlomeno di ridurre le conseguenze ambientali ??? Prima di tutto va individuata le cause di tutto questo, che sono due:
- I gas di scarico delle automobili
- I gas di scarico industriali ma soprattutto quelli dell centrali termoelettriche.
Ora naturalmente tutti penseranno, bisogna ridurre le emissioni secondo il protocollo di kioto, cercare anche fonti rinnovabili... Inutile.
Il problema, o la fortuna è che la soluzione, ce l'abbiamo sotto il naso!!! Ma naturalmente chi ci governa, ci ha governato, ci governerà se ne frega altamente (destra, sinistra e centro che sia...);
Questa soluzione, anzi queste soluzioni, sono la fusione fredda e il "progettomeg". Vi invito quindi a visitare il sito www.progettomeg.it e a firmare la petizione per la fusione fredda...

Pensate riusciremo a far qualcosa ???

 
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