EROI E UOMINI

INCONTRI CON DON BOSCOEstratto delle Memorie di Don Matteo Rigoni (Insegnante e Direttore al Manfredini)


Ed ecco il giorno aspettato, quello dei preparativi: vestiti, attrezzi per teatro, musiche, un armonietto anche, mi pare, libri di recite, di canti, una continuazione della famosa passeggiata di Dn. Bosco con i suoi primi allievi, che alla sera intrattenevano le popolazioni nei cortili di costose o campagnole cascine. […] Si pregava abbondantemente, ma senza luoghi, si dormiva sulla paglia in soffitta, con qualche coperta per ciascuno; di giorno passeggiate ai paesi d'intorno, Murialdo, Montorio, Castelnuovo, Chieri. Dinanzi alla cappella vi era un rialzo di terra, messo a prato, sul punto più alto si portava l'armonio, e noi cantori attorno a far sentire ogni sera canti soavi molto gustati da quei buoni terraggiani. Nel giorno della festa del S. Rosario al mattino si cantò la Messa di S. Michele del De Vecchi; accompagnava all'armonio il nostro bravo Maestro Doglioni e in pari tempo faceva le battute con gli occhi e con la testa. Non c'è bisogno di un gran direttore d'orchestra, tanto la musica era facile, melodica, e anche a tratti (direi) molto allegra; ancora adesso dopo oltre 50 anni, ricordo canto e accompagnamento […]Dn. Bosco mi conosceva, sapeva che nella scuola non ero degli ultimi e nemmeno dei mediocri, mi aveva visto sul palco a recitare e a cantare, sapevo che si interessava di me, doveva essere in quest'anno o  nell'anno dopo 1886 che assistendo anche Dn. Bosco ai nostri teatri quando poteva, una volta indicando me a Dn. Trione nostro catechista, che gli stava accanto, gli disse: «Vedi, quello là deve essere dei nostri te lo affido, non lasciarlo scappare». Questo l'ho saputo da Dn. Trione stesso tanti anni dopo, […]tremavo solo al pensiero che Dn. Bosco potesse fare dei calcoli sopra di me. Perciò me ne stavo lontano. Solo qualche rara volta seguivo quelli del ginnasio superiore fino all'anticamera di Dn. Bosco che serviva da cappella con un altare, dove Dn. Bosco a certa ora usciva a celebrare. A un certo punto ecco che si leva un leggero movimento della porta, compariva Dn. Bosco, come una visione di paradiso, tutto raccolto in se stesso accompagnato fino all'altare, ove comincia la Santa Messa. Tutti siamo pronti per la S. Comunione infra Missam, che Dn. Bosco stesso ci amministra. Finita la Messa, Dn. Bosco ritorna nella sua stanza per il ringraziamento. Non ricordo che si fermasse in quel momento a parlare coi giovani. Solamente un giorno ritornando, arrivato vicino a me, si ferma; mi fa cenno che mi avvicini alquanto come avesse qualche cosa da dirmi. All'orecchio mi dice piano: «E vai a confessarti?». «Sì, signore!» fu la mia risposta. Difatti ogni sabato andavo a confessarmi da Dn. Durando. Dn. Bosco vedeva che faccio la Santa Comunione, ma non mi vedeva mai al tribunale di penitenza, solo una volta nelle passate vacanze, quando, non so come sia avvenuto, mi sono precisamente confessato da Dn. Bosco in quella medesima anticamera, e poi gli ho anche servito messa, con mia grande consolazione. Era sempre Dn. Bosco, il buono, il santo, il grande. Verso la fine di quest'anno scolastico, un giorno nella ricreazione di merenda, un sacerdote, non so più quale, mi incontra, mi ferma, e mi dice che Dn. Bosco mi attendeva in sua camera. Sono salito alla camera di Dn. Bosco, con il cuore che mi batteva un po’ più forte. Dn. Bosco che sedeva al suo tavolinetto, io in piedi accanto a lui. Quasi subito mi domandò se non mi sarebbe piaciuto di fermarmi con lui e farmi salesiano. Gli risposi subito che era mia intenzione di andare poi in seminario, e che anzi quest'anno dopo due anni che stavo lontano da casa sarei andato al paese a passare le vacanze e a vedere i miei di casa che da tanto tempo non avevo più veduto. Dn. Bosco non disse più una parola sul primo argomento. Mi augurò buone vacanze, mi disse di salutare i miei a nome suo, e mi raccomandò di pregare Santa Maria Ausiliatrice, che anch'egli avrebbe pregato per me. E le vacanze vennero, e da solo partii da Torino per il mio lontano Asiago, con nel cuore un cumulo di forti soavi impressioni della mia nuova vita dei due anni trascorsi all'Oratorio, per di più con un pacco di poca roba, e piegato fra queste un testimonio prezioso (premio efficace) che non invano ho sofferto per due anni l'allontanamento dalla famiglia, cioè di quanto avevo di più caro nella mia vita. CONTINUA SU http://blog.libero.it/ManfrediniEste