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DEGLI ATA E ITP EX ENTI LOCALI

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INTERPRETAZIONE CISL

Post n°825 pubblicato il 13 Dicembre 2011 da exentilocali

DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLA COMUNITA’ EUROPEA SULLA QUESTIONE ATA-ENTI LOCALI: IL TRASFERIMENTO DEL LAVORATORE AD ALTRA AMMINISTRAZIONE NON PUO’ COMPORTARE UN PEGGIORAMENTO RETRIBUTIVO.

 

La Grande Sezione della Corte di Giustizia della Comunità europea, con la sentenza 108/10 del 6 settembre 2011, ha affermato che i lavoratori ATA, amministrativi, tecnici e ausiliari della scuola, per “il solo trasferimento dagli enti locali allo Stato non possono subire un peggioramento delle condizioni retributive”.

 

La Corte di Giustizia con la sentenza in esame si pronuncia a tre mesi dal verdetto con cui la Corte dei diritti dell’Uomo aveva censurato l’Italia per il mancato riconoscimento ai fini retributivi dell’anzianità maturata dal personale ATA trasferito, con la legge 124 del 1999, dagli enti locali allo Stato.

 

La decisione ha dato risposta alla domanda di pronuncia pregiudiziale avanzata dal giudice di merito italiano, e verte sull’interpretazione della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti.

 

Per quanto attiene la tutela del lavoratore nel caso di trasferimento di impresa, essa è assicurata dalla richiamata direttiva 77/187 CEE, varata allo scopo di impedire che i dipendenti trasferiti siano collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento.

 

In particolare la Direttiva 77/187/CEE, concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relativi al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, prevede che i diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono trasferiti al cessionario.

 

La normativa pertanto prevede che il cessionario mantenga le condizioni di lavoro statuite dal contratto collettivo fino alla risoluzione o alla scadenza dello stesso o dall’applicazione di un altro contratto collettivo.

 

Per quanto attiene al caso trattato, la ricorrente, dipendente del comune di Scorzè, che aveva svolto l’attività lavorativa nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario degli enti locali, a far data dal 2000 era stata trasferita nei ruoli del personale ATA dello Stato in applicazione della legge 124/1999 e inquadrata in una fascia retributiva corrispondente a nove anni di anzianità. La ricorrente, a seguito del mancato riconoscimento da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca della sua anzianità pregressa di circa vent’anni alle dipendenze del comune di Scorzè, ritenendo di aver subito un danno economico dovuto alla notevole riduzione di retribuzione, ha adito il Tribunale di Venezia per ottenere il riconoscimento integrale dell’anzianità di carriera che ha deciso di sospendere il procedimento e sottoporre alla Corte di Giustizia alcune questioni pregiudiziali.

 

In particolare per sapere se:

 

-          la riassunzione, da parte di un’autorità pubblica di uno Stato membro, del personale dipendente di un’altra autorità pubblica, addetto alla fornitura di servizi ausiliari presso le scuole, costituisca un “trasferimento di impresa” ai sensi della normativa dell’Unione europea relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori (direttiva 77/187);

-          se l’art. 3 della direttiva 77/187 debba essere interpretato nel senso che tra i diritti del lavoratore che si trasferiscono al concessionario rientrano anche le posizioni di vantaggio conseguite dal lavoratore presso il cedente, quale l’anzianità di servizio, se a queste risultino collegati diritti di carattere economico.

 

La Corte di Giustizia partendo dall’enunciato dell’art. 1, comma 1 della direttiva 77/187 CEE, che stabilisce che la stessa si applica “ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione”, ha dichiarato che nell’ipotesi della riassunzione, da parte di un’autorità pubblica di uno Stato membro, del personale dipendente di un’altra autorità pubblica addetto alla fornitura, presso le scuole, di servizi ausiliari comprendenti, in particolare, compiti di custodia e assistenza amministrativa sono presenti tutti gli elementi previsti da tale disposizione, e che, pertanto, tale riassunzione costituisce un trasferimento di impresa.

 

Per quanto riguarda l’aspetto del calcolo della retribuzione dei lavoratori sottoposti al trasferimento, la Corte di Giustizia ha sostenuto che, nonostante il cessionario abbia pieno diritto ad applicare al momento del trasferimento le condizioni di lavoro e la retribuzione prevista dal proprio contratto collettivo, tale facoltà non può tuttavia avere lo scopo, o l’effetto, di imporre a detti lavoratori, a parità di compiti svolti, condizioni globalmente meno favorevoli di quelle applicabili prima del trasferimento.

 

La Grande sezione della Corte ha precisato che la direttiva 77/187 CEE non osta a che sussistano all’atto del trasferimento disparità di trattamento tra i lavoratori trasferiti e coloro che all’atto del trasferimento erano già alle dipendenze del cessionario, ma piuttosto ha il solo, fondamentale, scopo di evitare che determinati lavoratori vengano collocati, per il solo fatto del trasferimento presso un nuovo datore di lavoro, in una posizione sfavorevole rispetto a quella di cui godevano precedentemente.

 

La Corte ha sottolineato che nel caso in questione il Ministero, avendo calcolato per ciascun lavoratore trasferito un’anzianità “fittizia” e non integrale con ciò ha determinato delle conseguenze, non di poco conto, nella fissazione delle condizioni retributive applicabili in futuro ai dipendenti trasferiti.

 

La Corte ha precisato che, considerata l'assoluta equivalenza tra compiti svolti dal personale ATA degli enti locali e quelli del personale ATA alle dipendenze del Ministero dell’Università, degli studi e della ricerca sarebbe stato ben possibile qualificare l’anzianità maturata presso il cedente da un membro del personale trasferito come equivalente a quella maturata da un membro del personale ATA in possesso del medesimo profilo e alle dipendenze, prima del trasferimento, del Ministero.

 

Alla luce di questo ragionamento la Corte ha concluso che quando un trasferimento comporta l’applicazione immediata del contratto collettivo vigente presso il soggetto cessionario, ed in particolare le condizioni retributive disciplinate dal contratto sono collegate direttamente all’anzianità lavorativa, il diritto dell’Unione Europea osta a che i lavoratori subiscano un peggioramento retributivo sostanziale per il mancato riconoscimento dell’anzianità lavorativa maturata presso il precedente datore di lavoro.

 

La decisione della Corte di giustizia, comunque, non risolve direttamente la controversia nazionale. Ora infatti spetterà al giudice interno risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte e valutare, in concreto, se la ricorrente all'atto del trasferimento in questione nella causa principale, abbia subito un siffatto peggioramento retributivo.

 

 

Roma, 15 settembre 2011

 

SEGRETERIA NAZIONALE

Ufficio Legislativo cisl

 
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