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Citazioni nei Blog Amici: 11
 

 

interessantissimo il tuo profilo e le foto......se ti va di conoscerci meglio mandami un messaggio .....un bacio

Post n°88 pubblicato il 29 Gennaio 2008 da papy_1967

interessantissimo il tuo profilo e le foto......se ti va di conoscerci meglio mandami un messaggio .....un bacio

 
 
 

Post N° 87

Post n°87 pubblicato il 28 Gennaio 2008 da estasicontinua1
Foto di estasicontinua1

 
 
 

Post N° 86

Post n°86 pubblicato il 28 Gennaio 2008 da estasicontinua1
Foto di estasicontinua1

 
 
 

Post N° 85

Post n°85 pubblicato il 28 Gennaio 2008 da estasicontinua1
Foto di estasicontinua1

 
 
 

Post N° 84

Post n°84 pubblicato il 28 Gennaio 2008 da estasicontinua1
Foto di estasicontinua1

 
 
 

Post N° 83

Post n°83 pubblicato il 28 Gennaio 2008 da estasicontinua1
Foto di estasicontinua1

 
 
 

Post N° 82

Post n°82 pubblicato il 28 Gennaio 2008 da estasicontinua1
Foto di estasicontinua1

Non capisco e...non so il perchè....hanno tolto la fotogallery...?????!!!!!

Beh...pazienza...vorrà dire che qualche foto la vedrete e la posterò ....QUI.!!!!! baci

 
 
 

RIECCO..CI

Post n°81 pubblicato il 25 Gennaio 2008 da estasicontinua1
Foto di estasicontinua1



Ogni giorno lo incontro quando rincaso la sera, mi saluta cortese dal giardino di fronte, oltre la rete mi ci fermo a parlare, mentre lui annaffia i suoi fiori preziosi. Mi dice alle volte che ha visto mio figlio, che è un bambino educato che saluta e sorride, e dopo la scuola si mette a giocare, con l’amichetta del cuore vicino al portone. E’ un uomo piacente quarant’anni passati, dedicati a una donna persa nel tempo, al suo cane pastore rimasto fedele, a quei fiori che cura come se fossero figli.
Mi fa piacere parlarci per qualche secondo, parlare del tempo del traffico e Roma, che ormai è invivibile specialmente la notte, ci si rintana di sera per stanchezza e paura, dentro case minuscole lontane dal mondo. Ogni volta mi chiede se voglio ammirare, le sue rose africane e i suoi ciclamini, che alla luce al tramonto sono d’oro e d’argento, e magari di sera sono ancora più belle, se solo volessi una cena di fretta, quattro salti in padella sorseggiando buon vino. Lo vedo sorride: “Mi scusi se oso”, ma io mi imbarazzo e cortese rifiuto, perché non vorrei che nascessero storie, voci di dubbi di chiunque ci guardi.

A volte lo vedo e mi fa tenerezza, che se per caso gli concedessi un momento, senza la rete e la siepe più fitta, i suoi occhi celesti colpirebbero dove, il desiderio di anni fa vapore e condensa, e la voglia di vedova è più forte e gremita, di sogni che a notte diventano veri. Sorride e mi dice che ieri sera m’ha vista, in penombra in finestra con la luce soffusa, il mio fiato s’ingrossa paralizzata lo guardo, aspetto che parli e mi dica i dettagli, mentre mi volto e di scatto controllo, che dalla finestra si veda ben poco. Sorride di nuovo ma mi tranquillizzo, perché seduta al computer in penombra ed al buio, da qui può spiare soltanto il soffitto, ed in piedi i capelli e forse la faccia, ma il resto è un segreto che trattengo gelosa, e soltanto chi voglio ha il permesso di farlo.
Ma arrossisco lo stesso e non tengo il suo sguardo, che ficcante s’infila nelle mie incertezze, dico che è tardi che mio figlio m’aspetta, come al solito la cena ed il letto da fare. Lo vedo che vorrebbe ancora parlarmi, che indugia mi chiede ma poi ci ripensa, che sono tre anni che vive da solo, che vorrebbe reagire se avesse una donna.


Lo guardo è un bell’uomo e mi sembra sincero, una sera di queste potrei davvero pensarci, senza farmi vedere dai vicini e mio figlio, invece di stare a casa di notte, seduta nel buio che chatto e mi sfogo, che aspetto un incontro che mi cambi la vita. Ormai sono mesi che passo il mio tempo, a parlare col mondo dei danni del cuore, e fra i tanti uno solo il “giardiniere notturno”, mi riempie d’amore con parole gentili. Fra i tanti uno solo che gli permetto da giorni, di vedermi le labbra e guardarmi più oltre, dove il mento diventa poi spalle e fianchi, dove il cuore che batte rifiata e poi gonfia, i miei seni in penombra lasciati alla voglia.
Mi dice che mai ha visto più bella, una donna che a sera si veste e si trucca, come se fosse invitata ad un ballo di gala, e si mette le calze e si lima le unghie, perché alle volte accavallo le gambe, e la mano risale tra la trama di seta, fin sotto la gonna che s’alza di incanto, e non resta che pelle che s’apre e che chiede, e lui di rimando mi incita a farlo, a credermi bella regina del sogno.

Ed io mi accarezzo seguendo parole, che scorrono in fretta e sanno d’amore, con i suoi modi cortesi che colano miele, e le promesse convinte di incontrarmi una sera. Se fosse per me già avrei deciso, e lui che vuole aspettare del tempo, non ci sono le basi per approfondire chi siamo, che siamo due anime sballottate nell’aria, che un vento benevolo le ha fatte incontrare, che le ha fatte gemelle con la voglia di sotto, ma sopra rimangono dubbi e paure, che se non fossimo fatti l’uno per l’altra, butteremmo alle ortiche queste notti di fuoco. Io non lo vedo non l’ho visto finora, m’accontento e mi sazio di quello che scrive, parole di carne ficcanti e precise, che colpiscono il segno e dopo mi arrendo, con le mie mani e le dita che credo di un altro, e per ora mi bastano perché ci sia la sera, per addormentarmi tranquilla e non sognare di notte.


Mi faccio chiamare Rosa d’Egitto, perché unica e rara coloro la notte, e come un fiore che spunta in pieno deserto, mi vesto di petali d’organza e di seta. Lui mi guarda m’adora e sorpreso si chiede, come diavolo è possibile che nel buio più fitto, possa nascere un fiore così variopinto, spuntare dal nulla e mostrare d’incanto, il candore dei seni il colore degli occhi. Davvero non crede che sia vera e reale, perché lo faccio senza nessun interesse, che la sola poesia possa appagarmi del tutto, che il gusto del bello del contrasto di notte, possa fargli esclamare meraviglia e sorpresa, come una rosa d’Egitto in pieno deserto.
Sapesse quest’uomo che ancora mi guarda, che quello che cerco è un sogno per sempre, e non mi giudichi male s’è m’ha visto che chatto, che… m’abbandono all’istinto dopo l’una di notte, perché si tratta di cuore ed altro non voglio, che voglio rapire gli occhi la mente, ed il sesso rimanga sopito nel tempo. Sapesse quest’uomo che altro non chiedo, e non s’illuda se davvero m’ha potuta vedere, e che le mie tette non appartengono a nulla, neanche ad un gioco più o meno perverso, perché non basta una cena e le sue rose africane, non basta una notte per separarla dal giorno.


E’ una prolunga perché venga domani, il desiderio infinito di ritrovare qualcuno, che la sera t’ascolta senza vedere il suo volto, di raccontargli le noie che ho avuto di giorno, che con mio marito era tutto diverso, ed ora ho un figlio che studia e che cresce, ed io una donna che ha paura di tutto. Perché il mondo di fuori è davvero cattivo, ed io sono un cucciolo che ha bisogno di ventre, del calore materno della mia stanza in penombra, e nessuno lì dentro potrà farmi mai male.
E mi tocco mi sfioro mi entro e poi esco, e lui mi dice parole sempre più fitte, tempeste di sensi che fanno la breccia, nel lago di voglia che a rivoli cola, e mi lascia alle spalle un giorno ormai sazio, ed uno domani di vuoto nel cuore.
Oddio se ci penso se m’ha vista davvero, giudicherebbe altro ne sono convinta, magari una donna che le piace l’amore, quando il cuore è lontano e non rimane che carne! Come faccio a spiegargli che tutto ciò non è vero, che si sbaglia di grosso ma poi cosa dico, se non sono sicura che m’abbia vista davvero, anche se ora mi guarda e mi dice, che la sera da anni non riesce a dormire, che guarda le stelle come se fossero tette, e la luna più bianca un grembo di donna, che accoglie i sospiri di uomini soli. Forse è un segnale ma lo faccio cadere, è tardi i letti la casa mio figlio che ha fame.


“Buonasera Maurizio”
“Buonanotte Luisa”
“Allora mi rassegno sarà per la prossima volta? Per un tè a quest’ora o una cena la sera.”
“Ah già quattro salti il padella!”
Sorrido, sorride.
“Allora io vado.”
Mi trattiene un secondo abbassando la voce.
“Sì l’aspetto di sera stanotte se vuole, quando nel mio giardino spunterà la più bella, una Rosa d’Egitto che amo e che curo.”

 

 
 
 

PENSIERI...SUL TERRAZZO

Post n°79 pubblicato il 11 Gennaio 2008 da estasicontinua1
Foto di estasicontinua1

Mi sa che stanotte rimango in terrazza e passo la notte a contare le stelle, a cercarne qualcuna che mi dia la luce, per guardarmi di dentro laddove fa male. Non voglio tornare lì dentro, coricarmi nel letto, dove al primo sogno che faccio, mi sento più persa, d’una barca che naviga a vista, d’una carovana che ha perso la pista, e oltre le dune c’è solo una notte che non vuole morire. Mi sa che stanotte rimango a dormire, su questa sedia di vimini antica, che mi dondola come se fossi bambina, sotto questa luna che scambio per madre, se solo non fossi così lucida ed attenta, d’esser sicura che l’ho persa negli anni ed ogni sera ci penso ed ancora mi manca.

Mi sa che mi prendo una coperta di lana e m’accovaccio guardando la notte, godendomi fuori una Roma tranquilla, avvolta in una cappa d’insolita nebbia, che da questa altezza sembra protetta, in una culla di bimbo, una campana di vetro, con il solo rumore di vento, di questi gerani che si sbattono contro, e mi coprono il viso e le gambe, da un curioso per caso che alza lo sguardo.

Stasera voglio fare stravizi e mi godo perfino un dito di grappa, una sigaretta se solo l’avessi, se solo mi venisse alla mente, dove qualcuno negli anni si è dimenticato un pacchetto. Potrei chiamare il mio amico Luigi, sempre pronto per gli altri, disponibile ad ogni tristezza, se non pensasse, come pensa, che una donna da sola ha bisogno d’altro conforto. Io non ho bisogno di nulla e sto bene da sola! Ho chiuso le porte ad ogni genere di uomo, come ho chiuso le gambe a qualsiasi sesso, che aspettava il momento per consolarmi anche il cuore, che guarda caso batteva dalle parti del seno.

Oggi come oggi sono passati tre anni, da quel giorno di chiesa e parenti, solo tre anni se gli ultimi mesi non fossero stati un inferno. Ed ora sono qui che cerco parole, per convincermi che in nessun posto starei meglio stasera, che nessuno straccio di uomo potrebbe darmi l’effetto, di stare meglio da qualche altra parte. Mi sarei aspettata di tutto, avrei retto a qualunque destino, magari ad un figlio deforme, ad un medico che chiede se hai qualche parente. Perché tutto ciò era in conto, da quando ho cominciato a capire, da quando la morte ha iniziato a dare un senso alla vita e le disgrazie ingrandire la gioia.

“Ma questo proprio no, non l’avevi previsto! Di svegliarti nel cuore di notte e sentire vicino nel letto una donna che geme, un uomo che grida. Scoprire che l’ombra assomiglia al tuo caro marito, ma non sei tu la donna, non sei tu quella che contro un muro apre le labbra, s’ingozza di pene che credevi esclusivo.”

Ecco, sto parlando di nuovo da sola, cercandomi dentro dove ho sbagliato, quale mancanza, l’ha portato a scopare sotto il mio naso. Ma poi mi lascio andare convinta che capita e può capitare, finire in una stanza per caso, proprio dove dorme tua moglie e sentirsi attratti senza nemmeno pensarci, come a lui è successo, come a me non sarebbe mai accaduto! Proprio così, mio marito che si faceva un’altra nella stessa stanza dove dormivo, accanto a me che magari sognavo d’essere sua anche nel sonno.

Era l’ultimo dell’anno, eravamo in una villa di conoscenti, ma un mal di testa improvviso m’aveva costretta a salire le scale, appoggiarmi su un letto nella stanza degli ospiti. Tra il vociare che veniva dal basso m’addormentai senza rendermene conto. Senza sapere al cospetto di fiati, quanto tempo fosse passato, quanto mio marito aveva impiegato ad imbastire una storia, salire le scale ed entrare confuso ed eccitato nella porta sbagliata.

Altre volte mi aveva tradito, altre volte aveva alimentato i miei dubbi, sgonfiati alle prime promesse e tanti lo giuro, ma mai era arrivato fino a quel punto, fino a scoparsi per sbaglio un’altra vicino al mio sonno, sfidando l’onnipotenza dove tutto è permesso.



Mi chiedo quanto nel suo cervello c’era d’istinto, o quanto il destino ci ha messo del suo. Ma cosa cambia saperlo, se ogni giorno rivivo l’identica scena? Come se non fosse un ricordo, ma vivi nell’ombra ingrigita che oscena si muove, come due cani appiccicati ad un muro, lungo la strada dove finisce l’asfalto.

Non c’era amore in quel movimento, né la voglia d’assaporare un piacere rubato. C’era solo rabbia di soddisfarsi, d’essersi fatto la donna più bella, che la sera imprevista propone, nel posto più impervio che solo un destino malato potrebbe scovare. Non c’erano volti, non c’erano mani, solo fiati strozzati di sete di maschio che sfama, di fame di femmina sazia. Non c’erano ruoli, non c’erano mani, si fottevano entrambi nella foga d’aversi, come se il pene lì in mezzo, non avesse un padrone, una protesi a forma di nizza, un bastone a due punte, che ambedue sentivano dentro. Si fottevano le ultime bolle di uno spumante di marca, le prime ore d’un anno dove era concesso sfidarsi, un brivido caldo all’insaputa di tutti, di quel vociare che proveniva dal basso, tranne me, impietrita nel letto, che chissà per quale motivo provavo vergogna, cercavo d’appiattirmi come coperta.

E lui era lì, mio marito, il mio unico uomo! Come posso dimenticare il puntiglio di come fotteva! Succhiava, fiatava e spingeva, come se tra quelle cosce non ci fosse una fica, ma la membrana slabbrata di un’anima ostile o le labbra bianchicce di una vergine intatta. Fotteva e sudava, come se da lì a momenti dovesse sgorgare del sangue, imbrattare quel muro, contro il quale si fotteva una vita, una moglie, un bambino mai nato, un vestito da sera arrotolato sui fianchi. Ed io ero lì, costretta a respirare quei fiati, senza che il buon senso gli tappasse la bocca, inebetita a sentire il rimbombo cupo d’un sesso, rumori liquidi in mezzo alle gambe, d’un vortice di donna invasata, che risucchia un maschio come un tombino, come una fogna con l’acqua piovana. Col sesso intestardito fotteva e schiumava, una voglia ribelle che non si dava per vinta, che ad ogni costo prolungava il piacere, la vita, come un moribondo non ancora finito. E lui fotteva tenace ed accanito su una tetta ancora ribelle, ma mortificata e bucata come un pallone tra le mani d’un bimbo. Si fotteva il pentimento che da mesi non scema nella sua colpa, che ancora questa sera lo porterebbe a tagliarselo, se solo lo chiamassi, se solo servisse a qualcosa. E fotteva un vuoto di labbra che non avevano trovato altro posto, altro uomo per sgorgare la voglia che lì a momenti avrebbe invaso la stanza.

Ancora mi chiedo come ho potuto, racimolare le forze che venivano meno, in quale antro dell’amor proprio ho soffocato vergogne. Dove ho trovato l’impeto di sbattergli contro tutta me stessa, per tranciare quel desiderio che mi faceva violenza, mi stuprava come se fossi stata io la femmina, come se non fosse stato lui il maschio, ma una banda di delinquenti incontrati di notte sotto il portone. Era tutto troppo evidente per sentirne la rabbia, troppo smaccato per gridare ragioni, troppo anormale per sentirmi tradita. Proprio a me doveva capitare? Ho acceso la luce quando il piacere si faceva più intenso, mentre lui la cercava e lei si faceva capiente. Poi non ricordo più nulla, tranne la voce di lui che cercava un misero pretesto, dando la colpa allo spumante di marca, a quella donna che prima ci sguazzava di dentro.

Ora sono qui su questa terrazza e faccio un rimpasto di uomini, pur essendo convinta d’aver scelto quello sbagliato. Mi mangio quello che resta delle mie unghie, sicura che stanotte mi dipingo la faccia per scostarmi più che posso dalla faccia di un uomo. Sul viale di fronte c’è una puttana seduta che legge un giornale, ha le gambe allargate al mondo, che le passa accanto e qualche volta davanti. Potrebbe avere i miei anni e parlare il mio stesso dialetto, potrei essere io stessa se solo non fosse tinta d’un nero volgare ed avere due tette da mucca che non lasciano nulla al segreto. Chissà cosa darei per sentire la voce degli uomini che passano, chissà che darei per leggere quello che legge, ed avere la stessa incoscienza pensando che nulla m’aspetto dagli uomini se non il valore riposto nella tasca sinistra.

A volte mi metto a pensare, se davvero potrei farle concorrenza, se le mie gambe accavallate in quel posto potrebbero avere clienti. Poverini! Non sanno che finirebbero nel buco sbagliato, dentro un condensato di rabbia che dopo mesi non s’attenua e s’astiene deciso da qualsiasi voglia. Dovrei indossare un paio di mutande all’altezza, magari di quelle che si fanno da parte al primo soffio di fiato, magari più rosse per metterle in mostra quando la notte che passa mi sorprende più intatta. Se ci penso, non posseggo mutande per sentirmi alla pari, come le mie labbra sono troppo sottili per sperare di gonfiare i sogni di un uomo che passa e mi guarda.

Mi godo questo goccio di grappa cercando altri modi per disprezzare l’amore, per convincermi che non cercherò mai più altri uomini che mi gonfino il cuore, perché nessuno di loro mi merita dentro, come non sono degni di leccare le mutande che porto. Che non sono rosse, che non sono impalpabili ma mi coprono il sesso e questo mi basta.

 

 

 
 
 

ciao da incasinatot

Post n°78 pubblicato il 09 Gennaio 2008 da incasinatot

ciao

 
 
 

ALLORA....

Post n°76 pubblicato il 08 Gennaio 2008 da estasicontinua1
Foto di estasicontinua1

1) VI FAREBBE PIACERE SE MI MOSTRASSI?

2) VI FAREBBE PIACERE SE RESTASSI NEL MIO...ANONIMATO?

ENTRO FINE SETTIMANA, IL RISULTATO.......

P.S.

IL MOSTRARSI.....SIGNIFICA RENDERE PUBBLICO IL MIO VISO....

Nell'attesa del...risultato.....baci

 
 
 

UN BACIO...

Post n°75 pubblicato il 08 Gennaio 2008 da estasicontinua1
Foto di estasicontinua1

Non voglio che questo giorno finisca e mi sorprenda da sola, non voglio che questo sole al tramonto s'immerga nel mare senza nemmeno vederlo, senza nemmeno che scaldi queste ossa che umide chiedono solo calore. Ma non posso fermare qualcuno di passaggio e pregarlo di andare insieme incontro alla luce, magari prendendo quel treno che ora si ferma e con quattro fermate arrivare fino al mare, fino ad Ostia che in ogni inverno al tramonto si rifà il trucco e pare mignotta. Come me che seduta in stazione accavallo le gambe per un fortunato che passa, per gli occhi avidi di quell'operaio che mi scruta e mi fissa al di là dei binari. Ma cosa potrà mai vedere? Così distante di spazio e di sogno, di cultura e religione, non potrà mai apprezzare la trama lucente delle mie calze o la sfumatura affusolata delle mie unghie laccate d'acqua marina. Cosa potrà mai sperare, vestito di lavoro e sudore, se non di starmi lontano e guardarmi perché altro alle sue mani unte e grasse non sarebbe mai concesso. E ridisegno le labbra e sfumo l'ombretto dello stesso colore degli occhi e mi sorprendo a guardarmi dentro questo specchio impolverato di cipria, come se fosse la prima volta, come se non sapessi quanto benevole siano state natura e mia madre. Che m’hanno scolpita d’armonia e leggerezza, di linee sensuali che solo a guardarmi vien voglia di stringerle in un pugno come fascine di grano prima del raccolto. E m'ammiro la faccia e le rifaccio i contorni senza per questo sentirmi più oggetto, sentirmi più preda in balia di sguardi maschili che al prossimo treno s'insinueranno lungo pieghe di carne e spacchi di stoffa che la luce ancora consente. Perché solo allora mi sentirò più viva e come un fremito dentro mi salirà la convinzione che le notti a venire non mi troveranno da sola. Mi scoprirò unica e possibile per il meno distratto che m’appoggerà casualmente lo sguardo, tanto da fargli cambiare pensiero, percorso e certezza che la meta prescelta non è poi tanto lontana. Ma il giorno scompare ed io mi ritrovo da sola, con l'ansia che sale che forse nessuno stasera potrà spartire la pena che sento. Quando l'imbrunire t'avvolge le cosce e riduce ragione a non comprendere quanto la sera t'inquieta di dentro e ti faccia sentire spaiata. Nulla e nessuno finora ha deciso d'arrivare fino al mare e passare le ore che mancano alla sera insieme a questa donna che indomita ancora ci prova a non essere anonima in questo volatile posto. L'operaio ancora mi guarda, si è avvicinato quel poco per gonfiare la propria impotenza che mai pelle così liscia potrà mai toccare, che mai le sue mani indurite da calli potranno mai sentire. E dilata la sua incredulità di come una donna così bella, seduta alla stazione, possa stare ancora da sola senza che nessun odore di


uomo si sia ancora accostato, senza che nessun viaggiatore voglia stasera spartire la sua stanza d'albergo. Ma io voglio andare al mare! Voglio che quella palla rossa di fuoco s'immerga nell'acqua e si spenga nei miei occhi, sbarrati alla meraviglia che nulla di più bello sarebbe consentito accogliere. E non posso stasera finire sotto coperte che sanno di polvere e muffa, e guardare soltanto cuscino e soffitto quando l'avida forza di maschio s'affoga e riemerge, ti colma e ti svuota perché altrimenti non potrebbe di nuovo riempirti nel posto che senza tanta ragione stasera ha deciso. Io voglio il mare! Voglio vedere quel sole che scende e sentirmi di dietro calore e tramonto, amore e compagnia che m'aiuti a passare la notte, ancora una notte con la speranza che qualche domani non mi sbatta su questa panchina. Un altro treno s'è fermato e scende gente che già sa dove andare, senza prestare attenzione a queste gambe fasciate di nero che divarico appena, appena quel poco che da dovuta distanza s'intraveda, nell'ombra, uno spicchio di femmina miseramente nudo e vuoto ancora per poco. "Signora, mi scusi, io sto prendendo quel treno e vado fino al mare." Mi giro, lo guardo, non mi sembra d'averlo mai conosciuto, non mi ricordo d'aver pettinato i suoi capelli castani. E' giovane, è bello di dentro più di quanto il suo aspetto non dica. Ma stringo le cosce e mi rimetto in piedi senza domandargli in quale posto abbia incontrato i miei desideri, lungo quale fluido chimico abbia incrociato la mia richiesta d’aiuto. Ma è giovane e non capirebbe perché faccio scorta ed incetta d’amore davanti al tramonto, perché soltanto i vecchi possono sapere quanto nero è il buio o quanto possa essere deserta una strada alle prime luci dell’alba. Quando nessuno ti segue e ti precede tranne la tua ombra che silenziosa s’allunga, s’accorcia e si sdoppia sotto i lampioni. Ma è giovane e non avrei potuto chiedere di meglio, non avrei mai potuto sperare che due occhi profondi indovinassero il mio unico sogno, senza nulla rendere conto per come e per chi mi sto facendo più bella e perché la mia scollatura profonda copra a malapena i miei seni cresciuti a dismisura unicamente per accalappiare merli che in caldo trovano ricovero. "Signora il treno sta partendo." E senza sapere dove i miei tacchi infilzeranno la prossima ghiaia m'avvio trasportata di peso da questa mano che stringe la mia, da questo uomo che non può non aver capito che il mare, il sole, il tramonto sono patine di pretesto che danno luce ai miei giorni e si susseguono imprecisi per pura poesia. Faccio per parlare, ma mi stringe più forte e m'interrompe i pensieri dentro uno scompartimento vuoto. Ci mettiamo seduti di fronte ed accanto ad un finestrino dove dentro scivolano veloci case e pali in contro tendenza. Mi guarda, lo guardo. "Per fortuna il sole non è ancora tramontato!" Ma mentre mi fissa m'accorgo che è vestito tutto di nero ed un colletto bianco fa contrasto con la sua figura e le mie intenzioni remote. "Proprio un prete mi doveva capitare!" Dico tra me mentre mi ricompongo confusa. "E per giunta giovane!" Che non ha proprio capito che la compagnia che vado cercando mi soddisfa anima e corpo e mi dà sostentamento per il prossimo giorno. Vorrei dirgli che la realtà è diversa, proprio diversa da come mi vede, che la spiaggia d'inverno è un luogo perfetto per farci l'amore quando la notte che incombe vorrebbe farti sentire più sola. E ti scava di dentro lasciandoti una voragine profonda, e ti predispone corpo e cervello, come paziente in chirurgia, ad accogliere colui che accanto vuole solo colmarla. Vorrebbe parlarmi, ma forse qualcosa ha intuito, la mia faccia, del resto, parla da sola, così carica di richiami sfumati ed accesi che qualsiasi maschio saprebbe captare, che qualsiasi uomo vorrebbe sgualcire insieme a quello che sento di dentro compresa la carne che l'avvolge perfetta. Ma i suoi occhi mi cercano l’anima, mi penetrano oltre il vestito e scavano la carne imbarazzata e trasparente che nessun sesso più duro di maschio finora ha fatto altrettanto. Ed impietrita come statua di marmo, trattengo il respiro per non concedere altro di quello che i suoi occhi non possono non vedere, per fermare questo seno pagano che si gonfia e tracima abbondante oltre il pudore che ora m’assale. Ma il suo sguardo non mi dà tregua, s’incunea laddove non mi sento difese e certezze, e quasi m’istiga a spianargli la strada, allungando il percorso dove la trama di nylon si fa pelle e bisogno di carezze che contro corrente arrivino dove un prete finora non s’è mai inoltrato. E le sue parole decise e taglienti si fanno certezza e m’invadono l’anima e mi soddisfano il corpo. Ed entrano ed escono a loro piacimento, come in una stanza d’albergo, allontanando il bisogno concreto di mare e tramonto, di scorte e provviste per la notte che incombe. E mi parla dritto negli occhi, più dritto di un sesso di maschio in controluce sul muro, che ti soddisfa e te ne fa chiedere ancora, ed affoga nel mare dei sensi dove ragione non può respirare. E mi infila senza sbafarmi il contorno di labbra, senza chiedermi di calare mutande che comunque non porto, senza spiegazzare la camicetta di seta, come mai era successo finora quando di dentro trattenevo calore come provvista di legna con l’inverno alle porte. La fermata di Ostia oramai è passata da tempo, come la mia voglia che sotto la gonna s’è esaurita strada facendo, l’ascolto soltanto e soltanto vorrei che continuasse a parlare. A riempire di benessere e d’affetto, di trascendenza ed assoluto, quel vuoto che altri finora m’avevano soltanto cercato in mezzo alle cosce.

 

 
 
 

Curiosità

Post n°74 pubblicato il 08 Gennaio 2008 da uomo968

Hai cambiato foto non mi piacciono molto queste, te dirai chi se ne frega, era solo una considerazione detta ad alta voce. Quando hai sentito il bisogno di fare un blog per metterti in mostra o quantomeno vedere nel web che reazioni riuscivi a creare?
un bacio

 
 
 

ma perchè solo virtuale

Post n°73 pubblicato il 07 Gennaio 2008 da tivoglionudaedesso

Ciao la tua gallery è bellissima molto intrigante e di buon gusto.... mi piacerebbe vederti di persona il virtuale non lascia nulla tra le mani è impersonale è senza ne sale na pepe e tu di pepe ne hai da vendere....

un bacio Gio

 
 
 

ciao hai msn?

Post n°72 pubblicato il 05 Gennaio 2008 da empirico91

ciao hai msn per chiacchierare?

 
 
 

Post N° 71

Post n°71 pubblicato il 05 Gennaio 2008 da sonocoluichecerchi
Foto di estasicontinua1

Stasera invece della solita "vecchina" perche' non scendi tu dal mio camino ?....baciottoli bellissima (dentro e fuori)amica mia....M.

 
 
 

1973

Post n°70 pubblicato il 03 Gennaio 2008 da rapulzen
 

Nella mia vita ho cercato l'IMPOSSIBILE e sono caduta in una palude che affoga e non lascia pietà.
E, proprio lì, nell'abisso nero, ho capito di essere un'anima ribelle, che è costretta ad essere diversa e speciale, alle volte curiosa, persa o semplicemente sola.
Ora ho SUPERATO ogni impossibilità... e nel mio dolore sono viaggiatrice senza tregua... E ciò che cerco è solo il semplice amore...

Grazie Lina per essere cercatrice di una rosa spezzata... Forse un giorno... Chissà...

MADAME
*Zingara del Deserto*

 
 
 

Post N° 69

Post n°69 pubblicato il 03 Gennaio 2008 da angemarches

SEI L'UNIVERSO

CHE C'E' IN ME

SEI IL SEGRETO

DEL MIO IO

SEI IL DOLCE

DELLE MIE PASSIONI.

TVB.

 
 
 

Post N° 68

Post n°68 pubblicato il 03 Gennaio 2008 da angemarches

L'AMICIZIA,

L'AMORE,

SONO

DEI SOLCHI TRACCIATI

CON UN ARATRO SPECIALI

CHE LASCIA

NEI NOSTRI CUORI

IL SEGNO PERENNE.

 
 
 

A...RAPULZEN

Post n°67 pubblicato il 03 Gennaio 2008 da estasicontinua1

Anche se....spezzata....lasciata su un nastro di asfalto a morire....trasmette...VITA!!!!

 
 
 
 
 

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Un blog di: estasicontinua1
Data di creazione: 29/10/2007
 

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